don Luca Garbinetto "La gioia di essere piccolo"
XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/07/2014)
Vangelo: Mt 11,25-30
Se stiamo vivendo un tempo di difficoltà e di crisi interiore, se ci preoccupa il futuro nostro e dei nostri figli, se ci attanaglia l'ansia di fronte alle incertezze economiche e agli squilibri sociali che il mondo ci riserba ogni giorno, può essere che sentiamo le parole di Gesù particolarmente vicine e consolanti. Chi non vorrebbe sentire una mano amica e una voce premurosa affacciarsi nella notte dei propri
problemi e delle proprie inquietudini, per trovare un poco di ristoro e di consolazione?
A qualcuno, forse, verrebbe da sollecitare una certa solidarietà, nel considerare il Vangelo di oggi più consono alle moltitudini di poveri e di diseredati che si ammassano, dimenticati dalla storia, nelle ‘favelas' latinoamericane, nei campi profughi dell'Africa e del Medio Oriente, nelle periferie indiane. Come concentrarsi su noi e sui nostri miseri disagi, quando due terzi dell'umanità soffre tragicamente le pene dell'inferno in terra, attraversando da insignificanti la storia?
Ma potrebbe risultare legittimo, pur riconoscendo tanta tragedia alla quale rischiamo di assuefarci come inebetiti dalle politiche di comunicazione di massa, ritenere che Gesù voglia per lo meno sollevare un poco dal proprio dolore i tanti malati terminali, le famiglie spezzate, i bambini e i giovani afflitti di solitudine cronica che popolano i nostri quartieri e le nostre città occidentali. Non è forse venuto per i malati e per i peccatori, senza distinzione di malattia né di peccato?
Insomma, di fronte all'esultanza di Gesù, di cui si descrive qui il più delicato e intimo trasalimento di gioia, viene opportuno chiedersi davvero chi sono quei piccoli che riconosce come destinatari privilegiati delle ‘cose del Padre'. Chi sono i prediletti del Signore, capaci di sciogliere in tenera allegria il cuore mite e umile del Maestro, tanto da elevarli al rango di custodi del tesoro più prezioso mai nascosto sulla terra: le confidenze del Figlio di Dio, il talento misterioso della divinità incarnata nella debolezza dell'umanità.
Chi sono i piccoli? Chi sono gli stanchi e gli oppressi? Sono le stesse persone? E i sapienti e dotti, ai quali è precluso forse l'accesso all'oggetto più ambito della loro ricerca, cioè l'intimità di Dio?
Provo a percorre il breve itinerario di questi versetti meravigliosi, densissimi, travolgenti. C'è in essi quella stessa rivelazione che il Figlio sceglie di rivelare a... ‘chi ha orecchi per intedere'! Notiamo: chi rivela è il ‘Padre mio', ma anche ‘il Figlio'. E la rivelazione è una scelta libera e gratuita di Dio, del Signore del cielo e della terra. Nessuno lo obbliga, è Lui che vuole, che bene-vuole. La rivelazione delle ‘cose di Dio' è l'atto di più alta e infinita benevolenza che Dio stesso fa verso la sua creatura. Perché le ‘cose di Dio' sono Dio stesso. Dio rivela se stesso.
Gesù lo ha compreso nella contemplazione della sua fanciullezza. ‘Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?' (Lc 2,49): mentre accoglie la rivelazione del Padre, Gesù, il Figlio, si rivela e rivela il Padre. Rivela dunque una relazione, un rapporto intimo, indissolubile. ‘Tutto è stato dato a me dal Padre mio': essi sono una cosa sola, sono la ‘cosa di Dio', sono Dio. Una relazione, di due Persone, che generano la terza: lo Spirito.
E ai piccoli, Dio rivela la possibilità di entrare a far parte di questa relazione. La conoscenza intima, quasi nuziale, del Padre e del Figlio, trabocca grazie allo Spirito e coinvolge, travolge, avvolge ‘colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo'. La rivelazione è relazione, perché è conoscenza non di un oggetto, di una ‘cosa' come la intendiamo noi, ma di una Persona, Gesù, e del Padre in Lui, nello Spirito. ‘La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola' (Gv 17,22).
Meraviglioso annuncio. Gesù gioisce perché il Padre ha voluto-bene che altri siano coinvolti nell'intima relazione di Amore con il Figlio. L'amore non è capace di contenersi; la sua libera gratuità ha bisogno di donarsi nella reciprocità. Ma l' ‘a chi' del dono è scelta gratuita del donante.
E allora, chi sono i piccoli che il Signore del cielo e della terra ha scelto?
