mons. Gianfranco Poma"Dio ha tanto amato il mondo"

Santissima Trinità (Anno A) (15/06/2014)
Vangelo: Gv 3,16-18
Dopo aver celebrato il mistero di Cristo, la Liturgia ci fa contemplare il mistero di Dio, per ricordarci che tutto è con Lui, in Lui, per Lui: attraverso Cristo, Dio ci è svelato come infinito mistero di Amore che ci avvolge e ci fa vivere. I pochi versetti del cap.3 del
Vangelo di Giovanni che oggi leggiamo, ci collocano nel cuore della rivelazione di Dio donata agli uomini attraverso Gesù Cristo: questo è per noi, oggi, uomini e donne più che mai alla ricerca del senso della vita, di una "salvezza" come possibilità di trovare gioia in ciò che sentiamo nel profondo del nostro cuore.
Il tema della "salvezza" per una umanità smarrita e incerta come quella ebraica del tempo di Gesù, ha spinto Nicodemo ad incontrare questo singolare maestro approvato da Dio come dimostrano i segni da lui compiuti. Nicodemo: il suo rango sociale e la sua appartenenza religiosa ne fanno il rappresentante autorevole del sapere teologico giudaico del tempo. Egli viene di notte: per mantenere segreto il suo cammino di accostamento a Gesù o forse perché la notte è nel suo cuore alla ricerca di una luce che gli rinnovi la vita. Nicodemo e Gesù: l'ebraismo e la via nuova aperta da Gesù; l'uomo che con le sue forze cerca la realizzazione di sè, e l'uomo che ha il coraggio di abbandonarsi ad un dono che lo sorprende. Noi e Gesù: l'uomo moderno che conoscendo sempre meglio se stesso e le proprie potenzialità pensa di trovare da solo le vie della propria realizzazione, e Gesù, "il Figlio dell'uomo che parla delle cose del cielo", Colui che è salito al cielo perché è disceso dal cielo". Nicodemo e Gesù: la filosofia, la ragione che cerca, (oggi la ragione scientifica) e la fede...
Nicodemo incontra Gesù: "Maestro, noi sappiamo che tu sei venuto da Dio per istruirci..." Gesù "viene da Dio": Nicodemo pensa di "conoscere" Gesù, come un maestro autorevole, uno dei tanti... Ma Gesù non è come pensa Nicodemo: non è un semplice maestro degno di fiducia, un buon interprete della parola di Dio, un maestro la cui dottrina è frutto di una interpretazione fedele della Legge. Egli viene da Dio in un senso totalmente nuovo: è "il Figlio unigenito". Al maestro esperto di interpretazione della Scrittura, Gesù non offre semplicemente una dottrina confermata da Dio. Gesù spiazza Nicodemo: l' "umano" è solo infinita domanda, inesauribile ricerca, ma genera vita che rimane mortale. La "salvezza" desiderata dall'uomo (l'entrare nel regno di Dio") rimane sempre oltre il cammino che l'uomo compie: è una rinascita dallo "Spirito".
Il dialogo adesso si ferma: Gesù non si rivolge più con il "voi" a Nicodemo. Il dialogo tra due maestri del pensiero è oltrepassato da un meraviglioso discorso di rivelazione, il cuore della rivelazione cristiana: Lui che è disceso dal cielo e per questo è salito, parla di cose celesti. Non è una dottrina, è Lui stesso, la sua persona, la sua Croce, come concretezza umana, l'estrema fragilità, l'estrema debolezza, la creaturalità fragile, come non senso per la ragione umana, luogo dell'estremo Amore di Dio, la tenebra che si illumina, la notte che diventa giorno, l'annientmento come luogo estremo dell'abbraccio di Amore tra il Figlio e il Padre, esperienza di una vita nuova, lo Spirito che dalla Croce si diffonde in tutti gli spazi della povertà umana.
"Dio ha tanto amato il mondo che ha donato il suo Figlio, l'unigenito, perché ogni uomo che crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna": ecco, la grande rivelazione. Un Dio che ama: per la prima volta nel Vangelo di Giovanni appare questo verbo "amare", che diventerà così frequente nella seconda parte. Giovanni, nella prima parte insiste sul verbo credere: credere in un Dio che ama, non giudica, non condanna la sua creatura che quanto più cerca e tanto più si sente incapace di raggiungere la salvezza che cerca. Credere in un Dio che ama a tal punto da donare il proprio Figlio: i verbi all' "aoristo" sottolineano l'evento storico di Gesù, la sua Croce come concretezza di un Amore di Dio che si incarna sin nel profondo dell'oscurità umana, che accetta di entrare nell'estrema abbiezione umana.
La salvezza è l'esperienza personale (la fede) dell'Amore con il quale Dio ha amato il mondo sino al dono del proprio Figlio nella morte in Croce: credere che in ogni esperienza, anche la più oscura della vita umana, è presente lo Spirito d'Amore effuso da Gesù nel momento nel quale, in un abbraccio d'Amore del Padre, ha donato tutto. La ragione umana cerca, dilata gli spazi: la risposta è solo il dono dello Spirito d'Amore che ha cominciato ad illuminare la notte di Nicodemo.

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