Abazzia Pulsano «Domenica di Zaccheo» XXXI del Tempo Ordinario C

«Domenica di Zaccheo»
XXXI del Tempo Ordinario C
Lc 19,1-10; Sap. 11,23-12,2; Sal 144; 2Ts 1,11-2,2
Antifona d’Ingresso Sal 37,22-23
Non abbandonarmi, Signore mio Dio,
da me non star lontano;
vieni presto in mio aiuto,
Signore, mia salvezza.
Nelle tre suppliche dell’antifona d’ingresso si addensa la tensione del fedele orante per la “Presenza”
del Signore. La prima, in senso negativo, chiede che il Signore non lo abbandoni mai, neppure per un
istante, e la seconda che mai si allontani da lui, neppure per poco (v. 22). Al contrario, la terza epiclesi
chiede al Signore che si affretti a venire in aiuto del suo fedele; che questi senta la sua Presenza, l’unica
Forza che lo porta alla salvezza (v. 23).
La scelta dei versetti qui è qui certamente indicativa della situazione verso cui stiamo camminando, la
parte ormai terminale dell’Anno liturgico: l’attesa della Venuta finale, che sarà il tema dell’ultima

Domenica.
L’orante che ora è il fedele che celebra il suo Signore, deve fare sua questa supplica. Il canto
all’evangelo ci fa pregare che per l’eccesso del suo amore infinito verso «il mondo», ossia verso gli uomini
peccatori, il Padre ha inviato la Realtà più cara della sua Vita divina nello Spirito Santo, il Figlio Unico,
che «non risparmiò» per noi, dice Paolo (Rom 8,32). E così chi crede in Lui, e non commette peccati, non
perirà, ma avrà la Vita eterna, «e con abbondanza» la avrà (Gv 10,10).
Canto all’Evangelo Gv 3,16
Alleluia, alleluia.
Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito;
chiunque crede in lui ha la vita eterna.
Alleluia.
La splendida introduzione liturgica trova poi racchiuso nel racconto di Zaccheo tutto l’insegnamento di
amore a cui si è tentato di accennare.
L’amore non ha paura di compromettersi, di far pensare male, di scandalizzare, Gesù è venuto per
coloro che si sentono peccatori, vuole incontrare la povera gente a costo di scandalizzare e sconvolgere la
gente benpensante. Per questo motivo accetta di parlare con la samaritana, con la donna adultera, si lascia
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI Domenica del Tempo Ordinario C 1/8
avvicinare dalla Maddalena, si lascia tradire da Giuda, entra nelle case dei pubblici peccatori, che si
sentono a loro agio con lui.
Come è cambiata la nostra mentalità!
Ci siamo costruiti una chiesa in cui è proibito rischiare, in cui è vietato scandalizzare i benpensanti, in
cui però si può scandalizzare i poveri, i peccatori. Nella chiesa tante volte si sentono al proprio posto gli
uomini che si credono giusti (cfr evangelo XXX Dom. annum C), mentre si sentono rifiutati gli uomini
peccatori finché non saranno divenuti anch’essi dei «giusti».
«Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del
pentimento. Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato
qualcosa, non l’avresti neppure creata» (Sap 11,23-24). Il libro della Sapienza contiene ai cc. 11-19 una
lunga riflessione sull’Esodo; di questa meditazione sapienziale oggi la lettura liturgica ci propone lo
splendido paragrafo sull’amore invincibile di Dio per le sue creature anche se peccatrici.
Il sapiente d’Israele fa riflettere tutti sulla reale condizione dell’uomo davanti al Signore eterno ed
infinito: rivolto a Dio, ma parlando agli uomini, al Signore ricorda che tutto il cosmo davanti a Lui è come
polvere sulla bilancia (immagine che viene da Is 40,15), come l’umida molecola della rugiada sul prato
pronta ad evaporare (11,22; Os 6,4; 13,3). Il brano della Sapienza è dunque la spiegazione del
comportamento di Gesù verso Zaccheo, verso i peccatori, verso cioè tuttti gli uomini, verso ognuno di noi.
