Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche della Domenica “delle tentazioni nel deserto”

I Domenica di Quaresima A
Mt 4,1-11;  Gen 2,7-9;  Sal 50;  Rm 5,12-19
1. Universalità e significato della tentazione

Finché sulla terra saremo circondati dalla carne che lotta contro lo spirito e la cui sapienza è nemica di Dio e non può in alcun modo sottostare alla legge di Dio (Rm 8,7), noi siamo nella tentazione. Giobbe, inoltre, con queste parole ci ha insegnato che tutta la vita dell`uomo su questa terra è tentazione: Forse che non è una tentazione la vita dell`uomo sopra la terra? (Gb 7,1). Ciò medesimo traspare dal salmo diciassettesimo: In te sarò liberato dalla tentazione (Sal 17,30). Paolo s
tesso, d`altronde, nello scrivere ai Corinti, dice: Non vi hanno assalito che tentazioni umane; ora Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre la vostra capacità, ma con la tentazione vi procurerà anche la via di scampo, affinché possiate sostenerla (1Cor 10,13); e ciò affermò non perché noi non venissimo tentati, ma affinché Dio ci concedesse di non esser tentati al di sopra delle nostre forze...
Chi ha mai potuto ritenere con conoscenza di causa che gli uomini non abbiano tentazioni? Quando mai un uomo sarà così al sicuro da non dover combattere per non peccare? Uno è povero? Ebbene, stia attento a non rubare e profanare il nome di Dio (Pr 30,9). E` ricco? Stia allora attento a non sentirsi troppo sicuro: egli, infatti, può «divenire un gran mentitore» e affermare, insuperbendosi: «Chi mi vede?». Neppure Paolo, ricco in ogni parola e in ogni scienza (1Cor 1,5), è immune dal pericolo di inorgoglirsene e di peccare; per questo ha bisogno dello stimolo di Satana, che lo schiaffeggia per non farlo inorgoglire (2Cor 1,5). Se qualcuno, avendo compreso il bene, ha evitato il male, legga ciò che è scritto nel secondo libro delle Cronache intorno ad Ezechia, del quale si narra come sia incorso nella tracotanza del cuore (cf. 2Cr 32,25). Se poi qualcuno, dal momento che non abbiamo molto parlato a proposito del povero, si preoccupa poco, come se la tentazione, quando si è poveri, non si avvertisse, sappia che l`insidiatore tende tranelli per sconfiggere il povero e il bisognoso (cf. Sal 36,14), segnatamente in conformità a quanto afferma Salomone, dicendo che il povero non sostiene la minaccia (Pr 13,8). C`è forse bisogno di ricordare quanti, avendo male amministrato le loro ricchezze materiali, si videro inflitta la medesima pena, e nel medesimo luogo, del ricco del Vangelo? E quanti furono, peraltro, coloro i quali, mal sopportando la povertà e vivendo in maniera servile e dimessa, sconveniente ai santi, decaddero dalla speranza delle cose celesti? Come neppure sono immuni dal peccato coloro i quali si trovano in una condizione intermedia fra la ricchezza e la povertà. Chi, poi, è sano e robusto fisicamente, ritiene per questo di essere sano e robusto di fronte ad ogni tentazione? E di chi altro, se non della persona sana e vigorosa, è proprio il peccato con il quale viene violato il tempio di Dio (1Cor 3,17)? Nessuno oserà soffermarsi esplicitamente su tale brano, trattandosi di cose evidenti per tutti. D`altra parte, però, qual è mai il malato che sia riuscito a sottrarsi alla tentazione di distruggere il luogo sacro di Dio, trovandosi nell`ozio in quel periodo di tempo, e non abbia assecondato almeno qualcuno dei pensieri impuri? C`è forse bisogno di dire quante cose lo turbino oltre a queste, se non procura di serbar puro il suo cuore, con ogni sollecitudine? Molti, infatti, vinti dalle sofferenze e non essendo in grado di sopportare virilmente le malattie, finirono quasi coll`ammalarsi più con l`anima che col corpo. Altresì molti, per scongiurare l`infamia, si vergognarono di sostenere generosamente il nome di Cristo e precipitarono nella condanna eterna. Qualcuno, poi, ritiene che per lui cesserà la tentazione, il giorno in cui egli avrà conseguito gloria presso gli uomini. Per coloro i quali si inorgogliscono, come se fosse un valore, della gloria ottenuta presso molti, valgono le dure parole della Scrittura: «Ricevettero la mercede dagli uomini», e le altre parole ancora più lampanti: Come potete voi credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che viene dall`unico Dio? (Gv 5,44)...
