Commento a cura di Rocco Pezzimenti Santissima Trinità (Anno A)

Vangelo: Gv 3,16-18
COMMENTO ALLE LETTURE
1. Questa festa, che celebriamo oggi, è la festa della nostra fede e del suo mistero. Quella di cui dovremmo avere piena consapevolezza visto che la proclamiamo nel momento in cui facciamo il segno della croce. Il Cristo, l'unigenito come afferma Giovanni, è dato dal Padre e, a sua volta, lascerà lo Spirito Santo. La ragione che sottintende tutto ciò è l'amore di Dio che, "ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, l'unigenito". Questo termine ci

  • richiama al possibile sacrificio di Isacco, ma ci dà una fiducia, se possibile, ancora più grande di quella di Abramo. Costui, nel lasciare tutto, andava verso l'ignoto. Cristo, qui, ci indica la strada della redenzione che è la sua strada.

2. La via si basa sulla promessa che "ognuno che crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna". Per questo il padre ha dato il Figlio e, per questo, il Figlio ha lasciato lo Spirito Santo. La Trinità Santa è l'espressione di questo amore misericordioso "poiché Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo". Ma, per non incorrere nella condanna, il mondo deve credere in lui, in quanto, solo "chi crede in lui non è condannato". Che il Cristo sia l'elemento discriminate di questo itinerario di salvezza, Giovanni lo chiarisce subito: "chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito, Figlio di Dio".
3. Il segno di questa salvezza, sin da ora, è la pace interiore, è il desiderio di imitare, per quanto possibile Cristo. Paolo, nella lettura odierna, lo dice con estrema chiarezza: "fratelli, siate lieti, tendete alla perfezione, lasciatevi esortare, siate d'accordo, vivete in pace". Questi sono i segnali che la pace di Dio dimora in noi e che la grazia della Santissima Trinità è presente nel nostro cuore. Anche qui l'apostolo è chiarissimo: "La grazia del Signore Gesù Cristo e l'amore di Dio e la partecipazione dello Spirito Santo siano con tutti voi", a ribadire che senza l'ausilio del Dio uno e trino non possiamo fare niente di realmente buono per noi e per la nostra salvezza.
4. La nostra salvezza e quella del nostro prossimo non può dipendere da noi. A noi spetta aderire al Signore con umiltà e purezza di cuore per evitare, come leggiamo nella prima lettura, di diventare "un popolo dal collo inflessibile". Per questo dobbiamo chiedere a Dio di perdonare "le nostre colpe e i nostri peccati: fa di noi la tua eredità". Mosè ci invita anche a farci intermediari per il nostro prossimo pregando e facendo penitenza. Ecco perché "si affrettò a porsi in ginocchio per terra e a prostrarsi".
5. La sua preghiera è un grido: "Signore (JHWH), Signore, Dio misericordioso e pietoso, longanime, grande in grazia e fedeltà". In questo sta la via della salvezza, nell'esercitare la grazia e il perdono, convinti che il Signore renderà giustizia ai suoi imitatori. Questa non è una pietosa rassegnazione basata sulla presunta incapacità a reagire. È invece un forte atto di fede in Dio, unico esecutore di giustizia misericordiosa. Ancora nella preghiera di Mosè si dice che JHWH, "non lascia completamente impuniti, poiché castiga le colpe" e, come ci ricorda Giovanni, "chi non crede è già stato condannato"

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