mons. Gianfranco Poma "Io sono il pane vivo"
Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (22/06/2014)
Vangelo: Gv 6,51-58
Nella solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo, leggiamo un piccolo brano del cap.6 del Vangelo di Giovanni (6,51-58) che inizia con l'autoproclamazione di Gesù: "Io sono il pane vivo". Il tema centrale del messaggio di Gesù nel quarto Vangelo è la sua stessa persona: l'
espressione privilegiata di questa autorivelazione è la formula "Io sono" che riprende quella di cui nell'A.T. Dio si serve per rivelarsi. Gesù in questo modo si presenta come il volto di Dio per gli uomini. Nel Vangelo di Giovanni, per sette volte ritorna la formula "Io sono" con un predicato: "Io sono il pane di vita" (6,35.51); "la luce del mondo" (8,12); "la porta" (10,7.9); "il buon pastore" (10,11.14); "la risurrezione e la vita" (11,25); "la via, la verità e la vita" (14,6); "la vigna" (15,1.5). I sette predicati dicono ciò che l'uomo cerca per gustare la pienezza della vita: l' "Io sono" di Gesù, per il Vangelo di Giovanni, è la risposta alla ricerca dell'uomo. In lui, l'offerta di "vita eterna" diventa evento concreto, qui e ora: per accedervi è richiesta solo la fede.
Giov.6 è tutto incentrato sulla domanda: "Come trovare Gesù?" Ma occorre che chi lo cerca si chieda prima perché lo cerca: perché in lui ha trovato l'abile moltiplicatore del pane, o l'atteso nuovo Mosè che ricostruisce il popolo politicamente distrutto? Gesù sfugge ad ogni interpretazione riduttiva e deviante, ad ogni tentativo di cattura a vantaggio di interessi parziali: egli guida anzitutto la ricerca della verità interiore e radicale dell'uomo. Gesù, "la Parola che si è fatta carne", all'uomo che sperimenta che la sua carne fragile aspira ad una vita che il pane materiale non basta a nutrire, rivela: "Io sono il pane vivo". "La Parola si è fatta carne e noi abbiamo visto la sua gloria": il Vangelo di Giovanni, dall'inizio annuncia che Gesù, nella concretezza della sua umanità, è la rivelazione della Gloria di Dio. Egli chiama i suoi discepoli ad andare, vedere, rimanere in Lui per vedere la Gloria di Dio ed entrare nella pienezza della vita. "Io sono il pane vivo che discende dal cielo": la Parola che si è fatta carne, adesso si fa pane vivo. Occorre che la carne di ogni uomo, come la sua, viva della Gloria di Dio: Gesù non chiama i suoi discepoli per insegnare loro una dottrina, perché vivano una morale, ma per renderli partecipi della vita del Padre di cui egli vive: "Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". La Gloria di Dio discende nella carne umana di Gesù sino all'oscurità della Croce, per farsi carne da donare al mondo, per amare il mondo. La Gloria di Dio è l'Amore che si dona, che si fa carne per farsi pane, per donare vita piena. Adesso (6,51) Gesù identifica il pane che dà la vita, con la sua carne: mangiare il pane vivo disceso dal cielo, diventa "mangiare la carne" di Gesù (precisamente "mordere", "masticare", per sottolineare il realismo della partecipazione personale). "Mangiare la carne del Figlio dell'uomo" e "bere il suo sangue", sono espressioni che appartengono chiaramente al linguaggio eucaristico: ormai la prospettiva del Vangelo è quella della comunità postpasquale che si chiede "come trovare Gesù" per appropriarsi del valore salvifico della sua morte, dono senza limite dell'Amore di Dio: "mangiare la carne...bere il sangue..."; "questo è il mio corpo...prendete, mangiatene tutti". È il senso dell'eucaristia, esperienza viva della relazione di Amore che attraverso la concretezza della carne di Gesù che si dona sino alla morte, risorge nella carne dell'uomo che crede per renderla partecipe della bellezza della sua vita nuova. Attraverso l'eucaristia, si attua una relazione piena tra Gesù e il credente perché possa sperimentare quel Dio che ha tanto amato il mondo da dare il proprio Figlio, perché il mondo viva. "Mangiare il pane vivo...mangiare il corpo...": mangiare la carne, mangiare l'Amore, mangiare Dio: tutto è estremamente concreto e tutto è di una densità infinita. Mangiare l'Amore incarnato di Dio perché Dio continui ad incarnarsi e la carne dell'uomo sperimenti la vita di Dio: l'amore dell'uomo diventi l'Amore di Dio risplenda, la sua Gloria. Tutto è Dio e tutto è così concretamente umano. Tutto è stupendo: tutto richiede "soltanto" il coraggio di credere l' "Amore" infinito di Dio nell'oscurità della Croce di Gesù.
Giov.6 mostra che la rivelazione sempre più profonda del mistero di Gesù coincide con la riduzione del numero dei discepoli: prima i Giudei si misero a mormorare, poi i discepoli "si ritirarono e non camminavano più con Lui", infine anche tra i Dodici si fa strada l'incredulità. Nonostante la magnifica confessione di Pietro, il Vangelo termina con una nota inquietante: "Giuda stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici..." L' Eucaristia è l'esperienza intima, concreta dell'Amore di Dio con noi, in noi, per noi: abbiamo, noi, il coraggio di affidarci totalmente a Lui?