Dio ha fiducia nell’uomo, anche in ognuno di noi, nonostante noi stessi, nonostante la nostra miseria,
nonostante i nostri peccati. Dio ama tutte le cose che sono, non rifiuta nulla di ciò che ha creato, se non le
amasse infatti non potrebbero rimanere in vita. Anche il castigo viene dato ia Dio attraverso la sua
pazienza e il suo Amore: Dio non stronca, Dio non impone, Dio sa aspettare.
Questo è l’amore capace di convertire, questo è l’amore che conquista il mondo. Poiché l’amore è stato
il movente della creazione e di ogni azione di Dio, si riflette nel mondo intero la bontà di Dio; «tutto è
buono» esclamò Iddio osservando la sua opera creatrice (Gen. 1,31).
Agli uomini che aprono la loro intelligenza ed entrano nella contemplazione risalta ancora di più la
Bontà di Dio: l’Onnipotente ha misericordia perenne di tutte le sue creature [cf. Sal 144,9 (salmo
responsoriale); Sir 2,23; 18,4.12) e nasconde e annulla sotto il velo della misericordia i peccati degli
uomini, al fine che essi possano convertirsi.
In ogni creatura passa il soffio vivificante di Dio, ogni essere è oggetto dell’amore efficace di Dio che
scommette sempre sulla vita e sulla possibilità di bene dell’uomo anche quando l’uomo stesso non ha più
fiducia in se stesso.
«Non fosse per la vigilante pietà di Dio, mi sembra che al primo prendere coscienza di se stesso l’uomo
ricadrebbe in polvere» scriveva Bernanos nel famoso "Diario di un curato di campagna".
Dio è il Dio della vita, un Dio che sempre crea e ama, un Dio eternamente fiducioso nei confronti delle sue
creature, un Dio che ha la passione del perdono.
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI 2/8 Domenica del Tempo Ordinario C
Così introdotti si comprenderà il valore, nella narrazione lucana, della conversione di Zaccheo, l’odiato
esattore delle imposte romane. Insieme alla parabola del samaritano e del Padre misericordioso, questo
racconto si può considerare «un’evangelo nell’evangelo», nel senso che ne esplicita gli elementi
fondamentali.
L’incontro tra Gesù e Zaccheo realizza la salvezza, impossibile a tutti, ma non a Dio (18,27), preso il quale
nulla è impossibile (1,37).
Gesù (battezzato dallo Spirito Santo per la missione a cui è inviato dal Padre - cioè l’annuncio
dell’Evangelo e le opere del Regno) prosegue per il suo esodo a Gerusalemme, dove si esalterà la lode del
Padre attraverso la Croce e la Resurrezione. Il cammino è ormai al termine, Gesù con i discepoli si trova a
Gerico ed a un’ultimo episodio prima dell’ingresso regale nella Città del Grande Re.
È questo un episodio chiave, soluzione di quanto precede e preludio di quanto seguirà. Nell’incontro con
Zaccheo, riportato solo da Luca, abbiamo un compendio entro cui si uniscono i vari fili «dell’Evangelo di
misericordia».
Nel racconto ogni parola è allusiva del tutto e lascia risuonare ciascuno dei temi cari all’evangelista della
salvezza universale, da quelli della mangiatoia di Bethlem a quelli del legno del Calvario.
Le espressioni più cariche di risonanza sono per ordine: passare, pubblicano, ricco, affrettarsi, oggi,
bisogna, dimorare, accogliere, gioire, mormorare, riposare, peccatore, dare ai poveri, salvezza, cercare, ciò
che è perduto. Il centro dell’episodio è il «desiderio di vedere» di Zaccheo e lo sguardo di Gesù verso di
lui; da questo incontro di sguardi, scaturisce «oggi» la salvezza. Zaccheo, l’insalvabile per eccellenza,
mostra di avere l’unica prerogativa richiesta per la salvezza: vede la propria miseria e «cerca di vedere» la
misericordia del Signore che passa.
