Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche della Domenica “del giubilo messianico” XIV del Tempo Ordinario A

Mt 11,25-30; Zc 9,9-10; Sal 144; Rm 8,9.11-13
Dal DISCORSO 68
di Sant’Agostino, vescovo.
SUL CAPITOLO DELl’EVANGELO DI MATTEO OVE IL SIGNORE DICE:"TI CONFESSO, PADRE, SIGNORE DEL CIELO E DELLA TERRA,  PERCHÉ HAI NASCOSTO QUESTE COSE AI SAPIENTI E AI PRUDENTI" ECC.

Per farsi ascoltare Ag. aveva bisogno d’un grande silenzio.
1. Come ricordate, abbiamo sentito questo passo del santo Evangelo anche ieri, domenica; ma abbiamo voluto fosse letto
anche oggi per il fatto che ieri la folla, ch’era pigiata e anche alquanto turbolenta a causa della calca, non offriva facilità alla
nostra voce che non riesce a farsi udire se non mediante un grande silenzio. Oggi quindi, con l’aiuto del Signore, penso si possa discutere e, nella misura delle mie limitate capacità, spiegare ciò che ieri abbiamo tralasciato; non perché ieri l’abbiamo rifiutato alla folla, ma perché a causa della debolezza della voce non siamo stati in grado di somministrarlo. Adesso dunque con la vostra attenzione aiutatemi presso Dio nostro Signore, perché conceda a noi ciò che dobbiamo dire e a voi di ascoltarlo con profitto spirituale.

Esegesi letterale del passo: confessione di lode e confessione dei peccati.
2. Il Figlio di Dio, l’unigenito del Padre, eterno Dio, uomo per noi, diventato ciò che aveva creato - poiché divenne uomo lui che aveva creato l’uomo - dice rivolto al Padre: Ti confesso, Padre, Signore del cielo e della terra 1. Padre mio, Signore del cielo e della terra, Padre di colui per mezzo del quale è stata creata ogni cosa. Poiché quando si dice: "cielo e terra", con queste due parole viene definito brevemente l’intero mondo creato; per questo il primo libro della Sacra Scrittura, In principio - dice - Dio fece il cielo e la terra 2; e: Il mio aiuto viene dal Signore che ha fatto il cielo e la terra 3. Ma col termine "cielo", s’intende tutto ciò ch’è nel cielo, e col termine "terra" tutto ciò che è sulla terra: così con queste due parti del creato non si tralascia nessuna creatura, poiché si trova nell’una o nell’altra. Il Figlio dunque dice al Padre: Ti confesso, e ci ricorda che a Dio si deve fare la "confessione" non riguardo ai soli peccati. Il più delle volte quando nelle Scritture si sente: confessate al Signore, molti di coloro che sentono, si battono il petto: essi credono che confessio non significhi se non quella che fanno di solito quelli che si pentono confessando i propri peccati e aspettando da parte di Dio ciò che si meritano, non ciò che meritano di soffrire, ma ciò ch’egli si degna di fare per sua misericordia. E se la "confessione" non fosse in rapporto alla lode, non avrebbe detto: Ti confesso (= ti lodo) Padre, Colui che non aveva alcun peccato da confessare. In un libro della Scrittura è detto anche: Confessate al Signore, e nella confessione direte così: Tutte le opere del Signore sono assai belle 4. Anche qui c’è la confessione di lode, non delle colpe. Orbene, quando lodi Dio, ti confessi a Dio; quando accusi i tuoi peccati davanti a Dio, ti confessi a Dio; ma tutto ciò si riferisce alla lode del Creatore, sia che tu dia gloria a lui, sia che tu accusi te stesso.

