Commento al Vangelo di p. Alberto Maggi "I MIEI OCCHI HANNO VISTO LA TUA SALVEZZA"

PRESENTAZIONE DEL SIGNORE – 2 febbraio 2014
Lc 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè,
Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è
scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per
offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del
Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la
consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato
che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo

Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la
Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i
miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse
e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele
e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano
svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in
età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e
ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e
giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio
e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero
adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di
Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
1Nonostante la straordinaria esperienza che i genitori di Gesù hanno avuto, in particolare sua madre, essi
sono ancora ancorati alla tradizione del popolo che vede il rapporto con Dio basato sull’osservanza,
sull’obbedienza alla sua legge.
L’evangelista in questo episodio vuole anticipare e raffigurare la difficoltà che avrà Gesù nel proporre al
suo popolo una diversa relazione con Dio non più basata sull’obbedienza alle sue leggi, ma
sull’accoglienza del suo spirito, del suo amore.
Ecco allora che l’evangelista, nell’episodio conosciuto come la presentazione di Gesù al tempio, presenta
due comitive contrarie. Una raffigurata dai genitori di Gesù che portano il bambino per adempiere un
inutile rito, perché essi intendono fare figlio di Abramo colui che è invece è già figlio di Dio. Dall’altra
parte c’è l’uomo dello Spirito, Simeone, intenzionato ad impedire l’inutile rito.
I genitori vanno per la purificazione della madre – perché la nascita di un bambino rendeva impura la
madre e quindi la donna doveva purificarsi attraverso un’offerta, e qui è l’offerta dei più poveri, una
coppia di tortore - e soprattutto per pagare il riscatto del figlio.
Ogni primogenito maschio che nasceva, infatti, il Signore lo voleva per sé. Se i genitori lo volevano
dovevano pagargli l’equivalente di venti giornate di lavoro, cioè cinque sicli. L’evangelista, mentre Maria
e Giuseppe si dirigono con il bambino verso il tempio per compiere questo rito, ci presenta con sorpresa
– l’evangelista adopera un’espressione che indica meraviglia – “Ecco a Gerusalemme c’è un uomo di
nome Simeone”. Simeone significa “il Signore è ascoltato”, è l’uomo dello Spirito, che tenta di impedire
l’inutile rito.
Infatti Simeone prende il bambino tra le braccia mentre i genitori volevano adempiere ad ogni cosa della
legge e pronuncia una profezia che lascia sconcertati i genitori. Infatti di Gesù dice che sarà gloria del
suo popolo, Israele, e questo Maria e Giuseppe lo sapevano, era il compito del Messia, del Figlio di Dio,
ma, come novità, luce per rivelarti alle genti, cioè ai popoli pagani. L’amore di Dio, annunzia Simeone, è
universale, non è più per il popolo eletto, ma per tutta l’umanità.
Pertanto i nemici di Israele, cioè i pagani, non dovranno più essere dominati come essi credevano, come
la tradizione presentava, ma accolti da fratelli. Poi Gesù a Maria dà una benedizione, che finisce in una
maniera abbastanza sinistra. Gesù è raffigurato con quello che Luca più avanti nel suo vangelo
presenterà come “una pietra”, pietra che può essere angolare, che serve per la costruzione, o la pietra
che fa inciampare le persone, le fa sfracellare, e infatti dirà di Gesù: “Egli è qui per la caduta e la
risurrezione di molti in Israele”.
E, come segno di contraddizione anche a te, cioè si rivolge a Maria, la madre di Gesù, una spada
trafiggerà l’anima, cioè la tua vita. Qual è il significato di questa spada che trafigge l’intera vita di Maria?
La spada, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, raffigura la parola di Dio, che è efficace come una
spada, così dirà l’autore della lettera agli Ebrei, la parola di Dio è come una spada che arriva fino alle
giunture e alle midolla e al punto di divisione dell’anima e dello Spirito.
2Quindi Simeone a Maria, che raffigura il popolo di Israele, annuncia che la parola di questo figlio per lei
sarà come una spada che la costringerà a fare delle scelte, a volte anche molto dolorose. Infatti, nel
prossimo episodio che l’evangelista presenterà, quello del ritrovamento di Gesù nel tempio, farà sì che
le prime e uniche parole che Gesù rivolgerà alla madre saranno parole di rimprovero.
E’ ancora lungo il cammino di Maria. Maria dovrà comprendere che da madre del figlio dovrà
trasformarsi in discepola. Un cammino lungo e doloroso, come una spada che trafigge l’anima.

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