Fr. Massimo Rossi ""Dammi da bere."

 
III Domenica di Quaresima (Anno A) (23/03/2014)
Vangelo: Gv 4,5-42
E dopo la Trasfigurazione di Gesù, il Vangelo di oggi ci fa conoscere un lato, in apparenza, ben poco divino e molto, molto umano di Gesù, la sua stanchezza, e la sua sete. Nella teologia di Giovanni, la ‘sitio Christi', la sete del Signore è un aspetto estremamente prezioso, e per più di un motivo: nel racconto che abbiamo or ora ascoltato, emerge la fragilità del Maestro, la sua umanità più concreta, contingente, mortale, condizionata dagli stessi nostri bisogni fisiologici, come la fame e la sete; ma questa sete dell'uomo-Gesù esprime anche il desiderio incontenibile di Dio di dare lo Spirito Santo, il suo spirito di vita, che effonderà dall'alto della croce, al momento del trapasso.
Ma prima di arrivare al supremo innalzamento, la strada è ancora lunga: siamo solo all'inizio della sua vita pubblica, e già il Signore dà segni di stanchezza. Anche qui il suo stato di prostrazione fisica è aggravato dalla solitudine: lo scrittore ispirato annota che "i suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi"; e,
visto che nel contesto del racconto questi particolari hanno un valore preciso, francamente non ne trovo altri se non questo: Gesù è solo. Nel momento del bisogno, non può fare affidamento sugli amici più intimi, i quali, vuoi perché c'è la spesa da fare, vuoi perché sono avvinti dal sonno, come nel Getzemani, (gli Apostoli) sono lontani. È un po' la nostra storia: gli impegni e la stanchezza ci allontanano gli uni dagli altri... siamo tutti soli.
Ad alleviare la solitudine del Signore, soltanto una donna, per giunta samaritana... E Gesù deve decidere se chiedere aiuto a lei, oppure far valere i principi, l'ostilità secolare tra Israele e Samaria; andare contro se stesso, per non andar contro alla ragion di stato.
Quando mi misi a riflettere sul Vangelo di oggi, avevo appena raccolto la confessione di un giovane prete, il quale stava faticando a gestire un rapporto difficile con una persona della sua parrocchia: non è necessario scendere nei particolari... Inevitabile, per me, cogliere le analogie tra il dialogo di Gesù al pozzo e il racconto del giovane prete.
"Dammi da bere.": ogni uomo, ogni donna provano fame, non solo di cibo, e sete, non solo di acqua. Penso alla fame e sete di affetti sinceri ed equilibrati; tutti abbiamo bisogno di affetti sinceri ed equilibrati; sono un nutrimento necessario, il più necessario per la vita di un uomo (e anche di una donna). Come potremmo intuire l'insegnamento di Giovanni, che presenta il Dio di Gesù Cristo come AMORE?
Non tutti gli uomini, non tutte le donne hanno il coraggio di confessare la loro fame, la loro sete. Qualcuno sì, non si vergogna di manifestarsi per quel che è veramente: fragile, bisognoso... qualcuno ha il coraggio di chiedere da mangiare, di chiedere da bere. Perdonate le ripetizioni: ma si tratta di parole-chiave, per Gesù, e per ciascuno di noi: fame, sete, bisogno, vergogna, coraggio, chiedere,...
Non vi nascondo che, fino ad oggi, ho interpretato questa pagina di Giovanni secondo quanto la Tradizione ha scritto per secoli: Gesù è il Maestro che incontra una donna, non proprio una santa... si attira la sua attenzione leggendole la vita, infine annuncia il Vangelo e rivela se stesso come il Messia. Il capitolo 4, invece, è il capitolo sulla profonda umanità di Gesù...almeno secondo la mentalità dell'apostolo che Gesù amava; contrariamente a quanto si potrebbe pensare...
Per il quarto Vangelo, i giorni della Passione del Signore sono i giorni del suo innalzamento, sono i giorni della glorificazione del Figlio da parte del Padre, sono i giorni della consumazione della Salvezza, sono i giorni della nascita della Chiesa (ai piedi della croce)...
L'incontro del Maestro di Nazareth con la Samaritana al pozzo svela invece tutta la fatica di Gesù di realizzare un piano di salvezza che si pone come spartiacque, una novità, e più che una novità; una vera e propria rottura con il passato: "Viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità.".
Certo, noi che viviamo in una Chiesa vecchia di venti secoli, non ci rendiamo conto della rivoluzione che Gesù si apprestava a scatenare, e per la quale pagò un prezzo altissimo. Ci hanno insegnato a interpretare gli insegnamenti del Signore come sentenze accademiche, o, peggio, come una Legge che non si discute... Ma, prima che diventasse legge della Chiesa, la Parola di Dio vestì i panni della parola di un uomo, l'uomo-Gesù; il progetto della salvezza si manifestò agli inizi come un'idea un po' originale di un uomo parecchio originale... All'udire quella parola, quell'idea, pochi esultarono; qualcuno si stracciò le vesti scandalizzato, qualcuno rise sotto i baffi, qualcuno restò sulle proprie posizioni e qualcuno addirittura sporse denuncia alla polizia...
Con questi pensieri nella testa, veri e propri macigni sul cuore, Gesù arrivò, quel giorno, a Sicar affranto dalla fatica, dal caldo e dalla sete. Questa è la Verità! E questa verità Gesù la confidò alla donna straniera. Anche questo, per noi sembra del tutto pacifico, che cosa c'è di strano? Sono anni che leggiamo questo passo... E non abbiamo mai considerato, forse, che le rivelazioni di Gesù fatte alla samaritana costituiscono una pietra miliare, il fondamento della novità cristiana, per quanto riguarda le sue manifestazioni ufficiali. Adorare Dio in spirito e verità significa archiviare secoli di tradizione religiosa! peggio, significa delegittimare due dei libri più rappresentativi dell'identità ebraica, il Levitico, e il libro dei Numeri, le leggi di purità, le meticolosissime prescrizioni rituali sui sacrifici di espiazione per i peccati individuali e del popolo... Libri che ci vuole una pazienza infinita per leggerli... e forse quasi nessuno di noi ha mai letto da cima a fondo... Da quei testi emerge l'identikit del popolo eletto, l'autorità dei sommi sacerdoti, il modello del pio israelita,... i caratteri che facevano e ancora fanno la differenza tra Israele, gli Israeliti e tutti gli altri popoli. Ebbene, Gesù archivia per sempre quel modo di vivere, quel modo di pregare, quel modo di essere. E ne propone uno completamente diverso, alternativo, identificato però, come l'unico che Dio accetti e che abbia mai accettato: Adorare Di in spirito e verità.
Si potrebbe equivocare che Gesù abolisca ogni ritualità, ogni cerimonialismo, in nome di una relazione dell'uomo con Dio più intima, interiore, privata. Non è così, e lo stesso Signore ne darà prova inaugurando un nuovo sacrificio, una nuova liturgia nel suo corpo elevato sulla croce.
In verità Gesù ridà testa, ridà cuore alla liturgia, rivelando che la relazione con Dio è l'anima, è lo spirito, è il cuore della vita e che il vissuto non deve, non può contraddire il celebrato.
Tutto il resto sono disquisizioni da addetti ai lavori. A noi importa cercare il contatto tra vita divina e vita umana, tra la fede e le scelte quotidiane. E in questa ricerca siamo tutti addetti ai lavori!...
"Lo Spirito Santo dà a tutti la possibilità di venire a contatto,
nel modo che Dio conosce, con il mistero pasquale"
Gaudium et spes 22

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