don Marco Pedron"Il segreto della felicità"

Vangelo: Gv 14,15-21
Finché fu in vita Gesù visse con gli apostoli: gli apostoli lo vedevano e lo sentivano. Gesù era il loro maestro e il loro riferimento. Se avevano qualcosa, andavano da Lui e Lui li illuminava. Molte volte troviamo nei vangeli che gli apostoli non capiscono, vanno da Gesù e Gesù spiega le cose. Adesso Gesù muore e gli apostoli si chiedono: "E adesso chi rimarrà con noi? Perdiamo Gesù".
In Grecia c'era stato Socrate, un grande saggio e un grande filosofo: ma poi Socrate era morto e i suoi discepoli erano rimasti orfani e soli. Potevano ricordare solo il passato e ciò che Socrate aveva fatto. Gesù è come Socrate? No!
La risposta di Gesù è: "Sì, mi perdete. No, non mi perdete. Io me ne vado (e in questo senso mi perdete). Ma anche se io me ne vado, rimango con voi sotto un'altra forma: lo Spirito Santo. In questo senso non mi perderete affatto. E io rimarrò per sempre con voi".
Dio è sempre con noi sottoforma di Spirito. Per questo Mt 28,20 può concludere il suo vangelo con l'espressione di Gesù che dice: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".
Gesù chiama questo Spirito il Consolatore, il Paraclito. Parakletos, in greco, vuol dire "consolatore, avvocato". In tribunale era colui che ti difendeva, che ti assisteva, che non ti lasciava solo ma rimaneva al tuo fianco.

Lo Spirito Paraclito o Santo è la presenza di Gesù Risorto sotto un'altra forma in noi. Fisicamente Gesù non c'è più e nessuno di noi lo ha visto. Gesù Cristo Risorto è presente in noi sotto forma di Spirito. E dove si trova questo Spirito? Il vangelo è chiaro: "Voi lo conoscete perché dimora presso di voi e sarà in voi" (15,17). Dio vive in noi; Dio ha posto casa nella nostra vita.
La condizione per l'incontro con Lui: vivere a contatto con la tua anima e con il tuo spirito. "Lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce" (15,17). Mondo in Gv è l'uomo lontano da Dio. Se tu vivi fuori di te, lontano da te, non lo puoi vedere e non lo puoi conoscere. Per conoscere il Risorto devi vivere dentro di te e non lontano, staccato, dissociato da te.
La realtà: non siamo mai soli. "Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete" (15,18-19). E' l'esperienza dei primi discepoli: all'inizio si sono sentiti orfani, soli, abbandonati, ma poi hanno scoperto che Colui che li aveva abbandonati fisicamente era invece vicino, reale e vivo dentro di loro. Per questo non erano più soli.
La tradizione della chiesa da sempre parla dell'abitazione di Dio nell'uomo: Dio ha posto casa in noi. Dio abita in me.
Quando mi chiedo: "Dov'è Dio?", la prima risposta è: "Qui in me". La grande ricchezza e la grande forza dov'è? Dentro di noi!
Quando nell'800 gli Olandesi arrivarono in Sud Africa, vi trovarono gli indigeni che giocavano con delle pietre: erano diamanti. Ma gli indigeni neppure sospettavano della preziosità di quelle pietre. Vi giocavano come fossero delle semplici biglie: neppure conoscevano la ricchezza della loro terra.
Per accedere, arrivare a Dio, bisogno stare soli con sé, con il caos, il vuoto, la solitudine, il buio, la disperazione, con quel "terribile" dentro di sé, qualunque nome abbia. E' stato così per gli apostoli, per i santi ed è stato così anche per Gesù. Perché dentro a quella solitudine troveremo e faremo una scoperta incredibile: la Compagnia, il Con-solatore, Colui che sta con i soli.
1. Gli Apostoli. La grande esperienza degli Apostoli dopo la morte di Gesù fu la solitudine.
Lo svantaggio iniziale fu un dolore enorme. Quand'ero piccolo e andavo al mare a Sottomarina ogni tanto si sentiva da un altoparlante: "Qui c'è un bambino di 3-4 anni, con i capelli castani e un costumino di color verde che si è perso. Venire al bagno "Stella Marina" per ritrovarlo". E quando i genitori correvano trovavano il bambino in disperazione totale. Era ovvio, aveva perso ciò che per lui era tutto.
