mons. Roberto Brunelli" Guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio"

Domenica di Pasqua - Risurrezione del Signore (Anno A) (20/04/2014)
Vangelo: Gv 20,1-9
La frase posta a titolo di queste note deriva da quanto ha ricordato il papa Francesco nell'udienza dello scorso 9 aprile, parlando del primo dono dello Spirito Santo, la sapienza. "Non si tratta" ha detto il papa "semplicemente della saggezza umana, che è frutto della conoscenza e dell'esperienza: la sapienza-dono dello Spirito è la grazia di poter vedere ogni cosa con gli occhi di Dio. E' vedere il mondo, vedere le situazioni, le congiunture, i problemi, tutto, con gli occhi di Dio. Alcune volte noi vediamo le cose secondo il nostro piacere o secondo la situazione del nostro cuore, con amore o con odio, con invidia... No, questo non è l'occhio di Dio. La sapienza è quello che fa lo Spirito Santo in noi, affinché noi vediamo tutte le cose con gli occhi di Dio".
C'è un motivo, per cui ricordiamo oggi la sapienza: essa è uno dei frutti della Pasqua, e noi lo riceviamo nella
misura in cui viviamo la Pasqua. Ma forse non tutti sanno che cosa significhi... Da giorni risuona nei nostri incontri l'augurio di "buona Pasqua", tanto ripetuto da divenire quasi automatico e così perdere di senso; non so poi quanti lo saprebbero spiegare. Sarà forse altrettanto automatico, ma almeno è esplicito il saluto che oggi si scambiano sorridenti i cristiani di tradizione orientale: "Cristo è risorto!" dice uno, incontrando un amico o anche uno sconosciuto; "Cristo è risorto!" risponde l'altro. Tuttavia, in occidente o in oriente che sia, ci si può chiedere perché continuare a celebrare un evento di duemila anni fa: e la risposta porta a scoprire che la Pasqua di Gesù, cioè il suo passaggio dalla morte alla vita, è l'apice di una vicenda cominciata tanto tempo prima, e nel contempo la fonte del suo seguito, ancora ben lontano dall'essersi esaurito.
La vicenda affonda le sue radici nell'infinita bontà divina, che offre agli uomini la redenzione, vale a dire la possibilità di superare la malizia di cui sono impastati. Per questo Dio scelse Abramo, i discendenti del quale costituirono l'ambito in cui accogliere il Redentore. Allo scopo gradatamente li istruì, e tante volte intervenne ad aiutarli, in particolare mandando Mosè a liberarli dalla schiavitù cui erano stati sottoposti in Egitto. Proprio là si cominciò a parlare di Pasqua, cioè "passaggio": è il passaggio notturno di un castigo che sterminò i primogeniti egiziani, risparmiando invece le case degli ebrei segnate dal sangue di un agnello; è il prodigioso passaggio del mare, con cui un insieme di persone divenne un popolo, cui Dio diede una terra e una legge. Gli ebrei hanno poi sempre considerato questi fatti come l'epopea nazionale, ricordandola ogni anno con la festa detta appunto Pasqua, e confidando nell'aiuto di Dio per altre liberazioni dalla soggezione a popoli stranieri. Quando il Redentore è giunto, si aspettavano di essere liberati dal dominio romano; non avevano capito i tanti preannunci che l'Atteso sarebbe venuto a liberare gli ebrei, ma anche tutti gli altri popoli, e non da soggezioni politiche ma dalla soggezione al male che tutti ci portiamo dentro.
L'Atteso lo ha fatto sobbarcandosi i peccati di tutti, espiandoli con la propria morte liberamente accettata e vincendo la stessa morte con la risurrezione. Questa è la Pasqua che festeggiamo, il passaggio di Gesù dalla morte alla vita; e lo festeggiamo, perché egli offre a quanti hanno fede in lui di partecipare alla sua vittoria: sin da adesso, chiedendogli e ottenendo di passare dalla morte spirituale del male in cui siamo invischiati a una vita libera dai gravami che la soffocano, libera di guardare tutto e tutti con gli occhi di Dio, tanto libera da poter accogliere, quando sarà, il dono di condividere la sua stessa vita, per sempre.
A tutti i lettori, buona Pasqua: intesa così, lo sarà davvero. Cristo è risorto, e ci offre la possibilità di risorgere con lui.

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