Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche della Domenica «del buon pastore»

IV Dom. di Pasqua A
Gv 10,1-10; At 2,14a. 36-41; Sal 22; 1 Pt 2,20b-25
1. Il buon Pastore.
"Entrerà ed uscirà e troverà pascolo". Si entra quando ci si raccoglie a pensare, si esce quando ci si mette a fare qualcosa. E poiché per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori, entrare attraverso Cristo significa pensare alla luce della fede, uscire attraverso Cristo significa agire davanti agli uomini guidati dalla fede.
1. L'illuminazione del cieco nato offrì al Signore l'occasione di questo discorso ai Giudei. Pertanto la vostra Carità sappia e tenga presente che la lettura di oggi è strettamente legata a quel fatto. Quando il Signore
disse: Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio: perché vedano quelli che non vedono e quelli che vedono diventino ciechi (Gv 9,39), - parole che a suo tempo, quando sono state lette, abbiamo cercato di spiegarvi - alcuni farisei dissero: Forse che siamo ciechi anche noi? Ad essi Gesù rispose: Se foste ciechi non avreste peccato; ma dal momento che dite: Ci vediamo, il vostro peccato rimane (Gv 9, 40-41). A queste parole fece seguire quelle che abbiamo sentito leggere oggi.

2. In verità, in verità vi dico: chi non entra nell'ovile delle pecore per la porta, ma vi sale da qualche altra parte, questi è un ladro e un predone (Gv 10,1). Essi dissero che non erano ciechi; ma, per vedere, avrebbero dovuto essere pecore di Cristo. E come pretendevano di avere la luce, essi che si accanivano tanto contro il giorno? Fu appunto in risposta alla loro vana, superba e inguaribile arroganza che il Signore pronunciò parole, che sono per noi, se ben le consideriamo, un salutare ammonimento. Infatti ci sono molti che, secondo un certo ideale di vita, passano per uomini dabbene e onesti, per donne virtuose e irreprensibili; sono osservanti di tutto ciò che la legge prescrive: rispettano i genitori, non sono adulteri, non uccidono, non rubano, non testimoniano il falso contro nessuno, e sembra che osservino tutti gli altri precetti: tuttavia non sono cristiani; essi spesso arrivano a vantarsi come i farisei: Siamo forse ciechi anche noi? Siccome però tutte queste cose non hanno valore, dal momento che essi le compiono senza riferimento al fine ultimo, nella lettura di oggi il Signore presenta una parabola che si riferisce al gregge e alla porta per cui si entra nell'ovile. Hanno dunque un bel dire i pagani: Noi viviamo onestamente; se non entrano per la porta che giova loro ciò di cui si gloriano? Il vivere onesto deve garantire la possibilità di vivere sempre; ma se non serve a vivere sempre, a che serve? Né si può dire che vivono onestamente coloro che per cecità ignorano o per orgoglio disprezzano il fine del vivere onesto. E nessuno può avere speranza vera e certa di vivere eternamente, se non riconosce la vita che è Cristo, e non entra per la porta nell'ovile.
[I pagani non entrano per la porta.]

3. Per lo più questi uomini cercano di convincere anche gli altri a condurre una vita onesta, ma senza essere cristiani. Essi vogliono per altra via entrare nell'ovile, vogliono rapire e uccidere, non, come fa il pastore, custodire e salvare. Ci sono stati filosofi che hanno fatto lunghe e sottili disquisizioni sulle virtù e sui vizi, analizzando, definendo, ragionando e traendo acutissime conclusioni; che hanno riempito dei libri e hanno proclamato con parole altisonanti la loro sapienza. Essi sono arrivati anche a dire agli uomini: Se volete avere una vita beata, seguiteci, aderite alla nostra setta. Ma essi non erano entrati per la porta: volevano devastare, scannare e uccidere.
[E nemmeno gli eretici.]

4. Che dire di costoro? Sì, anche i farisei leggevano le Scritture, e, leggendole, facevano risuonare il nome di Cristo; attendevano la sua venuta, e, una volta venuto e presente, non lo riconoscevano; si vantavano di essere dei veggenti, dei sapienti, e negavano il Cristo rifiutandosi di entrare per la porta. Se talvolta riuscivano a convincere qualcuno, non era certamente per salvarlo, ma per scannarlo e ucciderlo. Lasciamo da parte costoro e vediamo se almeno quelli che si gloriano del nome di Cristo, entrano davvero per la porta.