Gli apostoli si sentivano un po' così alla morte di Gesù. Il vantaggio fu che l'accettare e l'attraversare quel dolore li portò ad una coscienza più alta: trovarono il Vivente dentro di loro.
2. S. Giovanni della Croce, amico di Teresa d'Avila, uno dei grandi mistici della tradizione cristiana, si trovò ad un certo punto totalmente solo. Odiato dai suoi confratelli, venne ritenuto, erroneamente, responsabile di un incidente accaduto nel monastero di Avila. Fu imprigionato per più di otto mesi, sottoposto a maltrattamenti, torture fisiche e psicologiche. Ma fu qui che compose i suoi poemi più mistici (Cantico spirituale e Notte oscura dell'anima).
S. Giovanni della Croce si sente nella disperazione più totale, abbandonato dagli uomini e da Dio. E "questa notte oscura" è da passare e il dono è il "Cantico spirituale", la fede, la gioia, una unione totale con Dio, il Tutto che diventa il Nulla, un nulla pieno.
La solitudine e la disperazione di questo uomo gli permettono di accedere alle profondità dell'anima e di trovare Dio nelle profondità di sé e dentro la sua solitudine.
3. Madre Teresa di Calcutta. Tutti noi l'ammiriamo per il suo sorriso e per il suo amore, e a ragione. Eppure Madre Teresa scrive (le sue lettere sono state conosciute al grande pubblico nel 2007): "C'è tanta contraddizione nella mia anima, un profondo anelito a Dio, così profondo da far male, una sofferenza continua e con tutto ciò il sentimento di non essere voluta da Dio, respinta, vuota, senza fede, senza amore, senza zelo... Il cielo non significa niente per me, mi appare un luogo vuoto". "Ci sono momenti in cui mi sento come un guscio vuoto, un oggetto instabile. Mi sento così sola e misera".
Madre Teresa ha parole che nessuno avrebbe sospettato in lei: "Dicono che la pena eterna che soffrono le anime nell'Inferno è la perdita di Dio... Nella mia anima io sperimento proprio questa terribile pena del danno, di Dio che non mi vuole, di Dio che non è Dio, di Dio che in realtà non esiste. Gesù, ti prego perdona la mia bestemmia".
Lo svantaggio è questa solitudine, questo dolore enorme, questa disperazione che ha anche connotato la sua vita. Ma poi scrive: "Voglio vivere in questo mondo così lontano da Dio e che ha voltato le spalle alla luce di Gesù, per aiutare la gente, prendendo su di me qualcosa della loro sofferenza".
E' il suo dono: "Madre Teresa trasforma la sua sofferenza come dono, perla, di avvicinamento agli altri. Può comprendere la sofferenza degli altri perché conosce bene la sua".
4. Gesù. Nell'Orto degli Ulivi Mc (15,33) dice che Gesù prova terrore e angoscia. Usa due verbi: ekthambeisthai=terrore, sconvolgimento, e ademonein=essere senza popolo, essere solo. Gesù si sente solo, abbandonato dai discepoli che adesso dormono e poi scapperanno; tutti lo odiano e tutti ce l'hanno con lui. E' solo, totalmente solo.
Ma in questa solitudine, pregando intensamente (Lc dice che pregava così intensamente che il suo sudore diventò come gocce di sangue Lc 22,44), Gesù trova al fondo di sé suo Padre. E il sentirsi sorretto da Lui gli da la forza per andare avanti e per affrontare ciò che deve affrontare.
E chi di noi non è solo in certi momenti della vita? Chi di noi non si sente in preda alla disperazione o alla solitudine in certi momenti di vita?
Lo Spirito Consolatore è la presenza di Dio in noi, quella Voce, quella sensazione che non risolve i problemi e non cambia le situazioni ma ti sussurra: "Ci sono io; io sto con te; io non ti abbandono; io credo in te anche se tutti ti danno contro; io ti capisco; coraggio; affronta; non temere; non scappare". Allora si sente e si percepisce che qualcuno, che Lui, è con noi.
La grande scoperta degli apostoli fu proprio questa: Lui era il Presente, Colui che stava, Colui che accompagnava, Colui che c'era con te in ogni situazione.
Una bambina su di un compito ha scritto: "Alla sera, quando sono a letto, mi volto verso il muro e mi parlo, perché io mi ascolto". E' terribile sentirsi soli.
