La preghiera ascetica-II parte


La preghiera ascetica-II parte


Orazione affettiva

Con il termine orazione affettiva, si indica un tipo di meditazione nella quale, predominano gli affetti della volontà sul ragionamento dell'intelletto.
Il discorso dell'intelletto si va semplificando sempre più, nell'anima si radica l'abito della meditazione e il cuore inizia a partecipare attivamente alla preghiera. Il passaggio dalla meditazione intellettuale a quella affettiva si può rilevare dagli effetti che produce. Data la differenza di temperamenti ed esperienze di vita non in tutti avviene con la stessa rapidità e facilità. Alcune persone infatti hanno un carattere più freddo e meno emozionabile ed altre invece sono più sensibili e passionali. È importante comunque abituarsi ad una frequenza quotidiana della meditazione. Gradualmente il lavoro intellettuale si ridurrà fino a scomparire quasi totalmente, quando si giunge alla piena semplificazione, alla cosiddetta orazione di semplicità. Il lavoro intellettuale deve precedere l'orazione affettiva, perché in modo naturale non si può amare niente che non si conosca. La volontà è spinta a desiderare e ad amare il bene che l'intelletto le mostra. Ma una volta che ci si è abituati alla meditazione, la memoria va a pescare immediatamente la materia e gli argomenti che vi sono stati immessi in precedenza, in modo che gli affetti si accendono appena compare nella mente il soggetto o l'oggetto meditato. Una delle cose da imparare in questo grado è il momento in cui bisogna lasciare sgorgare gli affetti e cessare il ragionamento. All'inizio è difficile riconoscere il momento in cui lo Spirito Santo ci chiama ad amare e ad aprirci alla sua azione, ma col tempo e con l'esperienza diviene connaturale. Come insegnano i teologi e i maestri spirituali, bisogna evitare di sospendere il discorso intellettuale prima che siano nati gli affetti. Il rischio infatti è quello di perdere tempo e restare vuoti, il che lascia spazio a possibili inganni e illusioni. Non bisogna nemmeno cercare di forzare i tempi e mettersi a far orazione con il solo scopo di sentire qualche gusto o provare certi sentimenti, quando infatti non sgorgano spontaneamente, poiché sono un dono del Signore, sarebbe presunzione volerseli procurare con la forza. La cosa migliore è quella di riprendere umilmente e serenamente il lavoro meditativo intellettuale fino a che non rinascono di nuovo gli affetti. Un altro errore che comunemente si compie, è quello della molteplicità degli affetti. All'inizio si passa frequentemente da sentimenti di gioia, di pace, dolcezza, amore, gratitudine, compassione, dolore dei peccati, umiltà, petizione e si ha la tentazione di voler assaggiare tutto. È importante invece non aver fretta di raccogliere tutti i frutti ma restare a gustare, per tutto il tempo che il Signore ce lo concede, il gusto di uno solo di essi. Inoltre mano a mano che si progredisce anche gli affetti si vanno semplificando e unificando, fino ad arrivare ad un unico atto d’amore che li racchiude tutti, ed è un semplice abbandono amoroso e fiducioso in Dio. A volte un solo pensiero basta ad occupar l'anima per tutto il tempo dell’ orazione. Quando cessa l’effetto bisognerà occupare il tempo passando ad altri affetti, ma non moltiplicandoli come all'inizio. Tra l'altro è frequente che il Signore ispiri un sentimento dominante a seconda del bisogno dell'anima. E’ come un pensiero, un immagine, che ritorna continuamente alla mente e al cuore, quasi un'idea fissa attorno alla quale ruoteranno tutti i desideri e pensieri. Per esempio la Passione del Signore con i relativi sentimenti che l'accompagnano: umiltà, amore, gratitudine; oppure il pensiero della presenza di Dio nel suo cuore spingerà l'anima a pregare e ad amare in profondo raccoglimento. Questo tipo di orazione tende a creare un clima,
uno spirito di preghiera che finisce per contagiare l'intera giornata del credente che, quasi insensibilmente si trasforma in una preghiera continua, in un pensiero assiduo e in un desiderio ardente di Dio. Da questa orazione si ottengono innumerevoli vantaggi: la semplificazione di tutta la vita; un 'unione più intima e profonda con Dio e con le creature, che sono viste in rapporto a Lui; la crescita di tutte le virtù cristiane, in particolare della carità che è il principio e il fine di tutte; le consolazioni sensibili, che sono uno stimolo ad andare avanti nel cammino. Ripeto ancora, ha molta importanza non forzare gli affetti, conta molto la spontaneità e la fluidità della preghiera. La cosa importante non è ciò che si sente, ma l'intenzione di fare la volontà di Dio e ciò che è a Lui più gradito, agire con amore e per amore e imparare a ringraziare il Signore sia quando ci consola sia quando ci lascia nella desolazione, sapendo che : "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”. Uno dei segni del progresso nella preghiera è il comportamento che si ha fuori di essa. Fatti salvi alcuni casi particolari, dall’ orazione bisogna uscire con delle risoluzioni pratiche, come per esempio esercitare meglio una virtù o evitare un difetto abituale. Ci sono persone che quando sono immerse nell’orazione, sentono dolcezze e trasporti di fervore grandissimi, e per questo si credono giunti alla santità e all'estasi mistica, ma poi 5 minuti dopo, se qualcuno le rimprovera per qualche motivo, si offendono, o peggio reagiscono con asprezza. Segno evidente che c’è ancora molta strada da fare. Altro errore da evitare è quello di mettersi a pregare, solo per cercare le consolazioni sensibili. Errore ancora più grave è credere che una volta raggiunta l'orazione affettiva non si abbia più bisogno della meditazione. Se è vero che più si progredisce, meno vi è necessità di discorsi lunghi, è anche vero che non si può restare sempre sulla cima della montagna ma qualche volta bisogna scendere a valle a fare rifornimento di provviste. Intendo dire che è necessario, soprattutto nei momenti di aridità, riprendere l'orazione vocale e la meditazione intellettuale, perché quando una barca non ha più il vento a favore è inutile tenere su la vela, ma è necessario affondare i remi e darsi da fare a forza di braccia. Nella vita di preghiera occorre tanta umiltà e pazienza. Non si può pretendere di ottenere in due giorni quello che tanti santi hanno ottenuto in anni di esercizio spirituale. Se al Signore piace, potrà anche concederci in un'ora quello che con il nostro solo sforzo avremmo ottenuto in 10 anni, ma questo non dipende da noi, a noi è chiesto l'impegno e la buona volontà.