Chi sono i sapienti e gli intelligenti di questo mondo.
3. Orbene nessuno dubita che si riferisce a Dio il fatto che uno lo glorifichi; forse uno chiederà in qual modo è relativo alla lode di lui il fatto che uno si accusa. Ecco ciò che si può dire brevemente e può intendersi; quando uno si accusa dei peccati, dà gloria a Colui che lo ha creato senza peccato, poiché se lo avesse creato col peccato, non si accuserebbe di peccare, ma accuserebbe il Creatore. Nel dare dunque gloria a Dio v’è la lode, e l’accusarsi è anche lode che si dà a Dio: ambedue le azioni fanno parte della "confessione". Abbiamo sentito il Figlio dire: Ti confesso, Padre, Signore del cielo e della terra 5. Che cosa gli confessa? di che cosa lo loda? Perché - è detto - hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai fatte conoscere ai piccoli 6. Chi sono i sapienti e gli intelligenti? Chi i piccoli? Quali cose ha nascosto ai sapienti e agli intelligenti e ha fatto conoscere ai piccoli? Per sapienti ed intelligenti denota coloro di cui Paolo dice: Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dove l’intellettuale di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? 7. Anche adesso chiederai forse ancora chi sono costoro. Forse sono coloro che discutendo di Dio dissero delle falsità; gonfi delle loro dottrine non poterono affatto trovare e conoscere Dio. Qualcuno forse potrebbe dire che questi tali erano quelli intesi dall’apostolo Paolo che dice: Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dove l’intellettuale di questo mondo? Potrebbero essere anche costoro; si potrebbe intendere che siano anche coloro che non poterono conoscere Dio e, invece di Dio, la cui sostanza è incomprensibile e invisibile, credettero che Dio fosse l’aria, l’etere, il sole, o qualche altra creatura più sublime di tutte le altre; considerando infatti la grandezza, la bellezza, la fortezza delle creature si arrestarono a queste senza trovare il Creatore, ammirando solo le cose create. Non è fuor di proposito ammettere che siano stati intesi anche questi.

Sono da deridere meno quanti reputarono Dio le opere di Dio che quanti reputarono Dio le opere degli uomini.
4. Tuttavia, carissimi, ci stupisce maggiormente il fatto che troviamo in un passo della Sacra Scrittura biasimati anche coloro che conobbero Dio ed è biasimata la loro stoltezza ed è irrisa la falsa sapienza. Infatti quelli che attraverso le creature non conobbero il Creatore sono denunciati come colpevoli dal libro della Sapienza ove si dice: Presero per dèi, governatori del mondo, la volta stellata del cielo, il sole, la luna 8. Di questi inoltre è detto che, sebbene siano preferibili a coloro che adorarono gli idoli, e reputarono dèi le opere degli uomini e non quelle di Dio, tuttavia sono biasimati anch’essi tanto che si dice: neppure questi si devono perdonare 9. Sicuramente infatti a paragone di coloro che ritengono per dèi le opere degli uomini, sono certo migliori quelli che credono dèi le opere di Dio. Un idolo infatti è opera d’un artigiano, il sole invece è stato creato da Dio; a paragone di chi crede essere Dio l’opera d’un artigiano, è migliore chi crede Dio un’opera di Dio. Considerate tuttavia come sono dichiarati colpevoli anch’essi e come sono biasimati. D’altra parte nemmeno costoro sono degni di perdono - si dice -; se infatti furono capaci di possedere tanta scienza da rendersi conto dell’universo, come mai non trovarono più facilmente il Signore di esso? 10. Sono biasimati di aver speso il loro tempo, le loro occupazioni e le loro discussioni nello scrutare e in certo qual modo misurare il creato: indagarono il moto degli astri, la distanza tra le varie stelle, il percorso dei corpi celesti; in tal modo occupandosi di studi siffatti arrivarono a una tale conoscenza scientifica da predire le eclissi del sole e della luna, e quando le predicevano queste avvenivano nel giorno e nell’ora predetta, nella misura e nel punto dello spazio da loro preannunciati. Grande abilità! Grande capacità! Ma quando si accinsero a cercar di conoscere il Creatore, che stava non lontano da loro, non riuscirono a trovarlo; se lo avessero trovato, lo avrebbero avuto in se stessi. Rassomigliano a chi, entrato in questo edificio, si mettesse a contar le colonne, a misurare quanti cubiti è lungo, a calcolare l’altezza del tetto, la larghezza del pavimento, lo spessore delle pareti, e di tutte queste misurazioni ti riferisse il numero che tu ignorassi: tu però sapresti tuttavia da chi è stato costruito l’edificio, mentre egli non lo saprebbe e, troppo disorientato riguardo alla realtà, non penserebbe che questo edificio possa essere stato innalzato da un uomo, ma riterrebbe che queste colonne, questo tetto, queste pareti siano venute su da sé, per forza e natura propria, senza l’opera d’un artefice. Oppure attribuirebbe a qualche parte di quest’edificio tanta potenza da fargli pensare che tutte le altre parti siano state costruite da quella parte; supponiamo che tu gli dicessi: "Quest’edificio è stato edificato da un uomo", ed egli ti chiedesse: "Quale uomo? quando mai un uomo ha potuto costruire questo edificio? Tu vedi questo alto tetto? Ebbene è stato proprio esso a costruire tutte queste strutture che tu vedi sotto di esso!". Costui ti apparirebbe, non dico insensato, ma pazzo. E che cosa gli gioverebbe di calcolarti la misura di tutte le colonne e le parti di tutto l’edificio, e ti dicesse ciò che tu non sapessi? Se tu fossi una persona fornita d’una scienza migliore, sapresti chi è l’artefice di quest’edificio, poiché è più importante sapere che lo ha costruito un uomo, ch’è stato costruito secondo una disposizione razionale, da una mente fornita di ragione, che questa costruzione è stata realizzata secondo un piano che l’ha preceduta, anziché sapere di quanti cubiti sia una colonna o quante siano le colonne o quanto largo il pavimento o il tetto.

