MEDITAZIONE Card. JEAN-MARIE LUSTIGER"Io sono la via, la verità, e la vita"
MEDITAZIONE
"Io sono la via, la verità, e la vita" (Gv 14,6), ci dice Gesù. Se
riflettiamo sulla portata prodigiosa di questa affermazione, possiamo
essere tentati, in un primo momento, di indietreggiare davanti ad essa,
avendo scoperto la relatività di ciò a cui si crede e delle convinzioni
religiose degli uomini.
Quanti nostri contemporanei, usciti dall'universo limitato della loro
educazione, hanno incontrato nel mondo altre culture, altre civiltà,
altri itinerari spirituali orientali e occidentali e si interrogano: "Le
parole di Gesù non sono forse fonte di una presunzione insopportabile,
quella dei cristiani che osano affermare come un assoluto la loro fede
in Cristo?". Non dobbiamo forse considerare queste parole in modo
relativo ed accettare che per altri uomini, in altre religioni, esse
trovino degli equivalenti?
Ecco uno dei primi dubbi che assalgono l'uomo i cui occhi sono aperti sul
nostro mondo.
All'opposto, nel corso della storia si ripetono costantemente caricature
paurose: alcuni popoli si impadroniscono del cristianesimo e
dell'appellativo "cattolico" per farne una loro proprietà, al punto di
ridurre la religione di Cristo all'espressione della loro sacralità. Essi
considerano la loro identità nazionale o etnica come sacra e mettono la
croce di Cristo al servizio dell'adorazione di se stessi, perfino della
loro volontà di dominare.
Quale orribile caricatura dell'"elezione", cioè della scelta volontaria
fatta da Dio per un uomo, per un popolo, per Cristo e la sua Chiesa!
Nessun gruppo di uomini può pretendere di monopolizzare Cristo in questo
mondo. Quando egli ci rivela: "Io sono la via, la verità, la vita", è per
farci partecipare alla sua condizione divina di redentore di tutti gli
uomini.
Infatti, è Cristo che sceglie la sua Chiesa e il suo popolo; è Cristo che
pone il suo marchio per riconoscere coloro che hanno ricevuto la missione
di essere la presenza e il segno del suo amore in questo mondo. E non
l'orgoglio dell'uomo che si appropria di Cristo, Dio fatto uomo, per
farne l'oggetto sacro della sua società, del suo gruppo nazionale.
Nel corso delle sue visite pastorali, il Papa ha così ricordato alcune
disavventure dell'Occidente. In Germania, con coraggio e con una
singolare lucidità cristiana, che lezione per noi tutti! Egli ha evocato
la terribile apostasia che consiste nello stravolgere la fede in Gesù
Cristo e le parole delle Scritture, il significato stesso dell'elezione
per asservirli ad un'ambizione nazionale, una razza, un sangue. I soldati
portavano scritto sui loro cinturoni: "Dio è con noi". Blasfemo, e
altrettanto idolatrico di tutti i blasfemi che fanno tremare l'autore
dell'Apocalisse davanti alla bestia rivestita dei segni di Dio per
usurpare la potenza divina. Cattolici, miei fratelli, guardatevi dal
pensare che questa tentazione sia stata allontanata per sempre.
Davanti all'affermazione dell'assoluto di Cristo, noi possiamo dunque
provare turbamento ed esitazione: o per scetticismo (il cristianesimo
appare una forma, tra le altre, dell'esperienza religiosa) o per volontà
di potenza (la fede di Cristo viene ridotta ad una identità culturale o
nazionale).
Le nostre società non possono dunque che oscillare tra scetticismo e
fanatismo, tra la relativizzazione della fede cristiana e la sua
affermazione umana ed etnica?
Che cosa ne è dunque delle parole di Cristo, nelle nostre civiltà così
spesso senza radici e abitate da tante contraddizioni e tanto odio?
Ascoltate queste parole di Gesù. Egli le pronuncia alla vigilia della sua
passione, per i suoi apostoli. Esse ci vengono dette oggi, nella Chiesa,
da Cristo risuscitato, vengono dette a noi che siamo sue membra, a noi
che siamo la sua Chiesa.
"Non siate sconvolti. Non sia turbato il vostro cuore". La chiamata di
Cristo mette in una situazione ben precisa noi suoi discepoli: ciò che
ci riunisce è Cristo stesso, che ci chiama a seguirlo, qualunque sia il
colore della nostra pelle, la nostra origine, la nostra terra.
"Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". Frase sorprendente,
quasi sconvolgente. Poiché solo Dio può chiedere all'uomo la fede, cioè
la donazione incondizionata della sua libertà, della sua intelligenza,
del suo amore, a lui che ne è la fonte. E solo questa donazione di sé a
Dio non è alienante per l'uomo, poiché solo Dio è Dio. Credere in Cristo
con la stessa fede che è dovuta a Dio, è riconoscere che Gesù è "la via",
l'unica via verso il Padre celeste.
Noi non riponiamo la nostra fede in un capo, in una patria, nelle idee,
in una causa, così come la riponiamo in Dio, che è il solo a poter
pretendere da noi una tale adesione.
"Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto.
Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un
posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono
io".
Gesù dice: "La casa del Padre". Si tratta del Tempio dove Dio si
manifesta, il luogo santissimo in cui dimora la gloria divina. Pensare
che Israele abbia ricevuto questo dono della presenza di Dio è già una
provocazione per l'intelligenza umana. Ora, Gesù dice che sta per entrare
in questo luogo santo. Si presenta dunque come il sommo sacerdote che ha,
egli solo, il diritto di penetrarvi. Ma si tratta del tempio celeste.
Ed egli aggiunge: "Perché siate anche voi dove sono io". In altri
termini, noi siamo un popolo sacerdotale poiché egli ci propone come una
promessa e una speranza l'entrata nel santuario celeste, nel luogo
santissimo in cui Dio stabilisce la sua gloria. Gesù ci chiede di credere
in lui per rimetterci a lui. Poiché egli ci prenderà con sé e ci farà
arrivare al luogo santissimo, a suo Padre.
"E del luogo dove io vado voi conoscete la via". Queste parole
enigmatiche designano il cammino della sua passione. Concentrare nella
sua passione ogni possibilità d'accesso al mistero di Dio è ancora più
scandaloso per l'intelligenza umana di quanto non sia provocatorio per
la fede d'Israele l'affermarsi come il Messia, il Figlio di Dio. Gesù fa
della sua croce il luogo di passaggio obbligato verso il Padre celeste.
Il Cristo raddoppia in qualche modo, invece di risparmiarcelo, lo
scandalo al quale vogliamo sfuggire. E Tommaso protesta: "Signore, non
sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via?". Gesù gli risponde:
"Io sono la via, la verità, e la vita. Nessuno viene al Padre se non per
mezzo di me".
La Via: Cristo, nella sua condizione di Figlio di Dio fatto uomo, nel suo
mistero di Messia umiliato, crocifisso, annientato, si presenta come il
mediatore attraverso il quale l'umanità intera può avere accesso a Dio,
poiché Cristo compie la volontà del suo Padre celeste.
La Verità: e non le verità che l'uomo abbraccia e poi rinnega, le
coerenze che discerne e poi distrugge. Ma la verità che si rivela in una
persona e ci rende persone. Attraverso Gesù, Dio ci dice: "tu", e noi
possiamo dirgli: "tu". La verità: luce del mondo e nostra vita. Verità
del nostro creatore e redentore nella quale sorge la nostra esistenza
umana, palesandoci chi noi siamo.
Conoscendo Dio, scoprire chi siamo: ecco la sola verità interessante al
mondo. Il resto non è che un accumulo di conoscenze che avranno fine come
hanno fine tutte le memorie accumulate dall'uomo. La sola memoria
immortale è la memoria di Dio, e la nostra memoria in Dio. Il resto non
è che uno splendido artificio dell'intelligenza dell'uomo. Sublime
strumento di potenza e di bellezza questa intelligenza, certo, ma essa
non è che miraggio e nube quando non sorge nel mondo la voce di una
persona in grado di dire: "Io" perché Dio gli dice: "Tu". E noi possiamo
dire: "Noi" perché Dio ci riunisce dicendo: "Voi".
La Vita: in questa relazione che svela il gioco dei pronomi "personali"
ci viene rivelato il mistero personale dell'amore di Dio. Cristo è colui
che ci dice: "Padre mio e Padre vostro". Egli può, di conseguenza,
pretendere da noi la fede che il Padre ci chiede, poiché ci dona la vita
che viene da Dio, la vita che distrugge il peccato e la morte.
In questo momento del Vangelo, prossimo all'offerta della sua vita, Gesù
continua pazientemente a spiegare l'opera che il Padre sta compiendo
attraverso di lui, affinché, credendo in lui, noi crediamo nel Padre:
"Credetemi: io sono nel Padre ed il Padre è in me; se non altro,
credetelo per le opere stesse. In verità in verità vi dico: anche chi
crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi,
perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, lo farò,
perché il Padre sia glorificato nel Figlio".
