don Luciano Cantini "Forestiero incendiario"
III Domenica di Pasqua (Anno A) (04/05/2014)
Vangelo: Lc 24,13-35
Si dice che il camminare sia la parabola della vita. La vita, come il camminare, non è mai uguale a se stessa, rispetto alla storia ogni istante cambia il punto di vista e la sua prospettiva: è l'arricchente dinamica del provvisorio che sa cogliere in ogni momento la direzione da cui soffia lo Spirito e si lascia orientare. Per questo dovremmo imparare da chi ha fatto del nomadismo uno stile di vita, se davvero teniamo ad una vita spirituale: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito" (Gv 3,8).
Nella realtà non è proprio così, infatti se il cammino porta inequivocabilmente con sé incertezze e dubbi, noi abbiamo stabilito in anticipo i punti di partenza e di arrivo e i limiti del percorso; nella eventualità c'è sempre la possibilità di un ritorno a casa.
Cleopa e il suo amico si erano buttati nell'avventura di seguire Gesù; erano partiti da Emmaus per arrivare a
contemplare il Messia, quello della loro immaginazione o del catechismo che avevano imparato; la realtà che si è presentata loro era talmente diversa da convincersi di aver sbagliato il punto di arrivo desiderato e cercato, e alla fine decidono di tornare a casa.
Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?
Nel giro di una settimana è sfumato tutto: progetti, speranze e illusioni che erano cresciute nei discepoli di Gesù in tre anni di sequela fedele e attenta. In quella settimana, chi ha accompagnato il Signore a Gerusalemme, lo ha visto acclamato come un re e accolto in maniera trionfale; durante la cena per la Pasqua con la lavanda dei piedi ha mostrato il senso del servire impegnando i discepoli nel comandamento dell'amore, ha lasciato un segno della sua presenza spezzando il pane e versando il vino; poi è stato arrestato; ha sopportato tradimenti e rinnegamenti; è stato condannato a morte, su una croce, sepolto.... Tutto è davvero finito, tutto quello per cui i discepoli si sono impegnati, per cui hanno lasciato tutto; hanno lottato e pianto, è sparito dietro la pietra del sepolcro. La meta del loro viaggio si era dileguata non restava che il ritorno al villaggio da cui era partita l'avventura rimasta senza futuro.
Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro
Gesù è il compagno di viaggio insperato e inatteso... lo chiamano "forestiero" eppure mai così vicino, talmente straniero e vicino che immette nei discepoli una novità, anzi fa rivivere e rinnovare ciò che era già noto ma sepolto dalle abitudini, dalla cultura stagnante, dalle prospettive consolidate ma fallaci. Il dialogo che l'evangelista racconta ha tre fasi:
- i due discepoli raccontano al viandante la loro esperienza, i loro progetti e speranze, la liberazione ormai a portata di mano;
- lo straniero apre loro la mente e senza che se ne rendano conto gli offre un punto di vista diverso;
- l'ospitalità spalanca alla comunione e fa scoppiare la consapevolezza.
Anche noi abbiamo desideri e progetti, ci mettiamo lacrime e sangue nel tentativo di realizzarli, convinti che sia la cosa giusta e andiamo dritti per la nostra strada... ma la storia ci porta da un'altra parte e i conti non tornano più. Non ci riconosciamo in questa storia, monta la disillusione, la protesta. Poi arrivano gli stranieri - i clandestini, come li abbiamo chiamati senza distinzioni - vorrebbero farsi compagni del nostro viaggio, forse avrebbero qualcosa da raccontarci, ma per arrivare a capire dovremmo giungere alla comunione.
Qualche cosa va storto, sembra che ci mettano il bastone tra le ruote, non torna più nulla delle nostre certezze, il benessere che avevamo raggiunto sembra assottigliarsi, si perde la bussola. Il rischio è quello di vedere intorno solo avversari e non compagni di viaggio di una storia da costruire insieme.
L'immagine dei centri di identificazione, lo stato delle carceri, l'agone politico di oggi sono soltanto degli esempi del degrado sociale di cui siamo ammalati. Abbiamo bisogno di vedere meglio la storia contemporanea e il nostro ruolo in essa.
Allora si aprirono loro gli occhi
Tutta questa storia che l'evangelista Luca ci racconta si comprende nella prospettiva relazionale: il rifiuto della relazione con i due discepoli in fuga; l'incontro con il forestiero e la condivisione del viaggio, il dialogo fino all'accoglienza ospitale; alla fine il ricongiungimento con gli altri discepoli e l'incontro col Signore.
Gesù è lo sconosciuto che aiuta a comprendere e comprendersi, a comprendere gli avvenimenti e comprendere il profondo del proprio spirito, colui che accende il cuore, scioglie dalle chiusure e dalle fughe, ridona la bellezza della libertà.
