Alberto Vianello"Il Corpo del Signore è per il corpo dell'umanità "
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«Nell'Eucaristia del Cristo è tutto: tutta la creazione, tutto l'uomo, tutta la storia, tutta la grazia e la redenzione: tutto Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: per Gesù, Dio e uomo, nell'atto, operante in noi, della sua morte di croce, della sua risurrezione ed ascensione alla destra del Padre, e del suo glorioso ritorno». Questo articolo della Piccola Regola, scritta da don Giuseppe Dossetti, è, per me,
una delle sintesi più efficaci di ciò che festeggiamo questa domenica: il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo.
Vi si dice che l'Eucaristia è una totalità: a partire dal basso, dalla creazione, dall'uomo, fino a tutto Dio e al ridiscendere nell'uomo, nel quale opera la Pasqua del Signore. Mi piace perché non considera l'Eucaristia in alcuna maniera staccata dalla dimensione della creatura: non si contempla il Corpo e il Sangue di Cristo in se stesso, ma nel diventare suo Corpo e suo Sangue da parte della comunità dei credenti che vi partecipa. Davvero dovremmo inginocchiarci davanti ad ogni espressione di carità fraterna, come davanti all'Eucaristia!
«Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo», dice s. Paolo nella seconda Lettura. Il mistero di iniquità del mondo è stato tanto all'opera nella Chiesa che il Sacramento dell'unità è diventato ormai da secoli il Sacramento della divisione: pensiamo alle separazioni dottrinali, o agli impedimenti che anche oggi vengono posti, rendendolo «un premio per i perfetti», invece di «generoso rimedio e un alimento per i deboli» (EG 47). E ci sono ambiti nella Chiesa nei quali più si crede di avvicinarsi all'adorazione del Signore nel Sacramento, più si assumono dinamiche di prese di distanza, anche ministeriale, dagli altri, con atteggiamenti sacrali, devoti e assoluti, che non sanno tenere conto del fratello.
L'Eucaristia è l'atto più pieno e più grande con il quale il Signore si prende cura dell'uomo e della storia: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo», dice Gesù nel Vangelo. Gesù era talmente povero, economicamente e spiritualmente, che, volendo darci qualcosa, non aveva altro che la sua stessa vita da offrirci. Anche i suoi miracoli e le sue parole erano solo luci su quella sua realtà così semplice e così vicina agli uomini.
Perciò l'Eucaristia è atto profondamente dinamico, «che opera in noi», dice Dossetti, che mette in moto tutte le forze della carità, le quali agiscono ora nei credenti, soprattutto nei più poveri, perché più assimilati a Cristo, come dice il papa Francesco.
L'atto dell'Eucaristia è un abbraccio su tutto, dice ancora l'articolo della Piccola Regola. Non c'è nulla che vi rimanga escluso. È un'Eucaristia sul mondo: nemmeno il male può mettervi dei limiti. Il Corpo di Cristo non è un rifugio rassicurante dalle intemperie del mondo: è la scommessa della fede che non vi è nulla che possa negare tale Corpo, anche nei corpi più martoriati. E i credenti sono capaci di riconoscere in ogni atto di morte una realtà chiamata invece alla vita?
E’ impressionante, nel brano evangelico, l'insistenza di Gesù nel dire quanta e quale vita produca il «mangiare la sua carne»: «Se uno mangia... vivrà in eterno... ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno... rimane in me e io in lui... vivrà per me... vivrà in eterno». Davvero l'Eucaristia produce vita umana: vita piena perché riempita della relazione con il Signore e della capacità della carità fraterna. È solo questo, dice papa Francesco, che «risponde alle necessità più profonde delle persone» (EG 265). Nell'Eucaristia c'è tutto Dio e perciò c'è tutto l'uomo che in Lui può realizzare se stesso.
Gesù insiste sul «mangiare». Il verbo greco è ancora più concreto: «masticare». Comunione, assimilazione, festa, nutrimento...: possiamo dare tantissimi significati al gesto e al segno del «mangiare». Resta il fatto che il Corpo del Signore è per il corpo dell'uomo e della sua umanità.
«Mangiare» è azione che esprime contatto profondo, totale corrispondenza, reale soddisfazione. Quando gustiamo un cibo diciamo: «E’ buono!». Così Dio aveva gustato il suo atto creativo: «E vide che era cosa buona» (Gen 1,3.10.12.18.25.31). L’uomo, invece, si serve dell'attrattiva del «buono» per peccare: «Vide che l'albero era buono da mangiare» (Gen 3,6). Gesù, facendosi pane da mangiare, riscatta e libera l'uomo, perché il suo gustare il «buono» sia con Dio e per Dio, e non contro di Lui. Così, nell'Eucaristia, ciò che è veramente divino è anche, e per forza, veramente umano.
