Comunità Marango omelia 8 sett. Alberto Vianello

Calcolare un amore senza calcolo
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Gesù non misura la bontà del suo annuncio sul numero di chi lo segue: ricorrente vizio della Chiesa. Infatti, dato che va con lui «una folla numerosa», Egli chiede un'adesione personalissima («Se uno viene a me») e radicale: amarlo più dei parenti più stretti, prendere la propria croce, rinunciare a tutti gli averi. E Gesù presenta questa condizione come assolutamente categorica: se uno non la adempie «non può essere mio discepolo». Dunque è una dimensione che è per tutti, non solo per chi si dedica totalmente al Signore.
Cerchiamo allora di comprendere questa categoricità di Gesù, che può sembrarci fuori dello stile del Maestro che accoglie tutti senza condizioni, soprattutto i più lontani, ma che costituisce una condizione essenziale perché il gruppo che lo segue sia fatto non dal numero ma dall'adesione sincera a Lui.
Bisogna amare il Signore più del padre, della madre, della moglie, dei figli, dei fratelli e sorelle, addirittura più della propria vita.
Credo che Gesù non voglia fare delle graduatorie della quantità di amore da vivere. L'amore a Dio non è un "dovuto" amore, che ci permette poi di vivere bene i nostri rapporti di amore. Amare vuol dire, essenzialmente, fare spazio agli altri nella propria vita. Allora dobbiamo sempre chiederci se il nostro cuore sia pieno di amori solo umani (per gli altri o per noi stessi) oppure se sappiamo viverli come spazio che facciamo a Dio in noi.
In altre parole, gli amori che viviamo rischiano sempre di saziarci, di riempirci il cuore, di colmarci vivendo del loro possesso, di rinchiuderci in noi stessi, di farci preoccupare solo di noi stessi. Il vero amore, invece, è riconoscimento di povertà, che apre spazio all'altro e alla sua accoglienza. Si ama quando si desidera, non quando ci si sente appagati.
La nostra vita è allora un cammino continuo e progressivo di essenzialità: che ci libera e ci svuota, perché si crei veramente lo spazio per accogliere l'altro.
Così, per esempio, dice la Scrittura che l'uomo «lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie» (Gen 2,24; Mc 10,7). Non si chiede di abbandonare l'amore per i genitori, ma di non farne il tutto dell'amore. Solo rinunciandovi in questa maniera, si può fare spazio all'amore per la donna della propria vita.
Ma l'amore che più rischia di invaderci e occuparci pienamente è quello per noi stessi. Perciò Gesù non chiede una vita di rinnegamenti di se stessi, di scelte e atti con i quali non si vuole bene a se stessi, di esigenti rinunce, ma di non lasciarsi riempire dalla preoccupazione per il proprio io. Chiede di essere poveri di se stessi, per poter accogliere l'amore per gli altri.
Ma, rispetto a tutto e a tutti, ciò a cui bisogna far spazio è l'amore per Dio. Perché Dio occuperà il tuo spazio solo per aprirtene di nuovo: per dilatare il tuo cuore (come tu non potresti fare) a nuovi orizzonti d'amore per gli altri. È proprio di Dio la dilatazione dell'esperienza dell'amore: «Il Cristo abiti per mezzo della fede nei  vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e di conoscere l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio» (Ef 3,17-19).
Da tutto ciò comprendiamo come l'amore per Dio non ruba spazio all'uomo e ai suoi giusti amori, ma realizzi veramente l'uomo e gli altri, secondo le misure infinite di Dio e non quelle ristrettissime dell'uomo.
Per esprimere l'importanza fondamentale di questa condizione, Gesù presenta due paragoni di situazioni umane che sarebbero fallimentari nel loro esito, se non fossero prima ben ponderate: un uomo che vuole costruire un edificio deve calcolare prima se ha le risorse, un re che vuole andare in guerra deve calcolare prima se ha le truppe sufficienti.
Chi vuole seguire Gesù deve ben valutare e mettere nel conto che non può limitarsi a misure solamente umane, con il cuore pieno di amori solo umani, e soprattutto con l'amore per gli averi. Se così fosse, si appresterebbe ad un'opera che andrà per forza in fallimento, anche se nascosto dietro a riconosciuti successi solo umani e religiosi.
Non si può essere solo per gli uomini; come non si può essere solo per Dio. Non è vera dedizione a Dio quella che non lo mette al primo posto in modo che, poi, al primo posto ci siano gli altri da amare.
Alberto Vianello

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