Un bambino un giorno torna a casa piangendo disperato. "Che cosa c'è?" chiede la mamma. Tra singhiozzi e parole biascicate il bambino dice: "Io, Giovanni, Andrea e Luca giocavamo a nascondino. Io mi sono nascosto bene... e aspettavo. Il tempo passava e loro non mi trovavano. Quando sono uscito erano tutti andati a casa. Nessuno è venuto a cercarmi, capisci? Nessuno!". Essere soli vuol dire essere nessuno: che ci siamo o no è la stessa cosa. Allora è terribile.
C'erano due amici per la pelle: Ted e Frank. Una notte durante una battaglia avanzarono sotto il fuoco nemico. Al mattino Ted c'era, Frank no: era nella lista dei dispersi. Allora Ted chiese al comandante: "Chiedo il permesso di andar a riprendere il mio amico Frank". "Non se ne parla neanche, disse il comandante, ho già perso il tuo amico, non voglio perdere anche te". Ma Ted uscì lo stesso, trovò Frank, in fin di vita e ritornò indietro. Se lo caricò sulle spalle e riuscì a tornare indietro ma fu colpito a morte. "Valeva la pena di morire per salvare un morto?", urlò inferocito il comandante. "Sì ­ sussurrò morente Ted ­ perché prima di morire Frank ha detto: Ted, sapevo che saresti venuto".
Se posso percepire che Lui è con me non sarò mai più solo e mai più abbandonato.
Questo vangelo è un forte invito e monito. La società mondiale si trova di fronte ad un bivio fondamentale: o diventerà spirituale o non ci sarà più. Karl Rahner: "Il cristianesimo del futuro, o sarà mistico, o non sarà". Spiritualità è: accedo, incontro e faccio uscire il Dio che c'è in me ed in ogni uomo.
L'umanità ha capacità impensabili; ma ogni progresso e ogni nuova possibilità richiede un altrettanto sviluppo di moralità, di coscienza, di maturità.
Pensate alla sola questione ambientale: nel secolo scorso centomila (!) specie viventi si sono estinte; il buco dell'ozono si allarga, i ghiacciai si stanno sciogliendo; la temperatura continua salire, i mari e i fiumi sono sempre più inquinati e i deserti avanzano (l'Italia stessa è a rischio desertificazione).
Non ci sono molte possibilità: ci verrà richiesto un grande cambiamento di vita, di abitudini; ci verrà chiesto un sacrificio collettivo per poter sopravvivere, per poter esserci ancora e tutti. Solo in nome di valori universali, solo una forte coscienza spirituale che il bene o è di tutti o non è bene, potrà salvarci.
La parola re-ligione vuol dire legare insieme: la religione può essere un nodo, una prigione che ti lega, un nodo scorsoio che ti impedisce di vivere. Oppure la religione può legare insieme tutti gli uomini verso un unico fine, un unico obiettivo, un unico compito.
Avete presente l'acqua: è sempre acqua ma dentro un bicchiere prende una forma, dentro ad un vaso di fiori ne prende un'altra. Ma è sempre la stessa acqua. Tutti noi uomini abbiamo tutti gli stessi geni: il che vuol dire che nel profondo siamo fatti degli stessi elementi. Ciò che ci unisce è incredibilmente di più di quel poco che ci divide ma che noi sempre sottolineiamo. Le religioni hanno oggi il compito di legare insieme: Dio è presente e vive in ogni uomo.
Oggi Spiritualità vuol dire due cose: 1. far vivere lo spirito che mi abita (responsabilità individuale); 2. far vivere lo spirito che abita ogni creatura (responsabilità sociale) perché è lo stesso che è in me.
1. Dio vive in te, non incatenarlo, non ucciderlo. Libera il Dio che dorme dentro di te; sviluppalo! Dio non è stato ucciso solo 2.000 anni fa dai gruppi religiosi e politici perché contrastava i loro interessi. Dio viene ucciso ogni giorno ogni volta che tu nella tua anima non gli dai spazio. Lo uccidi perché non gli permetti di vivere in te, di parlare in te, di esprimersi in te.
Ciascuno di noi nella sua vita decide se crocifiggere, mettere a morte o far nascere il Dio in lui. Nessuno si può sottrarre da questa scelta: o fai vivere il divino che ti abita (anche solo disinteressandosi o dimenticandotene) o lo fai morire. Non c'è altra scelta. E ciò che non nasce, muore.
