Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche della Domenica “delle tre parabole”

XVII del Tempo Ordinario A
Mt 13,44-52; 1 Re 3,5.7-12 (leggi 3,4-15); Sal 118; Rm 8,28-30
DISCORSO 74
di Sant’Agostino, vescovo
SULLE PAROLE DELL’EVANGELO DI MT 13, 52:
"PER QUESTO OGNI SCRIBA ISTRUITO SUL
REGNO DI DIO" ECC.
Chi erano gli scribi per i giudei.
1. Il brano dell’Evangelo ci avverte che abbiamo il dovere di cercare e spiegare alla Carità vostra, nella misura che Dio ci concederà, chi è lo scriba istruito sul regno di Dio ch'è simile a un capofamiglia che tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie 1. Il brano stesso infatti termina con questa frase: le cose che sono nuove e vecchie di uno scriba istruito [nel regno di Dio]. Ora è risaputo chi erano coloro che gli antichi chiamavano "scribi" secondo l'uso di esprimersi delle nostre Scritture; erano cioè quelli che facevano la professione di spiegare e d'insegnare la Legge di Mosè. Tali in effetti erano quelli chiamati così tra il popolo d'Israele, ma erano diversi dagli ufficiali giudiziari e municipali che sono chiamati scribae nei tribunali o nei municipi. Poiché non dobbiamo frequentare inutilmente la scuola, ma sapere in quale senso dobbiamo intendere le espressioni delle Scritture; bisogna cioè evitare che, quando si sente qualche espressione della Bibbia che si suole intendere in un'altra accezione nel linguaggio profano, l'uditore, tratto in errore, pensando al senso ordinario, non comprenda ciò che ha sentito. Gli scribi dunque erano i maestri della Legge, ai quali spettava di custodire o spiegare o anche trascrivere e interpretare i libri della Legge.


Gli scribi non istruiti sul regno di Dio.

2. Nostro Signore Gesù Cristo rimprovera questi tali perché hanno le chiavi del regno dei cieli ma essi non ci entrano e non lasciano entrarvi gli altri 2; rimproverando naturalmente i farisei e gli scribi, maestri della Legge dei giudei. A proposito di essi il Signore dice in un altro passo: Fate quello che dicono, ma non imitate il loro modo d'agire; poiché essi insegnano ma non mettono in pratica quel che insegnano 3. Perché mai vi è stato detto: Insegnano, ma non mettono in pratica ciò che insegnano? Solo perché ci sono alcuni a proposito dei quali risulta chiaro ciò che dice l'Apostolo: Tu predichi di non rubare mentre rubi tu stesso. Tu dici di non commettere adulterio e sei adultero tu stesso. Tu che hai in orrore gli idoli fai affari nei loro templi. Tu ti vanti della Legge ma con il trasgredirla offendi Dio. Per causa vostra infatti il nome di Dio viene bestemmiato in mezzo ai pagani 4. È senza dubbio chiaro che il Signore parla di questi tali quando dice: Insegnano infatti ma non mettono in pratica ciò che insegnano. Quelli dunque sono scribi ma non istruiti sul regno di Dio.


Come parlano i cattivi superiori e come devono essere ascoltati dai sudditi.

