Alberto Vianello"Una Parola di effetto perché di affetto"

Letture: Is 55, 10-11; Rm 8, 18-23; Mt 13,1-23 Monastero Marango Caorle.
La prima Lettura di questa domenica ci rivela e, quindi, ci chiede di credere che: «La mia parola [di Dio] uscita dalla mia bocca, non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero».
Il desiderio di Dio, che opera attraverso la Parola, è il dialogo con l'uomo: vertice della creazione generata dalla Parola stessa. Per questo si parla di un «ritorno a Dio» della sua Parola: quando l'uomo
la accoglie non come legge da rispettare o dottrina da imparare, ma come apertura di dialogo di Dio con lui. Il compito della Parola non è quindi solo quello di parlarci di Dio, ma anche di farci parlare con Dio. E la ricerca del dialogo è il segno più immediato di affetto.
Così la parabola del seme seminato nel campo, nel brano evangelico, racconta il diverso effetto che la Parola suscita, perché sono diverse le condizioni con le quali si risponde a questo affetto. La Parola è sempre la stessa, come uguale è il gesto del seminatore per spargere il seme, ma l'uomo crede all'affetto di Dio che cerca il dialogo con lui (cfr. Lc 18,1-8)? Terreni così vicini da essere compresi  dallo stesso gesto di mano di spargere il seme possono essere completamente lontani come effetto: la risposta alla Parola può essere solo personale, come il dialogo è da una persona a un'altra.

Ma la parabola raccontata dal Signore Gesù non ci chiede di consegnarci ad una ineluttabilità: "c'è un terreno buono e uno cattivo, non c'è niente da fare...". Sono invece convinto, prima di tutto, che in ognuno ci sia qualche ambito di terreno buono e qualche altro di meno buono.
In ogni modo, è profondamente vantaggioso il conoscere anche l’infruttuosità, per lasciarci lavorare e cambiare dal Signore: forse questo è l'atteggiamento più giusto e veramente disponibile con cui accogliere tale parabola.
Così, gli unici che veramente rifiutano la Parola, non sono i diversi terreni raccontati dalla parabola, ma quelli che Gesù condanna definendoli coloro che guardano e non vedono, ascoltano ma non comprendono. Sono gli uomini che si gloriano di sapienza e di religione, così compiaciuti di sé e disprezzanti gli altri, che rifiutano la rivelazione del vero rapporto con Dio che Gesù offre gratuitamente a tutti. Quest'offerta di Gesù distrugge il privilegio della loro posizione. Così si rifiutano a tale rivelazione, come se il Messia non fosse venuto, e rimangono fuori, come lo erano, senza colpa, «i profeti e i giusti» dell'Antico Testamento.

Viene poi aggiunta la cosiddetta "spiegazione" della parabola, che applica a situazioni umane concrete la diversità dei terreni su cui cade il seme.
Il «non comprendere» la Parola (il terreno duro della strada, prima situazione descritta nella parabola) non è a livello intellettuale: la Parola ci supera sempre e tutti, per questo è per i «piccoli», non per i dotti (Vangelo di domenica scorsa). Corrisponde invece al lasciarci rubare ciò che Dio ha «seminato nel cuore». Avere fede che il dono della Parola è il più prezioso ci porta subito a custodirla perché non ce la rubino, come si fa con le cose di valore. La Bibbia ripete tante volte questo invito: «custodire» la Parola di Dio. Il capirla, il viverla, il comunicarla vengono da questo e dopo questo.
Il secondo terreno umano negativo è quello segnato dalla «incostanza», letteralmente: «ciò che è di un momento». Solo la fatica del durare può far portare frutto: questo vale per ogni relazione, più ancora per quella con Dio.
Il terzo terreno è l'uomo preso dal mondo e dalle ricchezze. Il testo parla di «seduzione». Il libro dell'Apocalisse definisce così la potenza umana a servizio del male: è come una prostituta che ha la capacità di «sedurre». Ti vuole conquistare, non per amore, ma perché tu ti vendi a lei. Ci vuole vigilanza e discernimento: saper cogliere i segni veri dell'amore, quello che viene da Dio, che non ti compra, ma si dona.
Alla fine c'è il terreno buono, che produce frutto: in esso il seme produce altri semi. La Parola di Dio, nel terreno umano che la accoglie, si moltiplica: diventiamo realtà umana che permette ad altri uomini di incontrare Dio e dialogare con Lui. Accogliere la Parola ci rende annunciatori di essa e del suo messaggio di amore, come papa Francesco chiede a tutti i cristiani.

Alberto Vianello

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