Enzo Bianchi"Insieme per annunciare la speranza"

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Insieme per annunciare la speranza


Il contesto occidentale
Viviamo il tempo della crisi o della fine della civiltà occidentale, della modernità, della cristianità e della cultura tradizionale. Un'epoca caratterizzata dalla precarietà e imprevedibilità circa il futuro.
Inoltre il nostro è un mondo che sfugge al nostro controllo. Tutto questo provoca paura e angoscia per le tante situazioni di guerra e oppressione in atto nelle varie parti del mondo, compreso il nostro Mediterraneo. Il filosofo Marc Augé ha edito il libro "Le nuove paure" perché alla paura della morte in occidente abbiamo sostituito la paura del vivere. Assistiamo al trionfo di una cultura che privilegia l'effimero e l'attimo fuggente. Non c'è più ricerca di senso. Si vive con poche speranze e prospettive, nutrendosi di progetti a brevissima scadenza. Il futuro non è più equivalente di promessa, ma di incognito e minaccia. Sembra vincere sempre più il mito di Narciso. Oggi le ideologie politiche e le utopie sociali sono venute meno. Molti uomini sono delusi per sentire il futuro come promessa. Subiamo il dilagare della barbarie, la banalizzazione della giustizia, la glorificazione del più forte, la competizione, l'idolo del libero mercato... Forse della Chiesa c'è un
abbozzo di speranza di qualche mese che porta il nome di Francesco. Di fronte all'indifferenza generale i cristiani debbono vivere la differenza cristiana altrimenti non vale nulla. Kant diceva: “Cosa posso sperare?”. Occorre trovare un fondamento alla speranza!
1. Che significa sperare?
Speranza non è ideologia o provvidenzialismo banale. Speranza è frutto di un acuto discernimento per trovare una direzione e un senso. Vivere senza speranza è disumano. Se non c'è speranza non riusciamo a farci umani, cadendo nella violenza e nell'aggressione dell'altro. L'uomo vive di attese e di piccole speranze quotidiane, e per scommettere sull'avvenire. La speranza è sempre centrata sul noi è mai sull'io. È comunionale e appartiene al mondo della fede. Fondandosi sulla fiducia la speranza accompagna lo sviluppo psicologico dell'esistenza. Ci si fidanza scambiandosi un anello che si chiamava "fede": ‘io metto fiducia nell'altro’. Perciò la speranza è una cosa vitale per l'uomo. La speranza è davvero qualcosa che concerne la nostra umanizzazione, una lotta contro la disperazione e l'accidia, misto di indifferenza e rassegnazione. La disperazione è il contrario dell'eternità. La speranza si situa nello spazio della faticosa decisione. Occorre rischiare di sperare e poi esercitarsi alla speranza (esercizio compiuto dal nostro padre Abramo). Scegliere di sperare significa decidersi per l'impegno della responsabilità. Ai nostri figli diciamo di sperare o li mettiamo in guardia dalla speranza?
2. Che cosa sperare?
I primi cristiani dicevano che Gesù Cristo era la loro speranza. Speranza è esercitarsi a sperare le realtà invisibili pur amando questa terra e questa umanità. La speranza ci chiede, pur essendo pellegrini, di abitare questa terra amandola facendo sì che ogni terra straniera sia patria e ogni patria terra straniera. Stare nel mondo, cioè, senza mondanità. La speranza cristiana non è estranea a quella umana. Amore e verità si incontreranno, la giustizia avrà stabile dimora nella terra nuova. La creazione stessa spera. E noi che siamo voce di ogni creatura non dovremmo avere speranza? Noi cristiani speriamo che la terra diventi finalmente una città edificata, collocata finalmente nel giardino. Il tempo di Avvento che si avvicina ci esercita alla speranza. Qoelet afferma che tutti abbiamo dentro un frammento di eternità. Perciò la grande speranza cristiana è che la morte non abbia l'ultima parola. Speranza nella risurrezione e nella vita eterna. Questo è il proprium della nostra fede e che dobbiamo confessare davanti a tutti gli uomini.
3. Come sperare?
Senza evadere dalla storia e dalla solidarietà con gli uomini. Sperare contro ogni speranza, cioè sperando nel Signore anche nella disperazione, perché la speranza non è utopia, ma ricerca nell'oggi di ciò che domani sarà realtà. Resistere alla barbarie significa preparare un domani segnato da una migliore qualità dell'esperienza umana. Se le situazioni di morte ci possono rattristare sempre si deve stagliare per noi la luce della speranza che Cristo ha inaugurato con la Pasqua, cioè nella gioia. Gioia e speranza vanno insieme. Accanto alla gioia bisogna anche ricordare la perseveranza. Anch'essa una virtù dell'Avvento. E, infine, sperare per tutti. La Chiesa non spera per se stessa. La speranza è al servizio di tutta l'umanità. Il cristiano autentico spera per tutti come Gesù che ha speso la vita per le moltitudini, cioè per tutti.
Scriveva Peguy:
La fede che preferisco, dice Dio, è la speranza.

Una fiamma tremolante attraversa lo spessore dei mondi.
Una fiamma vacillante attraversa lo spessore dei tempi.
Una fiamma affannosa attraversa lo spessore delle notti.

La piccola speranza avanza tra le sue due grandi sorelle,
ma non le si fa attenzione.
Sulla strada che sale, trascinata,
appesa al braccio delle sue due grandi sorelle,
che la tengono per mano,
la piccola speranza avanza.
E in mezzo alle sue due grandi sorelle
ha l’aria di lasciarsi trascinare
come una bambina che non avesse forza di camminare
e si facesse trascinare su quella strada suo malgrado.
In realtà è lei che fa camminare le altre due,
e le trascina,
e fa camminare tutti quanti.
La giovane speranza… è la sorgente della vita,
perché è lei che costantemente ci disabitua.
E’ lei che fa sgorgare e zampillare la grazia,
perché costantemente ci spoglia dell’abito morale dell’abitudine.
La fede senza di lei
prenderebbe l’abitudine del mondo,
e senza di lei la carità
prenderebbe l’abitudine del povero.
La fede senza di lei e la carità senza di lei
prenderebbero, ognuna da parte sua,
l’abitudine stessa di Dio.
Ciò che mi stupisce, dice Dio, è la speranza.
Questa piccola speranza che ha un’aria da nulla.
Questa giovane speranza:
 immortale.

 La speranza è questo ed ha un nome: Gesù Cristo. [01]

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