5. Sono innumerevoli coloro che non solo si vantano di essere veggenti, ma vogliono altresì essere considerati illuminati da Cristo: e sono invece degli eretici. Sono forse entrati per la porta costoro? Niente affatto. Sabellio dice: Il Figlio è lo stesso che il Padre. E invece se è Figlio non è Padre. Non entra per la porta chi chiama Padre il Figlio. Ario dice che una cosa è il Padre e altra cosa è il Figlio. Direbbe bene se dicesse che è "altro", ma non "altra cosa". Dicendo che è "altra cosa", va contro l'affermazione di Cristo: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30). Quindi neppure Ario entra per la porta, perché predica un Cristo che si è creato lui, non quale lo annuncia la Verità. Tu salvi il nome, non la realtà. Al nome di Cristo corrisponde una realtà ben precisa; tieni conto della realtà, se vuoi che il nome ti giovi. Un altro, che non so donde venga, Fotino, dice che Cristo è solo uomo, non Dio. Nemmeno lui entra per la porta, perché Cristo è Dio e uomo. A che scopo dilungarci elencando le molte vuote affermazioni eretiche? Tenete per certo che l'ovile di Cristo è la Chiesa cattolica. Chiunque vuole entrare nell'ovile, entri per la porta e riconosca colui che è il vero Cristo. E non solo riconosca colui che è il vero Cristo, ma cerchi la gloria di Cristo, non la propria; molti, infatti, cercano la propria gloria, e invece di raccogliere le pecore di Cristo, le hanno disperse. Cristo nostro Signore è una porta bassa: è necessario che chi entra per questa porta si abbassi, se vuole entrare con la testa sana. Chi invece di abbassarsi si innalza, vuole entrare per il muro; e chi sale attraverso il muro, sale per precipitare giù.

6. Il Signore tuttavia continua a parlare in maniera oscura, e non viene capito; parla di porta, di ovile, di pecore; richiama l'attenzione su queste immagini che ancora non spiega. Seguitiamo a leggere, perché egli arriverà a darci qualche spiegazione, e questa ci permetterà di capire anche quanto non ci avrà spiegato. Con le cose chiare ci nutre, con le oscure ci stimola. Chi non entra per la porta nell'ovile delle pecore, ma vi sale da qualche altra parte ... Miserabile! Cadrà. Se è umile entrerà per la porta; venga per la via giusta, e non inciamperà. Questi - dice - è un ladro e un predone. Si appropria delle pecore che non sono sue; e se le appropria rubandole, non per salvarle, ma per ucciderle. Dunque è un ladro perché si appropria di ciò che non è suo, è un predone perché uccide ciò che ha rubato. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore. A lui apre il portinaio. Vedremo chi è il portinaio, quando sapremo dal Signore chi è la porta e chi è il pastore. E le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome (Gv 10,2-3). Egli tiene i loro nomi scritti nel libro della vita. Chiama le sue pecore per nome. È in questo senso che l'Apostolo dice che il Signore conosce chi sono i suoi (2 Tim 2,19). E le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguirebbero, ma fuggirebbero via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei (Gv 10,4-5). Sono parole oscure queste, piene di problemi, gravide di misteri. Proseguiamo e ascoltiamo il Maestro che attraverso l'oscurità ci aprirà una porta per cui entrare.

7. Questa la similitudine che ad essi narrò Gesù; ma quelli non capirono che cosa volesse dir loro (Gv 10,6). Probabilmente neppure noi riusciamo a capire. E allora che differenza c'è tra loro e noi, prima di aver scoperto il senso di queste parole? C'è la differenza, che noi bussiamo affinché ci si apra; essi invece, negando Cristo, non volevano entrare per essere salvi, ma volevano rimanere fuori e perdersi. Per il fatto dunque che noi ascoltiamo queste cose con religioso rispetto e, anche prima di comprenderle, crediamo che siano vere e divine, grande è la differenza tra noi e loro. Quando due ascoltano le parole dell’Evangelo, e uno è empio e l'altro pio, e le parole sono così difficili che nessuno dei due le comprende, l'uno conclude: non ha detto nulla; mentre l'altro sostiene: ha detto la verità, ciò che ha detto è buono, solo che noi non riusciamo a comprendere; questi, siccome crede, sta bussando alla porta e, se continua a bussare, otterrà che gli venga aperto; mentre l'altro merita ancora di sentirsi dire: Se non crederete non capirete (Is 7,9 sec. LXX). Dico questo perché, anche quando avrò spiegato meglio che posso queste parole oscure, o perché sono troppo profonde, o perché io non riesco ad afferrarne il senso, o perché non riesco ad esporre ciò che ho compreso, o perché infine qualcuno è così tardo da non riuscire a seguire la mia spiegazione, ci sarà sempre chi non capisce; ebbene, non si disperi: rimanga fermo nella fede, continui a camminare tenendo conto di ciò che dice l'Apostolo: Se in qualche cosa pensate diversamente, anche su questo Iddio vi illuminerà. Intanto, qualunque sia il punto a cui siamo arrivati, continuiamo ad avanzare (Fil 3,15).
[Sono venuti con lui quelli che erano veraci.]

