don Luciano Cantini "Proprio perché incerti e deboli"


Ascensione del Signore (Anno A) (01/06/2014)
Vangelo: Mt 28,16-20
Andarono in Galilea
In Galilea Matteo porta a termine il racconto del suo Vangelo, e là, dove i discepoli hanno incontrato Gesù per la prima volta, lo incontrano per l'ultima. Da quell'incontro inizia il nuovo tempo della Chiesa.
La Galilea è un luogo speciale, un luogo "lontano" dai poteri di Gerusalemme, un luogo di "incontro" tra le genti, di "confine", luogo "disprezzato", "imperfetto" e "libero"; è il luogo in cui Gesù ci "precede"
(Mt 26,32), luogo in cui siamo chiamati ad "andare" se vogliamo "vedere" il Risorto (Mt 28,10).
È necessario che la molteplicità dei significati di quella terra entrino nella nostra prospettiva di fede per orientare il nostro cammino sicuri che là lo vedremo.
Sul monte che Gesù aveva loro indicato
L'articolo determinativo sembra dire con precisione quale fosse il monte indicato, Matteo però ci lascia la libertà di capire e, forse, nella determinazione dell'indeterminato c'è la comprensione di quale monte si tratti.
Gli studiosi si dividono prendendo in considerazione i monti della Galilea di cui Matteo ha già parlato e che i discepoli conoscono: quello delle Beatitudini (Mt 5,1), della Moltiplicazione dei pani (Mt 15,29), della Trasfigurazione (Mt 17,1), qualcuno aggiunge anche il monte altissimo della tentazione (Mt 4,8). Per ciascuno c'è una spiegazione logica, un legame che porta considerazioni e conclusioni; Matteo invece ci lascia nella indeterminatezza perché ciascuno continui a cercare il monte del suo incontro con il Signore a cui la fede lo conduce. Il monte di cui parla Matteo è indeterminato perché luogo provvisorio, di passaggio dove arrivare e da cui partire.
Gli undici discepoli
Undici, non più dodici, Matteo non fa sconti e ci presenta un comunità lacerata, azzoppata e ferita dal tradimento di Giuda. Lontani da qualsiasi perfezione, vanno in un luogo di imperfezioni come è considerata la Galilea, addirittura accompagnati dal dubbio. Mossi dalla fede ma accompagnati dal dubbio; sembra una contraddizione, ma non lo è se consideriamo anche la nostra esperienza personale: Fede e dubbio sono due atteggiamenti che sembrano destinati a convivere perché la fede si radica nella nostra povertà umana. Il dubbio non appartiene al non credente che ha le sue certezze, piuttosto all'uomo di fede che si sente perennemente in ricerca, sempre in viaggio e mai arrivato. Come gli undici giunti al monte dell'incontro e pronti a partire di nuovo.
Gesù si avvicinò e disse loro
Matteo nell'introdurre l'ultimo "detto" del Signore, forse per dargli maggiore forza, lascia tutto nella ambiguità, nella dinamicità del provvisorio: la Galilea, il monte, la fede, il dubbio, la stessa visione del Signore. Tutto è descritto con parsimonia di parole - lo videro e si prostrarono - Matteo non racconta come il Signore è stato visto, così l'esperienza degli undici assomiglia all'esperienza di ciascuno di noi, incerta e povera. Questa fede povera e incerta non sembra preoccupare Gesù che non ferma il progetto universale della salvezza, anzi ci coinvolge e ci responsabilizza proprio perché incerti e deboli.
Non siamo noi a possedere una verità su cui basare certezze, ma è la Verità che si fa a noi incontro, ci prende, ci meraviglia, ci critica, ci spoglia, ci conduce, ci sconcerta, ci riveste...
Questa Verità si mette nelle nostre mani per inviarci a tutti i popoli, perché tutti i popoli diventino discepoli di Cristo.
Fate discepoli tutti i popoli
In queste ultime parole del vangelo di Matteo è fortemente rappresentata la potenza di Dio e il potere che è stato consegnato al Figlio nella Pasqua; è proprio quel potere che rassicura il timore, dà forza alla debolezza, certezza al dubbio. Per tre volte è detto "tutto": tutti i popoli, tutto ciò che vi ho comandato, tutti i giorni;così dilata l'universalità, la verità e la storia.
Fare discepoli prima battezzando e poi insegnando. Prima offrendo e accogliendo il dono che Dio ci fa nel battesimo, poi illuminandolo con la consapevolezza della vita risorta.
Fare discepoli non di una dottrina, ma nella comunione con Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Fare discepoli prima nell'esperienza di essere immersi nell'amore di Dio, poi nella esperienza della Parola vissuta.
La storia, i popoli della terra, l'esperienza di Chiesa, le reazioni umane, tutto è preso e compreso dalla presenza del Figlio di Dio tra gli uomini, fino alla fine del mondo.

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