Vedi ciò che ha fatto il Creatore, ama chi l’ha fatto.
5. Credo che la Carità vostra sappia distinguere queste specie di conoscenza. Poiché la conoscenza di qualcosa d’importante non sta nel fatto di sapere che l’edificio è stato costruito da un uomo, se lo si attribuisce proprio al corpo di un uomo. Saprai una cosa importante se saprai ch’è stata costruita con un disegno, da una mente razionale nella quale l’edificio stesso esisteva prima che fosse visto dagli occhi. Prima infatti è stato fatto il disegno e poi è seguita l’esecuzione. È preceduto ciò che non avresti potuto vedere, affinché esistesse ciò che potessi vedere. Ora dunque vedi l’edificio, lodi il disegno: consideri ciò che vedi, lodi ciò che non vedi, e questo è perché ciò che non vedi è più importante di ciò che vedi. Con tutta ragione dunque e a titolo del tutto giusto sono biasimati coloro che poterono indagare i moti regolari degli astri, gli intervalli dei tempi, conoscere e predire le eclissi dei corpi celesti: a giusto titolo sono biasimati, poiché non trovarono Colui dal quale queste cose sono state create e sottoposte a un ordine, poiché trascurarono di cercarlo. Tu invece non ti preoccupare molto se ignori il corso degli astri e i rapporti matematici dei corpi celesti e terrestri; guarda la bellezza del mondo e loda il disegno del Creatore; guarda ciò che ha fatto, ama Colui che l’ha fatto. Soprattutto tieni bene a mente questo avvertimento: ama colui che l’ha fatto, poiché ha fatto a sua immagine anche te stesso in modo che tu lo possa amare. Che c’è dunque di strano se a siffatti sapienti occupati nello studio delle creature, i quali per negligenza non vollero ricercarlo e non furono in grado di trovarlo, sono state nascoste le cose di cui Cristo ha detto: Hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti 11? Più sorprendente è ciò che sentirete, che cioè sono stati biasimati anche i sapienti e gli intelligenti che han potuto conoscerlo. L’ira di Dio - è detto - si manifesta dal cielo contro ogni atto di empietà e malvagità di quegli individui che, con la loro malvagità, soffocano la verità 12. Domandi forse quale verità soffocano con la loro malvagità? Poiché ciò che si può conoscere di Dio è visibile in essi 13. In che modo è manifesto? Continua e dice: Dio infatti l’ha manifestato ad essi. Chiedi ancora di sapere in che modo lo manifestò loro, pur non avendo dato loro la Legge? In che modo, allora? In effetti sin dalla creazione del mondo le sue proprietà invisibili possono vedersi con l’intelligenza attraverso le cose da lui create 14. In questo modo dunque lo ha manifestato, perché dopo la creazione del mondo le sue proprietà invisibili possono vedersi con l’intelletto attraverso ciò ch’egli ha creato.