8. Disponiamoci dunque ad ascoltare la spiegazione della similitudine dalla bocca stessa del Signore che ce l'ha presentata. Gesù, allora, riprese: In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore (Gv 10,7). Ecco che ci ha aperto quella porta che era chiusa quando ce l'aveva indicata. Egli stesso è la porta. Prendiamone atto, entriamo, o rallegriamoci di essere entrati. Tutti coloro che sono venuti sono ladri e predoni (Gv 10, 8). Che intendi dire con questo, o Signore: tutti coloro che sono venuti sono ladri e predoni? Non sei venuto anche tu? Cerca di capire: ho detto: tutti quelli che sono venuti, ben inteso prima di me. Riflettiamo. Prima di lui sono venuti i profeti: forse che erano ladri e predoni? Certamente no; non erano venuti prima di lui, poiché erano venuti con lui. Colui che doveva venire mandava innanzi a sé gli araldi, e possedeva il cuore di coloro che mandava. Volete rendervi conto che essi sono venuti con lui che è da sempre? Sì, è vero che assunse la carne nel tempo; ma è altrettanto vero che egli è da sempre: In principio era il Verbo (Gv 1,1). Sono venuti dunque con lui coloro che sono venuti con la Parola di Dio. Io sono - ha detto - la via, la verità e la vita (Gv 14,6). Se egli è la verità, quelli che sono stati veraci sono venuti con lui. Tutti quelli invece che sono venuti al di fuori di lui sono stati ladri e predoni, cioè sono venuti per rubare e uccidere.
[Diversi i segni, medesima la fede.]

