Monastero Marango ,Alberto Vianello «Dove sono io siate anche voi»

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«Vado a prepararvi un posto… perché dove sono io siate anche voi». Con queste parole Gesù dice che il Paradiso non è un luogo, ma uno stare con Lui, insieme al Padre e allo Spirito, inseparabili da Lui. Sulla croce lo dona anche al ladrone: «Oggi come me sarai nel Paradiso» (Lc 23,43). Così il «posto» che il Signore Gesù va a preparare non è uno spazio né un privilegio: è la nuova e piena relazione con Lui, il suo dono gratuito.
In ogni relazione, anche qui sulla terra, è necessaria una qualche dimensione di distacco: perché solo se si sacrifica una parte di soddisfazione personale, se c’è una perdita individuale, ci può essere una vita in comune. Andando al Padre, Gesù rinuncia a tante aspettative immediate che ha mostrato di riporre in quegli uomini e donne che lo seguivano. Lascia così che facciano il
loro percorso, tra smarrimento e fiducia, fra incertezza e decisione, fra non aver capito e sapere. Così Pietro, che lo aveva rinnegato, diventa, dopo la Pasqua – passaggio al Padre di Gesù, insieme con gli altri, un franco e deciso testimone della persona e dell’opera di Gesù di Nazaret. I discepoli, che non hanno saputo prendersi cura di un povero ragazzo ammalato (cfr. Mc 9,14-20), sapranno compiere molti prodigi (cfr. Mc 16,17-18). Fino agli ultimi attimi con Gesù avevano cercato i primi posti (cfr. Lc 22,24-27), poi sapranno farsi servitori di tutti annunciando la Parola.

Allora, quante sono le «molte dimore nella casa del Padre mio»? Lo stesso termine ritorna, come verbo, al v.10: «Il Padre, che rimane in me, compie le sue opere». Non ci sono tot numero di posti, ma può avvenire in ciascun uomo ciò che è avvenuto in Gesù: diventare abitazione di Dio, perché Lui vi compia le sue opere, che sono quelle dell’amore. Ogni più piccolo segno concreto di amore è conseguenza dell’essere luogo di abitazione di Dio: in ciascun uomo, nella sua carne. Cosa si può chiedere di più come dimostrazione di quanto il Signore creda nella nostra povera umanità!?

Gesù è la «via» perché noi diventiamo tale luogo di abitazione di Dio. Via autentica («verità») per giungere alla «vita»: che è appunto la relazione con il Padre, così da essere pienamente uomini perché pienamente i figli di Dio.
L’immagine della «via» può essere interpretata male, tanto che Filippo domanda di vedere il Padre. Perché, potremmo pensare, finché siamo per via, non siamo ancora giunti a sperimentare la meta. Ma Gesù si propone come «via», ed unica, non separando l’esperienza che i discepoli fanno di Lui da quella che potrebbero fare del Padre. In tre versetti, Gesù afferma quattro volte, con potenti espressioni («Chi ha visto me, ha visto il Padre… Il Padre, che rimane in me, compie le sue opere… Io sono nel Padre e il Padre è in me»), una sua tale corrispondenza con il Padre, che la relazione degli uomini con Lui è uguale a quella con il Padre.
Così, per quella «via» che è Gesù, già si gusta tutta la bellezza dello stare con il Padre.

A tutto ciò ci si accosta attraverso la fede. In questo brano del Vangelo sembra esserci un percorso ben preciso per descriverla.
All’inizio, Gesù invita ad affidarsi a Lui, se ci si affida al Padre e alle sue promesse: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore». Poi la fede si fa contenuto, espressamente riguardo al rapporto di identità fra il Padre e Gesù: «Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?». Quindi la fede è dar fiducia alle parole di Gesù proprio in rapporto a tale comunione di vita fra Lui e il Padre: «Credetemi…». E la fede è sostenuta dalle opere del Figlio che rivelano il Padre: «Credetelo per le opere stesse». Infine, saranno ancora le opere a identificare chi crede in Gesù: «Chi crede in me, anche egli compirà le opere che io compio». Addirittura ne farà «di più grandi», perché la fede sarà piena in chi si lascerà abitare da Dio in Gesù Cristo.
Tutto questo, dice Gesù, «perché io vado al Padre». La Pasqua di Gesù realizza la pienezza del suo dono, al Padre per noi. Così la loro comunione è perfetta, nello Spirito. Da tale comunione discende anche la capacità dell’uomo che crede di compiere opere di comunione nell’amore. È una responsabilità nell’amore, nel prendersi cura, quella che Gesù ci affida nell’andare al Padre, perché noi siamo suoi figli.

Alberto Vianello

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