Forse ci aiuta a intuirlo partire dagli opposti, da quelli che non sono i piccoli. I sapienti e i dotti non sono i piccoli. Non lo sono, allora, quelli che sono pieni di ‘altre cose', e non delle ‘cose di Dio'. Quelli che hanno tante cose in testa, ma mica solo perché hanno studiato tanto. Si possono considerare sapienti e dotti anche quelli che credono di ‘avere sale in testa' perché hanno vissuto tante esperienze, o perché conoscono una infinità di gente, o perché hanno sempre una risposta pronta per ogni situazione. Fondamentalmente, i sapienti e i dotti sono coloro che non cercano più... il sale, le ‘cose di Dio', perché sono così colmi di ‘altre cose' da pensarsi già saziati. Oppure continuano a cercare, ma fuori posto, con affanno, con ansia, con durezza e rigidità, convinti che la sapienza sia frutto dei propri sforzi e delle proprie ‘cose' accumulate. I sapienti e i dotti per il mondo sono quelli che hanno il granaio pieno, ma che da tanta fatica e da tanti meriti ammassati ricavano solamente tanta stanchezza.
Potrà sembrare paradossale, ma accade che i piccoli spuntino all'orizzonte proprio nel momento in cui un sapiente o dotto di questa terra si accorge di avere... battuto vento e menato il can per l'aia! Quanta spossatezza nel portare da soli il peso della vita, ricercando in ‘altre cose' che non sono la rivelazione di Dio in Gesù la stessa gioia che fa esultare il Figlio! Quanta oppressione nel cuore di un uomo e di una donna schiavi di mille idoli e di mille diversivi, nel tentativo di costruirsi una falsa libertà fatta di conquiste e di successi personali!
Credo che Dio abbia benevolmente deciso di rivelare le proprie ‘cose', cioè se stesso, semplicemente a tutti coloro che capiscono e scelgono di avere assoluto bisogno di Lui per poter portare il giogo della vita. Coloro che comprendono di non farcela da soli... e intuiscono di non essere più soli!
Forse sarà più facile rendersi conto di avere bisogno di Dio quando si è nella miseria e nella sofferenza fisica. Ma non è scontato. Il tragitto del cuore, per decidere e intraprendere il santo viaggio verso il cuore mite e umile di Gesù, è sempre misteriosamente personale e frutto di un'intima e coraggiosa decisione. Lasciare da parte la propria ricerca di sicurezze e di riempimenti vari, quando ci si trova sull'orlo del baratro del vuoto che sperimenta il ricco di sé al cospetto della morte e delle sue tracce, è un atto di straordinaria umanità che ogni persona deve e può benevolmente fare. La benevolenza di chi, in questo modo, si riconosce e si fa piccolo, fa gioire il cuore di Gesù tanto quanto la benevolenza del Padre.
Piccolo è ognuno di noi, nel momento in cui si scopre troppo gonfio di sé dietro le maschere delle proprie buone azioni, e accetta di percorre quell'appassionante tratto di strada che lo attrae verso il Figlio. E questi crocifisso. Cioè piccolo, come una briciola di pane spezzato. Piccolo, perché totalmente abbandonato al Padre, totalmente dipendente dalla relazione intima con il Padre, totalmente affidato al Padre per portare in due il giogo della vita.
Voi tutti, allora, che vi riconoscete insoddisfatti e delusi dalle scorribande della vita su sentieri egocentrici e stolti, cambiate strada, con-vertitevi, lasciatevi attrarre, e gustate la dolcezza che rende il passo leggero e i muscoli forti.
Vangelo: Mt 11,25-30
Se stiamo vivendo un tempo di difficoltà e di crisi interiore, se ci preoccupa il futuro nostro e dei nostri figli, se ci attanaglia l'ansia di fronte alle incertezze economiche e agli squilibri sociali che il mondo ci riserba ogni giorno, può essere che sentiamo le parole di Gesù particolarmente vicine e consolanti. Chi non vorrebbe sentire una mano amica e una voce premurosa affacciarsi nella notte dei propri
problemi e delle proprie inquietudini, per trovare un poco di ristoro e di consolazione?
A qualcuno, forse, verrebbe da sollecitare una certa solidarietà, nel considerare il Vangelo di oggi più consono alle moltitudini di poveri e di diseredati che si ammassano, dimenticati dalla storia, nelle ‘favelas' latinoamericane, nei campi profughi dell'Africa e del Medio Oriente, nelle periferie indiane. Come concentrarsi su noi e sui nostri miseri disagi, quando due terzi dell'umanità soffre tragicamente le pene dell'inferno in terra, attraversando da insignificanti la storia?