Il grande libro della bellezza del creato.
6. Altri, per trovare Dio, leggono un libro. È un gran libro la stessa bellezza del creato: guarda, considera, leggi il mondo superiore e quello inferiore. Dio non ha tracciato con l’inchiostro lettere per mezzo delle quali tu lo potessi conoscere. Davanti ai tuoi occhi ha posto ciò ch’egli ha creato. Perché cerchi una voce più forte? Grida verso di te il cielo e la terra: "Io sono opera di Dio". Tu leggi ciò che ha scritto Mosè. Ma che cosa lesse lo stesso Mosè, uomo destinato a vivere solo per qualche tempo, perché poi lo scrivesse? Considera con spirito di fede il cielo e la terra. Ci sono stati dunque alcuni, non simili al servo di Dio Mosè, non simili a molti Profeti che contemplavano le cose create e le comprendevano con l’aiuto dello Spirito di Dio; lo Spirito da essi attinto con la fede, aspirato con la bocca del timor di Dio e che poi manifestano e comunicano con la bocca dell’uomo interiore, ma molto differenti da quegli altri; questi ultimi attraverso la creazione poterono giungere a capire il Creatore e, del creato fatto da Dio, dire: "Ecco ciò che ha creato, governa e conserva; lui, che le ha fatte, riempie con la sua presenza queste cose da lui create". Poterono dire così: infatti li ricorda l’apostolo Paolo negli Atti degli Apostoli ove, parlando di Dio, disse: In lui infatti noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo; e, poiché parlava ad Atene, ove erano vissuti questi personaggi assai dotti, soggiunse: come hanno detto anche alcuni dei vostri 15 [poeti]. Non è di poca importanza ciò che hanno detto, che cioè noi viviamo in Dio, in lui ci muoviamo ed esistiamo. Come mai dunque dissimili? Perché biasimati? Di che cosa giustamente accusati? Ascolta le parole dell’Apostolo che avevo cominciato a citare: L’ira di Dio - dice - si manifesta dal cielo contro ogni atto di empietà, naturalmente di coloro che non ricevettero la Legge; contro ogni atto d’empietà e di malvagità di quegl’individui, i quali con la loro malvagità soffocano la verità. Quale verità? Poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in essi. Chi lo ha reso manifesto? Dio stesso lo ha manifestato loro. In qual modo lo ha manifestato? Da quando fu creato il mondo le proprietà invisibili di Dio, anche la sua eterna potenza e la sua natura divina possono vedersi con l’intelligenza attraverso le cose da lui create. Perché lo ha manifestato? Affinché gli uomini non abbiano alcun motivo di scusa. Se lo ha manifestato perché non abbiano alcun motivo di scusa, come mai sono dunque colpevoli? Perché, pur conoscendo Dio, non lo hanno glorificato come Dio. Che significa la tua affermazione: Non lo hanno glorificato come Dio? Vuol dire che non gli hanno nemmeno reso grazie 16. Glorificare Dio è dunque ringraziare Dio. È proprio questo: che c’è infatti di peggio se, creato a immagine di Dio, sarai ingrato a Dio che hai conosciuto? Dar gloria a Dio significa insomma rendergli grazie. I fedeli sanno bene dove e quando si dice: Rendiamo grazie a Dio nostro Signore 17. Ma chi rende grazie al Signore se non chi ha il cuore in alto presso il Signore?.

L’umiltà prepara ad accogliere la rivelazione.
7. A proposito di queste parole ci sono tra voi alcuni che le sentono ed altri che non le sentono; ma non si adirino con noi, dal momento che si distinguono da se stessi. Quei tali sono dunque colpevoli poiché sono inescusabili in quanto, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato come Dio e non gli hanno reso grazie. Ma perché? Si sono smarriti nei loro stupidi ragionamenti 18. Come mai si smarrirono, se non perché erano superbi? Anche il fumo innalzandosi verso l’alto svanisce, mentre il fuoco risplende di più e si rafforza appigliandosi più in basso. Si sono smarriti nei loro stupidi ragionamenti e la loro coscienza stolta si è oscurata. Anche il fumo, pur essendo più alto del fuoco, è oscuro. Così pure considera ciò che segue e vedi qual è il punto capitale della questione: Dicendo d’essere sapienti son diventati stolti 19. Poiché si sono arrogati le doti loro concesse da Dio, egli ha sottratto loro ciò che aveva loro donato. Egli dunque si è nascosto ai superbi, lui che s’era fatto conoscere a coloro che cercavano diligentemente di conoscere il Creatore attraverso il creato. Giustamente quindi il Signore dice: Hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti; s’è nascosto cioè sia a coloro i quali sono arrivati a compiere accurate indagini sul creato con molteplici discussioni e una ingegnosissima ricerca, ma non conobbero affatto il Creatore, sia a coloro che conobbero il Creatore ma non lo glorificarono come Dio e non gli resero grazie e non poterono vederlo perfettamente e in modo salvifico, poiché erano superbi. Hai dunque nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai fatte conoscere ai piccoli. Chi sono questi piccoli? Gli umili. Su chi - è detto - riposerà il mio spirito? Sull’umile e quieto e che teme le mie parole 20. Queste parole le temette Pietro, non Platone. Possederà il pescatore ciò che perse il famosissimo pensatore. Hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli; le hai nascoste ai superbi e le hai rivelate agli umili. Che cosa siamo dunque, per grandi che siamo? Se saremo umili, se avremo meritato d’essere annoverati tra i piccoli, meriteremo la felicità di contemplare Dio in tutta la sua bellezza. Sì, Padre, disse esultante, mosso dallo Spirito Santo (espresse con ciò la sua approvazione, il suo compiacimento, lodò che così era, lodò che così era avvenuto), sì, Padre, poiché così tu hai voluto 21.

