Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano«Andarono senza indugio» (Lc 2,16)

Arcidiocesi di Milano



«Andarono senza indugio» (Lc 2,16)

II domenica d’Avvento

I figli del Regno
Popoli tutti, acclamate il Signore

Bar 4,36 – 5,9; Sal 99; Rm 15,1-13; Lc 3,1-18

 

Duomo di Milano, 24 novembre 2013


Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola, Arcivescovo di Milano



1. La nostra prima attività è ricevere
«Guarda a oriente, Gerusalemme, osserva la gioia che ti viene (Avvento) da Dio. … Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio» (Lettura, Bar 4,36. 5,7).
Il profeta Baruc dà per certo che Dio rinnova fedelmente, costantemente la sua promessa. Egli sa che il cuore dell’uomo, magari in modo confuso e ribelle, è sempre in attesa di qualcosa, o meglio di Qualcuno. «Solo il precedere di Dio rende possibile il camminare nostro, il cooperare nostro, che è sempre un cooperare, non una nostra pura decisione” (Benedetto XVI, Meditazione al Sinodo sulla Nuova evangelizzazione, 8 ottobre 2012).
Del resto l’esperienza comune ad ogni uomo non dice forse qualcosa di analogo? Senza il tu della mamma e del papà che lo destano al sorriso, alla parola, alla relazione, l’io del bambino resterebbe bloccato.
Da qui, carissimi, un importante insegnamento dell’odierna liturgia: la prima attività dell’uomo è ricevere.

2. Uno più forte di me
«Viene colui che è più forte di me» (Vangelo, Lc 3,16). Avvento è attesa di Uno in grado di rinnovare l’energia necessaria per il cammino della vita. «Il Dio della speranza vi riempia, nel
credere, di ogni gioia e pace, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Epistola, Rm 15,13). Le parole dell’Apostolo non sono un auspicio ingenuo. Sono l’annuncio certo di un cambiamento possibile: la venuta del Messia ci mette in grado di guardare ogni circostanza, ogni rapporto, ogni situazione come via verso la riuscita dell’io (santità). Anche quando le nostre giornate sono appesantite da difficoltà e contraddizioni, interiori ed esteriori, che sembrano rodere le nostre forze e spegnere le nostre attese, il Signore che viene porta con sé la gioia. La pace è possibile. Ecco un secondo insegnamento che in questa azione liturgica ci viene donato.

3. Attraverso la parola del Battista
«La parola di Dio venne su Giovanni … nel deserto» (Vangelo, Lc 3,2). L’annuncio di salvezza passa attraverso la parola Giovanni Battista. Non si manifesta a Roma, centro politico del mondo di allora, e neppure a Gerusalemme, il centro religioso del popolo di Dio, ma «nel deserto» e per bocca di uno sconosciuto. Nel deserto, ove nulla sembra possa fiorire, Dio sorprende l’uomo per rinnovare la sua alleanza, la sua pronta amicizia.
L’indicazione del Vangelo è preziosa per i nostri giorni. Non sono pochi, infatti, a descrivere l’odierno contesto sociale, economico, politico, culturale e religioso con il termine di “desertificazione”. Ma Dio continua a spargere buon seme e lo fa senza temere il confronto con la zizzania. Lo vediamo ogni giorno. Sono molti infatti, anche nelle nostre terre, i segni di vita buona, da cui è possibile ricominciare. Accettiamo, pertanto, di buon cuore l’invito del Battista a «fare frutti di conversione» (Lc 3,8a), praticando quella «giustizia operosa» di cui ha parlato l’Orazione all’inizio dell’assemblea liturgica.

4. L’autentico fare
«Maestro, che cosa dobbiamo fare?»: alle tre domande che gli rivolgono le folle (Lc 3,10), i pubblicani (Lc 3,12) e i soldati (Lc 3,14a), le risposte del Battista fanno esplicito riferimento alla necessità della condivisione come espressione di giustizia: «“Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto” “Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato”. “Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe”» (Lc 3,11.13.14b).
È un forte richiamo al principio di solidarietà, fondamento più che mai decisivo di autentica amicizia civica, oltremodo esigita in una società plurale come la nostra. Impegniamoci di persona, con l’avvicinarsi del Natale, a quella forma semplice ma potente giustizia operosa che è l’ospitalità. Le tante opere religiose e civili di condivisione del bisogno offrono molte occasioni alla portata di ciascuno di noi. Anche questo terzo insegnamento, che ci viene dalla liturgia, chiede di essere trasformato in azione.
San Paolo, scrivendo ai Romani, inserisce in un quadro tanto realistico quanto arduo questo “fare frutti di giustizia”. «Abbiamo il dovere di portare l’infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi» (Epistola, Rm 15,1). E fa riferimento allo stile di Cristo, cui il cristiano deve sempre tendere, al di là dei suoi limiti: «Anche Cristo non cercò di piacere a se stesso» ma praticò fino in fondo il criterio della solidarietà gratuita: «Gli insulti di chi ti insulta ricadano su di me» (Epistola, Rm 15,3). Solo questo stile può sconfiggere una delle piaghe più purulenti che affligge ognuno di noi: il narcisismo, questa incoercibile spinta ad auto affermarsi, ad occupare tutta la scena relegando gli altri ad evanescenti comparse. È una ferita che non si chiude mai. Impariamo da essa almeno quanto sia illusorio pensare di farcela da soli.
Rinnoviamo la nostra fiducia a Colui che viene, il quale, come dice Pavel Evdokimov, «è il nostro creatore e salvatore; non è colui che misura e pesa il prezzo delle opere».
Il profeta Baruc ci aiuta: «Dio ricondurrà Israele con gioia alla luce della sua gloria, con la misericordia e la giustizia che vengono da lui» (Lettura, Bar 5,9).
Ci viene qui rivolto un quarto decisivo insegnamento.

5. Tutti gli uomini sono chiamati a diventare Figli del Regno
La misericordia ci offre il giusto respiro, spalancando l’orizzonte dell’universalità: «Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia» (Epistola, Rm 15,8-9). San Paolo appoggia questa certezza su citazioni tratte dalla Torah, dai Profeti e dai Salmi. Storicamente essa ha il volto dell’Innocente crocifisso: «Dalla carne di Cristo il tuo amore infinito ci ha riplasmato alla vita» (Prefazio).
La salvezza realizzata da Cristo è per tutti. Tutti siamo chiamati, qui ed ora, a diventare Figli del Regno.
Tratteniamo quindi, fratelli carissimi, i cinque insegnamenti richiamati a partire dalla Parola di Dio, che danno concretezza all’attesa dell’Avvento: 1) la prima attività è ricevere; 2) la certezza che la pace è sempre possibile; 3) il praticare una giustizia operosa (ospitalità); 4) il domandare umilmente la vittoria sul nostro narcisismo; 5) l’aprirsi al respiro universale del Regno. Sarà il nostro modo di imitare i pastori che andarono alla grotta benedetta senza indugio.

Il Santo Padre ha concluso questa mattina a Roma l’Anno della Fede. Ora esso domanda di essere prolungato nella nostra vita quotidiana. Ci aiutino l’intercessione della Vergine Santissima e di Sant’Ambrogio, la cui festa ormai aspettiamo con cuore ardente. Amen

Commenti

Post più popolari