La storia di Zaccheo è quella di una ricerca che approda ad un incontro e ad una meta. Rileggendo
l’episodio potremo notare come tutto il racconto sia costruito su verbi di movimento che non delineano
solo un ambito spaziale, quello di Gerico e delle sue strade, ma si configurano come la trama di un
pellegrinaggio verso la salvezza:
1. Gesù «entra ed attraversa la città» in cui Zaccheo conduce la sua grigia esistenza di burocrate;
2. Zaccheo «cerca di vedere» Gesù sforzandosi di incunearsi tra la folla;
3. poi «corre avanti» e, per poterlo vedere, «sale» sul sicomoro nell’attesa che il Cristo «passi
di là»;
4. quando finalmente «giunge», Gesù «alza lo sguardo» e inaugura per quell’uomo il vero
viaggio spirituale che ha come meta la salvezza;
5. «scendi subito perché devo fermarmi a casa tua»;
6. Zaccheo, allora, «scende in fretta» e «accoglie» Gesù «a casa sua».
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI Domenica del Tempo Ordinario C 3/8
Con la sua quindicina di vocaboli di movimento il racconto diventa la narrazione di una conversione che
nel linguaggio biblico è espressa sempre con immagini di ritorno, di incontro tra Dio e uomo. Per Zaccheo
è cambiamento radicale, infatti, non c’è nessuno che, una volta incontrato il Signore, non abbia la vita
travolta, coinvolta e sconvolta: «Io dò la meta dei mìei beni ai poveri, se ho frodato restituisco il
quadruplo».
Queste parole non sono una semplice confessione delle labbra ma la ritrattazione autentica di un’intera
vita, l’alba di una nuova esistenza.
La conversione oltre che ri-orientamento verso Dio è contemporaneamente un atto sociale e comunitario.
Fare l’esperienza del perdono vuol dire incamminarsi su una strada di gioia e di donazione che non ha
nulla a che vedere con le morbide pieghe del sentimento o con un generico impegno rituale e spirituale.
La Chiesa voluta da Cristo è quella in cui tutti vengano accolti e il suo desiderio è di avere discepoli che
escano per andare «a cercare e a salvare ciò che era perduto». Se il peccato è una realtà paralizzante, il
perdono è invece vivificante: «Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5).
Esaminiamo il brano
v. 1 «Entrato in Gerico»: Dopo aver guarito il cieco Gesù entra nella città di Gerico con i discepoli e la
folla che lo segue. Dall’archeologia risulta che la città sia fra gli agglomerati umani più antichi. Città
florida e potente fu distrutta e ricostruita pervicacemente più volte nonostante la maledizione di Giosuè
«Maledetto davanti al Signore l’uomo che si alzerà e ricostruirà questa citta di Gerico» (Gs 6,26). La città
era situata in un’oasi amena per ambiente e vegetazione; i regnanti vi soggiornavano spesso per il suo
clima mite.
Al tempo di Gesù era una una stazione di transito importante, un centro di smistamento commerciale e
quindi luogo redditizio per esigere tributi e pedaggi imposti dalle autorità e riscossi dai pubblicani. Tutti i
pellegrini diretti a Gerusalemme attraversavano la stupenda oasi larga circa 5 Km e incastonata nella fossa
del Giordano a 300 metri sotto il livello del mare; il territorio circostante arido e quasi lunare giustifica
forse in parte il nome che in ebraico significa «santuario della luna».
v. 2 «Ed ecco un uomo dì nome Zaccheo»: la scena è simile all’ingresso della peccatrice nella casa del
fariseo Simone (cf. Le 7,37). Zakchaios è forse la forma grecizzante del nome ebraico Zakkai. Questo
nome significa “puro”, "innocente" (vedi Fitzmyer, Luke, 1223). Ironia di Luca? Siccome il piel1 del verbo
significa "rendere innocente" o "dichiarare innocente", "non colpevole", si può proporre piuttosto di
comprenderlo in questo senso: infatti, dopo la confessione di Zaccheo, Gesù lo dichiarerà salvato ("oggi
la salvezza è entrata in questa casa").
