padre Gian Franco Scarpitta " Il suo apparire perché crediamo"
II Domenica di Pasqua (Anno A) (27/04/2014)
Vangelo: Gv 20,19-31
Che Gesù sia risuscitato non è sufficiente perché noi possiamo essere entusiasti. Non basta cioè tener presente il solo fatto che Gesù Da morto è tornato in vita. Occorre che noi concepiamo e abbiamo per certo che egli è RISORTO DAI MORTI e che la morte non ha più potere su di lui (1Cor 15, 20). Cristo è infatti fuoriuscito misteriosamente dal sepolcro una volta divelto il masso che lo ostruiva, si è liberato con comodità e padronanza dalle bende e dal sudario che lo tenevano prigioniero ed è apparso ai discepoli nel suo Corpo glorificato, non più soggetto alle precarietà terrene e non più paragonabile a quello che aveva avuto prima della morte di croce. Ciò significa che Cristo ha vinto definitivamente la morte mostrando potere su di essa e che in lui ora sussiste la vita per
sempre.
il primo giorno della settimana, lo stesso in cui Maria di Magdala e l'altra Maria erano andate alla sua tomba, compare improvvisamente ai discepoli rinchiusi ermeticamente per paura dei Giudei. Dicevamo che il suo corpo è adesso glorioso e invitto, ragion per cui può fare ingresso nel rifugio senza aprirvi le porte e anzi eludendo ogni forma di ostruzionismo. Comunica la pace e serenità a tutti e conferisce il primo dono dello Spirito Santo: quello per il quale i discepoli avranno potere di rimettere i peccati. Lo Spirito della comunione e della missione sarà effuso il giorno di Pentecoste, dopo l'ascesa di Gesù al Cielo.
Con la presente effusione dello Spirito Gesù qualifica i suoi discepoli come apostoli e ministri della riconciliazione abilitandoli a fare in modo che per mezzo del perdono di Dio, tutti gli uomini abbiano accesso a Dio Padre. E solamente il Risorto poteva farlo, visto che lui stesso nella croce aveva espiato i nostri peccati rendendoci "giusti" davanti a Dio, cioè rendendoci in grado di meritare il suo perdono. Prima ci ha riconciliati con il Padre per mezzo della morte di croce, adesso per mezzo dell'apostolato degli Undici continua riconciliarci sacramentalmente.
Ma lo scopo primario delle apparizioni è quello di risvegliare i discepoli dal torpore dello scetticismo e dell'incredulità. Non appena avevano visto morire Gesù, i suoi avevano infatti creduto che egli fosse un Messia fallito che non avesse portato a compimento la sua missione di "liberare il regno di Israele" ed erano tornati a casa certamente ancora credenti, ma del tutto sconsolati e attoniti. Adesso con le apparizioni finalmente saranno convinti della vera potenza di Dio in Gesù Cristo che consiste nell'amore che si fa spazio nella vessazione e nella croce, che affronta la morte per avene ragione. In virtù delle apparizioni finalmente i discepoli cominceranno a comprendere che il "Figlio dell'uomo doveva patire e soffrire molto, essere riprovato e messo a morte per poi risorgere il terzo giorno" e capiranno il legame indispensabile fra la morte e la resurrezione. Lo capirà anche Tommaso, il quale pretende addirittura segni tangibili per poter credere.
L'errore di Tommaso, assente la sera della prima apparizione di Gesù, è quello di essere refrattario alla testimonianza dei suoi fratelli, che pure non potevano non essere credibili, poiché gli avevano raccontato un evento che certo aveva impresso ulteriormente nella loro vita. Il discepolo incredulo reagisce alle loro parole con l'atteggiamento di ripulsa tipicamente umano, il quale non si accontenta di testimonianze o di racconti, ma si atteggia pedante nelle verifiche e negli accertamenti.
Credere invece è aderire ad un annuncio come dirà Paolo, concedere se stessi al mistero che ci è stato rivelato e che è diventato oggetto di trasmissione e lasciarsi radicalmente trasformare da esso, lasciando che imprima nella nostra vita. Credere è accogliere, non bizantineggiare.
Certamente la fede ha anche le sue ragioni e non è contraria al raziocinio o alla prova della scienza, tuttavia come diceva Pascal "il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non comprende."
E così le apparizioni prolungano la verità del sepolcro vuoto e ne fondano la certezza e l'attendibilità dandoci un ulteriore monito all'apertura disinvolta verso un Mistero che sarà sempre atto a qualificare al meglio la nostra vita.
