Antonio Riboldi"Non vi lascio orfani"

Omelia del giorno 25 Maggio 2014
VI Domenica di Pasqua (Anno A)
Non è certamente cosa da poco trovarsi – tutti noi, poveri uomini – di fronte ai compiti che la vita inevitabilmente ci pone. Ci sono momenti di grande solitudine, a volte creata da chi ci sta attorno, che non si accorge neppure della nostra sofferenza o difficoltà; ci sono quei momenti di ‘angoscia’, perché il ‘sentirsi soli’ nasce dal non capire neppure noi stessi. Sono quelle che chiamiamo ‘crisi’. Quanta gente soffre per questo!
Viene per tutti, in qualunque situazione, l’impatto con il dolore o con la necessità delle scelte o con la durezza del proprio compito. Guardare in faccia la propria croce è da gente forte, da gente di autentica fede e di amore. Farsi prendere dallo spavento della solitudine, dell’abbandono è come gettare le armi, prima di averle prese in mano: è rinunciare a vivere, senza avere risolto alcun problema, lasciando sospeso ciò che non può essere lasciato in sospeso. È in questi momenti che si cerca, si invoca Chi sappia darci una ragione del nostro
smarrimento, in altre parole ci riporti alla gioia della vita, anche se da una croce.

Viene alla mente il momento dell’Ultima Cena, durante la quale Gesù aveva aperto il suo Cuore, aveva chiamato i Suoi  ‘amici, e non più servi’, donato in eredità l’Eucarestia – ‘Prendete e mangiate, questo è il mio corpo, fate questo in memoria di me’; offerto la lezione di come porsi davanti ai fratelli, da ‘servi’ non da sovrani, come spesso capita a noi – ‘lavò loro i piedi’. Ma soprattutto quello che colpisce – e riguarda noi, sempre – è come li amava e ci ama: “Nessuno ha un amore più grande di questo, morire per i propri amici. Voi siete miei amici se fate quello che io comando.” (Gv. 15, 12-18)

In quel cenacolo davvero è esploso tutto l’Amore che Dio ha per i Suoi e, quindi, noi, ora, che siamo Suoi per il Battesimo. Chi non avrebbe voluto esserci quella sera?

Ma forse non siamo abbastanza consapevoli che Gesù sapeva quello che Lo attendeva da lì a poco, ossia la notte della Sua Passione, e, soprattutto, che quella sarebbe stata una tragedia che avrebbe provocato tanto smarrimento negli Apostoli, uno smarrimento comune a tutti noi.

Per questo Gesù, quella sera, come gettando lo sguardo avanti, ha detto ai Suoi, e continua a dire a noi:

“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché Egli rimane presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più: voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi”. (Gv. 14, 15-21)

Nella tristezza è la grande notizia, per tutti: “Non vi lascerò orfani!”

Gesù ha detto queste parole, che saranno sempre una certezza per chi Lo segue, ieri, oggi e sempre; e le ha dette nel momento più difficile della sua esistenza tra noi, fino a giungere al punto, quasi facendosi voce della nostra paura di essere abbandonati da tutti, di proclamare dalla croce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’. (Mt. 26, 46)

Gesù quella sera sembra non tanto preoccupato per sé, ma per i suoi, che sapeva avrebbero conosciuto la profondità della loro debolezza, il grande dolore dell’abbandono, e avrebbero cercato qualcosa che li confortasse. Gesù stesso sarebbe stato consolato dalla presenza di un Angelo, durante la sua agonia nel Getsemani, nel momento in cui sembra potesse nascere anche in Lui la voglia di fuggire dalla crocifissione: ‘Padre se è possibile, allontana da me questo calice, però non la mia, ma la tua volontà si compia in me’. È incredibile come Gesù, che ci ha promesso il Consolatore, abbia voluto essere ‘uomo di tutti i tempi’: l’uomo, ogni uomo, che conosce l’abisso della prova e della solitudine. Ma alla fine trionfa il disegno di realizzare il grande disegno di Amore per noi. È la storia della Chiesa, ieri e oggi; la storia di tutti, a volte tentati di abbandonare ogni proposito buono e di fuggire. Ma dove?

È proprio da questa prova che emerge il grande trionfo di Dio e della Chiesa di ogni tempo, anche oggi!

Impressiona, ripeto, la solitudine in cui tanti vengono a trovarsi nei momenti della prova. Basta guardarci attorno per incontrare volti che sembra chiedano una parola o uno sguardo di conforto: fratelli a cui far sentire che è vero quello che ha detto Gesù e oggi fa dire a noi: ‘Non vi lascerò orfani’.

Non è nemmeno necessario fare chissà che cosa: nella nostra società così dispersiva, abituata a consumare cose e uomini, ciò che si desidera ardentemente è un orecchio disponibile all’ascolto, una mano pronta a sorreggere, soprattutto un cuore che con pazienza, bontà, semplicità faccia risentire, ‘incarnare’, la stupenda promessa di Gesù: ‘Non vi lascerò orfani’.

Lo Spirito di Dio, che soffia su ciascuno di noi, con incommensurabile fantasia, se trova in noi disponibilità, ci aiuterà a ‘incarnare’ il modo giusto, le parole adatte, a consolare.

Tornano di conforto le parole che Pietro scriveva: “Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, morto nel corpo, ma reso vivo nello spirito”.  (1 Pietro 3, 15-18)

Preghiamo anche noi: «Padre mio, a Te mi abbandono, fa’ di me ciò che ti piace: qualsiasi cosa Tu faccia di me, io Ti ringrazio. Sono pronto a tutto, purché la Tua volontà sia fatta in me e in tutte le creature. Non desidero altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle Tue mani, te la dono, mio Dio, con tutto l’amore del mio cuore, perché Ti amo. Ed è per me una necessità di amore il donarmi e rimettermi nelle Tue mani, senza misura e con infinita fiducia, perché Tu sei mio Padre>>. (Charles de Foucauld)

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