Il nome ebraico Zakkai significa il «puro» di certo però riferito al Signore, come dire «Dio è santo»; se
però è l’abbreviazione di Zaccaria significa «Dio ricorda». Gesù è il "Dio che salva"; egli si ricorda di tutto
1 Una delle sette coniugazioni del verbo ebraico.
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI 4/8 Domenica del Tempo Ordinario C
ciò che è perduto e tratta come puro ogni immondo, perché ha il potere di purificare con il suo amore (cf.
5,13a).
«capo dei pubblicani»: agli occhi di tutti è un peccatore, tema questo ricorrente in Luca (cf. 3,12;
5,27.29.30; 7,29.34; 15,1; 18,10.11.13).
«ricco»: se come pubblicano era escluso dalla salvezza secondo la Legge, in quanto ricco lo è secondo
l’Evangelo (cf. 18,24ss; 12,13-21; 14,15-24.25-33 ecc.).
Zaccheo rappresenta per Luca un peccatore della peggior specie, il caso impossibile per eccellenza.
v. 3 «cercava di vedere»: (in gr. horáō) l’evangelista vuole guidarci alla visione di Gesù «Beati gli occhi
che vedono ciò che voi vedete» (10,23-24). Anche Erode cercava di vederlo (9,9) ma con la curiosità di chi
vuol "giocare" con una cosa (cf. 23,8ss). il desiderio di Zaccheo è assolutamente povero e senza alcuna
pretesa ma lo scopriremo autentico.
«Gesù chi era»: Ecco la domanda che preoccupa Zaccheo. Ha sentito parlare di Gesù, gli sta a cuore
assolutamente vederlo. Non solo lo vedrà, ma gli parlerà, lo accoglierà in casa sua, offrendogli vitto e
alloggio. Come Abramo suo padre, riconosce nel suo ospite la visita di Dio. Lo chiama "Signore" e lo
tratta come tale. Lo sentirà dichiararsi contemporaneamente Figlio dell’uomo e Salvatore. L’attesa di
Zaccheo è colmata ben oltre ciò che si poteva attendere.
v. 4 «salì su un sicomoro»: non poteva salire su un terrazzo; nessuno avrebbe accolto in casa un peccatore
immondo. Non rimane altra scelta che un albero. Il racconto sembra percorso da un filo d’ironia bonaria:
impressiona vedere questo funzionario mentre si aggrappa ad un tronco, incurante del ridicolo e mosso da
un’ansia autentica.
Anche Gesù sale a Gerusalemme per essere elevato sulla Croce, l’albero del Regno, che accoglie tutti.
v. 5 «Gesù alzò lo sguardo»: (gr. anablépō) Gesù guarda Zaccheo non dall’alto, ma dal basso. Così,
simbolicamente, il peccatore è posto in alto, mentre il Santo di Dio, si è abbassato sotto la sua condizione
umana, da dove agisce (cf. Fil 2,6-8).
L’amore è umile; così, colui che si è fatto il più piccolo di tutti, alza gli occhi verso Zaccheo che pur
essendo piccolo sta più in alto di lui, come anche tutti i discepoli (cf. 6,20). Gesù si è abbassato più di tutti
per poter servire tutti (9,49; 22,27). L’amore fa considerare l’altro superiore a se stesso (Fil 2,3).
«Gesù...gli disse: Zaccheo»: Dopo il fariseo Simone e Marta (7,40; 10,41) è la terza persona che Gesù
chiama per nome; seguiranno Simon Pietro e Giuda (22,31.34.48). È segno di amicizia.
Gesù chiama per nome solo chi sta convincendo della sua miseria, ed è chiamato per nome solo da chi è
convinto della sua misericordia (17,13; 18,38; 23,42).
Notiamo e riconosciamo la famosa triade vocazionale: Gesù passa – vede – chiama. Ancora una volta si
tratta di una vocazione (cf altre chiamate 5,1-11 Simon Pietro; 5,27-28 Levi ecc.).