Spiritualità è quindi entrare in sé e far vivere l'anima, lo spirito, che c'è dentro di sé (responsabilità individuale). "Dio vive in me? Che forma prende in me il Dio della Vita?".
2. Dio vive in ogni creatura. E' negli altri tanto quanto è in te. Tutto ciò che esiste merita di esserci, di vivere, di esistere secondo la sua forma. Mettere in discussione questo principio vuol dire arrogarsi il diritto di superiorità, il potere sulla vita o sulla morte, vuol dire diventare onnipotenti e sostituirsi a Dio. Dio in me non è migliore del Dio in te. Dio è il Padre di tutti.
Quando mi ritrovo di fronte ad una persona, anche se non mi piace, anche se non pensa come me o al contrario di me, in ogni caso mi devo dire: "Dio è qui". Magari è nascosto, seppellito, ma c'è. Per questo ogni creatura merita rispetto, onore e valore. Magari non per quello che è, ma per quello che può essere e in ogni caso perché Dio abita e risiede anche lì.
Se dovessimo ipotizzare un cammino di spiritualità (nel senso di far emergere il Dio in noi), potremo individuarne alcune tappe.
1. La prima elementare sarebbe: "Faccio silenzio e mi ascolto". Spirito è: c'è tutto un mondo dentro di me.
Molte persone sono così lontane da sé che neppure sanno cos'hanno dentro. Chiedete alla gente: "Che cosa provi?", e inizieranno a farvi discorsi su questo o su quello. "No, ti ho detto che cosa provi, che cosa senti dentro, che effetto, cioè emozione, fa a te questa cosa". Per molte persone è come parlare arabo, turco, giapponese: una lingua sconosciuta.
Per cui il primo comando della vita è: "Ascoltati!". (I Dieci Comandamenti iniziano proprio così: "Ascolta, Israele, il Signore..." Dt 5,1; 6,3-4, ecc). Fermati, fai silenzio. Basta tv, basta radio, basta parole: silenzio. Cos'hai dentro di te? Sai dare un nome a ciò che vivi? A ciò che senti?
Quando facciamo fare un giorno di silenzio totale (nessuna parola con nessuno) a volte le persone impazziscono, diventano nervose, "cattive": non sanno più cosa fare. Non sono abituate a stare in sé.
Puoi ascoltare ciò che hai dentro? O devi sempre fuggire?
2. La seconda elementare è: "Che nome ha ciò che si muove dentro di me? Cosa sto provando?". Spirito è: ascolto ciò che ho dentro.
Le emozioni (l'emozione è ciò che accade; il sentimento, come dice la parola, è quando tu senti l'emozione e ne diventi consapevole) sono il linguaggio dello spirito. Non è lo spirito, ma la sua voce.
"Cos'hai dentro?". "Sto bene, sto male!". "Sì, ma cosa vuol dire bene, male?". "Bene è: euforia, gioia, felicità, amore, unione, fusione, estasi, piacere... Male è: tristezza, angoscia, sofferenza, abbandono, rifiuto, rabbia, soffocamento, ecc.".
Ma cosa centra tutto questo con Dio? Come puoi ascoltare la Sua voce se non sai ascoltare neppure le tue voci, le tue emozioni (tutte le emozioni, qualunque emozione)?
Persone non in contatto con le proprie emozioni sono in grado di tutto. Avete mai visto gli occhi di un cane quando sta per essere abbandonato lungo una strada? Solo se non hai sentimento lo puoi fare.
Avete mai visto gli occhi terrorizzati di un bambino quando viene picchiato? Solo una persona che non prova nulla può picchiare e giustificare: "Quando ci vuole, ci vuole!".
Solo persone non in contatto con i propri sentimenti possono dire: "Go caro (=sono contento)" e godere del male altrui.
Solo persone senza contatto con la vita interna possono dire degli extracomunitari: "Che i mòra tutti!" (=muoiano) oppure: "La pena di morte ci vorrebbe!".
Solo persone senza contatto con i propri sentimenti possono sentire la statistica dei 15 milioni di bambini che muoiono di fame per mancanza di cibo e fregarsene, non essere intimamente toccati.
Senza sentimenti tu non senti il dolore dell'altro, non senti la sofferenza, non senti che gli stai facendo del male, che lo stai facendo soffrire, che lo stai uccidendo. E se non senti, puoi fare di tutto.
3. La terza elementare è: "Faccio vivere lo Spirito che è in te secondo la mia forma". Spirito è diversità: come la luce. La stessa luce prende colori diversi a seconda di dove si posa.