Non dobbiamo dunque pregare di non essere tentati (il che, infatti, è impossibile), ma di non venire sopraffatti dalla tentazione, ciò che capita, appunto, a coloro che ne sono posseduti e vinti. Se in un passo diverso dall`orazione (domenicale) sta scritto, con parole facilmente comprensibili: «Perché non entriate in tentazione», dobbiamo così rivolgerci nella stessa orazione a Dio Padre: «Non ci indurre in tentazione». Vale la pena vedere in che senso si debba intendere che Dio induca in tentazione chi non prega o chi non viene esaudito. Ripugnerebbe, infatti, ritenere che, se uno vinto, entra nella tentazione, Dio lo abbia indotto in tentazione, come se lo abbandonasse alla disfatta. Non è assurdo, infatti, convincersi che il buon Dio, il quale non può recare frutti cattivi, possa far cadere qualcuno nel peccato?...
Io credo, invece, che Dio governi ogni anima razionale avendo di mira la loro vita eterna. Le anime, infatti, da parte loro, sono sempre dotate di libero arbitrio e perciò spontaneamente esse si trovano nelle migliori condizioni, fino a salire all`apice del bene, ovvero, a motivo della loro negligenza, esse discendono in vari modi verso un sempre maggior numero di mali. Ciò nondimeno, dal momento che una più breve guarigione suscita in talune persone la trascuratezza delle loro malattie al punto che, avendole essi curate così facilmente, in seguito, una volta risanati, cadono nuovamente nelle medesime infermità; allora, non senza motivo, Iddio abbandona queste anime alla loro malizia, lasciandovela crescere e diffondersi fino a diventare insanabile, affinché queste, rimaste così a lungo nel male e nel peccato sino alla nausea e alla sazietà, si rendano alla fine conto del loro danno e rimpiangano di aver intrapreso il male. In tal modo, queste anime, una volta guarite, potranno conservare con maggior sicurezza la riacquistata sanità...
Le tentazioni sopravvengono affinché appaia chiaramente ciò che siamo o perché si conoscano le cose nascoste nel nostro cuore: lo dimostra quanto viene affermato dal Signore nel libro di Giobbe, scritto altresì nel Deuteronomio, e che in tal modo suona: Ritieni che io abbia risposto a te in maniera diversa da farti apparire giusto? (Gb 40,3). Nel Deuteronomio, poi: Ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame e ti ha fatto mangiare la manna (Dt 8,3), e ti ha condotto nel deserto tra serpenti che mordono e scorpioni (Dt 8,15), affinché diventassero note le cose che sono nel tuo cuore (Dt 8,2)...
Dopo aver diligentemente esaminato queste cose per chiedere consapevolmente a Dio di non entrare in tentazione, ma di essere liberati dal male e dopo avere scrutato noi stessi, una volta divenuti degni, ascoltando Dio, di essere esauditi da lui, scongiuriamolo affinché, nella tentazione, non rimaniamo mortificati, colpiti e infuocati dai dardi incandescenti del maligno (Ef 6,16). Vengono accesi, infatti, tutti coloro che hanno i cuori divenuti come fornelli (Os 7,6) come dice uno dei dodici [profeti minori: n.d.t.]; diversamente accade, invece, per coloro i quali con lo scudo della fede estinguono i dardi infuocati scagliati dal maligno (Ef 6,16) contro di loro; coloro, cioè, che hanno in se stessi fiumi di acqua che zampilla per la vita eterna (Gv 4,14), che non permettono al maligno di appiccare il fuoco, ma facilmente lo estinguono con un diluvio di pensieri divini e salutari impressi dalla contemplazione della verità nell`anima di chi si sforza di diventare spirituale.