«scendi subito»: è l’urgenza salvifica finché dura quest’oggi (Eb 3,13-15; 2 Cor 6,2); ricorda Maria che
corre a portare il Salvatore ai monti di Giuda che l’attendono (1,39).
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI Domenica del Tempo Ordinario C 5/8
«oggi»: (semeron) è ripetuto due volte (vv. 5.9) perché l’oggi della salvezza è qui ed ora per chi l’accoglie
come Zaccheo.
«devo fermarmi»: (il gr.dei, lett. bisogna) questa espressione legata alla morte di Gesù come compimento
delle Scritture (cf. annunci di passione), è qui applicata al suo dimorare con Zaccheo. Notiamo il gr. ménō,
il rimanere del Signore che è il dimorare poi del discepolo nel suo Signore (cfr Gv 1,38;6,56; 15,4-7 ecc.)
v. 6 «lo accolse»: è il gesto fondamentale dell’amore: Dio che accoglie non desidera altro che essere
accolto!
La parola hypo-déchomai si trova solo qui e in 10,38 l’episodio dell’accoglienza di Marta e Maria dove
Gesù è accolto come Signore e Maestro. Nell’ascolto della sua Parola (la parte migliore) e nelle opere che
dall’ascolto della Parola scaturiscono. Altrove si trova nella forma semplice déchomai, con lo stesso
significato (2,28; 8,13; 9,5.48.53; 10,8.10; 16,4.6.7.9 ecc.).
«pieno di gioia»: (kàiron) è la gioia della salvezza, riverbero in terra di quella che esplode in cielo dal
cuore di colui che vuole che tutti gli uomini siano salvati. È un tema caro a Luca (1,14.28; 6,23; 10,20;
13,17; 15,5.9; 19,37; 24,52).
E possibile vedere qui un riferimento al racconto di Gen 18 in cui Abramo dà ospitalità ai tre uomini che
gli appaiono alle querce di Mamre. Vi si ritrova la stessa sollecitudine: come Zaccheo (Le 19,4), Abramo
"corre" (Gn 18,2.7), come Zaccheo (5b.6), egli "si affretta" (6) così come la moglie (6) e il servo (7). Da
notare nei due racconti la presenza di un albero (la quercia e il sicomoro, entrambi alberi sacri). Da notare
soprattutto che i tre uomini del racconto della Genesi sono identificati fin dall’inizio con il Signore (Gn
18,1).
v. 7 «tutti mormoravano»: è la caratteristica dei farisei che ora è estesa a «tutti», escluso solo il peccatore
che ha incontrato il suo salvatore.
«è andato ad alloggiare»: sembra che Gesù desideri «addirittura restare» con Zaccheo, forse pernottare
da lui come in una locanda (verbo katalyò = riposare) se non abitarvi per qualche tempo.
Il verbo katalyò richiama il luogo della duplice nascita di Gesù (katàlyma):
1. quella nella carne, quando si presenta agli uomini nella mangiatoia (2,7),
2. quella nello Spirito, quando si dona ai discepoli nell’eucarestia (22,11).
v. 8 «do la metà...»: La conversione di un uomo di denaro. Ecco infatti Zaccheo che solennemente, in
piedi, fa a Gesù la sua dichiarazione di conversione: non una bella dichiarazione di principio, ma piuttosto
una dichiarazione dei redditi.
Zaccheo rimane un uomo di denaro nel cuore stesso della sua conversione: non paga con parole, ma con
cifre!
Le sue parole sono delle percentuali. Il cambiamento, la conversione non è cosa di sentimenti, ma di
danaro: il cuore cambia, il denaro cambia di mano. Egli pronuncia con lo stesso movimento un duplice
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI 6/8 Domenica del Tempo Ordinario C
giudizio, che ha rubato e che restituirà, giudizio al tempo stesso sul passato e sul futuro riuniti nell’ora,
l’oggi della conversione, della salvezza.