La grazia cristiana è stata nascosta ai sapienti di quaggiù.
8. Abbiamo sentito che Cristo disse: Hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli: chi sono i sapienti e gli intelligenti, ai quali le hai nascoste e chi sono i piccoli ai quali le hai fatte conoscere? Quali sono queste cose? Quando infatti diceva: Hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai fatte conoscere ai piccoli, non voleva riferirsi al cielo e alla terra e, per così dire, li mostrava con la mano mentre diceva questa frase. Chi, in realtà, non vede queste cose? Le vedono i buoni come le vedono i cattivi, poiché Dio fa sorgere il suo sole tanto sui buoni quanto sui cattivi 22. Quali sono dunque le cose di cui dice: Le hai nascoste ai sapienti e agli intelligenti e le hai fatte conoscere ai piccoli? Quali sono, se non quelle che soggiunge di seguito e dice: Sì, Padre, perché così hai voluto? Qui egli elogia il Padre, si compiace di lui. Quali dunque sono queste cose? Il Padre ha messo tutto nelle mie mani 23. Questo dono fatto a Cristo, per cui da suo Padre è stato messo tutto nelle mani di lui, è rimasto nascosto ai sapienti di questo mondo. E la verità dell’affermazione della Scrittura: Tutto è stato messo nelle mie mani dal Padre mio, non la videro né la riconobbero non solo quelli i quali, occupati nello studio delle creature della terra e del cielo con soperchio e troppo intenso desiderio di conoscere, trascurarono di ricercare e non furono capaci di trovare il Creatore, ma nemmeno coloro che dalle creature e dalle realtà che si presentavano alla vista, cioè dalle realtà visibili, poterono giungere col pensiero a Colui dal quale sono state create. L’aveva invece compresa Mosè, l’avevano compresa i Profeti e i Patriarchi, mentre quei grandi sapienti, acuti pensatori e ricercatori, scialacquatori di eloquenza che pronunciavano discorsi con voce per così dire tonante, la ignorarono del tutto. Ecco il mistero ch’è rimasto nascosto da sempre in Dio ma che ora è stato svelato ai suoi santi 24, cioè ai suoi piccoli, dunque agli umili, sui quali riposa il suo Spirito, ai quieti che temono le sue parole: Tutte le cose - è detto - sono state messe nelle mie mani dal Padre mio.

Quanto più uno è buono, tanto più desidera vedere Dio.
9. Ma poiché tra tutte queste cose vogliamo e desideriamo ardentemente vedere Dio in persona e lo desideriamo tanto più ardentemente quanto più siamo buoni, pii, fedeli, più fortificati e saldi per il progresso dello spirito, Cristo con parole lusinghiere si rivolge proprio ai suoi piccoli, ai quali ha concesso di conoscere la sua grazia per cui nelle sue mani tutto è stato messo dal Padre, esortandoli a non affliggersi perché adesso non vedono, a sopportare la dilazione come un mezzo salutare per essere preparati a quella visione. Tutto - dice - è stato messo nelle mie mani dal Padre mio. Ma i piccoli avrebbero potuto dirgli: "Noi vogliamo vedere il Padre in persona, allo stesso modo che Filippo disse: Mostraci il Padre e questo ci basta 25". Egli avrebbe risposto press’a poco così: "So che cosa desiderate, ma siete tanto piccoli per un bene così grande: Nessuno conosce il Figlio tranne il Padre. Credevate d’avermi ormai conosciuto, mentre invece: Nessuno conosce il Figlio tranne il Padre. Come se già aveste conosciuto me, cercavate di vedere e di conoscere il Padre: E nessuno conosce il Padre, eccetto il Figlio". Ma tuttavia voi non rimarrete esclusi da questa visione, poiché soggiunge: e coloro ai quali il Figlio vorrà farlo conoscere 26. A chi vorrà il Figlio farlo conoscere, se non a coloro dei quali è detto: le hai fatte conoscere ai piccoli? Cerchiamo dunque d’essere piccoli; richiediamolo e impariamolo dal nostro grande maestro. Pur essendo una nullità, non sarai piccolo dal momento che per te è diventato piccolo Colui ch’è tanto grande? Il Padre dunque fa conoscere il Figlio a coloro che vuole e il Figlio fa conoscere il Padre a coloro ch’egli vuole. Poiché non è vero che il Figlio fa conoscere il Padre e il Padre non fa conoscere il Figlio. Abbiamo già sentito, abbiamo già letto: E nessuno conosce il Padre se non il Figlio, e coloro ai quali il Figlio vorrà farlo conoscere. Sappiamo che il Figlio fa conoscere il Padre: come sappiamo che il Padre fa conoscere il Figlio? Ascolta lo stesso Figlio. Avendo Pietro affermato: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, ebbe questa risposta: Beato te, Simone, figlio di Giona, perché questa verità non te l’ha fatta conoscere né la carne né il sangue, ma il Padre mio celeste 27. Anche il Padre dunque fa conoscere il Figlio e il Figlio il Padre. In qual modo infatti conoscerai il Figlio, se non conoscerai che ha il Padre? E in qual modo conoscerai il Padre se non conoscerai che ha il Figlio? Poiché non può chiamarsi Padre se non ha il Figlio e non può dirsi Figlio se non ha il Padre. Se dunque è Padre solo perché ha il Figlio, il Padre fa conoscere il Figlio. Per il fatto stesso che in lui si riconosce la paternità, si ricerca il Figlio; se è Padre, si cerca chi è stato generato da lui; è lo stesso Cristo Dio. Se Cristo è il Figlio, si cerca da chi è stato generato: è lo stesso Dio Padre. Quando dunque fissi lo sguardo dello spirito e della fede sul Figlio, in quanto è Figlio, riconosci che, essendo Figlio, è stato generato; e così il Figlio fa conoscere il Padre. Ma a chi, se non ai piccoli?.

