Alberto Vianello"Vivere il sapore di Gesù Cristo nel mondo"


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Gesù dice che i cristiani sono «sale della terra e luce del mondo». Hanno un contributo non indifferente da dare al mondo. Ma tale contributo deve essere nella più assoluta gratuità e nella più piena umiltà: come è stato lo stile di Gesù stesso.
Troppe volte, infatti, si sono lette le due immagini del sale della luce con l’occhio superbo della pretesa di valere più degli altri, perché si conosce Gesù e la sua dottrina. Dentro un mondo ignorante e incosciente di Dio, i cristiani splendono della loro sapienza e del loro comportamento secondo la legge divina, ai quali gli altri devono inchinarsi e adeguarsi (!).

Invece, la messa in guardia di Gesù è per il sale, non per la terra che deve salare: «Se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato?». E’ il sale che si espone alla condanna, non la terra. Tanto è vero che sarà «calpestato dalle genti»: da quei lontani da Dio ai quali doveva portare la sua conoscenza. Il mondo non può che disprezzare dei cristiani che lo sono solo di nome o di facciata, e non di fatto: che non sanno salare la terra, cioè dare il sapore della vita che è la conoscenza di Dio in Gesù Cristo e nel dono della sua vita. I cristiani sono fatti per questo. E’ il loro servizio al mondo: senza pretese e senza arroganza. Loro hanno conosciuto per primi il Signore, rispetto agli altri uomini, forse perché erano più deboli e ne avevano più bisogno. E se perdessero il sapore di Gesù Cristo, il problema sarebbe per loro, non per il mondo. Perché Dio può inventarsi chissà quali altre vie per farsi conoscere agli uomini; vie che non sono impedite dalla mancanza di testimonianza e di annuncio del Vangelo da parte dei credenti. Perciò sta a questi adeguarsi alla loro missione, purché si sentano i più piccoli di tutti.

Anche l’immagine della luce ci pone nella logica dell’essere per gli altri, se vogliamo veramente essere per il Signore.
La luce non può far altro che illuminare: «Non può restare nascosto una città che sta sopra un monte». Non ha senso porre la luce di una lampada sotto il mobiletto che la dovrebbe reggere (il moggio): è un mondo alla rovescia. In questo caso: al buio.
Ma nessuno si ferma ad ammirare la luce. Essa serve soltanto. Serve a illuminare: «Così fa luce a tutti quelli che sono nella casa».
I cristiani devono portare il loro contributo di luce alla vita del mondo. Così gli abitanti di questa casa globale possono vederci ed esprimersi nelle loro attività. Nessuno si sofferma ad ammirare la luce, ma usufruisce della sua funzione di illuminare.

Poi Gesù specifica che tale luce sono «le vostre opere buone», che la prima Lettura rivela essere gli atti di carità verso tutti i più poveri e bisognosi.
Ma c’è un’unica «opera buona», dalla quale derivano poi le nostre opere di luce per il mondo: Gesù Cristo e la sua carità infinita e rivoluzionaria, nei confronti del mondo stesso.
Noi abbiamo, essenzialmente, questa grande e unica opera buona da offrire agli uomini. Non una dottrina o un catechismo su Gesù Cristo, ma la sua carità; che, come cambia la nostra vita, vuole, insieme, cambiare il mondo. La raccomandazione di Gesù ai suoi:«Amatevi come io vi ho amato», è un grande salto rispetto all’insegnamento classico: amare il prossimo come se stessi. Gesù Cristo è causa e modello delle nostre opere buone, per questo è Lui la vera opera buona da condividere con il mondo. Modello di amore, quello vero, quello nell’umiltà.

Così che anche Lui, il suo essere opera buona per eccellenza, rinvia pure ad un altro: «Rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Il Padre è il riferimento unico e costante del Discorso della montagna che leggeremo nelle prossime domeniche. Qui è citato per la prima volta. Al Padre, identificato con il Padre dei credenti in Gesù Cristo, gli uomini «rendano gloria» vedendo la carità verso i poveri da parte dei cristiani: lo riconoscono come Padre di tutti, perché Padre nella carità. Quella carità porta il volto dei credenti, ma perché tutti, soprattutto i più poveri, possano scoprire il volto del Padre, che non ha figli e figliastri, ma ha dei figli responsabili dei propri fratelli, in nome del loro Padre unico.

Alberto Vianello

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