Vangelo: Lc 24,13-35
Si dice che il camminare sia la parabola della vita. La vita, come il camminare, non è mai uguale a se stessa, rispetto alla storia ogni istante cambia il punto di vista e la sua prospettiva: è l'arricchente dinamica del provvisorio che sa cogliere in ogni momento la direzione da cui soffia lo Spirito e si lascia orientare. Per questo dovremmo imparare da chi ha fatto del nomadismo uno stile di vita, se davvero teniamo ad una vita spirituale: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito" (Gv 3,8).
Nella realtà non è proprio così, infatti se il cammino porta inequivocabilmente con sé incertezze e dubbi, noi abbiamo stabilito in anticipo i punti di partenza e di arrivo e i limiti del percorso; nella eventualità c'è sempre la possibilità di un ritorno a casa.
Cleopa e il suo amico si erano buttati nell'avventura di seguire Gesù; erano partiti da Emmaus per arrivare a
contemplare il Messia, quello della loro immaginazione o del catechismo che avevano imparato; la realtà che si è presentata loro era talmente diversa da convincersi di aver sbagliato il punto di arrivo desiderato e cercato, e alla fine decidono di tornare a casa.
Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?
Nel giro di una settimana è sfumato tutto: progetti, speranze e illusioni che erano cresciute nei discepoli di Gesù in tre anni di sequela fedele e attenta. In quella settimana, chi ha accompagnato il Signore a Gerusalemme, lo ha visto acclamato come un re e accolto in maniera trionfale; durante la cena per la Pasqua con la lavanda dei piedi ha mostrato il senso del servire impegnando i discepoli nel comandamento dell'amore, ha lasciato un segno della sua presenza spezzando il pane e versando il vino; poi è stato arrestato; ha sopportato tradimenti e rinnegamenti; è stato condannato a morte, su una croce, sepolto.... Tutto è davvero finito, tutto quello per cui i discepoli si sono impegnati, per cui hanno lasciato tutto; hanno lottato e pianto, è sparito dietro la pietra del sepolcro. La meta del loro viaggio si era dileguata non restava che il ritorno al villaggio da cui era partita l'avventura rimasta senza futuro.
Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro
Gesù è il compagno di viaggio insperato e inatteso... lo chiamano "forestiero" eppure mai così vicino, talmente straniero e vicino che immette nei discepoli una novità, anzi fa rivivere e rinnovare ciò che era già noto ma sepolto dalle abitudini, dalla cultura stagnante, dalle prospettive consolidate ma fallaci. Il dialogo che l'evangelista racconta ha tre fasi:
- i due discepoli raccontano al viandante la loro esperienza, i loro progetti e speranze, la liberazione ormai a portata di mano;
- lo straniero apre loro la mente e senza che se ne rendano conto gli offre un punto di vista diverso;
- l'ospitalità spalanca alla comunione e fa scoppiare la consapevolezza.
Anche noi abbiamo desideri e progetti, ci mettiamo lacrime e sangue nel tentativo di realizzarli, convinti che sia la cosa giusta e andiamo dritti per la nostra strada... ma la storia ci porta da un'altra parte e i conti non tornano più. Non ci riconosciamo in questa storia, monta la disillusione, la protesta. Poi arrivano gli stranieri - i clandestini, come li abbiamo chiamati senza distinzioni - vorrebbero farsi compagni del nostro viaggio, forse avrebbero qualcosa da raccontarci, ma per arrivare a capire dovremmo giungere alla comunione.
Qualche cosa va storto, sembra che ci mettano il bastone tra le ruote, non torna più nulla delle nostre certezze, il benessere che avevamo raggiunto sembra assottigliarsi, si perde la bussola. Il rischio è quello di vedere intorno solo avversari e non compagni di viaggio di una storia da costruire insieme.
L'immagine dei centri di identificazione, lo stato delle carceri, l'agone politico di oggi sono soltanto degli esempi del degrado sociale di cui siamo ammalati. Abbiamo bisogno di vedere meglio la storia contemporanea e il nostro ruolo in essa.
Allora si aprirono loro gli occhi
Tutta questa storia che l'evangelista Luca ci racconta si comprende nella prospettiva relazionale: il rifiuto della relazione con i due discepoli in fuga; l'incontro con il forestiero e la condivisione del viaggio, il dialogo fino all'accoglienza ospitale; alla fine il ricongiungimento con gli altri discepoli e l'incontro col Signore.
Gesù è lo sconosciuto che aiuta a comprendere e comprendersi, a comprendere gli avvenimenti e comprendere il profondo del proprio spirito, colui che accende il cuore, scioglie dalle chiusure e dalle fughe, ridona la bellezza della libertà.
Commenti
Posta un commento