dom Luigi Gioia"Vende tutti i suoi averi e compra quel campo"

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (27/07/2014)
Il vangelo di oggi ci propone le parabole del regno dei cieli e ci invita ad interrogarci
prima di tutto su questa stessa espressione: il regno dei cieli. Cosa intente l'evangelista
Mattero utilizzando questa espressione?
Nel vangelo di Matteo resta qualcosa della tendenza propria alla pietà ebraica di non
nominare il nome di Dio invano. Dice dunque ‘regno dei cieli'
per dire ‘regno di Dio'. Quindi
l'espressione ‘regno dei cieli' deve essere sempre capita come ‘regno di Dio' nel senso di
"atto attraverso il quale Dio regna". Quindi il regno dei cieli vuol dire l'azione di Dio,
l'intervento del Signore nella storia e nella vita di ognuno di noi. E' come se all'inizio di
ognuna di queste parabole Matteo dicesse: "Ecco come il Signore interviene nella storia.
Ecco come il Signore agisce in ognuna delle nostre vite".
Questo è ciò per cui preghiamo ogni giorno, quando, ripetendo il Padre Nostro, diciamo:
Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà. Ogni volta che ripetiamo questa preghiera in
realtà chiediamo: "Agisci Signore nella storia. Agisci Signore nelle nostre vite. Che la tua
volontà, che il tuo disegno di amore, di felicità, di salvezza per il mondo e per ognuna delle
nostre vite si realizzi". Quello che chiediamo attraverso questa preghiera è che attraverso le
nostre azioni, il nostro lavoro, i mille piccoli atti quotidiani, apparentemente insignificanti
della nostra vita, piano piano la storia senza senso e senza direzione che regge il mondo
diventi storia di salvezza, diventi storia con un senso, con una direzione.
Cosa ci dice il Vangelo del modo nel quale il Signore agisce nella storia e nelle nostre vite?
Come è che Dio trasforma la storia? Come è che Dio trasforma la nostra vita?
Scegliamo l'ultima di queste piccole parabole, di queste immagini, di queste similitudini.
Matteo dice: Il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni
genere di pesci. Questa immagine un po' curiosa, ispirata al lavoro degli apostoli, affronta
uno degli aspetti più difficili da capire riguardo all'azione del Signore: se Dio effettivamente
è presente e attivo nella storia, perché c'è così tanto male? Perché facciamo così tanto e così
spesso l'esperienza della sofferenza? Perché ci succedono cose che sembrano senza senso?
Perché l'assurdità del trionfo di coloro che fanno il male? Perché la malattia? Perché la
morte?
La risposta di questa parabola è che il Signore non interviene nella storia forzandola, ma
abbracciandola. Come questa rete gettata nel mare, il Signore avvolge tutto, assume tutto,
buoni e cattivi, il bene e il male. Il Signore avvolge ciascuno di noi non solo con il bene che
facciamo, ma anche con il male che ognuno di noi causa, perché il bene e il male sono nel
cuore di ciascuno di noi.
Il Signore non prende il nostro posto. Restiamo responsabili delle nostre scelte, delle
nostre decisioni. Quando facciamo il male non possiamo dire che è il Signore che lo fa o che
lo permette: siamo noi che lo facciamo. E quando subiamo il male, non possiamo dire che è
Dio che ce lo manda o che è Dio che lo permette: sono gli uomini che fanno il male.
Il modo di agire del Signore nella storia, in ognuna delle nostre vite, non è quello di
eliminare il male, ma di assumerlo, di abbracciarlo e di trasformarlo.
Questa rete di cui parla la parabola del regno dei cieli oggi, è stata lanciata quando Gesù
ha steso le sue braccia sul legno della croce. Noi pensavamo di starlo inchiodando, di starlo
immobilizzando, di starlo eliminando, invece lui trasformava queste braccia tese e
inchiodate in un abbraccio che avvolgeva, abbracciava tutti gli uomini, a cominciare da
quelli che lo stavano uccidendo. Questo senso è espresso in modo figurativo e molto
eloquente nei crocifissi del duecento e in modo particolare in quelli giotteschi o in quelli che
si trovano ad esempio ad Assisi, dove si vede un Gesù crocifisso molto sereno, con le braccia
stese, non tanto perché inchiodate sulla croce, ma perché attraverso di esse egli vuole
abbracciare tutti gli uomini. L'abbraccio con il quale il Signore avvolge tutto il mondo e
ciascuno di noi, la rete con la quale cattura tutta la storia, tutte le nostre vite, naturalmente è
il suo amore, è la sua misericordia, è la sua pazienza, è la sua mitezza, è il suo perdono.
Questa stessa verità Paolo la afferma nella seconda lettura, tratta dalla lettera ai Romani,
quando dice: Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene di quelli che amano Dio, -
tutto concorre, sia il bene che il male, tutto concorre al bene di quelli che amano Dio - di coloro che sono stati chiamati secondo un suo disegno. Un tale atto di fede Paolo lo può
fare, perché sa che la rete del regno dei cieli, cioè l'abbraccio di Gesù sulla croce, avvolge
tutto, cattura tutto, tutta la storia, tutti gli eventi grandi e piccoli, tutte le nostre vite, tutte ed
ognuna delle nostre vicende quotidiane. Tutti i capelli del nostro capo sono contati - dice
Gesù. Tutte le nostre lacrime il Signore le vede, e come dice il libro dell'Apocalisse, tutte
queste lacrime lui stesso, il Signore, le asciugherà nel giorno nel quale ci accoglierà nel
regno dei cieli.
Il modo nel quale il Signore abbraccia la nostra storia, le nostre vite, comprende sia il
bene che il male, sia il bene che facciamo e che altri fanno a noi, sia il male che gli altri fanno
a noi ed il male che noi facciamo agli altri. Tutto finisce nel rogo dell'amore del Signore.
Tutto in questo modo, e solo in questo modo, tutto - non solo il bene ma anche il male -
tutto concorre al bene di coloro che Dio ama e che amano Dio.
Il modo nel quale il Signore trasforma la storia è questo. Se subito, già ora, il Signore
eliminasse il male, se prendesse solo i pesci buoni nella sua rete, nessuno di noi si
salverebbe. Se l'abbraccio del crocifisso avvolgesse solo i buoni, saremmo tutti fuori, perché
il male è nel cuore di ciascuno di noi.
Per questo il Signore subisce il male e si lascia crocefiggere. Per questo non elimina il
male, la sofferenza che ciascuno di noi quotidianamente subisce e quotidianamente - a volte
anche involontariamente - infligge: perché il suo modo di vincere il male è di trasformarlo
con la potenza del suo amore, con la potenza della sua mitezza, della sua pazienza, con la
potenza del suo perdono.
Questo è il modo che ha il Signore di regnare sulla storia, di agire nella storia. E' questo il
modo nel quale anche il male può essere trasformato in bene. Questo è il modo nel quale
anche noi, nelle nostre vite, possiamo trasformare il male, sia quello che subiamo che quello
che facciamo, in bene.
Il Vangelo, lo sappiamo, vuol dire "buona novella", "buona notizia". C'è una buona notizia
per ciascuno di noi: sia il male che subiamo che quello che facciamo può, grazie all'amore
del Signore, essere riparato, essere trasformato, essere convertito, contribuire al bene. Come
ce lo dice Paolo in questa frase che non dovremmo mai stancarci di ripetere: Nella fede e
nella speranza tutto concorre al bene di coloro che Dio ama, di coloro che amano Dio.

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