9. Ma le pecore non li hanno ascoltati (Gv 10,8). L'espressione, le pecore non li hanno ascoltati, aumenta la difficoltà. Prima dell'avvento di nostro Signore Gesù Cristo nell'umiltà della carne, vennero i giusti che credevano in lui venturo, come noi crediamo in lui che è venuto. I tempi sono mutati, ma non è mutata la fede. Col mutar dei tempi mutano anche le parole, perché mutano le formulazioni. L'espressione: egli verrà, ha un suono diverso da quella: egli è venuto. E' cambiato il suono di "verrà" in "è venuto", ma tuttavia la stessa fede congiunge gli uni e gli altri: quelli che credevano in lui venturo e quelli che credono in lui che è venuto. Sia pure in diversi tempi, vediamo entrare gli uni e gli altri per la stessa porta della fede, cioè per Cristo. Noi crediamo che il Signore Gesù Cristo è nato dalla Vergine, è venuto nella carne, ha sofferto, è risorto ed è asceso al cielo. Tutte queste profezie noi crediamo essersi già adempiute, come suonano gli stessi verbi di tempo passato. A questa comunità di fede appartengono assieme a noi i nostri padri, i quali credettero che egli sarebbe nato dalla Vergine, che avrebbe sofferto, sarebbe risorto e asceso al cielo. Ad essi si riferisce l'Apostolo quando dice: Avendo lo stesso spirito di fede, secondo che è scritto: Ho creduto perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo (2 Cor 4,13). Il profeta disse: Ho creduto, perciò ho parlato (Sal 115,10), e l'Apostolo a sua volta dice: Anche noi crediamo e perciò parliamo. Ma affinché ti renda conto che la fede è unica, nota ciò che qui aggiunge: Avendo lo stesso spirito di fede, anche noi crediamo. Come pure ciò che dice altrove: Non voglio che voi ignoriate, fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare, e tutti furono battezzati in Mosè nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale, e tutti bevvero la stessa bevanda spirituale (1 Cor 10,1-4). Il Mar Rosso significa il battesimo; Mosè che guida Israele attraverso il Mar Rosso è figura di Cristo; il popolo che attraversa il mare sono i fedeli; la morte degli Egiziani è l'abolizione dei peccati. I segni sono diversi, ma la fede è la stessa. I segni sono diversi come le parole. Le parole mutano suono attraverso i tempi, ma le parole non sono altro che segni. Sono parole appunto perché significano qualcosa: se alla parola togli il significato, non resta che un vano rumore. Tutto dunque fu affidato a dei segni. Non avevano forse la medesima fede coloro ai quali dobbiamo questi segni e che profeticamente ci hanno preannunciato ciò che noi crediamo? Certamente essi credevano le medesime cose che noi crediamo, solo che per essi erano future, per noi passate. Perciò l'Apostolo dice: Bevvero la medesima bevanda spirituale. Spiritualmente era la medesima, materialmente era diversa. Che cosa bevevano infatti quelli? Bevevano da una pietra spirituale che li accompagnava, e questa pietra era Cristo (1 Cor 10,4). Come vedete la fede rimane, sono mutati i segni. Là Cristo era la pietra, qui per noi Cristo è ciò che si sacrifica all'altare. Essi bevevano l'acqua che scaturiva dalla pietra, considerando ciò un grande sacramento di Cristo. Quanto a noi, i fedeli sanno che cosa beviamo. Se guardi l'aspetto esteriore, è un'altra cosa; ma se consideri il significato spirituale, essi bevvero la medesima bevanda spirituale. Tutti quelli che allora credettero ad Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, e a tutti gli altri patriarchi e profeti che preannunciavano il Cristo, erano pecore che ascoltavano la voce di Cristo; non hanno ascoltato la voce di estranei, ma la sua. Il giudice era già presente nel suo araldo. Perché anche quando il giudice parla per bocca dell'araldo, il copista non annota: l'araldo ha detto, ma: il giudice ha detto. Ci sono stati dunque di quelli che le pecore non hanno ascoltato, nei quali non risuonava la voce di Cristo: essi, caduti nell'errore, hanno insegnato cose false, hanno inventato e spacciato cose vuote e vane traendo in inganno i poveretti.

10. In che senso ho detto che qui la difficoltà aumentava? Cosa c'è di oscuro e difficile a comprendersi? Ascoltate, vi prego. Voi sapete che lo stesso Signore Gesù Cristo è venuto, ha predicato: la sua era certamente, più di quella di qualsiasi altro, la voce del pastore, in quanto usciva dalla bocca stessa del Pastore. Se infatti era la voce del pastore quella che risuonava sulla bocca dei profeti, lo era tanto più quella che la lingua stessa del Pastore proferiva. Eppure non tutti l'hanno ascoltata. Dobbiamo credere che tutti coloro che la udirono erano pecore? Ad esempio, la udì Giuda, e Giuda era un lupo: seguiva il pastore ma, coperto di pelle ovina, insidiava il pastore. Alcuni invece di quelli che crocifissero Cristo, non la udirono, e tuttavia erano pecore; il Signore li individuava in mezzo alla folla, allorché diceva: Quando avrete levato in alto il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che io sono (Gv 8,28). Come si risolve questa difficoltà? Ascoltarono quelli che non erano pecore, e non ascoltarono le pecore; ci sono stati dei lupi che hanno seguito la voce del pastore, e delle pecore che l'hanno respinta; e alcune hanno perfino ucciso il pastore. La soluzione c'è; si potrebbe infatti osservare: quando non ascoltavano il pastore, non erano ancora pecore, allora erano lupi; udita la voce, da lupi furono cambiati in pecore; diventati pecore, hanno ascoltato la voce del pastore, hanno trovato il pastore e lo hanno seguito; cominciando a praticare i suoi comandamenti, hanno cominciato a sperare nelle promesse del pastore.