Vangelo: Gv 6,51-58
Nella solennità del Ss.mo Corpo e Sangue di Cristo, leggiamo un piccolo brano del cap.6 del Vangelo di Giovanni (6,51-58) che inizia con l'autoproclamazione di Gesù: "Io sono il pane vivo". Il tema centrale del messaggio di Gesù nel quarto Vangelo è la sua stessa persona: l'
espressione privilegiata di questa autorivelazione è la formula "Io sono" che riprende quella di cui nell'A.T. Dio si serve per rivelarsi. Gesù in questo modo si presenta come il volto di Dio per gli uomini. Nel Vangelo di Giovanni, per sette volte ritorna la formula "Io sono" con un predicato: "Io sono il pane di vita" (6,35.51); "la luce del mondo" (8,12); "la porta" (10,7.9); "il buon pastore" (10,11.14); "la risurrezione e la vita" (11,25); "la via, la verità e la vita" (14,6); "la vigna" (15,1.5). I sette predicati dicono ciò che l'uomo cerca per gustare la pienezza della vita: l' "Io sono" di Gesù, per il Vangelo di Giovanni, è la risposta alla ricerca dell'uomo. In lui, l'offerta di "vita eterna" diventa evento concreto, qui e ora: per accedervi è richiesta solo la fede.
Giov.6 è tutto incentrato sulla domanda: "Come trovare Gesù?" Ma occorre che chi lo cerca si chieda prima perché lo cerca: perché in lui ha trovato l'abile moltiplicatore del pane, o l'atteso nuovo Mosè che ricostruisce il popolo politicamente distrutto? Gesù sfugge ad ogni interpretazione riduttiva e deviante, ad ogni tentativo di cattura a vantaggio di interessi parziali: egli guida anzitutto la ricerca della verità interiore e radicale dell'uomo. Gesù, "la Parola che si è fatta carne", all'uomo che sperimenta che la sua carne fragile aspira ad una vita che il pane materiale non basta a nutrire, rivela: "Io sono il pane vivo". "La Parola si è fatta carne e noi abbiamo visto la sua gloria": il Vangelo di Giovanni, dall'inizio annuncia che Gesù, nella concretezza della sua umanità, è la rivelazione della Gloria di Dio. Egli chiama i suoi discepoli ad andare, vedere, rimanere in Lui per vedere la Gloria di Dio ed entrare nella pienezza della vita. "Io sono il pane vivo che discende dal cielo": la Parola che si è fatta carne, adesso si fa pane vivo. Occorre che la carne di ogni uomo, come la sua, viva della Gloria di Dio: Gesù non chiama i suoi discepoli per insegnare loro una dottrina, perché vivano una morale, ma per renderli partecipi della vita del Padre di cui egli vive: "Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". La Gloria di Dio discende nella carne umana di Gesù sino all'oscurità della Croce, per farsi carne da donare al mondo, per amare il mondo. La Gloria di Dio è l'Amore che si dona, che si fa carne per farsi pane, per donare vita piena. Adesso (6,51) Gesù identifica il pane che dà la vita, con la sua carne: mangiare il pane vivo disceso dal cielo, diventa "mangiare la carne" di Gesù (precisamente "mordere", "masticare", per sottolineare il realismo della partecipazione personale). "Mangiare la carne del Figlio dell'uomo" e "bere il suo sangue", sono espressioni che appartengono chiaramente al linguaggio eucaristico: ormai la prospettiva del Vangelo è quella della comunità postpasquale che si chiede "come trovare Gesù" per appropriarsi del valore salvifico della sua morte, dono senza limite dell'Amore di Dio: "mangiare la carne...bere il sangue..."; "questo è il mio corpo...prendete, mangiatene tutti". È il senso dell'eucaristia, esperienza viva della relazione di Amore che attraverso la concretezza della carne di Gesù che si dona sino alla morte, risorge nella carne dell'uomo che crede per renderla partecipe della bellezza della sua vita nuova. Attraverso l'eucaristia, si attua una relazione piena tra Gesù e il credente perché possa sperimentare quel Dio che ha tanto amato il mondo da dare il proprio Figlio, perché il mondo viva. "Mangiare il pane vivo...mangiare il corpo...": mangiare la carne, mangiare l'Amore, mangiare Dio: tutto è estremamente concreto e tutto è di una densità infinita. Mangiare l'Amore incarnato di Dio perché Dio continui ad incarnarsi e la carne dell'uomo sperimenti la vita di Dio: l'amore dell'uomo diventi l'Amore di Dio risplenda, la sua Gloria. Tutto è Dio e tutto è così concretamente umano. Tutto è stupendo: tutto richiede "soltanto" il coraggio di credere l' "Amore" infinito di Dio nell'oscurità della Croce di Gesù.
Giov.6 mostra che la rivelazione sempre più profonda del mistero di Gesù coincide con la riduzione del numero dei discepoli: prima i Giudei si misero a mormorare, poi i discepoli "si ritirarono e non camminavano più con Lui", infine anche tra i Dodici si fa strada l'incredulità. Nonostante la magnifica confessione di Pietro, il Vangelo termina con una nota inquietante: "Giuda stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici..." L' Eucaristia è l'esperienza intima, concreta dell'Amore di Dio con noi, in noi, per noi: abbiamo, noi, il coraggio di affidarci totalmente a Lui?
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