I nostri peccati c’impediscono di vedere Dio.
10. Perché adesso non vediamo Dio? Perché i nostri peccati ci separano da Dio. Se dunque non vediamo Dio perché i nostri peccati ci separano da Dio e a causa dei nostri peccati Dio ha distolto il suo volto da noi 28, sudando sotto il peso dei nostri peccati cerchiamo per conseguenza di ascoltarlo quando ci chiama: Venite a me, voi tutti che siete stanchi. Perché sudate inutilmente sotto i peccati? Venite a me, voi tutti che siete stanchi. Orbene, quand’è che sei stanco, se non quando desideri ciò che non è in potere di chi desidera? Hai desiderato l’oro, hai amato l’oro: con l’amarlo possiedi forse l’oro? Ma che cosa è questo? Che cos’è ciò che ami? Amandolo sei riarso dalla sete, ne vai in cerca e, trovandolo, ne sei tormentato. In realtà, prima di trovare ciò che desideri possedere, prima di ottenerlo, di averlo e di possederlo, sei infiammato dalla cupidigia; questo carnefice ti tormenta il cuore, la stessa cupidigia ti rode il cuore. Orbene, fino a quando? Fin quando non arriverai a possederlo. Ecco: ci sei arrivato. Eri infiammato di cupidigia quando volevi avere ciò che potessi possedere; ora invece hai ciò che temi di perdere. Alla cupidigia dunque non è seguita la sicurezza, ma è seguito il timore, come un carnefice a un altro carnefice. Prima d’aver qualcosa ti tormentava la sola cupidigia, dopo averlo avuto ti tormenta anche il timore. Ho detto male: "è seguito", poiché "si è aggiunto" un altro carnefice. Prima c’era la cupidigia di possedere qualcosa, adesso rimane quella di accrescerlo. Non è vero che, poiché ti è toccato in sorte quel che desideravi, è stato posto un limite alla cupidigia. Non vedi che, avendo di più, desideri di più? Quando non avevi nulla, andavi in cerca di poco, ma poiché sei divenuto ricco, le tue cupidigie non sono saziate dai beni avuti in eredità. Brami di avere ciò che non hai, temi di perdere ciò che hai: questi due carnefici ti uccidono. Almeno tra le torture, confessa al tuo Dio [la tua miseria]: ascolta lui che ti chiama; pensa a ciò che ti offre, perché si allontanino i carnefici; ascolta lui che dice: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi. Siete affaticati da avversi e strazianti colpi del mondo, e siete oppressi da carichi penosi: Io vi farò riposare 29. Errando liberi attraverso luoghi scoscesi correvate incontro alla vostra rovina: Prendete su di voi il mio giogo. Eravate irritati per la cupidigia e la difficoltà di possedere, e vi comportavate da superbi a causa dei vani successi dei vostri affari; contro l’asprezza e contro l’orgoglio imparate da me che sono mite e umile di cuore 30. Non paragonatevi gli uni con gli altri e non abbiate lo spirito di superbia tra voi.