Dio in te ha una forma unica. La mia missione è nient'altro che far vivere, secondo la mia forma (e non quella che vorrei io o che vorrebbe chi mi è vicino) il Dio che è in me.
E' l'insieme delle voci che crea un coro. E' l'insieme dei colori che crea la bellezza della natura e di ogni cosa. Se ci fosse un unico colore... che tristezza! E' l'insieme delle note che permette la melodia. Ci sono tanti modi per fare, vivere, esprimere la stessa cosa. Ce n'è uno di migliore? No, ognuno è diverso.
Ci sono tanti modi per essere genitore, prete, uomo, donna, ecc.: non ce n'è uno di migliore. Tutti sono buoni se ciascuno realizza ed esprime il proprio spirito. Vivi il tuo spirito e io vivrò il mio. Se io rispetto il Dio che è in me (lo faccio vivere) allora potrò rispettare anche il Dio in te. E' lo stesso Dio che vive in ogni essere; è lo stesso Spirito che ci abita e che prende colore e forma diversa a seconda di dove si posa. Tutto questo parla e canta dell'infinita ricchezza e varietà di Dio.
4. La quarta elementare è: "Lo Spirito che è in me è lo stesso che è in te". Nessuno è migliore di un altro. Spirito è condivisione, perché siamo tutti sullo stesso piano e sullo stesso livello.
Io non sono né meglio né peggio di te. Dio è in te tanto quanto è in me. Tutti hanno gli stessi diritti: diritto al pane, acqua, lavoro, casa, istruzione, vita dignitosa.
Un nuovo sistema e ordine mondiale non potrà che nascere da una crescita della spiritualità. Perché nel momento esatto in cui io dico: "Io ho certi diritti e tu no, e se affoghi la cosa non mi riguarda", sto dicendo: "Il Dio in me è migliore, più importante, del tuo". Ma è una bugia!
Orwell ne "La Fattoria degli animali" scrive: "Tutti gli animali sono uguali; ma alcuni sono più uguali di altri". Finché ci sarà qualcuno che penserà di avere più diritti di altri non potrà che esserci disparità e guerra.
5. La quinta elementare è: "Lo spirito mi precede e lo spirito mi segue".
Lo Spirito è Uno. Lo Spirito di Dio abita ogni cosa e ogni tempo. E in me vive un soffio, un battito, un movimento, dell'unico Spirito.
Il libro della Sapienza dice: "Lo Spirito del Signore riempie l'universo e, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce" (Sap 1,7). Lo Spirito di Dio abita ogni essere in ogni tempo. E' lo stesso Spirito che da sempre vive e che sempre farà vivere.
Alla mia morte mi decomporrò e i miei atomi si ricomporranno per diventare qualcos'altro (una pianta, un sasso, un po' di polvere, o chissà cosa). Io stesso potrei avere degli atomi che sono stati di Giulio Cesare, di Cleopatra, di un leone, di un dinosauro o di chissà cosa. La materia opera una "reincarnazione" nel senso che si ricostruisce e che si riordina sempre.
Io ho il mio tempo e il mio spazio. Spiritualità è rendersi conto, diventare consapevoli, che ciascuno di noi è chiamato a compiere un piccolo tratto di strada ma che ciascuno è inserito in un viaggio molto più grande di lui. Sono dentro ad un viaggio e io faccio la mia parte di cammino.
L'universo esiste da 13/15 miliardi di anni. Dividendo tutto questo tempo in un anno solare, l'uomo è nato il 31 dicembre alle 22.30 e Gesù Cristo il 31 dicembre alle ore 23,59 e 56 secondi. Dietro di me c'è l'immenso!
Tra un uomo e un moscerino c'è la differenza di un gene e mezzo: praticamente niente. La maggior parte degli animali e delle piante (è provato scientificamente) vive emozioni anche se non è consapevole. La differenza fra l'uomo e ogni altro essere vivente è minimale.
Un cambiamento, anche piccolo, in Giappone, può provocare enormi cambiamenti in Europa.
Tutto è così unito nello spazio e nel tempo. In realtà non c'è veramente divisione ma siamo tutti, non solo interconnessi e interdipendenti, ma anche uniti. Solo lo sviluppo di questa coscienza, di questa spiritualità, può salvare il mondo.
