Angelo Scola "Andarono senza indugio"
Arcidiocesi di Milano
«Andarono
senza indugio» (Lc 2,16)
VI domenica d’Avvento
Solennità della Divina Maternità della Beata Vergine
Maria o dell’Incarnazione
Rallegrati, popolo santo; viene il tuo
Salvatore
Is 62, 10-63,3b; Salmo71; Fil 4,4-9; Lc 1,26-38
Duomo di Milano, 22 dicembre 2013
Omelia di S.E.R. Card. Angelo Scola ,
Arcivescovo di Milano
1. Colui che
stai aspettando viene
Attraverso la divina maternità di
Maria – questo è il titolo dell’odierna VI Domenica d’Avvento –, il Figlio
di Dio incarnato è ormai alle porte.
In Gesù Bambino siamo cercati e ricercati da Dio Padre: «E tu sarai chiamata Ricercata…» (Lettura, Is 62,11b.12b).
Anche il volto più duro, teso, preoccupato (basta
guardare, in questi tempi difficili, i nostri volti e quelli dei nostri
fratelli uomini) si illumina se vede arrivare la persona amata. Ebbene, «il Signore è vicino» (Epistola, Fil 4,5b).
Il Salvatore, Colui che ci
libera dal peccato e dalla morte, Colui che abbiamo atteso, settimana dopo
settimana, percorrendo, senza indugio come i pastori, il tempo del Suo triplice
Avvento ci è prossimo, non solo nel tempo e nello spazio, ma
nel profondo del nostro io. è «più intimo a me di me stesso» (Agostino,
Confessioni, III, 6,11).
Se la figura dominante di alcune delle prime domeniche
d’Avvento era Giovanni, colui che corre
davanti al Signore per preparargli la strada, oggi al centro c’è Maria, la
Vergine, Madre sua e Madre nostra.
Il contesto più ampio della scena dell’annuncio
dell’Angelo a Maria, narrata da Luca nel brano odierno, è quello del confronto
con la precedente scena dell’annuncio della nascita di Giovanni a Zaccaria. Coglierne
alcune differenze/contrasti ci permette di capire più a fondo il messaggio del
mistero che la Chiesa oggi ci fa contemplare.
Il primo annuncio viene portato al sacerdote Zaccaria nel
tempio di Gerusalemme; dunque nella capitale e al cuore dell’istituzione
religiosa. L’annuncio della nascita del Signore, invece, viene portato a
Nazaret, una piccola città sconosciuta e per di più in Galilea, una zona mista,
chiamata appunto “Galilea delle genti”, non ben vista dagli ebrei osservanti.
Maria è una ragazza e non appartiene a una famiglia
sacerdotale. Non ha la credibilità dell’anziano sacerdote Zaccaria.
Eppure, davanti all’annuncio straordinario, Zaccaria si
blocca nello scetticismo incredulo (eppure il caso di un concepimento in età
avanzata aveva avuto dei precedenti nella storia di Israele e lui li conosceva
bene) e Maria arriva all’adesione libera e totale.
3. Dono e compito. Grazia e libertà
L’Angelo apre il dialogo con Maria con le seguenti parole: «Rallégrati, piena di grazia» (Vangelo, Lc
1,28).
E Maria lo conclude con queste altre: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38a).
Il racconto dell’Annunciazione è racchiuso tra queste
due affermazioni, quella dell’Angelo e quella di Maria. Descrivono la
fisionomia della giovane donna, mettendo in evidenza il suo rapporto di fede con
Dio. Ne emerge un’umanità, quella della Vergine, in cui, contemporaneamente,
sono in azione grazia e libertà.
La prima affermazione: «Piena di grazia» (ma sarebbe più esatto dire “riempita” di grazia,
perché è un verbo ed è al passivo) mette l’accento sull’opera del tutto
gratuita che Dio compie in Maria. Ella viene dotata della pienezza della grazia
[abbiamo da poco celebrato l’Immacolata] per essere degna di generare nella
carne il Figlio di Dio, la Grazia in persona.
La seconda affermazione, «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38) è la decisiva risposta finale della
Vergine. Nell’Antico Testamento il titolo di servo del Signore – titolo di gloria – viene attribuito a persone di
sesso maschile scelte da Dio in favore del suo popolo (Abramo, Mosè, Davide, i
profeti, il Servo sofferente). In questo versetto di Luca l’espressione si
trova, per l’unica volta, al femminile. Maria così manifesta l’assenso pieno
della sua libertà al compito che Dio le affida. La sua è un’adesione libera,
“critica” e gioiosa. E lo documenta l’uso del verbo in una forma che esprime
desiderio: «Avvenga per me».