11. Così, in qualche modo, è stata risolta la difficoltà, e forse qualcuno è soddisfatto. Io però ho ancora qualcosa che mi tiene sospeso, e vi confido ciò che mi tiene sospeso, di modo che cercando insieme con voi, possa insieme con voi, e con la rivelazione del Signore, trovare una soluzione soddisfacente. Eccovi ciò che mi tiene sospeso. Per bocca del profeta Ezechiele il Signore rimprovera severamente i pastori, e tra l'altro dice loro a proposito delle pecore: Non avete richiamato la pecora sbandata (Ez 34,4). Dice sbandata e dice pecora. Se quando si sbandava era pecora, di chi ascoltò la voce per sbandarsi? Senza dubbio non si sarebbe sbandata se avesse ascoltato la voce del pastore; ma proprio per questo si è sbandata, per aver ascoltato la voce di un estraneo, di un ladro o di un predone. E' certo che le pecore non ascoltano la voce dei predoni. Dice il Signore: Quelli che sono venuti (e abbiamo capito che intendeva quelli che sono venuti al di fuori di lui) quelli che sono venuti al di fuori di me, estranei a me, sono ladri e predoni, ma le pecore non li hanno ascoltati. Ma, Signore, se le pecore non li hanno ascoltati, come hanno potuto sbandarsi? Se le pecore ascoltano solo te, e tu sei la verità, chiunque ascolta la verità non può certo sbandarsi. Questi invece si sono sbandati e vengono chiamati pecore. Se quando si sbandano non fossero più pecore, il Signore non direbbe per bocca di Ezechiele: Non avete richiamato la pecora sbandata. Come può essere sbandata ed essere pecora? Ha ascoltato la voce di un estraneo? E' certo che le pecore non li hanno ascoltati. Accade che molti vengano ricondotti nell'ovile di Cristo, e da eretici ritornino ad essere cattolici: vengono sottratti ai ladri e restituiti al pastore. Talora brontolano, mal sopportano il pastore che li richiama, mentre prima non si rendevano conto che quelli volevano strangolarli. Con tutto ciò, siccome sono pecore, anche quando ritornano di malavoglia, riconoscono la voce del pastore, sono contente di essere tornate e si vergognano di essersi sbandate. Quando si gloriavano dell'errore come fosse verità, e di conseguenza non ascoltavano la voce del pastore seguendo un estraneo, erano o non erano pecore? Se erano pecore, come mai il Signore dice che le pecore non ascoltano la voce di un estraneo? E se non erano pecore, perché il Signore rimprovera i pastori dicendo loro: Non avete richiamato la pecora sbandata? Disgraziatamente accade anche a coloro che già sono diventati cattolici cristiani e sono fedeli di buone speranze, di cedere alla seduzione dell'errore; cadono nell'errore e poi si ravvedono. Quando hanno ceduto all'errore e si son fatti ribattezzare, oppure quando, dopo aver fatto parte dell'ovile del Signore, sono ricaduti nell'antico errore, erano o non erano pecore? Certamente erano cattolici: e se erano fedeli cattolici, erano pecore. Ma se erano pecore, come hanno potuto ascoltar la voce di un estraneo, dal momento che il Signore dice: le pecore non li hanno ascoltati?

12. Avete avvertito, o fratelli, la profondità di questo problema. Io dico: Il Signore conosce i suoi (2 Tim 2,19). Sa chi è preconosciuto, sa chi è predestinato, secondo che di lui vien detto: Poiché coloro che egli ha preconosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del suo Figlio affinché egli sia primogenito fra molti fratelli. Quelli poi che ha predestinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli infine che ha giustificati, li ha anche glorificati. Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? E aggiunge: Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato alla morte per tutti noi, come non ci accorderà insieme con lui ogni grazia? A chi si riferisce dicendo: noi? A coloro che Dio ha preconosciuti, predestinati, giustificati, glorificati; ai quali si riferisce il seguito: Chi si farà accusatore contro gli eletti di Dio? (Rm 8,29-33). Dunque il Signore conosce i suoi, cioè le sue pecore. Talora le pecore non conoscono se stesse, ma le conosce il pastore in virtù di questa predestinazione, in virtù della prescienza divina, della elezione delle pecore fatta prima della fondazione del mondo; secondo quanto ancora dice l'Apostolo: in lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo (Ef 1,4). Ora, secondo questa prescienza e predestinazione di Dio, quante pecore sono fuori e quanti lupi sono dentro l'ovile! quante pecore sono dentro e quanti lupi sono fuori! Perché dico che ci sono molte pecore fuori? Perché molti che ora si abbandonano alla lussuria, diventeranno casti; molti che ora bestemmiano, crederanno in Cristo; molti che si ubriacano, diventeranno sobri; molti che adesso rubano le cose degli altri, saranno pronti a donare le proprie. Con tutto ciò adesso ascoltano la voce di un estraneo, seguono degli estranei. Come pure, molti che oggi dentro l'ovile lodano il Signore, lo bestemmieranno; sono casti e fornicheranno, sono sobri e affogheranno nel vino, stanno in piedi e cadranno. Essi non sono pecore (stiamo parlando dei predestinati, di coloro che il Signore sa che sono suoi). E tuttavia questi, finché pensano rettamente, ascoltano la voce di Cristo. Ecco, questi l'ascoltano, quelli non l'ascoltano; e tuttavia, secondo la predestinazione, quelli sono pecore, e questi no!
[La pietà dispone alla verità.]

