Meditazione di ABBÉ PIERRE

Perché i sofferenti siano i primi ad essere serviti, tutta la società
umana, dal comune all'universo, ha bisogno di essere sempre sollecitata,
non tanto dall'esterno, da qualche ordine di un'autorità, quanto
dall'interno, da un'emulazione o da una sfida provocata da alcuni uomini,
venuti gli uni dalla stanchezza dell'avere troppo, gli altri dalla

stanchezza del mancare di tutto, uniti in un lavoro comunitario che
assicuri loro la vita, mettendo il loro guadagno al servizio di chi
soffre e potendo così, saldi, liberi e forti, in ogni momento, domandare
a chiunque: "E tu, nella tua vita privata, nella tua vita sociale, che
cosa fai per chi soffre?".
Le società non sono mai ammalate di nient'altro se non dello sdegno di
chi soffre. Da che cosa nascono le anarchie, le tirannie, le corruzioni,
gli abbandoni, le aggressioni, se non dall'idolatria dei forti per se
stessi o dalla disperazione dei deboli, provocata dal disprezzo e dallo
sfruttamento di cui sono vittime?
E i deboli di ieri, divenuti signori, come non si farebbero a loro volta
carnefici, se, nel momento in cui il potere è passato nelle loro mani,
non viene loro impartita questa legge: "Servi per primo chi soffre", e
cioè: "Ama il prossimo come te stesso"?
Nei parossismi di incoerenza attraverso i quali, da un periodo all'altro,
passa la storia umana, a forza di sottrarsi a questa legge, che è la sua
legge, si giunge a momenti in cui non c'è più bisogno né di riforme né
di rivoluzioni, ma solo di una rinascita.
Rinascere. Ricominciare dalle origini. Rompere con tutto il mucchio di
convenzioni in cui si camuffano le falsità.
Ma il rinascere non è un'azione di massa, richiede piuttosto l'azione di
ogni persona, una ad una, ciascuna da sola nella sua fragilità, di fronte
a se stessa, di fronte all'Amore eterno e di fronte all'universale invito
di questo Amore che è qualcuno e che vuole queste libere adesioni fino
all'assoluto, perché si compia infine l'unità di tutti, esclusi soltanto
quelli che, deliberatamente, accecati dal loro orgoglio, nell'illusione
del loro io avranno preferito l'ostinazione alla comunione del dono di
sé.
È, in definitiva, sempre, ma più che mai in questi periodi di crisi
violente dell'universo, nel misterioso santuario dell'animo di alcuni,
che si gioca, ogni giorno, il destino delle moltitudini. Nell'animo di
quelli che sono attratti dall'invito. Nell'animo di quelli che
risponderanno: "Eccomi".
Per un momento solo o forse, all'improvviso o per tappe successive, per
tutta la vita.
ABBÉ PIERRE

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