Tale è il significato della nostra adesione a Cristo che l'apostolo
Pietro ci ricorda con le parole dell'Esodo (Es 19,5) che designano il
popolo d'Israele come quello scelto da Dio:
"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il
popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di
lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi che
un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio".
"Nazione santa, popolo acquistato da Dio": nessun altro titolo di gloria
in questa affermazione, nessun'altra rivendicazione di verità in questo
atto di fede, se non la partecipazione al sacerdozio di Cristo,
"obbedendo fino alla morte, alla morte di croce".
Confessare che Cristo è la via, la verità e la vita significa osare
credere di essere chiamati da lui, nello Spirito, a seguirlo, credere che
il mondo non è uno strano enigma ma che nella storia dell'umanità e nella
storia particolare di ogni uomo, si operi la salvezza di Dio.
Sì, ormai l'opera di salvezza di Dio ha il nostro volto. Non per vantarci
di un privilegio, ma per ricevere una grazia e una missione. Ormai noi
siamo segnati dalla croce di Cristo per essere, in questo mondo, il segno
e il sacramento del Messia che soffre, e permettere agli uomini di
decifrare l'opera di Dio in questo universo che, in alcuni momenti,
rischia di apparire assurdo nelle sue contraddizioni, insopportabile nel
suo caos, insostenibile nelle sue grida.
Decifrare nella fede il mistero del Giusto che soffre e la speranza di
gloria che porta con sé: ciò possono e devono fare soltanto coloro che
condividono la condizione del Cristo Messia crocifisso.
Ecco la nostra missione.
Sì, noi osiamo dire che il Cristo è la via, la verità, e la vita, che
nulla va al Padre se non passa attraverso di lui.
Dicendo questo, non escludiamo nessun uomo e non rivendichiamo nessun
privilegio. Se non quello di impegnarci all'amore e al perdono con colui
che ci ama e che ci ha perdonati. Se non quello di essere la Chiesa che
Dio ha scelto per manifestare agli uomini, qui e ora, la speranza eterna.
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER
"Io sono la via, la verità, e la vita" (Gv 14,6), ci dice Gesù. Se
riflettiamo sulla portata prodigiosa di questa affermazione, possiamo
essere tentati, in un primo momento, di indietreggiare davanti ad essa,
avendo scoperto la relatività di ciò a cui si crede e delle convinzioni
religiose degli uomini.
Quanti nostri contemporanei, usciti dall'universo limitato della loro
educazione, hanno incontrato nel mondo altre culture, altre civiltà,
altri itinerari spirituali orientali e occidentali e si interrogano: "Le
parole di Gesù non sono forse fonte di una presunzione insopportabile,
quella dei cristiani che osano affermare come un assoluto la loro fede
in Cristo?". Non dobbiamo forse considerare queste parole in modo
relativo ed accettare che per altri uomini, in altre religioni, esse
trovino degli equivalenti?
Ecco uno dei primi dubbi che assalgono l'uomo i cui occhi sono aperti sul
nostro mondo.
All'opposto, nel corso della storia si ripetono costantemente caricature
paurose: alcuni popoli si impadroniscono del cristianesimo e
dell'appellativo "cattolico" per farne una loro proprietà, al punto di
ridurre la religione di Cristo all'espressione della loro sacralità. Essi
considerano la loro identità nazionale o etnica come sacra e mettono la
croce di Cristo al servizio dell'adorazione di se stessi, perfino della
loro volontà di dominare.
Quale orribile caricatura dell'"elezione", cioè della scelta volontaria
fatta da Dio per un uomo, per un popolo, per Cristo e la sua Chiesa!
Nessun gruppo di uomini può pretendere di monopolizzare Cristo in questo
mondo. Quando egli ci rivela: "Io sono la via, la verità, la vita", è per
farci partecipare alla sua condizione divina di redentore di tutti gli
uomini.
Infatti, è Cristo che sceglie la sua Chiesa e il suo popolo; è Cristo che
pone il suo marchio per riconoscere coloro che hanno ricevuto la missione
di essere la presenza e il segno del suo amore in questo mondo. E non
l'orgoglio dell'uomo che si appropria di Cristo, Dio fatto uomo, per
farne l'oggetto sacro della sua società, del suo gruppo nazionale.