Oggi l'uomo ha la capacità, mai avuta prima nella storia, di distruggere il mondo e l'umanità. Ma perché dovremo lasciare il mondo migliore di come l'abbiamo trovato? Chi ce lo fa fare? Perché dovremmo operare dei sacrifici? Perché invece "fregarcene" di tutto? In nome di cosa?
Solo la coscienza di essere un tratto di strada che ha un prima e che ha un dopo. Io non sono separato dal passato, di cui sono un frutto e neppure del futuro: il futuro sarà nient'altro che il frutto del mio presente. Ciò che faccio oggi crea il domani. Certo non tutto il futuro dipende da noi, ma anche da noi.
Un giorno un parroco decise che sarebbe stato bello che tutti i collaboratori per una volta fossero festeggiati e che non sempre loro lavorassero per festeggiare gli altri. La parrocchia era molto piccola, aveva pochi soldi, e così si decise che ciascuno avrebbe fatto un'offerta libera, in base alle sue possibilità, così chi aveva di più poteva sopperire a chi aveva di meno. Uno pensò: "Beh, io ho meno degli altri, non metto nulla". Un altro: "Io che ho di più pago sempre per gli altri; questa volta non metterò nulla". Un altro: "Nessuno mi vede, io non metto nulla". Un altro ancora: "Ci pensino gli altri". Tutti scaricarono la responsabilità sugli altri. Prima di andare al ristorante il parroco aprì la scatola dell'offerta libera: c'erano 34 euro (per 27 persone!)! Non fu possibile andare al ristorante.
Spiritualità oggi è aver coscienza che non siamo separati ma che siamo uniti a tutto quello che ci precede e a quello che ci segue. Uni-verso vuol dire nient'altro che "verso l'uno". Tutti siamo Uno.
In questa prospettiva ciascuno, anche se non vede la fine della strada, sa che il suo compito è quello di realizzare quel tratto lì, di compiere, di vivere e di far evolvere ciò che a lui è stato consegnato.
Mi è stato consegnato un patrimonio di doti, capacità, emozioni, abilità e quant'altro, frutto del lavorio, del sudore, del sangue, del sacrificio, delle lotte, delle vittorie e delle sconfitte di milioni di uomini. Io sono chiamato a prenderlo, a metterci il mio apporto, a dare il mio contributo, piccolo ma indispensabile, e a riconsegnarlo a chi seguirà un po' migliore, più sviluppato, più vero di come mi è stato consegnato.
Allora la mia vita avrà avuto senso non solo per me ma anche per il mondo intero. Perché, diciamocelo pure, molti di noi non realizzeranno grandi cose e non saranno neppure ricordati in futuro. Ma la nostra vita, in quest'ottica, ha pienamente senso: non perché facciamo grandi cose ma perché nell'evoluzione della Vita anche noi abbiamo partecipato e abbiamo dato il nostro contributo.
Gesù prima di morire dice: "Tutto è compiuto" (Gv 19,30). Gesù ha detto tutto ciò che doveva dire, ha fatto tutto ciò che doveva fare, ha dato tutto ciò che doveva dare, tutto è compiuto, per questo se ne va.
Quando si è vissuto così, spendendosi, dandosi, dando il meglio di sé, allora ci si può congedare da questa vita in pace e sereni.
La gente è arrabbiata perché continua a chiedere dagli altri un sacco di cose (pretese, aspettative, "dovrebbe fare così; dovrebbe essere così") e non dà il proprio personale contributo.
Ma allora ci si sente inutili e la vita non ha senso se non si è utili.
Dai il meglio di te... tutto di te...: questo è il segreto della felicità.
Pensiero della Settimana
"Gli uomini sono irragionevoli, illogici ed egoisti, amali lo stesso.
Quando fai il bene, diranno che lo fai per motivi egoistici
e per secondi fini, ma tu continua a farlo.
Quando hai successo,
ti fai dei falsi amici e dei veri nemici, ma tu continua ad averlo.
La sincerità e la franchezza ti rendono vulnerabile,
ma tu continua ad essere sincero e franco.
Quel che hai costruito in anni di lavoro
può andare distrutto in una notte, ma tu continua a costruire.
Del tuo aiuto c'è realmente bisogno
ma forse la gente ti attacca quando l'aiuti, tu però, aiutala ugualmente.
Da' al mondo il meglio di te, e ti tratteranno a pesci in faccia,
ma tu continua a dare il meglio di te".
(Madre Teresa di Calcutta)

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