don Luciano Cantini,"Fece"
don Luciano Cantini
IV Domenica di Avvento (Anno A) (18/12/2016)
Vangelo: Mt 1,18-24
Si trovò
Non è facile la lettura di quanto Matteo comunica a proposito della "generazione", o meglio della
"Genesi di Gesù Cristo, figlio di David, figlio di Abramo" (Mt 1,1).
Nel lungo elenco della genealogia antecedente il racconto odierno traspare la costante presenza di Dio nella storia degli uomini che da sempre precede l'uomo: l'amore di Dio che si concretizza in Gesù è già espresso in Davide come in Abramo. Il tutta la storia sacra l'amore di Dio è annunciato e anticipato, passo dopo passo, di generazione in generazione (Lc 1,50), per giungere alla pienezza in Cristo Gesù.
Anche di Maria si dice che si trovò incinta per opera dello Spirito Santo: l'azione di Dio precede la comprensione da parte dell'uomo, la sua accettazione. Dio provoca la Fede, scava nel profondo dell'uomo per depositare il suo seme d'amore perché sia riconosciuto, accolto e generato. Per Matteo la gravidanza di Maria è un dato di fatto, a Giuseppe - nodo di congiunzione con la casata di Davide e tutta la storia precedente - è affidato il compito di accogliere il bambino che è generato in lei; a Giuseppe è affidato il compito di riconoscere l'opera dello Spirito Santo; a Giuseppe è affidato il compito di dare a quel bambino il nome che è al di sopra di ogni nome (Fil 2,9).
In un mondo come il nostro in cui tutti vogliono essere protagonisti di qualcosa, anche di un nulla immortalato da un selfie, Maria e Giuseppe raccontati da Matteo sono due ragazzi tra i sedici e diciotto anni che si lasciano condurre dagli avvenimenti, senza comprenderli fino in fondo, ma fidandosi di Dio. I fatti della vita ci interpellano, ci pongono domande, chiedono risposte e coinvolgimento.
In sogno
Giuseppe è, nei vangeli, un uomo senza parole, di lui non si riferisce nessuna espressione, sembra che la dinamica della sua vita sia avvolta dal silenzio che pure si fa loquace, è nel silenzio che Giuseppe pensò..., è il silenzio che permette di considerare... è il silenzio che diventa il sogno rivelatore. Giuseppe, nello stesso tempo, appare come l'uomo della azione, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo e prese con sé la sua sposa.
«Nel verbo "fece" possiamo leggere l'inizio della "via" percorsa da Giuseppe. Lungo questa via i Vangeli non annotano alcuna parola detta da lui. Ma il silenzio di Giuseppe ha una speciale eloquenza: grazie ad esso si può leggere pienamente la verità contenuta nel giudizio che di lui dà il Vangelo: il "giusto" (Mt 1,19)» (Giovanni Paolo II, "Redemptoris Custos", n°17).
Il sogno in Giuseppe diventa realtà concreta della vita, nel sogno trova l'ispirazione del domani, della sua sposa e del suo figlio. Il verbo "fare" ci riporta nella storia che non è fatta di pensieri e sogni anche se ha bisogno dei pensieri e dei sogni. In questo racconto è sottesa la dinamica della vita di fede: il fatto inaspettato di Maria stimola pensieri e sogni per diventare ancora fatti, per passare a nuovi pensieri, sogni e compimenti. Se la storia si costruisce con i fatti è anche vero che in essi dobbiamo scoprire l'azione dello Spirito e con lui pensare e sognare. Il Vangelo ci conferma ancora una volta che, contrariamente alle fantasie degli uomini, Dio si serve delle piccole cose, di quelle più normali e comuni, quelle che appartengono alla quotidianità come una donna che attende un figlio o il sogno di un uomo, per realizzare il suo progetto di salvezza. A quelli dobbiamo prestare la nostra considerazione, i nostri sogni, perché la fede sia capace di generare storia.
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