MEDITAZIONE sul "cieco nato "di FERNAND SANCHEZ

MEDITAZIONE
Parlare di guarigione significa anche parlare di quanto nell'uomo deve
essere guarito. Noi siamo infatti sempre messi di fronte alla sofferenza
e siamo sempre sorpresi dallo scandalo della malattia e della morte. Ci
sentiamo sconfitti e oscilliamo fra la disperazione, la rassegnazione,
la ribellione e il sacrificio.
Dal fondo della nostra sofferenza e della paura che le si accompagnano
sale il nostro lamento, muto o espresso, mentre aspettiamo un buon
Samaritano che si chini finalmente sulla nostra miseria per liberarci.
Nella visione cristiana, il male e la morte non sono né una fatalità
biologica, né un caso, né un'opera di Dio, ma sono conseguenze della
volontà prometeica dell'uomo di affrancarsi da Dio.

La prima conseguenza è che l'uomo perde la chiara visione di Dio, alla
cui immagine è stato creato, ed è così separato dalla sua sorgente di
vita. L'uomo deve allora cercare la mano di Dio come un cieco cerca una
mano che lo soccorra; senza l'intervento della misericordia di Dio, che
gli si rivela in un primo momento nell'Alleanza della legge, poi
nell'Alleanza d'amore dell'incarnazione del Figlio, l'uomo va verso la
propria rovina. Così, progressivamente, il Padre si mostra all'uomo
perché l'uomo si scopra figlio.
La seconda conseguenza è che l'uomo non domina più, nell'amore, la
creazione. Ciò che lo circonda gli diventa ostile; l'uomo scopre
l'aggressione essenziale, la relazione di non amore con tutte le sue
ferite: rifiuto, frustrazione, disprezzo, ingratitudine, che sono tutte
fonti di dolore, di disperazione e di malattia.
Creato per vivere nell'armonia, nella pienezza di una relazione d'amore
con il Creatore e con la creazione, l'uomo soffre di non poter amare ed
essere amato. È lacerato dal conflitto generatosi in lui in seguito a
queste rotture. L'uomo vuole la vita e la scopre nella sofferenza perché
non è amato gratuitamente come invece si attenderebbe, perché le sue
paure gli impediscono di lasciarsi amare con fiducia e di amare nel dono
e nell'abbandono. Così, è nella sofferenza che si situa spesso il punto
d'incontro dell'uomo con Dio.
Dio assume su di sé, nel Figlio, tutta la sofferenza dell'uomo, accetta
che "l'Amore non sia amato". È per mezzo delle sue sofferenze che noi
siamo salvati e riconciliati con Dio. Io posso credere nell'amore di Dio
per me personalmente; non si tratta soltanto di parole; egli me ne dà qui
una prova ultima e definitiva.
Gesù Cristo mi guarisce e mi salva restituendomi alla mia finalità:
vivere nell'amore.
Mi guarisce e mi salva dando un senso a tutte le mie sofferenze.
Mi guarisce e mi salva liberandomi dal male e dalla morte.
Noi scopriamo infatti che:
- Essere malati e soffrire sono due condizioni diverse: anche se la
sofferenza è spesso conseguenza della malattia, non succede sempre così.
Io posso essere malato e non soffrire, oppure posso soffrire della
malattia di un altro, di un mio caro, per esempio.
La malattia e il dolore sono legati al male e noi, seguendo l'esempio di
Cristo, dobbiamo impegnarci in una lotta senza tregua contro di essi,
chiedendo la guarigione dei nostri malati.
La sofferenza è legata alla nostra capacità d'amare. Non bisogna
ingannarci nella lotta: la volontà di abolire la sofferenza può passare
attraverso l'indifferenza, veleno mortale delle nostre società.
- Guarire e soffrire non sono due stati fra loro opposti: io guarisco
quando scopro che la mia sofferenza, se guardata in modo nuovo, può avere
un senso e che posso ricavare da essa dei frutti.
Che cos'è allora la vera guarigione per l'uomo?
La guarigione non è uno stato statico che si oppone alla malattia, così
come lo stato di salute si oppone allo stato di malattia. È forse meglio
parlare, più che di "guarigione", di "guarire": il verbo sottolinea
meglio che si tratta di un processo dinamico in cui si entra e che è
chiamato a proseguire sempre più profondamente, a svilupparsi durante
tutta la nostra vita, in tutto il nostro essere: corpo, anima e spirito.