13. La difficoltà rimane, e tuttavia, almeno per ora, mi pare di poter adottare la seguente soluzione. C'è una voce, c'è, dico, una voce del pastore, per cui le pecore non ascoltano gli estranei, e coloro che pecore non sono non ascoltano Cristo. Quale è questa voce? Chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo (Mt 10,22). Chi è di Cristo non trascura questa voce, non l'ascolta l'estraneo. Anche ad un estraneo il Cristo fa sentire la sua voce, invitandolo ad essere fedele a lui sino alla fine, ma l'estraneo, non perseverando sino alla fine, non ascolta la sua voce. Si è accostato al Cristo, ha ascoltato tante e tante parole, tutte vere, tutte giuste; e tra le altre anche queste: Chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo. Chi ascolta questa voce è pecora. Ma supponiamo che uno dopo averla ascoltata, abbia perduto la testa, si sia raffreddato, ed abbia ascoltato la voce di un estraneo: se egli è predestinato, si è sbandato temporaneamente, non si è perduto per sempre. Tornerà ad ascoltare ciò che ha trascurato, metterà in pratica ciò che ha ascoltato. Se infatti appartiene al numero dei predestinati, Dio ha conosciuto prima tanto il suo errore che la sua futura conversione; se si è sbandato, ritornerà e di nuovo ascolterà la voce del pastore, e seguirà la voce che dice: Chi avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo. Questa, o fratelli, è una voce buona, vera, è la voce del pastore, è la voce della salvezza che risuona nelle tende dei giusti (cf. Sal 117,15). Poiché è facile ascoltare Cristo, è facile lodare il Vangelo, è facile applaudire il predicatore; ma perseverare sino alla fine, questo è proprio delle pecore che ascoltano la voce del pastore. Viene la tentazione; ebbene, persevera sino alla fine, poiché la tentazione non durerà sino alla fine. Sino a quale termine dovrai perseverare? Sino al termine del cammino. Finché non ascolti Cristo, egli è nella tua via, cioè in questa vita mortale, un avversario. Ma cosa dice il Vangelo? Mettiti d'accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui (Mt 5,25). Hai sentito e hai creduto; ti sei messo d'accordo? Se eri in discordia, mettiti d'accordo. Se ti è stata offerta la possibilità di stare in pace, non riprendere a litigare. Tu non sai quando avrà termine il cammino, ma lui lo sa. Se sei pecora, e persevererai sino alla fine, sarai salvo: per questo i suoi non disprezzano questa voce, mentre gli estranei non l'ascoltano. Vi ho spiegato come ho potuto, secondo quanto egli stesso ci ha concesso, anzi abbiamo affrontato insieme un argomento tanto profondo. Coloro che hanno compreso poco si mantengano in un atteggiamento di religioso rispetto, e sarà loro rivelata la verità; quelli, invece, che hanno compreso, non s'innalzino per superbia, come più veloci, sopra gli altri più lenti, perché innalzandosi non abbiano ad andare fuori strada, e così i più lenti giungano alla meta con maggiore facilità di loro. E che tutti infine ci guidi alla meta colui al quale diciamo: Conducimi, o Signore, sulla tua via, e camminerò nella tua verità (Sal 85, 11).