3. Qualcuno di voi forse dirà: "Ma come può allora insegnare il bene un individuo cattivo? dal momento che sta scritto, ed è parola di Dio: L'uomo buono trae fuori dal suo cuore il bene come da un tesoro prezioso; l'uomo cattivo invece dal suo cuore trae fuori il male come da un tesoro "attivo 5. Ipocriti! Come potete dire cose buone dal momento che siete cattivi? 6. Da una parte dice: Come potete dire cose buone, dato che siete cattivi? Dall'altra parte dice:Fate quel che insegnano ma non imitate il loro modo d'agire. Poiché insegnano ma non mettono in pratica ciò che insegnano 7. Se insegnano e non mettono in pratica ciò che insegnano, sono cattivi; se sono cattivi, non possono insegnare cose buone; in qual modo potremo mettere in pratica gl'insegnamenti che ascoltiamo da essi, dal momento che non possiamo udire da essi cose buone?". La Santità vostra ascolti con attenzione come si risolve questa obiezione. Tutto ciò che un individuo cattivo trae fuori dal proprio intimo è male; è male tutto ciò che un individuo cattivo trae fuori dal proprio cuore poiché è lì il tesoro del male. Al contrario, tutto ciò che un individuo buono trae fuori dal proprio cuore è bene, poiché è lì il tesoro del bene. Perché allora quelli, che erano cattivi, traevano fuori cose buone? Perché erano maestri della Legge di Mosè. Se prima non avesse detto: Siedono sulla cattedra di Mosè 8, non avrebbe mai comandato di ascoltarli. Una cosa infatti era quella che dal tesoro di male del loro cuore tiravano fuori, una cosa diversa ciò che proclamavano dalla cattedra di Mosè come banditori del giudice. Ciò che dice il banditore non sarà mai attribuito al banditore, se lo dirà davanti al giudice. Una cosa è ciò che il banditore dice a casa sua, un'altra cosa è ciò che dice udendolo dal giudice. Poiché, lo voglia o no, il banditore annuncia il verdetto di condanna anche d'un suo amico. Ugualmente, lo voglia o no, annuncia il verdetto d'assoluzione anche d'un suo nemico. Se invece il verdetto uscisse dal suo cuore, assolverebbe l'amico e condannerebbe il nemico. Supponiamo al contrario che il verdetto sia emanato dal giudice assiso nella sella curule; esso condannerà l'amico e assolverà il nemico. Supponi le parole che possono uscire dal cuore degli scribi; potrai sentire: Mangiamo e beviamo, poiché domani morremo 9. Supponi invece delle parole provenienti dalla cattedra di Mosè; sentirai: Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non deporrai falsa testimonianza 10; onora tuo padre e tua madre 11; amerai il prossimo tuo come te stesso 12. Tu devi mettere in pratica questi precetti che la cattedra di Mosè proclama per bocca degli scribi, non ciò che proviene dal cuore degli scribi. Così, mettendo insieme tutte e due le massime del Signore, non sarai obbediente rispetto a una e colpevole riguardo all'altra, ma capirai che entrambe vanno d'accordo; non solo considererai vero che l'uomo buono trae fuori cose buone dal tesoro dei beni del suo cuore e questo cattivo trae fuori cose cattive dal tesoro del male del suo cuore, ma che gli scribi non dicevano cose buone dal tesoro del male del loro cuore, bensì potevano dire cose buone traendole fuori dal tesoro dell'insegnamento di Mosè.

Talora si trovano grappoli d'uva fra le spine.

4. Non ti dovranno dunque turbare le parole del Signore che dice: La qualità di ciascun albero si conosce dai suoi frutti; si raccolgono forse uve dalle spine o fichi dai rovi? 13. Gli scribi e i farisei sono pertanto le spine e i rovi dei giudei, e tuttavia dice anche: Mettete in pratica ciò che insegnano, ma non imitate la loro condotta. Si raccoglie dunque uva dalle spine e dai rovi si colgono fichi, come ti ha fatto capire secondo la spiegazione precedente. Talora infatti anche in una siepe di pruni s'impigliano tralci di vite e dai rovi pendono dei grappoli d'uva. Nel sentir parlare di spine uno potrebbe disprezzare l'uva, ma si deve esaminare la radice e vedere dove si trova. Va' alla ricerca della radice del grappolo che vi è appeso e vedrai dove la trovi. In tal modo puoi capire che una cosa è propria del cuore del fariseo e un'altra è propria della cattedra di Mosè.


Le antiche figure sono state abolite dal Cristo.