Vangelo: Gv 20,19-31
Che Gesù sia risuscitato non è sufficiente perché noi possiamo essere entusiasti. Non basta cioè tener presente il solo fatto che Gesù Da morto è tornato in vita. Occorre che noi concepiamo e abbiamo per certo che egli è RISORTO DAI MORTI e che la morte non ha più potere su di lui (1Cor 15, 20). Cristo è infatti fuoriuscito misteriosamente dal sepolcro una volta divelto il masso che lo ostruiva, si è liberato con comodità e padronanza dalle bende e dal sudario che lo tenevano prigioniero ed è apparso ai discepoli nel suo Corpo glorificato, non più soggetto alle precarietà terrene e non più paragonabile a quello che aveva avuto prima della morte di croce. Ciò significa che Cristo ha vinto definitivamente la morte mostrando potere su di essa e che in lui ora sussiste la vita per
sempre.
il primo giorno della settimana, lo stesso in cui Maria di Magdala e l'altra Maria erano andate alla sua tomba, compare improvvisamente ai discepoli rinchiusi ermeticamente per paura dei Giudei. Dicevamo che il suo corpo è adesso glorioso e invitto, ragion per cui può fare ingresso nel rifugio senza aprirvi le porte e anzi eludendo ogni forma di ostruzionismo. Comunica la pace e serenità a tutti e conferisce il primo dono dello Spirito Santo: quello per il quale i discepoli avranno potere di rimettere i peccati. Lo Spirito della comunione e della missione sarà effuso il giorno di Pentecoste, dopo l'ascesa di Gesù al Cielo.
Con la presente effusione dello Spirito Gesù qualifica i suoi discepoli come apostoli e ministri della riconciliazione abilitandoli a fare in modo che per mezzo del perdono di Dio, tutti gli uomini abbiano accesso a Dio Padre. E solamente il Risorto poteva farlo, visto che lui stesso nella croce aveva espiato i nostri peccati rendendoci "giusti" davanti a Dio, cioè rendendoci in grado di meritare il suo perdono. Prima ci ha riconciliati con il Padre per mezzo della morte di croce, adesso per mezzo dell'apostolato degli Undici continua riconciliarci sacramentalmente.
Ma lo scopo primario delle apparizioni è quello di risvegliare i discepoli dal torpore dello scetticismo e dell'incredulità. Non appena avevano visto morire Gesù, i suoi avevano infatti creduto che egli fosse un Messia fallito che non avesse portato a compimento la sua missione di "liberare il regno di Israele" ed erano tornati a casa certamente ancora credenti, ma del tutto sconsolati e attoniti. Adesso con le apparizioni finalmente saranno convinti della vera potenza di Dio in Gesù Cristo che consiste nell'amore che si fa spazio nella vessazione e nella croce, che affronta la morte per avene ragione. In virtù delle apparizioni finalmente i discepoli cominceranno a comprendere che il "Figlio dell'uomo doveva patire e soffrire molto, essere riprovato e messo a morte per poi risorgere il terzo giorno" e capiranno il legame indispensabile fra la morte e la resurrezione. Lo capirà anche Tommaso, il quale pretende addirittura segni tangibili per poter credere.
L'errore di Tommaso, assente la sera della prima apparizione di Gesù, è quello di essere refrattario alla testimonianza dei suoi fratelli, che pure non potevano non essere credibili, poiché gli avevano raccontato un evento che certo aveva impresso ulteriormente nella loro vita. Il discepolo incredulo reagisce alle loro parole con l'atteggiamento di ripulsa tipicamente umano, il quale non si accontenta di testimonianze o di racconti, ma si atteggia pedante nelle verifiche e negli accertamenti.
Credere invece è aderire ad un annuncio come dirà Paolo, concedere se stessi al mistero che ci è stato rivelato e che è diventato oggetto di trasmissione e lasciarsi radicalmente trasformare da esso, lasciando che imprima nella nostra vita. Credere è accogliere, non bizantineggiare.
Certamente la fede ha anche le sue ragioni e non è contraria al raziocinio o alla prova della scienza, tuttavia come diceva Pascal "il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non comprende."
E così le apparizioni prolungano la verità del sepolcro vuoto e ne fondano la certezza e l'attendibilità dandoci un ulteriore monito all'apertura disinvolta verso un Mistero che sarà sempre atto a qualificare al meglio la nostra vita.
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