14. Entriamo dunque per la porta, che il Signore spiegò essere lui stesso, entriamo per giungere alla meta che egli ci ha prospettato, senza spiegarcelo. Nel passo del Vangelo che è stato letto oggi non ha detto chi sia il pastore, ma ce lo dice chiaramente nelle parole che seguono: Io sono il buon pastore (Gv 10,11). Anche se non l'avesse detto, chi altri se non lui potremmo intendere nelle parole: Chi entra per la porta è il pastore delle pecore. A lui il portinaio apre e le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti ad esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce (Gv 10,2-4)? Chi altri, infatti, chiama per nome le sue pecore e le conduce fuori, da qui alla vita eterna, se non colui che conosce i nomi dei predestinati? Per questo disse ai suoi discepoli: Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in cielo (Lc 10,20). E' in questo senso che le chiama per nome. E chi altri può condurle fuori se non chi rimette i loro peccati, sicché liberate dalle dure catene possano seguirlo? E chi può andare avanti a loro in modo che esse lo seguano, se non colui che risorgendo da morte ormai non muore più, e la morte non avrà più su di lui alcun dominio (cf. Rm 6,9)? Quando infatti stava qui visibile nella carne mortale, disse: Padre, quelli che mi hai dato, voglio che dove sono io siano anch'essi con me (Gv 17,24). Coerentemente egli dice: Io sono la porta; chi entrerà per me sarà salvo, ed entrerà e uscirà e troverà pascolo (Gv 10,9). Con questa dichiarazione egli mostra chiaramente che non solo il pastore, ma anche le pecore entrano per la porta.

15. Ma che significa: entrerà e uscirà e troverà pascolo? Entrare nella Chiesa per la porta che è Cristo è certamente cosa ottima; ma uscire dalla Chiesa nel modo che dice lo stesso Giovanni nella sua lettera: Sono usciti da noi, ma non erano dei nostri (1 Io 2,19), non è certamente cosa buona. Non è possibile quindi che il buon pastore, dicendo entrerà e uscirà e troverà pascolo, voglia approvare un tal modo di uscire. C'è dunque un modo positivo di entrare, e un modo altrettanto positivo di uscire attraverso la porta legittima che è Cristo. Ma in che consiste questo uscire lodevole e gioioso? Si può dire che noi entriamo quando ci raccogliamo nella nostra interiorità per pensare, e che usciamo quando ci esteriorizziamo mediante l'azione; e poiché, come dice l'Apostolo, per mezzo della fede Cristo abita nei nostri cuori (cf. Ef 3,17), entrare per Cristo significa pensare alla luce della fede, mentre uscire per Cristo significa tradurre la fede in azione davanti agli uomini. Perciò si legge nel salmo: Esce l'uomo al suo lavoro (Sal 103,25), e il Signore stesso dice: Risplendano le vostre opere davanti agli uomini (Mt 5,16). Ma io preferisco ascoltare la verità stessa, colui che è il buon pastore e il sapiente maestro. Egli ci ha suggerito in che senso dobbiamo intendere la sua parola entrerà e uscirà e troverà pascolo, soggiungendo: Il ladro non viene se non per rubare, uccidere, distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano sovrabbondante (Gv 10,10). Mi sembra che abbia inteso dire: perché abbiano la vita entrando, e l'abbiano ancor più abbondante uscendo. Non si può infatti uscire per la porta che è Cristo, ed entrare nella vita eterna dove si vedrà Dio faccia a faccia, se prima, per la medesima porta, che è Cristo, non si entra nell'ovile della sua Chiesa, attraverso la vita temporale che è la vita di fede. Perciò dice: Io sono venuto perché abbiano la vita, cioè la fede operante per mezzo della carità (cf. Gal 5,6), e per mezzo della quale entrano nell'ovile per vivere, dato che il giusto vive di fede (Rm 1,17). E aggiunge: e l'abbiano sovrabbondante coloro che, perseverando sino alla fine, per quella stessa porta, cioè per mezzo della fede di Cristo, escono, in quanto muoiono da veri fedeli; e avranno una vita più abbondante là dove il pastore li ha preceduti, e dove non dovranno più morire. Quantunque neanche qui, entro l'ovile, manchino i pascoli, poiché tanto per chi entra quanto per chi esce viene detto che troverà pascolo; tuttavia i veri pascoli si troveranno là dove saranno saziati coloro che hanno fame e sete di giustizia (cf. Mt 5,6). Quei pascoli che trovò colui al quale fu detto: Oggi sarai con me in paradiso (Lc 23,43). Ma in che senso egli sia insieme la porta e il pastore, tanto da sembrare che egli entri ed esca attraverso se stesso, e inoltre chi sia il portinaio, sarebbe troppo lungo cercare oggi e trovare, pur con l'aiuto del Signore, la spiegazione.

Dal commento all’Evangelo di Giovanni «Omelia 45» di sant’Agostino, vescovo.

Lunedì 5 maggio 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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