Orazione di semplicità

    Questa orazione, che nella storia della spiritualità cristiana è stata anche definita: di presenza di Dio, di semplice sguardo, di abbandono ecc. designa la preghiera affettiva quando ha raggiunto la massima semplicità e unificazione dei pensieri e degli affetti. Bossuet la descriveva così: “… una semplice visione, uno sguardo, un'attenzione amorosa a qualche oggetto divino, sia Dio in se stesso o qualche sua perfezione, sia nostro Signore o qualche suo mistero, sia altre verità cristiane.” La caratteristica di questo apice della preghiera ascetica è che il ragionamento si è trasformato in una semplice attenzione intellettuale, uno sguardo di fede, mentre la molteplicità degli affetti si sono ridotti ad un semplice e sereno atto di amore. L'anima contemporaneamente crede, spera e ama il Signore, è uno sguardo d'amore. Sempre Bossuet ricorda che: “L'anima lascia il discorso, e si serve di una dolce contemplazione, che la mantiene in una soave tranquillità e attenzione e la rende suscettibile delle operazioni e impressioni divine che lo spirito Santo le vuole comunicare; lavora poco e riceve molto; il suo lavoro è gradito, e non per questo cessa di essere fruttuoso; e siccome si avvicina sempre più alla fonte dalla quale promana la luce, la grazia e le virtù, riceve sempre più da essa.”

