Alberto Vianello com. Marango"Oltre l'amore"

Letture: Ez 37,12-14; Rm 8,8-11; Gv 11,1-4
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Sia per la samaritana sia per il cieco nato, il processo che li ha portati alla fede in Gesù, l'Inviato del Padre, è andato insieme ad una maturazione di se stessi: «Mi ha detto quello che ho fatto», 4,29.39; «Sono io», 9,9. Nel segno della risurrezione di Lazzaro, questa presa di coscienza sulla propria realtà diventa lucida e piena: in Gesù Cristo, Dio ci dona la vita vera, quella che addirittura sconfigge la morte e ci pone nella risurrezione.

L'episodio inizia con la notizia della malattia di Lazzaro e dell'amore di Gesù per questo amico. L'insistenza, per tutto il racconto (vv. 3.5.11.36), su questa seconda nota rivela che è proprio tale amore umanissimo, espresso dal pianto lancinante davanti alla sua tomba, che porta Gesù a farlo risorgere.
È l'amore di Dio per l'uomo, lo stesso per il quale l'ha creato a sua immagine e somiglianza, che lo spinge a donargli la sua stessa vita, quella eterna, quella che nessun'altra creatura, seppur grande come gli astri, potrà mai godere.

Non si può credere in Dio senza credere nel suo amore per l'uomo. Anzi, nella sua prima Lettera, Giovanni dirà, in maniera sintetica, che proprio in questo consiste la fede: «Noi abbiamo conosciuto e creduto l'amore che Dio ha in noi» (1Gv 4,16). E chi ama non può che volere il massimo di bene per la persona amata. Se Dio ci amasse solo per il tempo della nostra vita terrena, se il suo amore si arrestasse davanti alla nostra morte, non sarebbe vero amore, perché Dio non metterebbe tutto se stesso in questa relazione, come invece si fa sempre nell'amore. Dio è vita, fonte prorompente di vitalità che supera infinitamente la forza della morte. Se non mettesse questa energia vitale nella relazione con un uomo, vorrebbe dire che non lo ama veramente.
Ma se Dio ci ama, e tanto donarci il suo Figlio per salvarci (cfr. Gv 3,16), non può non darci la vita eterna. E chissà quali potrebbero essere quei peccati capaci di arrestare la forza di una vita in grado di spazzare via come niente addirittura anche la morte?!...

«Io sono la resurrezione e la vita», dice Gesù a Marta. Nella sua vita umana c'è tutta la forza della vita divina e del dono della risurrezione. Davanti alla tomba di Lazzaro, Gesù manifesta la sua relazione e il suo legame con il Padre: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto». Sono in pieno accordo e in totale sintonia: vogliono che l'uomo viva, se no, non l'avrebbero creato. Rivelando il suo essere da Dio, Gesù rivela il suo essere la risurrezione per l'uomo.
La presenza di Gesù, il Figlio donatoci dal Padre, ci "costringe" a dare prospettiva diretta e immediata alla risurrezione. La fede nella resurrezione non può più consistere in una generica fiducia in Dio e in una ancora più nebulosa prospettiva di conservazione di qualcosa di noi, dopo la morte, in Dio, come crede Marta.
Quando "tocchiamo" la carne di Gesù Cristo nella Parola, nell'Eucaristia e nella vita fraterna, "tocchiamo" anche la nuova umanità che il Signore donerà a ciascuno della risurrezione. Guardando Cristo risorto, noi vediamo anche la nostra sorte e la nostra condizione dopo la morte: tutti seduti alla destra del Padre.

Il dialogo di Gesù con un Marta è un confronto di "dottrina": «Risorgerà... sì, lo so, nell'ultimo giorno... sono io la resurrezione...». Con Maria, invece, è un confronto di lacrime: «Gesù, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente». Gesù è venuto a rivelare «la gloria di Dio», come aveva detto all'inizio, e ora si vedono dure lacrime doloranti per il dolore dell'uomo: che sia questa «la gloria di Dio»?!
Gesù amava i tre fratelli. Ma è talmente coinvolto dentro il loro dolore di morte e di separazione di affetti che, potremmo dire, è spinto oltre l'amore. Rivolto all'inizio tutto alla sua missione, Gesù appare qui, incontrando le due sorelle e la tomba di Lazzaro, rivolto tutto alla loro ferita dovuta alla morte. Cioè, ponendo una domanda impertinente: se non era venuto a rivelare la gloria di Dio, Gesù non avrebbe restituito Lazzaro vivo all'affetto delle sue sorelle?! Con questo gesto, Gesù va non solo oltre l'uomo (la risurrezione), ma anche oltre Dio e oltre l'amore: per essere semplicemente in comunione di vita con Marta, Maria e Lazzaro.
E così va anche oltre la sua stessa vita, perché la risurrezione di Lazzaro provocherà la reazione dei Giudei, che decideranno la morte di Gesù. Per donare la vita deve donare la sua vita: per rendere concreto l'amore che fa vivere, deve amare fino alla fine, fino all'eternità della croce e della risurrezione.

Alberto Vianello

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