Alberto Vianello
«Nell'Eucaristia del Cristo è tutto: tutta la creazione, tutto l'uomo, tutta la storia, tutta la grazia e la redenzione: tutto Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: per Gesù, Dio e uomo, nell'atto, operante in noi, della sua morte di croce, della sua risurrezione ed ascensione alla destra del Padre, e del suo glorioso ritorno». Questo articolo della Piccola Regola, scritta da don Giuseppe Dossetti, è, per me,
una delle sintesi più efficaci di ciò che festeggiamo questa domenica: il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo.
Vi si dice che l'Eucaristia è una totalità: a partire dal basso, dalla creazione, dall'uomo, fino a tutto Dio e al ridiscendere nell'uomo, nel quale opera la Pasqua del Signore. Mi piace perché non considera l'Eucaristia in alcuna maniera staccata dalla dimensione della creatura: non si contempla il Corpo e il Sangue di Cristo in se stesso, ma nel diventare suo Corpo e suo Sangue da parte della comunità dei credenti che vi partecipa. Davvero dovremmo inginocchiarci davanti ad ogni espressione di carità fraterna, come davanti all'Eucaristia!
«Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo», dice s. Paolo nella seconda Lettura. Il mistero di iniquità del mondo è stato tanto all'opera nella Chiesa che il Sacramento dell'unità è diventato ormai da secoli il Sacramento della divisione: pensiamo alle separazioni dottrinali, o agli impedimenti che anche oggi vengono posti, rendendolo «un premio per i perfetti», invece di «generoso rimedio e un alimento per i deboli» (EG 47). E ci sono ambiti nella Chiesa nei quali più si crede di avvicinarsi all'adorazione del Signore nel Sacramento, più si assumono dinamiche di prese di distanza, anche ministeriale, dagli altri, con atteggiamenti sacrali, devoti e assoluti, che non sanno tenere conto del fratello.
L'Eucaristia è l'atto più pieno e più grande con il quale il Signore si prende cura dell'uomo e della storia: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo», dice Gesù nel Vangelo. Gesù era talmente povero, economicamente e spiritualmente, che, volendo darci qualcosa, non aveva altro che la sua stessa vita da offrirci. Anche i suoi miracoli e le sue parole erano solo luci su quella sua realtà così semplice e così vicina agli uomini.
Perciò l'Eucaristia è atto profondamente dinamico, «che opera in noi», dice Dossetti, che mette in moto tutte le forze della carità, le quali agiscono ora nei credenti, soprattutto nei più poveri, perché più assimilati a Cristo, come dice il papa Francesco.
L'atto dell'Eucaristia è un abbraccio su tutto, dice ancora l'articolo della Piccola Regola. Non c'è nulla che vi rimanga escluso. È un'Eucaristia sul mondo: nemmeno il male può mettervi dei limiti. Il Corpo di Cristo non è un rifugio rassicurante dalle intemperie del mondo: è la scommessa della fede che non vi è nulla che possa negare tale Corpo, anche nei corpi più martoriati. E i credenti sono capaci di riconoscere in ogni atto di morte una realtà chiamata invece alla vita?
E’ impressionante, nel brano evangelico, l'insistenza di Gesù nel dire quanta e quale vita produca il «mangiare la sua carne»: «Se uno mangia... vivrà in eterno... ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno... rimane in me e io in lui... vivrà per me... vivrà in eterno». Davvero l'Eucaristia produce vita umana: vita piena perché riempita della relazione con il Signore e della capacità della carità fraterna. È solo questo, dice papa Francesco, che «risponde alle necessità più profonde delle persone» (EG 265). Nell'Eucaristia c'è tutto Dio e perciò c'è tutto l'uomo che in Lui può realizzare se stesso.
Gesù insiste sul «mangiare». Il verbo greco è ancora più concreto: «masticare». Comunione, assimilazione, festa, nutrimento...: possiamo dare tantissimi significati al gesto e al segno del «mangiare». Resta il fatto che il Corpo del Signore è per il corpo dell'uomo e della sua umanità.
«Mangiare» è azione che esprime contatto profondo, totale corrispondenza, reale soddisfazione. Quando gustiamo un cibo diciamo: «E’ buono!». Così Dio aveva gustato il suo atto creativo: «E vide che era cosa buona» (Gen 1,3.10.12.18.25.31). L’uomo, invece, si serve dell'attrattiva del «buono» per peccare: «Vide che l'albero era buono da mangiare» (Gen 3,6). Gesù, facendosi pane da mangiare, riscatta e libera l'uomo, perché il suo gustare il «buono» sia con Dio e per Dio, e non contro di Lui. Così, nell'Eucaristia, ciò che è veramente divino è anche, e per forza, veramente umano.
Alberto Vianello
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