Nel corso delle sue visite pastorali, il Papa ha così ricordato alcune
disavventure dell'Occidente. In Germania, con coraggio e con una
singolare lucidità cristiana, che lezione per noi tutti! Egli ha evocato
la terribile apostasia che consiste nello stravolgere la fede in Gesù
Cristo e le parole delle Scritture, il significato stesso dell'elezione
per asservirli ad un'ambizione nazionale, una razza, un sangue. I soldati
portavano scritto sui loro cinturoni: "Dio è con noi". Blasfemo, e
altrettanto idolatrico di tutti i blasfemi che fanno tremare l'autore
dell'Apocalisse davanti alla bestia rivestita dei segni di Dio per
usurpare la potenza divina. Cattolici, miei fratelli, guardatevi dal
pensare che questa tentazione sia stata allontanata per sempre.
Davanti all'affermazione dell'assoluto di Cristo, noi possiamo dunque
provare turbamento ed esitazione: o per scetticismo (il cristianesimo
appare una forma, tra le altre, dell'esperienza religiosa) o per volontà
di potenza (la fede di Cristo viene ridotta ad una identità culturale o
nazionale).
Le nostre società non possono dunque che oscillare tra scetticismo e
fanatismo, tra la relativizzazione della fede cristiana e la sua
affermazione umana ed etnica?
Che cosa ne è dunque delle parole di Cristo, nelle nostre civiltà così
spesso senza radici e abitate da tante contraddizioni e tanto odio?
Ascoltate queste parole di Gesù. Egli le pronuncia alla vigilia della sua
passione, per i suoi apostoli. Esse ci vengono dette oggi, nella Chiesa,
da Cristo risuscitato, vengono dette a noi che siamo sue membra, a noi
che siamo la sua Chiesa.
"Non siate sconvolti. Non sia turbato il vostro cuore". La chiamata di
Cristo mette in una situazione ben precisa noi suoi discepoli: ciò che
ci riunisce è Cristo stesso, che ci chiama a seguirlo, qualunque sia il
colore della nostra pelle, la nostra origine, la nostra terra.
"Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". Frase sorprendente,
quasi sconvolgente. Poiché solo Dio può chiedere all'uomo la fede, cioè
la donazione incondizionata della sua libertà, della sua intelligenza,
del suo amore, a lui che ne è la fonte. E solo questa donazione di sé a
Dio non è alienante per l'uomo, poiché solo Dio è Dio. Credere in Cristo
con la stessa fede che è dovuta a Dio, è riconoscere che Gesù è "la via",
l'unica via verso il Padre celeste.
Noi non riponiamo la nostra fede in un capo, in una patria, nelle idee,
in una causa, così come la riponiamo in Dio, che è il solo a poter
pretendere da noi una tale adesione.
"Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto.
Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un
posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono
io".
Gesù dice: "La casa del Padre". Si tratta del Tempio dove Dio si
manifesta, il luogo santissimo in cui dimora la gloria divina. Pensare
che Israele abbia ricevuto questo dono della presenza di Dio è già una
provocazione per l'intelligenza umana. Ora, Gesù dice che sta per entrare
in questo luogo santo. Si presenta dunque come il sommo sacerdote che ha,
egli solo, il diritto di penetrarvi. Ma si tratta del tempio celeste.
Ed egli aggiunge: "Perché siate anche voi dove sono io". In altri
termini, noi siamo un popolo sacerdotale poiché egli ci propone come una
promessa e una speranza l'entrata nel santuario celeste, nel luogo
santissimo in cui Dio stabilisce la sua gloria. Gesù ci chiede di credere
in lui per rimetterci a lui. Poiché egli ci prenderà con sé e ci farà
arrivare al luogo santissimo, a suo Padre.
"E del luogo dove io vado voi conoscete la via". Queste parole
enigmatiche designano il cammino della sua passione. Concentrare nella
sua passione ogni possibilità d'accesso al mistero di Dio è ancora più
scandaloso per l'intelligenza umana di quanto non sia provocatorio per
la fede d'Israele l'affermarsi come il Messia, il Figlio di Dio. Gesù fa
della sua croce il luogo di passaggio obbligato verso il Padre celeste.
Il Cristo raddoppia in qualche modo, invece di risparmiarcelo, lo
scandalo al quale vogliamo sfuggire. E Tommaso protesta: "Signore, non
sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via?". Gesù gli risponde:
"Io sono la via, la verità, e la vita. Nessuno viene al Padre se non per
mezzo di me".