5. Ma perché quelli erano così riprovevoli? Perché - è detto - un velo era posto sopra il loro cuore 14, e non vedevano che le cose vecchie sono passate e tutto è diventato nuovo 15. Ecco perché quei tali erano biasimevoli e così lo sono anche adesso quanti sono come loro. Perché quelle cose erano vecchie?Perché erano state predette già da un pezzo. Perché le altre sono nuove? Perché appartengono al regno di Dio. In qual modo vien tolto dunque quel velo? Lo dice lo stesso Apostolo: Sarà tolto solo quando ci sarà la conversione al Signore 16. Perciò se il giudeo non si converte al Signore, non tende l'acume della mente verso il fine della Legge. Così in quel tempo secondo questa prefigurazione simbolica non tendevano l'acume della loro vista verso il fine, cioè verso la faccia di Mosè. Ora, il volto splendente di Mosè era la prefigurazione della verità, ma era nascosto da un velo, poiché gl'israeliti non potevano ancora fissare lo sguardo sullo splendore del suo volto. Questa figura simbolica però scompare. Così infatti dice l'Apostolo: che scompare 17. Perché scompare? Perché all'arrivo dell'imperatore le sue immagini vengono tolte di mezzo. L'immagine rimane esposta dove l'imperatore non è presente; allorché invece vi è colui ch'è rappresentato nell'immagine, questa viene rimossa. Le immagini dunque vennero presentate prima che venisse il Signore Gesù Cristo, nostro imperatore. Messe da parte le immagini, rifulge la presenza dell'imperatore. Quando dunque uno si convertirà al Signore, sarà tolto il velo. Si sentiva infatti la voce di Mosè attraverso il velo ma non si vedeva il suo volto 18. Così anche adesso arriva ai giudei la voce di Cristo attraverso la parola delle Antiche Scritture; sentono la loro voce ma non vedono il volto di colui che parla. Orbene, desiderano che sia tolto il velo? Si convertano al Signore. Allora infatti non vengono tolte di mezzo le cose vecchie, ma vengono riposte nel tesoro, affinché lo scriba sia ormai istruito sul regno di Dio, traendo fuori dal proprio tesoro non le sole cose nuove, ma neppure le sole cose vecchie. Se tirerà fuori soltanto le cose nuove o soltanto le cose vecchie, egli non è di certo uno scriba istruito nel regno di Dio che estrae dal proprio scrigno cose nuove e vecchie. Se le insegna soltanto ma non le mette in pratica, le trae fuori solo dalla cattedra, non dal tesoro del proprio cuore. Diciamo inoltre alla Santità vostra la verità: le cose che si tiran fuori dall'Antico Testamento vengono chiarite dal Nuovo. Per questo ci si rivolge al Signore affinché sia tolto il velo.

Note
1 - Mt 13, 52.
2 - Cf. Lc 11, 52.
3 - Mt 23, 3.
4 - Rm 11, 21-24.
5 - Mt 12, 35; Lc 6, 45.
6 - Mt 12, 34.
7 - Mt 23, 3.
8 - Mt 23, 2.
9 - Is 22, 13.
10 - Es 20, 13-16.
11 - Es 20, 12.
12 - Lv 19, 18.
13 - Lc 6, 44.
14 - 2 Cor 3, 15.
15 - 2 Cor 5, 17.
16 - 2 Cor 3, 16.
17 - 2 Cor 3, 13.
18 - Cf. 2 Cor 3, 16.