Per essere felici bisogna imparare l’umiltà di Cristo.
11. Qualcuno dirà: "E che c’è, se desidero avere dei beni? Oh se io li avessi! Dammi, Dio, beni da possedere. Ecco, il mio vicino possiede ciò che io non possiedo, viene salutato ma non saluta, lo saluto di nuovo ma non saluta. Concedimi delle sostanze, o Dio". Se quel tale ti dispiace, perché vuoi essere come lui? Egli dice: "Io gli rendo il saluto, egli invece non me lo rende", ma desidera essere ciò che condanna. "Ma io - dice l’altro - quando sarò ricco, non solo renderò il saluto ma sarò anche il primo a salutare". Tu ti abbassi, spinto dalla cupidigia d’avere delle sostanze, ma ti conosce meglio chi ti ha creato: provvede meglio a te Colui che, anche se glielo chiedi, non ti concede ciò che non ti giova. Senza dubbio anche se tu avrai sostanze, poiché credi che le possederai giustamente, ne farai buon uso, le amministrerai col timor di Dio: anche se tu avrai delle ricchezze, tu avrai paura delle fatiche e della povertà. Desideri essere felice? Va’ da Colui che proclama: Io vi farò riposare. Soltanto è necessario che tu impari ciò che dice: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore. Tu guardi il tuo vicino ricco, proprietario, orgoglioso: osservandolo ed emulandolo tu sarai superbo; sarai umile solo se darai ascolto a Colui che per te è diventato umile. Impara da Cristo ciò che non impari dall’uomo: in lui risiede la regola dell’umiltà. Chi si avvicina a lui prima viene formato mediante l’umiltà perché sia onorato nell’esaltazione. Qual era il suo aspetto? Egli, pur essendo Dio per natura, non stimò una usurpazione il suo essere uguale a Dio, ma annichilò se stesso prendendo la natura di servo divenendo simile agli uomini e per la sua condizione fu riconosciuto quale uomo; umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte su una croce 31. La Scrittura fa affermazioni tanto solenni ma non avrebbe determinato la misura dell’umiltà, se non avesse aggiunto: e alla morte su una croce. Questo genere di morte comportava tra i giudei un grande oltraggio. Cristo si sottopose al supplizio che conteneva un gran disonore, per dare il premio a coloro che non si sarebbero vergognati della stessa umiliazione. Fin dove è arrivato per amputare il tuo orgoglio? Fino al disonore della croce!.

Quanto è leggero il carico di Cristo!
12. Ma forse è piccolo solo apparentemente? Egli ch’era Dio per natura. Ma rifletti: quando mai tu hai auto la natura divina? Eppure ti vergogni di abbassarti, tu, per il quale si è abbassata la natura di Dio? Imparate - dice - da me. Forse voi non avete appreso da chi dovevate imparare il fondamento così importante della vostra alta dignità: Da me - dice - imparate che sono mite ed umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime 32. Voi con i vostri desideri cercate senza dubbio il riposo; in effetti, mentre voi cercate, siete senza pace per essere una buona volta in pace appena trovate ciò che cercate. Ma voi pensando così siete in errore; trovando ciò che cercate contro il vostro bene, sarete ancora più agitati. Imparate da me che sono mite ed umile di cuore, e troverete riposo per le vostre anime, poiché il mio giogo è leggero 33. Avevi paura d’essere legato? Il mio giogo è delicato, è dolce; se temevi d’esser legato, desidera d’essere allietato. Non vedete che anche nei corpi di coloro i quali vanno in cerca di beni umani e che desiderano piaceri temporali, ci sono dei legami di cui gli uomini si compiacciono? Quanto è difficile che costoro permettano d’esserne sciolti! Chi ha una collana, si compiace della collana distorta dalla cupidigia. Ma tu pensi forse che il giogo di Cristo ti strangolerà? Non aver paura, prendilo: è delicato; esso frena la sciagurata libertà, non produce alcuna angustia. E il mio carico è leggero 34. Non credere ch’io non t’imporrò alcun peso; se tu sarai un mio giumento - così ti dice il tuo Signore - anch’io ti porrò sulle spalle il mio carico, ma non aver paura: esso e leggero, non ti opprimerà ma ti solleverà, non sarà per te un onere ma un onore. Non è però così leggero, sebbene non sia molto pesante; è come i piccoli pesi che quando sono portati, fanno dire a chi li porta: "È un carico leggero"; tuttavia anche un carico leggero ha un certo peso, anche se non grave. Il carico di Cristo invece è tanto leggero che solleva; non sarai schiacciato con esso o da esso, ma senza di esso non ti solleverai. Devi considerare che questo carico è per te come per gli uccelli è il peso delle ali; se gli uccelli avranno il peso delle ali, si alzeranno a volo, ma se saranno loro tolte le ali, rimarranno a terra. In realtà che c’è di pesante per chi ama? Non vediamo forse - per tralasciare innumerevoli casi da cui è travagliato e oppresso il genere umano - quanto si affatichi chi ha la passione della caccia? Quante fatiche deve sopportare, quale calura l’estate, quale freddo l’inverno, quali fitte boscaglie, quali difficoltà nei sentieri, quali difficoltà attraverso i monti? L’amore tuttavia rende non solo tollerabili tutte queste fatiche, ma perfino dolci: tanto dolci che, se a quello si vietasse d’andare a caccia, allora si angustierebbe, soffrirebbe un orribile dolore dell’animo; non sopporterebbe il riposo. Si sopportano tante fatiche per raggiungere un cinghiale, ma difficilmente si soffre per giungere a Dio!.