Zaccheo si sente assolto e tornato tra i sudditi a pieno titolo e per questo osa esprimere i suoi propositi
nuovi al suo Signore. Zaccheo è tornato ad essere un ebreo fedele ai precetti severi della Legge: chi ruba ha
il sacro dovere, davanti al Signore, di restituire il maltolto, con gli interessi proporzionati (Es 22,1; Nun
5,5-7; 2 Sam 12,6; Lv 5,20-24). Zaccheo va oltre le richieste della Legge.
v. 9 «Oggi la salvezza...»: È la salvezza in persona che è entrata da Zaccheo, Gesù il Salvatore. La
salvezza per Zaccheo certamente, ma di conseguenza per i poveri e per quelli che erano stati spogliati.
Zaccheo cercava di vedere Gesù, tutta l’azione di Gesù consiste nell’aprirgli gli occhi sugli altri; rinviato a
se stesso, egli è in realtà rinviato ai suoi fratelli, quelli che, come lui, hanno bisogno di essere salvati.
Queste parole richiamano l’annuncio della nascita (2,11) e il senso di quanto Gesù dirà al ladrone in Croce
(23,43). Queste parole sono cantate nella liturgia bizantina alla fine della grande dossologia ogni
Domenica, ossia del «Gloria a Dio nei cieli altissimi».: “Oggi è venuta al mondo la salvezza. Inneggiamo a
colui che è risorto dalla tomba ed all’autore della nostra vita; distruggendo infatti con la morte la morte,
ha dato a noi la sua vittoria e la sua grande misericordia”.
«anch’egli è figlio di Abramo»: Abramo è il nostro padre nella fede. Dio può suscitare figli di Abramo
dalle pietre (3,8); perfino il cuore più duro può accogliere il Signore: è sufficiente che sia illuminato per
vedere la propria miseria e umile per invocare il Nome della misericordia.
v. 10 «il Figlio dell’uomo»: è il figlio di Davide e il Kyrios, il Cristo e il Signore. Chi alza gli occhi su di
lui è salvò!
L’identità profonda di Gesù, ancora nascosta anche ai discepoli (18,34) è rivelata a un arcipeccatore.
«salvare ciò che è perduto»: un richiamo alle parabole della misericordia (c. 15); il tema centrale di Luca
che invita tutti ad essere misericordiosi come il Padre (6,36). Ora Gesù può entrare in Gerusalemme e
compiere ciò per cui è venuto. Zaccheo è l’anticipo. La salvezza, per tutti impossibile, è già donata ad uno
al quale è più impossibile che a tutti.
L’amore di Gesù, il suo silenzio, la sua condiscendenza, il suo autoinvito ha sconvolto Zaccheo, che forse
non si era mai sentito amare da nessuno. È l’amore che salva, ma l’amore si manifesta dove se ne sente il
bisogno, la salvezza si realizza dove c’è disperazione, la liberazione di Dio si attua dove qualcuno si
accorge di essere oppresso.
Questo racconto deve incidere nella nostra vita, deve metterla in discussione, deve cioè convertirci.
Abbiamo forse creato un cristianesimo di élite, di gruppi privilegiati, di persone «perbene», mentre non ci
preoccupiamo di coloro che attendono la salvezza consapevoli della loro miseria e della loro povertà.
Abbiamo creato luoghi e situazioni privilegiate in cui vorremmo si manifestasse l’amore di Dio, mentre
Gesù ha insegnato che l’amore si manifesta nelle case dell’uomo, è necessario cercarlo sulla strada, lungo
il comune cammino di ogni nostro fratello.
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI Domenica del Tempo Ordinario C 7/8
II Colletta
O Dio, che nel tuo Figlio sei venuto a cercare
e a salvare chi era perduto,
rendici degni della tua chiamata:
porta a compimento ogni nostra volontà di bene,
perché sappiamo accoglierti con gioia nella nostra casa
per condividere i beni della terra e del cielo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
lunedì 28 ottobre 2013
Abbazia Santa Maria di Pulsano
Comunità monastica di Pulsano – Lectio divina della XXXI 8/8 Domenica del Tempo Ordinario C

Commenti

Post più popolari