2. Le splendide perle conducono all'unica perla preziosa

Si può applicare a chi cerca le perle preziose quella parola: «Cercate e troverete... Chi cerca trova» (Lc 11,9. 10). Ma che cosa cercare? O meglio, che significa: chi cerca trova? Indubbiamente per quella perla s'intende ciò che un giorno possederà chi ora dona tutti i suoi beni e li disprezza; per questo Paolo dice: «Tutte queste cose le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo» (Fil 3,8) che è l'unica perla preziosa.
E preziosa la lucerna per coloro che sono nelle tenebre ed essi la usano fino allo spuntar del sole; preziosa è anche la gloria che appare sul volto di Mose e degli altri profeti; per essa possiamo dedurre che giungeremo anche noi a contemplare la gloria del Cristo, cui il Padre rese testimonianza dicendo: «Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto» Mt 3,17).
Ma non è stato glorificato ciò che allora si manifestò in parte, a motivo di una gloria più grande; sebbene a noi sia necessaria quella gloria che poi sarà abolita, per prepararci a quella definitiva e perfetta.
Per esempio, è necessaria la scienza imperfetta, che avrà poi fine quando giungerà quella perfetta.
Ogni anima, infatti, che si trova nella prima età e aspira alla perfezione, ha bisogno di un pedagogo, di amministratori e procuratori, finché non giunga all'età matura.
Allora, colui che non era per nulla diverso da un servo benché fosse padrone di tutto, divenuto finalmente libero, riceve i beni paterni dal pedagogo, dagli amministratori e dai procuratori.
Tutto ciò, fatte le debite proporzioni, corrisponde alla perla preziosa e alla perfezione che annulla con la sua venuta ciò che è imperfetto e parziale; quando cioè qualcuno raggiunge la perfezione della dottrina di Cristo, dopo esservi stato preparato da tutte quelle cognizioni che sono in certo modo ordinate alla piena conoscenza del Signore.
Molti però, non scorgendo la bellezza delle innumerevoli perle della legge e la validità della dottrina dei profeti, benché ancora incompleta, si illudono di poter trovare la perla preziosa e di giungere, senza l'aiuto di quelle spiegazioni e idee, a contemplare la straordinaria bellezza della conoscenza di Cristo Gesù.
A paragone di essa, si può dire che tutto ciò che ha preceduto una simile meravigliosa conoscenza, anche se propriamente non si può chiamare sterco, tale tuttavia sembra.
Però, benché sia proprio sterco quello che il vignaiuolo mette attorno al fico, è ciò che aiuta la pianta a produrre frutto.
Per ogni cosa dunque c'è il tempo opportuno e ogni realtà che vive sotto il cielo ha la sua occasione favorevole; c'è dunque un tempo per raccogliere splendide perle e, dopo averle raccolte, c'è un altro tempo per trovare l'unica perla preziosa, quando conviene andare a vendere tutto ciò che si possiede per comprarla.

Dalle «Omelie su Matteo» di Origene, sacerdote.


3. Stimare il Vangelo al di sopra di tutto

"Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo: l`uomo che l`ha trovato, lo nasconde di nuovo e, fuor di sé dalla gioia, va, vende tutto quanto possiede, e compra quel campo. Inoltre il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra" (Mt 13,44-46). Come le due parabole del granello di senape e del lievito non differiscono molto tra di loro, cosí anche le parabole del tesoro e della perla si assomigliano: sia l`una che l`altra fanno intendere che dobbiamo preferire e stimare il Vangelo al di sopra di tutto. Le parabole del lievito e del chicco di senape si riferiscono alla forza del Vangelo e mostrano che esso vincerà totalmente il mondo. Le due ultime parabole, invece, pongono in risalto il suo valore e il suo prezzo. Il Vangelo cresce infatti e si dilata come l`albero di senape ed ha il sopravvento sul mondo come il lievito sulla farina; d`altra parte, il Vangelo è prezioso come una perla, e procura vantaggi e gloria senza fine come un tesoro.
Con queste due ultime parabole noi apprendiamo non solo che è necessario spogliarci di tutti gli altri beni per abbracciare il Vangelo, ma che dobbiamo fare questo atto con gioia. Chi rinunzia a quanto possiede, deve essere persuaso che questo è un affare, non una perdita. Vedi come il Vangelo è nascosto nel mondo, al pari di un tesoro, e come esso racchiude in sé tutti i beni? Se non vendi tutto, non puoi acquistarlo e, se non hai un`anima che lo cerca con la stessa sollecitudine e con lo stesso ardore con cui si cerca un tesoro, non puoi trovarlo. Due condizioni sono assolutamente necessarie: tenersi lontani da tutto ciò che è terreno ed essere vigilanti. "Il regno dei cieli" - dice Gesú -"è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; e trovata una perla di gran valore, va, vende tutto ciò che possiede e la compra" (Mt 13,45-46). Una sola, infatti, è la verità e non è possibile dividerla in molte parti. E come chi possiede la perla sa di essere ricco, ma spesso la sua ricchezza sfugge agli occhi degli altri, perché egli la tiene nella mano, - non si tratta qui di peso e di grandezza materiale, - la stessa cosa accade del Vangelo: coloro che lo posseggono sanno di essere ricchi, mentre chi non crede, non conoscendo questo tesoro, ignora anche la nostra ricchezza.
A questo punto, tuttavia, per evitare che gli uomini confidino soltanto nella predicazione evangelica e credano che la sola fede basti a salvarli, il Signore aggiunge un`altra parabola piena di terrore. Quale? La parabola della rete. "Parimenti il regno dei cieli è simile a una rete che, gettata nel mare, raccoglie ogni sorta di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e, sedutisi, ripongono in ceste i buoni, buttando via i cattivi" (Mt 13,47-48). In che cosa differisce questa parabola da quella della zizzania? In realtà anche là alcuni uomini si salvano, mentre altri si dannano. Nella parabola della zizzania, tuttavia, gli uomini si perdono perché seguono dottrine eretiche e, ancor prima di questo, perché non ascoltano la parola di Dio; mentre coloro che sono raffigurati nei pesci cattivi si dannano per la malvagità della loro vita. Costoro sono senza dubbio i piú miserabili di tutti, perché, dopo aver conosciuto la verità ed essere stati presi da questa rete spirituale, non hanno saputo neppure in tal modo salvarsi.