    Questo grado di preghiera ascetica segna il passaggio alla tappa prevalentemente mistica e dunque alla vera contemplazione infusa da Dio. Ogni tanto infatti essendo questa l'orazione tipica di coloro che si trovano nella via illuminativa, il Signore dona qualche sprazzo di luce soprannaturale concedendo dei momenti di pura contemplazione mistica, che nessuno può procurarsi da se stesso se non è il Signore a concederla. La cosa bella è che questa preghiera impregna tutta la giornata e diventa continua. Così pur essendo impegnati nei doveri di tutti i giorni, si riesce a stare uniti al Signore, rivolgendole l'attenzione amorosa, ricordandosi frequentemente di Lui, e cercando con preghiere brevi e intense come le giaculatorie di pensare a Lui. Anche nelle preghiere vocali come nella liturgia si cerca costantemente la presenza di Dio ancor più che capire il significato delle parole o pronunciarle correttamente. Tutte le opere quotidiane sono informate di un ardente spirito di fede e di amore. In questo modo si cresce sempre di più nell'intimità e nella conoscenza di Dio, dimenticandosi di se per il servizio di Dio e dei fratelli. Lo sguardo diventa sapiente, tutto si vede e conosce con amore e in relazione a Dio. Tutto sembra nulla di fronte a Dio e l'anima si sprofonda nella propria umiltà, riconoscendosi per quello che è: creatura e peccatrice, ma chiamata alla vita beata e eterna.

    Secondo l'insegnamento di Santa Teresa d'Avila e di San Giovanni della croce, una delle caratteristiche per comprendere se il Signore ci ha elevati a questo grado è che in genere, si trova difficoltà nell'utilizzare l'intelletto in maniera discorsiva, si sente la necessità di semplificare la preghiera e gli affetti e il desiderio di stare in solitudine e silenzio semplicemente alla presenza di Dio. Finché si ricava profitto dall'utilizzo dei sensi e della ragione è necessario non lasciar la meditazione ordinaria ma, è importante quando ci si accorge di provare un certo gusto e pace nello stare in silenzio davanti a Dio, nel semplice sguardo amoroso lasciare la riflessione intellettuale, perché altrimenti non si otterrebbe lo stesso frutto e ci si affaticherebbe eccessivamente. Infatti uno dei motivi per cui si sente difficoltà, a volte impossibilità a meditare è che il Signore già inizia a illuminarci con le prime luci della contemplazione e questo provoca le prime tenebre mistiche della notte oscura e ci rende faticoso l'utilizzo della razionalità in quanto, l'intelletto è già occupato da un'altra azione più potente che è quella della Spirito Santo che lo sta illuminando. Le limitate capacità della natura umana non consentono se non con enorme dispendio di energie psichiche che l'intelletto si possa occupare contemporaneamente di due azioni che in esso si producono . Se mentre il Signore sta agendo e illuminando la nostra intelligenza e il nostro cuore, noi ci mettiamo a concepire pensieri e immagini e a lavorare troppo con l’intelletto, finiamo per affaticarci enormemente ed inutilmente, non ottenendo alcun frutto, ponendo impedimento all'azione di Dio e rallentando il processo di illuminazione contemplativo.

    E’ importante in questo grado di preghiera ascetica che siamo raccolti e sereni e ci abbandoniamo all'azione di Dio. Possiamo preparare un argomento da meditare, guardare un'immagine sacra, un crocifisso, pregare interiormente con brevi invocazioni ma tutto questo deve essere fatto in maniera pacifica, senza strappi e sforzi. Quello che il Signore vuole in modo particolare, è che impariamo a stare quieti e lasciarci riempire e modellare da Lui. Se una statua si muovesse mentre l'artista la sta scolpendo impedirebbe la riuscita dell’opera.    

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