Origene, La preghiera, 29,1-30,3


2. Legge, volontà, grazia

Noi preghiamo perché ci sia possibile superare le tentazioni, perché lo Spirito di Dio, di cui abbiamo ricevuto il pegno, aiuti la nostra debolezza (Rm 8,26). Ma chi pregando dice: «Non indurci in tentazione», non impetra ciò per essere uomo, poiché lo è per natura; e neppure per avere il libero arbitrio, poiché lo ricevette quando venne creata la sua stessa natura. E neppure supplica la remissione dei peccati, perché proprio prima si dice: «Rimetti a noi i nostri debiti»; e neppure prega di ottenere il comandamento, ma prega bensì di adempiere il comandamento. Se infatti sarà indotto in tentazione, cioè verrà meno nella tentazione, commetterà il peccato che è contro il comandamento. Prega dunque di non peccare, cioè di non commettere male alcuno, proprio come l`apostolo Paolo prega per i Corinti dicendo: Noi preghiamo il Signore affinché non facciate male alcuno (2Cor 13,7). Da ciò appare sufficientemente chiaro, per quanto non si dubiti circa l`esistenza dell`arbitrio della volontà, che il suo potere non è tuttavia sufficiente per non peccare, cioè per non commettere il male, a meno che la sua debolezza non venga aiutata. La stessa preghiera, dunque, è un`attestazione chiarissima della grazia: questa professa colui che prega, e noi ci allieteremo per la sua rettitudine già presente o acquistata.
Si deve distinguere tra legge e grazia. La legge sa comandare, la grazia aiutare. La legge poi non comanderebbe se non vi fosse la volontà e neppure la grazia aiuterebbe se la volontà fosse sufficiente. Ci si comanda di avere intelletto là dove ci viene detto: Non siate come il cavallo e il mulo che non hanno intelletto (Sal 31,9); e noi tuttavia preghiamo di avere intelletto là dove si dice: Dammi intelletto per comprendere i tuoi comandamenti (Sal 118,125). Ci si comanda di aver saggezza ove si dice: Stolti! Siate finalmente saggi! (Sal 93,8), e tuttavia noi preghiamo di aver la saggezza dove si dice: Ma se qualcuno di voi ha bisogno di saggezza, la domandi a Dio, che dona a tutti con abbondanza e non rimprovera, e gli sarà elargita (Gc 1,5). Ci si comanda di essere continenti ove si dice: Siano cinti i vostri lombi (Lc 12,35), eppure noi preghiamo di essere continenti dove si dice: Sapendo che nessuno può essere continente se Dio non glielo concede - e anche ciò è saggio: sapere di chi è dono - mi presentai al Signore e lo supplicai (Sap 8,21). Insomma, per non dilungarci troppo esaminando tutti i passi, ci si comanda di non fare il male, ove si dice: Allontanati dal male! (Sal 36,27), e tuttavia noi preghiamo di non commettere il male, dove si dice: Noi preghiamo il Signore affinché non facciate male alcuno (2Cor 13,7). Ci si comanda di fare il bene, dove si dice: Allontanati dal male e fa` il bene! (Sal 36,27); e tuttavia anche noi preghiamo di fare il bene, dove si dice: Non cessiamo di pregare e supplicare per voi (Col 1,9). E fra tutte le altre cose che per loro prega, Paolo chiede: Perché camminiate degnamente davanti a Dio nel suo pieno beneplacito, in ogni opera e in ogni discorso buono (Col 1,10). Come noi dunque per questi comandamenti riconosciamo l`esistenza della volontà, così egli, per queste preghiere, riconosca l`esistenza della grazia.