(Giovanni Crisostomo, In Matth. 47, 2)


4. La parabola delle reti

In questo mondo perverso, in questi giorni cattivi, in cui la Chiesa si guadagna la sua futura glorificazione con l`umiltà presente, in cui viene ammaestrata dagli stimoli del timore, dai tormenti del dolore, dalle molestie della fatica e dai pericoli della tentazione, in cui ha l`unica gioia della speranza, se gioisce come deve, molti reprobi sono mescolati con i buoni. Gli uni e gli altri vengono raccolti come nella rete di cui parla il Vangelo (cf. Mt 13,47-50), e in questo mondo, quasi fosse un mare, viaggiano tutti insieme raccolti nelle reti, fino a quando giungono alla riva, ove i cattivi vengono separati dai buoni, perché nei buoni, come nel suo tempio "Dio sia tutto in tutti" (1Cor 15,28). Ora perciò vediamo che si adempie la voce che diceva nel salmo: "Annunciai e parlai, si son moltiplicati in soprannumero" (Sal 39,6). Ed è ciò che accade da quando, per la prima volta per bocca del suo precursore, e poi per sua propria bocca, [Cristo] ha annunziato e detto: "Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 3,2).

(Agostino, De civit. Dei, 18, 49)


5. La perla preziosa è la carità

Se ricordate, noi già abbiamo affermato, proprio all`inizio della lettura di questa Epistola, che nulla vi è tanto raccomandato quanto la carità. Anche se Giovanni tratta ora questo, ora quest`altro argomento, sempre poi ritorna su questo punto, volendo ricondurre al dovere della carità tutto quello che ha esposto. Vediamo se, anche qui, fa cosí. Fa` attenzione a queste parole: "Chi è nato da Dio, non pecca" (1Gv 3,9). Ci domandiamo di quale peccato si tratta; non certo di qualunque peccato, perché saremmo in contraddizione con l`altro passo che dice: "Se diremo di non aver peccato, ci inganniamo e la verità non è in noi (1Gv 1,8)". Voglia allora dirci quale peccato intende, ci istruisca, perché io non venga giudicato temerario nell`asserire che esso è la violazione della carità, come si può ricavare dalle sue stesse parole precedenti: "Chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre accecano i suoi occhi" (1Gv 2,11). Forse ha dato ulteriori spiegazioni affermando esplicitamente che si tratta della carità. Vedete che tutti questi diversi modi di esprimersi portano alla medesima conclusione. "Chiunque è nato da Dio, non pecca, perché in lui rimane il seme di Dio". Il seme di Dio è la parola di Dio, per cui l`Apostolo può dire: "Io vi ho generato per mezzo del Vangelo (1Cor 4,15). Quest` uomo non può peccare, perché nato da Dio". Ma ci dica l`Apostolo in che senso non può peccare. "A questo segno sono riconoscibili i figli di Dio ed figli del diavolo. Chi non è giusto, non viene da Dio ed altrettanto chi non ama il proprio fratello" (1Gv 3,10). E` ormai certo chiaro del perché dice: "Chi non ama il proprio fratello". Solo l`amore dunque distingue i figli di Dio dai figli del diavolo. Se tutti si segnassero con la croce, se rispondessero amen e cantassero tutti l`Alleluja; se tutti ricevessero il Battesimo ed entrassero nelle chiese, se facessero costruire i muri delle basiliche, resta il fatto che soltanto la carità fa distinguere i figli di Dio dai figli del diavolo. Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, quelli che non l`hanno non sono nati da Dio. E` questo il grande criterio di discernimento. Se tu avessi tutto, ma ti mancasse quest`unica cosa, a nulla ti gioverebbe ciò che hai; se non hai le altre cose, ma possiedi questa, tu hai adempiuto la Legge. "Chi infatti ama il prossimo" -dice l`Apostolo - "ha adempiuto la Legge; e, il compimento della Legge è la carità" (Rm 13,8.10). La carità è, a mio parere, la pietra preziosa, scoperta e comperata da quel mercante del Vangelo, il quale per far questo, vendette tutto ciò che aveva (cf. Mt 13,46). La carità è quella pietra preziosa, non avendo la quale nessun giovamento verrà da qualunque cosa tu possegga; se invece possiedi soltanto la carità, ti basterebbe essa sola. Adesso vedi nella fede ma un giorno vedrai direttamente. Se noi amiamo fin da adesso il Signore che non vediamo, come l`ameremo quando lo vedremo direttamente? Ma in quale campo dobbiamo esercitare questo amore? In quello della carità fraterna. Potresti dirmi che non hai mai visto Dio; non potrai mai dirmi che non hai visto gli uomini. Ama dunque il tuo fratello. Se amerai il fratello che tu vedi, potrai contemporaneamente vedere Dio, poiché vedrai la carità stessa, e Dio abita nella carità.

