Comunità Marango"Portati alla luce e portatori della luce"

Portati alla luce e portatori della luce

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Il Signore che si manifesta e si dona (l’Epifania che celebriamo in questa festa) ha una forza di amore così straordinaria da attirare le persone più lontane (non solo geograficamente). A questo stupore ci provoca il racconto dei Magi che arrivano da misteriose terre ad adorare «il re dei Giudei che è nato».
Per questo, chi crede in Lui deve sentirsi spinto a portare il Vangelo a tutti, soprattutto ai più poveri ed
estranei: è la strada principale che papa Francesco indica anche oggi alla Chiesa. È una specie di restituzione: sono dei lontani che hanno fatto conoscere la presenza del «Dio con noi» che i vicini ignoravano; ora, coloro che hanno ricevuto il dono di essere vicini devono riscoprirlo portando il dono agli altri. Non c’è vita di Vangelo se non lo si porta per le strade dell’umanità, dice papa Francesco.

Tutto nasce da una stella: che ha spinto i Magi a mettersi in viaggio, li ha condotti fino al luogo dove si trovava il bambino, li ha portati a riconoscerlo attraverso i loro doni.
La stella è l’immagine della grazia divina: senza di essa non è possibile alcuna ricerca né alcuna esperienza del Signore. In pratica, non è l’uomo che cerca Dio, ma è Dio che va a trovare l’uomo attraverso la sua grazia. E sappiamo dalla parabola della pecora perduta che più l’uomo è lontano, più Dio ha la passione di andarlo a trovare, per caricarselo sulle spalle e vivere la gioia del ritorno (cfr. Lc 15,1-7). È ben difficile trovare Dio a casa: ha sempre qualche pecora da recuperare.
E la Chiesa deve fare altrettanto. È tremendo il monito di Gesù per una comunità di credenti che tiene le porte sbarrate. Non uscire per le strade degenera ulteriormente nella deriva di non far entrare più nessuno: «Chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare» (Mt 23,13).
Qualcuno ha detto: «Nel mondo c’è più sofferenza che peccato». Alla luce dell’Epifania, potremmo dire: «Nel mondo c’è più grazia di ricerca da parte di Dio dell’uomo che il rifiuto dell’uomo». Basta avere gli occhi e il cuore aperti al desiderio che Dio ha degli uomini e all’opera della sua grazia, soprattutto in quelli bollati “lontani” dalla Legge religiosa.

I Magi devono aver avuto un bel problema di vista: abituati alla luce della stella che li aveva guidati, si sono trovati nel buio di una semplice povera «casa» palestinese. Come riconoscervi dentro un Re e il Figlio di Dio!? La luce fa ancora più scuro il buio: serve, però, a vedere oltre l’opacità della corporeità umana. Anche dentro le tenebre delle vite più negate o più negative c’è una luce posta da Dio: riconoscerla lì, e non in cielo, è la via della fede.
Portati dalla luce, i Magi hanno anche portato la luce, in qualche modo. Se, infatti, non avessero riconosciuto o creduto alla stella, non si sarebbero messi in cammino dietro di essa. Così non avrebbero permesso a tale luce di giungere e fermarsi, come guida, « sopra il luogo dove si trovava il bambino». E allora non sarebbe stato possibile la manifestazione del Signore nel bambino nato e posto in quella casa a Betlemme. Sì, davvero i Magi sono stati guidati dalla luce, ma seguendola hanno permesso alla luce di illuminare la presenza di Colui che viene a portare e a realizzare il regno dell’amore di Dio.
La grazia di Dio non ha bisogno di persone che capiscono tutto, ma di chi sia disposto a mettersi in cammino, sempre, senza sapere dove essa conduce: ci vuole umiltà, disponibilità, pazienza, passione, apertura al mistero… Solo così si può permettere al Signore di manifestarsi.
Solo se ci si lascia portare da Lui, si è anche in grado di portarlo. Il Signore, che è grazia, lo si trova e lo si riconosce solo se ci si fa condurre dalla grazia. L’acqua del fiume conduce all’acqua vasta del mare.
Dinamica eucaristica, perché la grazia si manifesta pienamente in quel corpo morto, risorto e donatoci. Come è stato per i discepoli, dopo la Pasqua, sul lago di Galilea: Gesù risorto li invita a portare il pesce della pesca miracolosa, la sua grazia, ma trovano che Lui ha già preparato per loro da mangiare. «Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli» ( Gv 21,14).
La nostra vita di fede è tutta compresa nel riconoscere la grazia di Dio che opera in noi e ci conduce al suo mistero, vivendo il quale entriamo davvero nel mare della sua grazia.
Alla luce della sua grazia si può riconoscere la luce che c’è in quel bambino (cfr. Sal 36,10).

Alberto Vianello

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