OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA MESSA DELL’OTTAVA DEL" NATALE DEL SIGNORE CIRCONCISIONE DEL SIGNORE"

ARCIDIOCESI DI MILANO

MESSA DELL’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE
CIRCONCISIONE DEL SIGNORE

Vangelo della Risurrezione Gv 20, 19-23; Nm 6,22-27; dal Salmo 66 (67);Fil 2,5-11; Lc 2,18-21

CHIESA DI S. FEDELE, 31 DICEMBRE 2013

OMELIA DI S.E.R. CARD. ANGELO SCOLA, ARCIVESCOVO DI MILANO



1. «Senza disprezzo per il mondo antico diede principio al nuovo». Così si esprime il Prefazio facendo riferimento al gesto del Salvatore di sottomettersi all’antico precetto della circoncisione. «Pur essendo nella condizione di Dio … svuotò se stesso» (Epistola, Fil 2,6-7).
Dio ha mandato suo Figlio nel mondo non per condannarlo, ma per salvarlo. Il tempo, perciò, non segna la corsa inarrestabile verso la morte di persone e cose destinate a dissolversi nel nulla, ma il progressivo svelarsi del disegno buono con cui il Padre accompagna la storia al suo compimento. Questo vale anzitutto a livello personale: la nostra biografia è scritta dal concorso di grazia, cioè del disegno di Dio attuato in Gesù Cristo,
e libertà che da questa grazia è posta e tenuta in essere. Questo vale non solo per le nostre persone, ma per tutte le realtà sociali primarie cui apparteniamo, in modo particolare per la famiglia.
Senza voler in alcun modo sottovalutare gli affetti spesso feriti di padri, madri e, soprattutto figli, è doveroso richiamare - anzitutto la nostra Chiesa ambrosiana - a promuovere energicamente il bene ecclesiale e sociale della famiglia fondata sul sacramento del matrimonio tra un uomo e una donna, come legame stabile ed aperto alla vita. Nel nostro paese un freddo gelo demografico denota, e dobbiamo avere il coraggio di dirlo, la scarsa rilevanza che le Istituzioni danno alla famiglia. Non sono mai state adottate, come invece è avvenuto in altri paesi europei, politiche familiari adeguate. Accogliamo l’indicazione del Santo Padre a pregare la Santa Famiglia di Nazareth perché si «possa ridestare in tutti la consapevolezza del carattere sacro e inviolabile della famiglia» (Preghiera dell’Angelus, 29 dicembre 2013).

2. «Te Deum, laudamus. Te Dominum confitemur»: le parole di confessione e di lode di questo Inno antico tracciano per i cristiani il bilancio di ogni anno che si chiude. In ogni avvenimento essi riconoscono la mano di Dio, perciò vi stanno davanti con lo sguardo fiducioso e grato di Maria, che «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Vangelo, Lc 2,19).
In due eventi l’intervento della Provvidenza è brillato con particolare intensità nell’anno che sta per finire: la rinuncia al ministero petrino di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco. Hanno lasciato tutti, cattolici e non, stupiti e commossi di fronte alla forza rinnovatrice dello Spirito.

3. «Fratelli, abbiate gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Epistola, Fil 2,5). Rinunciare al “pensiero di Cristo” sarebbe disattendere le parole del Risorto: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi» (Vangelo della Risurrezione, Gv 20,21). Questa missione è l’annuncio del Vangelo che riempie di gioia (Evangelii gaudium). Un annuncio che, con le debite distinzioni, giunge fino a fecondare la quotidiana convivenza delle nostre società plurali.
Consapevoli della critica situazione in cui si trova il nostro amato paese, siamo chiamati a favorire a tutti i livelli, quel «principio che è indispensabile per costruire l’amicizia sociale: l’unità è superiore al conflitto» (Evangelii gaudium 228). Queste parole di Papa Francesco indicano agli italiani una via percorribile. Evitare la strada del conflitto sociale per assumere la responsabilità comune di edificare vita buona e buon governo è la sola garanzia realizzatrice di pace: «Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Lettura, Nm 6,26).
La responsabilità nei confronti della nostra nazione non può farci dimenticare l’onere oggettivo che pesa sulle nostre coscienze nei confronti del bene di tutti i popoli.
La tragedia della fame continua a sfigurare il volto di milioni di cittadini soprattutto nel Sud del pianeta.
Ho avuto modo di ricordare a tutti, in occasione del discorso di Sant’Ambrogio, che l’Expo 2015 –Nutrire il pianeta, energia per la vita – costituisce un’occasione privilegiata per proporre azioni a livello nazionale e internazionale che affrontino con decisione il problema alimentare. «Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità» (Evangelii gaudium 53).
Né possiamo tacere questa sera, mentre lodiamo il Signore per i benefici accordatici, le guerre che continuano ad insanguinare il pianeta. E come non far memoria commossa dei nostri fratelli cristiani che, soprattutto in Medio Oriente e in Africa patiscono persecuzioni tali da arrivare fino al martirio? A questo proposito noi europei non siamo in piena afasia? Siamo perciò chiamati tutti, a cominciare da me, ad un serio esame di coscienza. Non possiamo e non dobbiamo sottrarci.

4. «In Te, Domine, speravi, non confundar in aeternum!» (Te Deum). Da dove una speranza affidabile alla fine di questo anno? La festa che celebriamo nell’Ottava del Natale ce lo indica con chiarezza. Oggi, infatti, celebrando la circoncisione del Signore i nostri occhi si rivolgono al Nome che il Padre ha voluto Gli fosse dato: «Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo» (Vangelo, Lc 2,21).
Il nome di Gesù significa “Dio salva”. È potente sorgente di vita nuova. Egli è il cuore di «ogni bontà e ogni bellezza [che] o Dio, da te comincia e da te è portata a compimento» (Sui Doni). Non a caso, la tradizione popolare parla del “dolce nome di Gesù”. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi, la salvezza di Dio in mezzo a noi.
Gesù, Tu che per liberare l’uomo non hai disdegnato il seno della Vergine («Tu, ad liberándum susceptúrus hóminem, non horruísti Virginis úterum», Te Deum), abbi ancora pietà di noi. Noi ti ringraziamo e tu rendici capaci di verità, giustizia, amore e libertà (Pacem in terris n. 18). Sono questi infatti, secondo il beato Giovanni XXIII, i pilastri della pace, a cui è dedicata, a partire dai primi vespri, la giornata di domani. Amen.

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