Agostino, Le Lettere, II, 177,4-5 (a papa Innocenzo I)


3. Il cristiano ha la possibilità di vincere le tentazioni

Se dopo il battesimo il tentatore, persecutore della luce, ti avrà assalito, e certo ti assalirà - infatti tentò anche il Verbo mio Dio nascosto nella carne,ossia la stessa luce velata dall'umanità - tu sai come vincerlo: non temere la lotta. Opponigli l'acqua, opponigli lo Spirito nel quale saranno distrutti tutti i dardi infuocati di quel maligno. Se ti farà presente la tua povertà - non dubitò infatti di farlo anche con Cristo, facendogli notare la sua fame perché trasformasse in pane le pietre - ricorda le sue risposte (cfr. Mt 4,4). Insegnagli quel che non sa; opponigli quella parola di vita che è pane disceso dal cielo e dà la vita al mondo. Se t'insidia con la vanagloria - come fece con lui quando lo portò sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Gettati giù» per mostrare la tua divinità (Mt 4,8)- non lasciarti trasportare dalla superbia. Se ti vincerà in questo, non si fermerà qui. È insaziabile, tutto brama; adesca anche con l'aspetto della bontà e travolge il bene in male: questo è il suo modo di combattere.
Quel ladro è un esperto conoscitore anche della Scrittura. Qui quel «sta scritto» riguarda il pane; là riguarda gli angeli. Infatti sta scritto: «Ai suoi angeli darà ordine per te, essi ti sosterranno con le mani» (Lc 4,10.11 ). O sofista del vizio! Perché passi sotto silenzio quel che segue? Lo comprendo esattamente, anche se tu l'hai taciuto, perché diceva: camminerò su di te, aspide e basilisco, calpesterò serpenti e scorpioni;protetto e fortificato, ben inteso,dalla Trinità.
Se ti assalirà con l'avarizia, facendo balenare in un attimo ai tuoi occhi tutti i regni come se gli appartenessero ed esigendo la tua adorazione, disprezzalo come un miserabile. Difeso dal segno della croce, digli: Anch'io sono immagine di Dio; non sono stato ancora scacciato come te, per la superbia, dalla gloria celeste; sono rivestito di Cristo; col battesimo Cristo è diventato mia eredità: sei tu che mi devi adorare.
Credimi, vinto e svergognato da queste parole, si ritirerà da tutti quelli che sono illuminati, come si è allontanato dal Cristo, principio della luce.
Il battesimo conferisce questi benefici a chi ne riconosce la forza. Offre tali sontuosi banchetti a coloro che soffrono una fame degna di lode.

Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo.


