Mons. Gianfranco Poma" Ero cieco e ora vedo!

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (30/03/2014)
Vangelo: Gv 9,1-41
La scena del cieco che diventa vedente (Giov.9) è posta al termine della grande sezione del Vangelo di Giovanni 5-10: quando la resistenza a Gesù si fa particolarmente dura, un cieco, mendicante, diventa suo discepolo!
"Gesù, passando, vide un uomo cieco dalla nascita...". L'introduzione presenta i personaggi e i temi del racconto. Gesù è il personaggio centrale: è lui che, passando, vede il cieco; è lui che, in anticipo, dà il senso alla scena, come "segno che manifesta la gloria"; associa i discepoli (rimasti assenti dal cap.6) alla sua opera ("noi dobbiamo operare"), che rimane per ora misteriosa. Alla domanda sull'enigma della sofferenza e del male: "Chi ha peccato?", Gesù non risponde, evitando di aderire a spiegazioni teoriche, ma annunciando che Dio non è un giudice che punisce l'uomo peccatore ma l'Amore che si accosta all'uomo che soffre e che
pecca, per dargli la luce e sanarlo.
"Detto questo, sputò per terra..." La guarigione del cieco è narrata in modo conciso: il centro di interesse è il dibattito provocato dal segno e le sue conseguenze per il cieco. I gesti compiuti da Gesù danno inizio ad un evento il cui significato apparirà solo dopo che l'uomo, guarito, sarà passato attraverso la piscina di Siloe, che significa "inviato": il cieco diventato vedente perché ha ubbidito ad una parola che gli è stata rivolta, sta per diventare il messaggero che porta al mondo la novità dirompente della testimonianza di ciò che gli è accaduto.
"I vicini e coloro che erano abituati a vederlo prima, dicevano..." Adesso Gesù diventa l' "assente". Il cieco, divenuto vedente, è lasciato solo a difendere il suo guaritore, che conosce appena: è il passo evangelico in cui l'assenza di Gesù, la cui identità messianica rimane al centro del dibattito, dura più a lungo.
In realtà comincia il cammino verso la libertà: chi incontra Gesù trova la vita, la propria identità. Il cieco ha iniziato il cammino verso la propria identità, che raggiunge quanto più si apre ad accogliere Colui che gli dona la luce.
"I vicini e coloro che erano abituati a vederlo prima...": c'è il rischio di lasciare che la propria identità sia mortificata, rinchiusa nell'ovvietà dell'abitudine, nel giudizio scontato e definitivo dei vicini. È mai possibile che appaia all'orizzonte qualcuno il cui incontro rinnova la vita? Forse si sono sbagliati... "È quest'uomo il cieco che abbiamo conosciuto?" Parola per parola, il cieco che adesso vede conferma ciò che sta vivendo e comincia a testimoniare: "Sono io". Tutto è ormai in movimento: l'affermazione della propria identità nel il superamento del rischio dell' "abitudine", è il punto di partenza per l'esperienza della libertà.
"In che modo ti sono stati aperti gli occhi?..." "Un uomo chiamato Gesù..." "E dove si trova?" "Non lo so!" Di fronte a coloro che rimangono chiusi nel loro sospetto, alla difesa dell'esistente che non può mai cambiare, l'uomo guarito ha la freschezza di chi sa meravigliarsi e sa gustare ciò che è accaduto. Non nasconde la sua ignoranza, è solo l'inizio del cammino della libertà. Per lui Gesù, di cui ignora dove dimori, è "l'uomo che mi ha guarito": il passaggio di Gesù nella vita di quest'uomo cieco che ha il coraggio di dire: "Sono io", comincia a dividere gli uomini tra coloro che accolgono il segno e coloro che lo rifiutano. Quando comincia a trovare il coraggio di affermare se stesso, comincia pure a comprendere chi è Colui che l'ha guarito.