Grazia e libertà: l’iniziativa di Dio e il consenso
umano sono essenziali alla realizzazione del disegno d’amore divino. Nella vita
cristiana sono sempre in gioco, insieme, senza escludersi l’un l’altra, anzi
potenziandosi reciprocamente, grazia e libertà.
4. Annuncio
e vocazione
L’Angelo annuncia a Maria ciò che il Signore farà
accadere e, nello stesso tempo, la chiama a collaborare all’opera sua. Così, il
fatto sorprendente e gaudioso di una nascita del tutto singolare, quella di Gesù
concepito da Maria per opera dello Spirito Santo, illumina pienamente la
nascita di ogni uomo e mette subito in azione i genitori. Ogni nascita è
vocazione.
Avviene una cosa simile anche nella nostra quotidiana esistenza.
Ogni rapporto, ogni circostanza che la Provvidenza di Dio pone sul nostro
cammino – anche quelle che non possiamo o non riusciamo a capire e che
costituiscono oggettivamente una prova – sono una chiamata del Signore che ci
invita a coinvolgerci con Lui. La vita, infatti, è in se stessa vocazione.
Anche chi non crede può comprendere che il quotidiano
assume una ben diversa prospettiva se ci si lascia interpellare dalla realtà che
ci chiama a collaborare ad un disegno comune buono e giusto.
5. Uno
sguardo valorizzatore
Dalla fecondità di Maria Vergine – pregheremo tra poco
col Prefazio – «è germinato per noi colui che ci sazia con angelico pane». Gesù
sazia pienamente il bisogno dell’uomo e lo dilata nel desiderio profondo del
cuore che spalanca la persona al compimento definitivo. Attraverso i bisogni
materiali rettamente vissuti si è condotti a riconoscere la necessaria dimensione
spirituale della nostra esistenza. Di questa verità, svelataci in pienezza dal
Dio-Bambino, ognuno può fare esperienza soprattutto se condivide il bisogno
degli altri e lo fa preferendo i poveri.
Forti di questa certezza ascoltiamo le parole
dell’Apostolo: «In ogni circostanza fate
presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti»
(Fil 4,6b). Possiamo mettere davanti a Lui tutte le nostre
richieste, senza censurarne nessuna, come bambini fiduciosi nell’amore della
mamma. Ne scaturisce quella «pace di Dio, che supera ogni intelligenza» e «custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù» (Epistola, Fil 4,7). Gesù non viene a condannarci, ma a salvarci, a
guarire tutte le nostre ferite.
Dal sì coraggioso ed amoroso della Vergine al mistero del
Dio incarnato sgorga uno stile di vita che ci fa compagni di strada di tutte le
donne e di tutti gli uomini: «Quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che
è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è qualche virtù e
ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Epistola, Fil 4,8). Ad un simile sguardo niente e nessuno risulta estraneo.
Superare l’estraneità con cui spesso viviamo i rapporti quotidiani è possibile.
Richiede però un cuore semplice ed aperto, come quello della Madonna. Un cuore
che attende dalla realtà un invito a ricominciare. Spesso siamo incapaci di
rapporti veri ed intensi perché non accogliamo questo invito, dietro al quale,
lo si riconosca o meno, c’è il Dio che si è fatto uomo per amore dell’umana
famiglia.
6. Tutto il
rischio dell’amore
Con la letizia nel cuore, come ci raccomanda l’Epistola: ««Siate… lieti, ve lo ripeto: siate lieti» (Epistola, Fil 4a), chiediamo a Maria «che con la sua preghiera materna ci aiuti affinché la Chiesa diventi
una casa per molti, una madre per tutti i popoli e renda possibile la nascita
di un mondo nuovo» (Francesco,
Evangelii gaudium, 288).
In queste poche ore che ci separano dal Natale corriamo
incontro al Signore che viene fedeli nella preghiera quotidiana, solerti e ben
preparati nell’accostarci al Sacramento della Riconciliazione, in attesa della
Santa Messa di Natale, aperti all’ospitalità.
È questo un invito per tutti i battezzati e per quanti
sono alla sincera ricerca di un senso adeguato di vita. Dio infatti si è fatto
Bambino per noi. E lo ha fatto, come scrisse Karol Wojtyla in suo celebre
poema, prendendo «su di Sé tutto il
rischio dell’amore». Amen
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