4. Le tentazioni del Redentore

Non era indegno del nostro Redentore il voler essere tentato, lui che ;era venuto per essere ucciso. Era anzi giusto che vincesse le nostre tentazioni con le sue tentazioni, dato che era venuto a vincere la nostra morte con la sua morte. Ma dobbiamo sapere che la tentazione passa per tre stadi: la suggestione, la dilettazione e il consenso. Noi, quando siamo tentati, cadiamo per lo più nella dilettazione o addirittura nel consenso, perchè siamo nati da una carne di peccato e portiamo in noi stessi ciò che ci muove tante battaglie. Ma Dio, che s`incarnò nel grembo della Vergine, venne nel mondo senza peccato e non provò in sè alcuna contraddizione. Egli poté dunque essere tentato per suggestione, ma l`anima sua non provò la compiacenza del peccato. Pertanto tutta quella tentazione diabolica fu all`esterno, non all`interno.
Ma se guardiamo l`ordine secondo cui fu tentato, capiremo quanto bene noi siamo stati liberati dalla tentazione. L`antico avversario si rivolse contro il primo Adamo, nostro padre, con tre tentazioni, poich‚ lo tentò di gola, di vanagloria e di avarizia; ma tentandolo lo vinse, perchè lo sottomise a sé mediante il consenso. Lo tentò di gola quando gli mostrò il frutto delI`albero proibito, perchè ne mangiasse. Lo tentò poi di vanagloria quando disse: "Sarete simili a Dio" (Gen 3,5). Lo tentò di avarizia quando disse: "Conoscerete il bene e il male". L`avarizia infatti non riguarda soltanto il denaro, ma anche gli onori. Giustamente si dice avarizia il desiderio smodato di stare in alto. Se il carpire onori non appartenesse all`avarizia, Paolo non direbbe, riguardo al Figlio unigenito di Dio: "Non stimò una rapina la sua uguaglianza con Dio" (Fil 2,6). In ciò poi il diavolo attrasse il nostro padre alla superbia, poichè lo spinse a quel tipo di avarizia che è il desiderio di eccellere.
Ma con quegli stessi mezzi coi quali abbattè il primo Adamo fu vinto dal secondo Adamo da lui tentato. [Il diavolo] lo tenta infatti nella gola quando dice: "Comanda che queste pietre diventino pane". Lo tenta di vanagloria quando dice: Se tu sei figlio di Dio, gettati di sotto. Lo tenta con l`avarizia degli onori quando mostra tutti i regni del mondo, dicendo: "Tutto io ti darò, se ti prostri e mi adori". Ma è vinto dal secondo Adamo proprio con quei mezzi coi quali si vantava di aver vinto il primo, così da uscire dai nostri cuori, scornato, passando per quella stessa strada per la quale si era introdotto, per dominarci. Ma c`è un`altra cosa, fratelli carissimi, che dobbiamo considerare in questa tentazione del Signore; tentato dal diavolo, il Signore risponde con i precetti della Sacra Scrittura, e colui che, essendo quella Parola, poteva cacciare il tentatore nell`abisso, non mostrò la virtù della sua potenza ma soltanto ripeté i divini comandi della Scrittura, per darci così l`esempio della sua pazienza; di modo che, tutte le volte che soffriamo a causa di uomini malvagi, siamo portati a rispondere con la dottrina piuttosto che con la vendetta. Pensate quanto è grande la pazienza di Dio e quanto è grande la nostra impazienza! Noi, se siamo provocati con qualche ingiuria o con qualche offesa, ci infuriamo e ci vendichiamo quanto possiamo, o minacciamo ciò che non possiamo fare. Invece il Signore sperimentò l`avversità del diavolo e non gli rispose se non con parole di mitezza. Sopportò colui che poteva punire, affinchè gli tornasse a maggior gloria il fatto di aver vinto il nemico non annientandolo, ma bensì sopportandolo.
Bisogna fare attenzione a quello che segue, che cioè gli angeli lo servivano dopo che il diavolo se ne fu andato. Cos`altro si ricava da ciò se non la duplice natura nell`unità della persona? E` un uomo, infatti, colui che il diavolo tenta, ma è anche Dio colui cheè servito dagli angeli. Riconosciamo dunque in lui la nostra natura, in quanto se il diavolo non l`avesse conosciuto uomo, non l`avrebbe tentato, adoriamo in lui la divinità, in quanto se non fosse Dio che è al di sopra di tutte le cose, gli angeli non lo servirebbero.
Ma poiché questa lettura si adatta al presente periodo - infatti, noi che iniziamo il tempo quaresimale, abbiamo udito che la penitenza del nostro Redentore è durata quaranta giorni -, dobbiamo cercar di capire perché questa penitenza è osservata per quaranta giorni... Mentre l`anno è composto di trecentosessantacinque giorni, noi facciamo penitenza per trentasei giorni, come se dessimo a Dio la decima sul nostro anno, affinché, dopo aver vissuto per noi stessi il resto dell`anno, ci mortifichiamo nell`astinenza in onore del nostro Creatore per la decima parte dell`anno stesso. Perciò, fratelli carissimi, come nella Legge ci è imposto di offrire le decime di tutte le cose (cf.Lv 27,30s), così dovete cercare di offrire a lui anche la decima dei vostri giorni. Ognuno, secondo quanto gli è possibile, maceri la sua carne e ne affligga le brame, ne uccida le concupiscenze disoneste, affinché, secondo la parola di Paolo, divenga una vittima viva (cf.Rm 12,1). Certo la vittima è immolata ed è viva, quando l`uomo non muore e tuttavia uccide se stesso nei desideri carnali. La nostra carne, soddisfatta, ci portò al peccato; mortificata, ci conduca al perdono. Colui che fu autore della nostra morte trasgredì i precetti della vita mediante il frutto dell`albero proibito. Noi dunque, che ci siamo allontanati dalle gioie del paradiso per colpa del cibo, procuriamo di tornare ad esse grazie all`astinenza.
Ma nessuno creda che l`astinenza da sola possa bastargli dal momento che il Signore dice per bocca del Profeta: "Non è forse maggiore di questo il digiuno che bramo?", aggiungendo: "Dividi il pane con l`affamato, e introduci in casa tua i miseri, senza tetto; quando vedrai uno nudo, soccorrilo, e non disprezzare la tua carne" (Is 58,6.7). Dio dunque gradisce quel digiuno che una mano piena di elemosine presenta ai suoi occhi, quel digiuno che si congiunge all`amore del prossimo ed è ornato dalla pietà. Ciò che togli a te stesso, dallo a un altro, afffinché cio di cui si affligge la tua carne serva di ristoro alla carne del povero. Così infatti dice il Signore per bocca del Profeta: "Quando avete fatto digiuni e lamenti, forse avete digiunato per me? E quando avete mangiato e bevuto, forse non avete mangiato bevuto per voi stessi?" (Zc 7,5-6). Infatti mangia e beve per sé chi prende i cibi del corpo, i quali sono donati a tutti dal Creatore, senza parteciparli ai bisognosi. E digiuna per sé chi non distribuisce ai poveri quelle cose di cui si è privato temporaneamente, ma anzi le serba per darle al suo ventre in altra occasione. Perciò è detto per bocca di Gioele: "Santificate il digiuno" (Gl 1,14; 2,15). Santificare il digiuno significa offrire un`astinenza dalle carni degna di Dio, dopo aver aggiunto altri doni. Cessi l`ira, si plachino i litigi. Invano la carne è afflitta, se l`animo non si frena nei suoi malvagi desideri, come dice il Signore per bocca del Profeta: "Ecco, nel giorno del vostro digiuno si trova la vostra volontà. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui, e ricercate tutti i vostri debitori" (Is 58,3). Né commette ingiustizia chi richiede dal suo debitore quanto gli aveva prestato; è bene tuttavia che quando uno si macera nella penitenza, si astenga anche da ciò che gli spetta con giustizia. Così Dio perdona a noi, afflitti e penitenti, ciò che abbiamo fatto di male, se per amor suo rinunciamo anche a ciò che giustamente potremmo esigere.