L'intervento delle autorità religiose sottolinea che il segno è accaduto di sabato: questo sembra mettere in contrasto Gesù con la Legge. E ancora una volta si opera una separazione: tra la casistica del "diritto" delle autorità religiose, che è contro Gesù perché ha operato di sabato ("quest'uomo non viene da Dio, è un peccatore, perché non osserva il sabato") e il "fatto" avvenuto che il cieco attestache è passato dalla cecità alla luce, certamente per opera di un inviato di Dio. Per il cieco, che continua ormai a dire: "ora vedo", l' "uomo che l'ha guarito", adesso è "un profeta", uno che parla in nome di un Dio che libera, stupisce, non rinchiudibile dentro schemi stabiliti. I giudei, chiusi dal loro legalismo all'esperienza di un Dio dagli orizzonti aperti, si rifiutano di accettare il fatto che quest'uomo fosse cieco e potesse essere guarito. E cercano conferme, dai genitori dell'uomo che era cieco: quest'uomo è davvero il loro figlio, davvero era cieco, come sia guarito essi non lo sanno. Dal dialogo con i genitori appaiono due modalità di conoscenza: uno secondo la carne, l'altro secondo lo Spirito. I genitori "per paura" dei "Giudei, che avevano già deciso che se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, sarebbe stato escluso dalla Sinagoga", non vogliono intraprendere il cammino di una conoscenza nuova del proprio figlio.
L'isolamento progressivo del cieco divenuto vedente sottolinea che credere in Gesù è un cammino personale di libertà, nel quale nessuno (neppure i genitori) può sostituirsi al discepolo chiamato a impegnarsi, nella solitudine.
Ormai è nella solitudine: solo con il coraggio della lucidità può affrontare i suoi giudici.
"Rendi gloria a Dio!": con estrema chiarezza è posto di fronte ad una scelta radicale.
"Noi sappiamo...": i potenti possono incutere timore a chi è solo. A lui impongono le loro certezze: attaccati alla loro visione giuridica concludono che chi viola il sabato è un peccatore. Mentre un cieco diventa vedente, essi rifiutano di vedere l'evidenza: ma chi ha paura? Chi cammina verso la libertà?
"Ero cieco: adesso vedo": ai loro ragionamenti, l'uomo guarito continua ad opporre la propria esperienza, la propria nuova identità. I criteri del passato non sono sufficienti per comprendere quanto di inaudito accade con la presenza di Gesù: essi dicono infatti: "non si è mai udito...", ma il cieco (e con lui una nuova comunità), continua ad affermare: "...adesso vedo!".
Il cammino del cieco sembra concludersi nel fallimento: non è riuscito a convincere i suoi interlocutori e viene scacciato dal suo ambiente religioso ed umano. Ma la tappa finale dell'itinerario non è l'esclusione, ma l'accoglienza nella comunità di Gesù: proprio quando è giudicato peccatore, preso in giro, emarginato, diventa un uomo libero, un uomo che vede, credente in Gesù: adesso l' "assente" si fa presente all'uomo che ha il coraggio della solitudine. Era cieco: ha percorso le tappe di un cammino, guidato da uno che gradualmente gli ha fatto scoprire la propria identità, liberandolo dai pregiudizi dei vicini, dai condizionamenti ideologici, religiosi, morali ed introducendolo in una visione imprevedibilmente nuova della vita, in un'esperienza di libertà sempre maggiore. Ad ogni tappa del cammino, l' "assente" gli ha fatto scoprire un aspetto del suo volto: da ignoto, quando il cieco non poteva vedere, diventa l'uomo che lo ha guarito e poi il "profeta". Alla fine, quando vive l'esperienza della solitudine, e dell'emarginazione, è lui, Gesù che gli si fa incontro, dall' "ignoto luogo in cui abita" e lo interpella: "Credi tu nel figlio dell'uomo?". È ancora un appello alla sua libertà. "E chi è "Signore" perché io creda in lui?" "Tu lo hai visto e colui che parla con te, è lui". Ecco: l'ultimo spazio di buio si illumina, perché gli si fa incontro la "Luce del mondo". Colui che era "l'assente", lo ha condotto liberandolo interiormente a vedere Lui e ad ascoltare Lui: adesso che vede e ascolta può dire: "Credo, Signore". Adesso il cieco-vedente ha trovato la propria identità guardando la luce sul volto di chi ormai si rivela come il Signore. "Credo, Signore": adesso può inginocchiarsi ad adorare, gustando l'esperienza della fede, come esperienza di libertà, in un abbraccio d'Amore tra un Dio che si mostra come dono quando l'uomo non ha paura di lasciarsi amare.

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