(Agostino, In Ioan. Ep. 5, 7)


6. Il tesoro è lo stesso Verbo di Dio

Questo tesoro, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza (cf. Col 2,2s), è il Verbo di Dio, che si rivela nascosto nel corpo di Cristo (cf. "ibid".), o le Sante Scritture, nelle quali è riposta ogni verità riguardante il Salvatore. Quando qualcuno trova in esse tale verità, deve rinunziare a tutte le ricchezze di questo mondo, pur di possedere quanto ha trovato. Le parole: "l`uomo che lo ha scoperto, lo nasconde di nuovo" (Mt 13,44), non indicano che quest`uomo si comporta cosí perché ne è geloso, ma perché ha timore di perderlo e vuole conservarlo, e perciò cela nel suo cuore colui per il quale ha rinunziato a tutte le ricchezze che aveva...
Le belle perle sono la Legge e i Profeti, e la conoscenza del Vecchio Testamento. Ma una sola è la perla di grande valore, cioè la conoscenza del Salvatore, il sacramento della sua passione, il mistero della sua risurrezione. Il mercante che ha scoperto, a somiglianza dell`apostolo Paolo, tutti i misteri della Legge e dei Profeti e le antiche osservanze, nel rispetto delle quali ha sinora vissuto, tutte alla fine le disprezza come spazzatura e banalità, per guadagnarsi Cristo (cf. Fil 3,8). Non perché la scoperta della nuova perla comporti la condanna di quelle antiche; ma perché, al suo confronto, tutte le altre perle appaiono di minor valore . . .
Il vaticinio di Geremia, che dice: "Ecco, manderò a voi molti pescatori" (Ger 16,16), si è compiuto: Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dopo avere udito le parole: Seguitemi, e vi farò pescatori di uomini (cf. Mt 4,19; Mc 1,17) hanno intrecciato per sé stessi, ricavandola dal Vecchio e dai Nuovo Testamento, una rete fatta di insegnamenti evangelici e l`hanno gettata nel mare di questo mondo. Questa rete è ancor oggi tesa in mezzo ai flutti e prende, dalle onde amare e salate, tutto quanto incontra, cioè uomini buoni e cattivi, pesci buoni e cattivi. Ma quando verrà la fine del mondo, come Gesú piú avanti chiaramente dirà, allora la rete sarà tratta a riva, allora sarà manifesto il giudizio che separerà i pesci: come in un tranquillissimo porto, i buoni saranno riposti nell`ufficio delle celesti mansioni, mentre i cattivi saranno gettati nel fuoco della geenna, dove saranno bruciati e inariditi (cf. Mt 13,47-50).

(Girolamo, In Matth. II, 13, 44-46)




lunedì 21 luglio 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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