(Gregorio Magno, Hom. 16, 1-6)


5. Non c`indurre in tentazione

«E non c`indurre in tentazione» Signore. C`insegna forse il Signore a pregare di non essere mai tentati? Perché dice altrove: "L`uomo non tentato non è provato" (Sir 34,10; Rm 5,3-4) e di nuovo: "Considerate fratelli suprema gioia quando cadete in diverse tentazioni" (Gc 1,2)? Però entrare in tentazione non è farsi sommergere dalla tentazione. Infatti la tentazione sembra come un torrente di difficile passaggio. Alcuni che nelle tentazioni non si lasciano sommergere l`attraversano. Sono bravi nuotatori che non si fanno trascinare dal torrente; Gli altri che tali non sono, entrati ne vengono sommersi. Così, ad esempio, Giuda entrato nella tentazione dell`avarizia non la superò, ma sommerso materialmente e spiritualmente si impiccò. Pietro entrò nella tentazione di rinnegamento, ma superandola non ne fu sommerso. Attraversò [il torrente] con coraggio e non ne fu trascinato.
Senti ancora in un altro passo il coro di santi perfetti, che ringrazia di essere scampato alla tentazione. "Tu ci hai provato, o Dio, come l`argento ci passasti al fuoco. Tu ci hai spinto nella rete, tu hai posto sulle nostre spalle le sofferente; tu hai fatto passare gli uomini sulle nostre teste. Abbiamo attraversato il fuoco e l`acqua e ci hai sospinto verso il refrigerio" (Sal 66,10-12). Vedi che parlano della loro traversata senza essere andati a fondo? (cf. Sal 69,15). E tu «ci hai sospinto al refrigerio». Entrare nel refrigerio è essere liberato dalla tentazione.

(Cirillo di Gerus., Catech. V Mistag. 17)

Lunedì 3 marzo 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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