Il carico di Cristo è la carità.
13. Ciò dunque disse Cristo. Ogni volta che sentite: Il mio carico è leggero, non dovete pensare alle sofferenze patite dai martiri e dire tra voi stessi: "In qual modo è leggero il carico di Cristo?". Hanno confessato la loro fede in Cristo degli uomini e hanno sopportato tanti patimenti; han confessato la loro fede in Cristo ragazzi e ragazze, il sesso forte e il sesso debole, i maggiorenni e i minorenni, tutti meritarono di confessare la loro fede ed essere premiati. Immagino che non soffrirono. Perché non soffrirono? Perché sopportarono tutte le torture mediante la carità. È essa il carico di Cristo ch’egli si degna di imporci: esso si chiama carità, si dice carità, si chiama amore. Animato da essa ti sarà facile tutto ciò che prima era assai faticoso; sorretto da essa ti sarà leggero tutto ciò che giudicavi pesante. Prendi questo carico; non ti opprimerà, ti solleverà, sarà per te come le ali; prima di averle grida verso Colui che ti chiama: Chi mi darà ali come quelle della colomba? 35 - non come quelle d’un corvo, ma d’una colomba - e io volerò. E come se tu chiedessi: "Perché?". E io riposerò 36. Grazie dunque a quel carico troverete riposo per le anime vostre. Accogliete questo carico, queste ali, e se avete cominciato ad averle, fatele crescere. Queste ali raggiungano tanta capacità per cui possiate volare. Un’ala è: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente 37. Ma non rimanere attaccato a un’ala sola, poiché se credi di averne una, non hai neppure quella. Amerai il prossimo come te stesso 38. Poiché se non ami tuo fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi 39? Aggiungi anche un’altra ala; in tal modo potrai volare, così estirperai la cupidigia delle cose terrene e potrai porre stabilmente la carità nei beni celesti. In quanto ti appoggerai a queste due ali, frattanto avrai il tuo cuore in alto, affinché il cuore, tenuto in alto, a suo tempo trascini in alto anche il tuo corpo. Non devi nemmeno credere che avere tutte le penne ti sia difficile: di questo amore veramente si possono cercare nelle Sacre Scritture molteplici precetti che potranno essere meditati da chi legge e da chi ascolta, ma tutta la Legge e i Profeti si compendiano in questi due precetti 40.

Note
1 - Mt 11, 25.
2 - Gn 1, 1.
3 - Sal 120, 2.
4 - Sir 39, 20-21.
5 - Mt 11, 25.
6 - Mt 11, 25.
7 - 1 Cor 1, 20.
8 - Sap 13, 2.
9 - Sap 13, 8.
10 - Sap 13, 9.
11 - Mt 11, 25.
12 - Rm 1, 18.
13 - Rm 1, 19.
14 - Rm 1, 20.
15 - At 17, 28.
16 - Rm 1, 20-21.
17 - Can. M., praef.
18 - Rm 1, 20-21.
19 - Rm 1, 21-22.
20 - Is 66, 2.
21 - Mt 11, 26.
22 - Mt 5, 45.
23 - Mt 11, 27.
24 - Col 1, 26.
25 - Gv 14, 8.
26 - Mt 11, 27.
27 - Mt 16, 17.
28 - Cf. Is 59, 2.
29 - Mt 11, 28.
30 - Mt 11, 29.
31 - Fil 2, 6-8.
32 - Mt 11, 29.
33 - Mt 11, 30.
34 - Mt 11, 30.
35 - Sal 54, 7.
36 - Sal 54, 7.
37 - Mt 22, 37.
38 - Mt 22, 39.
39 - Cf. 1 Gv 4, 20.
40 - Mt 22, 40.




lunedì 30 giugno 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

Commenti

Post più popolari