La Via: Cristo, nella sua condizione di Figlio di Dio fatto uomo, nel suo
mistero di Messia umiliato, crocifisso, annientato, si presenta come il
mediatore attraverso il quale l'umanità intera può avere accesso a Dio,
poiché Cristo compie la volontà del suo Padre celeste.
La Verità: e non le verità che l'uomo abbraccia e poi rinnega, le
coerenze che discerne e poi distrugge. Ma la verità che si rivela in una
persona e ci rende persone. Attraverso Gesù, Dio ci dice: "tu", e noi
possiamo dirgli: "tu". La verità: luce del mondo e nostra vita. Verità
del nostro creatore e redentore nella quale sorge la nostra esistenza
umana, palesandoci chi noi siamo.
Conoscendo Dio, scoprire chi siamo: ecco la sola verità interessante al
mondo. Il resto non è che un accumulo di conoscenze che avranno fine come
hanno fine tutte le memorie accumulate dall'uomo. La sola memoria
immortale è la memoria di Dio, e la nostra memoria in Dio. Il resto non
è che uno splendido artificio dell'intelligenza dell'uomo. Sublime
strumento di potenza e di bellezza questa intelligenza, certo, ma essa
non è che miraggio e nube quando non sorge nel mondo la voce di una
persona in grado di dire: "Io" perché Dio gli dice: "Tu". E noi possiamo
dire: "Noi" perché Dio ci riunisce dicendo: "Voi".
La Vita: in questa relazione che svela il gioco dei pronomi "personali"
ci viene rivelato il mistero personale dell'amore di Dio. Cristo è colui
che ci dice: "Padre mio e Padre vostro". Egli può, di conseguenza,
pretendere da noi la fede che il Padre ci chiede, poiché ci dona la vita
che viene da Dio, la vita che distrugge il peccato e la morte.
In questo momento del Vangelo, prossimo all'offerta della sua vita, Gesù
continua pazientemente a spiegare l'opera che il Padre sta compiendo
attraverso di lui, affinché, credendo in lui, noi crediamo nel Padre:
"Credetemi: io sono nel Padre ed il Padre è in me; se non altro,
credetelo per le opere stesse. In verità in verità vi dico: anche chi
crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi,
perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, lo farò,
perché il Padre sia glorificato nel Figlio".
Tale è il significato della nostra adesione a Cristo che l'apostolo
Pietro ci ricorda con le parole dell'Esodo (Es 19,5) che designano il
popolo d'Israele come quello scelto da Dio:
"Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il
popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di
lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce; voi che
un tempo eravate non popolo, ora invece siete il popolo di Dio".
"Nazione santa, popolo acquistato da Dio": nessun altro titolo di gloria
in questa affermazione, nessun'altra rivendicazione di verità in questo
atto di fede, se non la partecipazione al sacerdozio di Cristo,
"obbedendo fino alla morte, alla morte di croce".
Confessare che Cristo è la via, la verità e la vita significa osare
credere di essere chiamati da lui, nello Spirito, a seguirlo, credere che
il mondo non è uno strano enigma ma che nella storia dell'umanità e nella
storia particolare di ogni uomo, si operi la salvezza di Dio.
Sì, ormai l'opera di salvezza di Dio ha il nostro volto. Non per vantarci
di un privilegio, ma per ricevere una grazia e una missione. Ormai noi
siamo segnati dalla croce di Cristo per essere, in questo mondo, il segno
e il sacramento del Messia che soffre, e permettere agli uomini di
decifrare l'opera di Dio in questo universo che, in alcuni momenti,
rischia di apparire assurdo nelle sue contraddizioni, insopportabile nel
suo caos, insostenibile nelle sue grida.
Decifrare nella fede il mistero del Giusto che soffre e la speranza di
gloria che porta con sé: ciò possono e devono fare soltanto coloro che
condividono la condizione del Cristo Messia crocifisso.
Ecco la nostra missione.
Sì, noi osiamo dire che il Cristo è la via, la verità, e la vita, che
nulla va al Padre se non passa attraverso di lui.
Dicendo questo, non escludiamo nessun uomo e non rivendichiamo nessun
privilegio. Se non quello di impegnarci all'amore e al perdono con colui
che ci ama e che ci ha perdonati. Se non quello di essere la Chiesa che
Dio ha scelto per manifestare agli uomini, qui e ora, la speranza eterna.
Card. JEAN-MARIE LUSTIGER
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