Alberto Vianello"Il cammino con i due Pani"

Letture: At 2,14a.22-33; 1Pt 1,17-21; Lc 24,13-35
 Comunità Marango
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Nelle prime tre domeniche di Pasqua, la liturgia ci offre dei brani evangelici che raccontano il mostrarsi del Risorto ai suoi discepoli, spesso increduli. Nelle successive tre domeniche, invece, ascolteremo le parole di Gesù che invitano a rimanere legati a lui e a lasciarsi prendere cura da lui. L'esperienza della carne del Risorto e l'ascolto della sua Parola permettono all'uomo di vivere la fede. Come avviene ai discepoli di Emmaus, nel Vangelo di questa domenica.
Essi stanno allontanandosi da Gerusalemme: è la dismissione della comunità degli altri discepoli. E stanno parlando, mettendo fra di loro molte parole non legate a fatti, come dice il testo letterale. Alla fine del
racconto, dopo aver incontrato Gesù risorto, torneranno in fretta alla comunità e saranno concreti narratori della loro esperienza. L'incontro con Gesù li ha radicalmente cambiati, "rovesciati", convertiti.
Il più lungo discorso di un uomo nei Vangeli, quello di Cleopa, uno dei due discepoli, è un resoconto tutto sommato preciso, ma fortemente scettico, su Gesù e su cosa gli sia accaduto: «profeta potente», ma crocefisso dai capi; speranza di liberazione, ma sfociata in ormai tre giorni di morte; annuncio della resurrezione attraverso le donne, ma nessun incontro con lui. Così i due di Emmaus mostrano di non credere alla resurrezione: addirittura essi non se l'aspettavano, nonostante i preannunci di Gesù, tanto era estranea alla loro ottica. E poi, la pongono fra quelle speranze come quelle che hanno riposto nella «profeta potente», ma che sono andate perdute con la sua morte: puntare sulla risurrezione diventerebbe, per loro, il rischio di un'altra delusione.

Quello sconosciuto a cui raccontano tutto ciò è Gesù, che loro riconosceranno solo nel Pane spezzato e nella Parola che fa ardere il cuore. Ma questo uomo che cammina con loro, che diventa lo sfogo della loro delusione, non per gioco nasconde la sua identità: si fa compagno, invece, del loro cammino fatto di incredulità, di vuoto, di scetticismo. In altre parole, il Risorto non assume mai l'atteggiamento del tipo: "Ho fatto la mia parte (la Pasqua) e voi non siete capace di fare la vostra (crederci)".
È anche il rimprovero successivo («Stolti e lenti di cuore») vuole solo risvegliare la fede: non ha nulla di presa di distanza, di fine di solidarietà con chi non riesce ad adeguarsi, con la fede, alla sua realtà di Risorto.
Non servirebbe a nulla offrire le Scritture aperte sul destino del Cristo e il pane donato per la loro fede, se i due discepoli non si fossero sentiti accompagnati e solidarizzati nel loro smarrimento. Proprio in quanto non creduto, il Cristo si fa compagno di strada credibile.
Così mi piace pensare che l'hanno poi invitato a fermarsi a casa non solo perché quello straniero sapeva spiegare le Scritture, ma anche perché si erano sentiti ascoltati e capiti da lui, nelle loro fatiche e speranze perdute.

La seconda parte del racconto è il nostro programma di vita cristiana. Ai due discepoli di Emmaus, come noi, Gesù risorto indica che la sua Pasqua la si può capire nella fede solo attraverso le Scritture. Poi con il Pane dell'Eucaristia apre loro gli occhi della fede, tanto da sottrarsi ad una vista materiale, in quanto lo si incontra nel nutrirsi di quel Pane. Infine, questa duplice esperienza spinge i due a un ritorno immediato, anche se di notte, al contesto della comunità dei discepoli, tanto considerano ora essenziale ciò che prima avevano scartato. Parola di Dio, Eucaristia e vita fraterna aperta, sono i cardini essenziali della fede.
Il riconoscimento del Signore allo spezzare il Pane (l'Eucaristia è esperienza che apre alla fede; non l’incontrario) rinvia immediatamente i due discepoli a quando, lungo la strada, il viandante misterioso parlava con loro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Se il Pane eucaristico non rinvia al Pane della Parola, rischia di diventare una forma religiosa piena di sacro ma priva di vita pulsante. Ogni autentica espressione di fede deve portare a riconoscere il proprio cuore che arde alla Parola, vero roveto che brucia e non si consuma (cfr. Es 3,1-6): non si consuma cioè al livello di superficiali devozionismi, nei quali non c'è una vera rappresentazione di vita.
I due discepoli tornano a vivere la Chiesa condividendo con gli altri l'esperienza che la vita si apre alla fede a partire dall'Eucaristia e che il cuore brucia nella Parola che dice di Gesù.

Alberto Vianello

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