Guarire da una malattia non è semplicemente ritrovare lo stato di salute
che precedeva il cadere malati. È anche integrare tutto ciò che è stato
vissuto come una ricchezza nuova che fa sì che l'uomo ne esca
trasformato. Egli "non vivrà mai più come prima".
Guarire è ritrovare un'armonia che permette all'uomo di adattarsi
nuovamente, cioè di vivere, di vivere in pace con se stesso, con gli
altri e con Dio. E ciò attraverso tutti gli avvenimenti positivi o
negativi della sua storia. Guarire è dunque riconciliarsi con quello che
si è e questo fa sì che la vita presente sia come il risultato di un
passato che si assume, insieme, come il punto di partenza verso un
avvenire da costruire in funzione dell'essere "figli". Guarire è dunque
riscoprire il senso della propria esistenza, cosa che fa relativizzare
molti avvenimenti. Quante angosce per il futuro cadono davanti a una tale
presa di coscienza!
La coerenza e l'unità dell'uomo, corpo, anima e spirito, fanno sì che i
diversi piani interagiscano fra loro, sia nel senso delle ferite, sia in
quello delle guarigioni. Così il corpo non può guarire senza che l'anima
e lo spirito non siano anch'essi toccati da questo cambiamento. E,
viceversa, ogni volta che la nostra vita spirituale si espande, la nostra
psiche e il nostro corpo ne saranno beneficati e, anzi, come spesso
accade, essi saranno i testimoni esteriori del cambiamento che si è
operato nell'intimo.
Come non esiste guarigione di una parte isolata senza che sia coinvolto
tutto il nostro essere, così non esiste guarigione di un uomo solo,
separato dal Corpo di Cristo.
L'uomo non può guarire senza Dio, la sua guarigione ha senso solo in lui.
È Dio che mi tocca personalmente poiché io conto ai suoi occhi come
persona. Egli mi ama e me lo dimostra in modo tangibile. "Un povero grida
e Dio lo ascolta".
Dio mi rivela che il Regno è già in mezzo a noi: "I ciechi ricuperano la
vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi
riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona
novella" (Mt 11,5). I segni che l'accompagnano mostrano l'efficacia della
parola. La sua parola è amore e produce frutti d'amore: guarisce poiché
si oppone alle opere del male che sono l'odio, la divisione, la condanna
e i cui frutti sono la malattia e la morte. Questa parola è vera ancor
oggi; tocca il mio cuore, mi riconcilia, mi pacifica, mi libera, mi
converte, mi guarisce e mi salva.
Dio non può guarire l'uomo senza il concorso dell'uomo stesso:
- senza il suo desiderio di guarire, di lasciarsi trasformare;
- senza il suo rifiuto dei "benefici" affettivi o sociali che egli
potrebbe ricavare dalla propria malattia;
- senza la sua accettazione di una vulnerabilità più grande poiché, con
la conversione all'amore, l'uomo rinuncia ad utilizzare alcuni mezzi di
difesa.
Dio vuole guarire l'uomo per mezzo del suo Corpo, la Chiesa:
- grazie alla mediazione dei fratelli. Questa tradizione risale alle
origini stesse della Chiesa. I membri della prima comunità monastica di
Alessandria si chiamavano "terapeuti", che significa etimologicamente
"servitori di chi supplica". Il fatto che questo termine abbia assunto
il significato di guaritore, mostra che esiste un legame stretto fra
intercessione e guarigione, come si dice in Siracide: "Ci sono casi in
cui il successo è nelle loro mani [dei medici]. Anch'essi pregano il
Signore perché li guidi felicemente ad alleviare la malattia e a
risanarla, perché il malato ritorni alla vita" (Sir 38,13-14);
- attraverso i sacramenti, segni efficaci dell'amore di Gesù Cristo che
vive nella sua Chiesa.
Dio guarisce il suo Corpo mediante la guarigione delle membra di questo
Corpo, poiché ciascuno di quelli che egli guarisce diventa suo testimone.
Testimoniare la misericordia di Dio nella nostra vita significa edificare
il Corpo.
"La guarigione è una forma di creazione" (Mons. Coffy) di colui che la
riceve e, attraverso lui, di tutti.
FERNAND SANCHEZ

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