Ma potrebbe risultare legittimo, pur riconoscendo tanta tragedia alla quale rischiamo di assuefarci come inebetiti dalle politiche di comunicazione di massa, ritenere che Gesù voglia per lo meno sollevare un poco dal proprio dolore i tanti malati terminali, le famiglie spezzate, i bambini e i giovani afflitti di solitudine cronica che popolano i nostri quartieri e le nostre città occidentali. Non è forse venuto per i malati e per i peccatori, senza distinzione di malattia né di peccato?
Insomma, di fronte all'esultanza di Gesù, di cui si descrive qui il più delicato e intimo trasalimento di gioia, viene opportuno chiedersi davvero chi sono quei piccoli che riconosce come destinatari privilegiati delle ‘cose del Padre'. Chi sono i prediletti del Signore, capaci di sciogliere in tenera allegria il cuore mite e umile del Maestro, tanto da elevarli al rango di custodi del tesoro più prezioso mai nascosto sulla terra: le confidenze del Figlio di Dio, il talento misterioso della divinità incarnata nella debolezza dell'umanità.
Chi sono i piccoli? Chi sono gli stanchi e gli oppressi? Sono le stesse persone? E i sapienti e dotti, ai quali è precluso forse l'accesso all'oggetto più ambito della loro ricerca, cioè l'intimità di Dio?
Provo a percorre il breve itinerario di questi versetti meravigliosi, densissimi, travolgenti. C'è in essi quella stessa rivelazione che il Figlio sceglie di rivelare a... ‘chi ha orecchi per intedere'! Notiamo: chi rivela è il ‘Padre mio', ma anche ‘il Figlio'. E la rivelazione è una scelta libera e gratuita di Dio, del Signore del cielo e della terra. Nessuno lo obbliga, è Lui che vuole, che bene-vuole. La rivelazione delle ‘cose di Dio' è l'atto di più alta e infinita benevolenza che Dio stesso fa verso la sua creatura. Perché le ‘cose di Dio' sono Dio stesso. Dio rivela se stesso.
Gesù lo ha compreso nella contemplazione della sua fanciullezza. ‘Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?' (Lc 2,49): mentre accoglie la rivelazione del Padre, Gesù, il Figlio, si rivela e rivela il Padre. Rivela dunque una relazione, un rapporto intimo, indissolubile. ‘Tutto è stato dato a me dal Padre mio': essi sono una cosa sola, sono la ‘cosa di Dio', sono Dio. Una relazione, di due Persone, che generano la terza: lo Spirito.
E ai piccoli, Dio rivela la possibilità di entrare a far parte di questa relazione. La conoscenza intima, quasi nuziale, del Padre e del Figlio, trabocca grazie allo Spirito e coinvolge, travolge, avvolge ‘colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo'. La rivelazione è relazione, perché è conoscenza non di un oggetto, di una ‘cosa' come la intendiamo noi, ma di una Persona, Gesù, e del Padre in Lui, nello Spirito. ‘La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola' (Gv 17,22).
Meraviglioso annuncio. Gesù gioisce perché il Padre ha voluto-bene che altri siano coinvolti nell'intima relazione di Amore con il Figlio. L'amore non è capace di contenersi; la sua libera gratuità ha bisogno di donarsi nella reciprocità. Ma l' ‘a chi' del dono è scelta gratuita del donante.
E allora, chi sono i piccoli che il Signore del cielo e della terra ha scelto?
Forse ci aiuta a intuirlo partire dagli opposti, da quelli che non sono i piccoli. I sapienti e i dotti non sono i piccoli. Non lo sono, allora, quelli che sono pieni di ‘altre cose', e non delle ‘cose di Dio'. Quelli che hanno tante cose in testa, ma mica solo perché hanno studiato tanto. Si possono considerare sapienti e dotti anche quelli che credono di ‘avere sale in testa' perché hanno vissuto tante esperienze, o perché conoscono una infinità di gente, o perché hanno sempre una risposta pronta per ogni situazione. Fondamentalmente, i sapienti e i dotti sono coloro che non cercano più... il sale, le ‘cose di Dio', perché sono così colmi di ‘altre cose' da pensarsi già saziati. Oppure continuano a cercare, ma fuori posto, con affanno, con ansia, con durezza e rigidità, convinti che la sapienza sia frutto dei propri sforzi e delle proprie ‘cose' accumulate. I sapienti e i dotti per il mondo sono quelli che hanno il granaio pieno, ma che da tanta fatica e da tanti meriti ammassati ricavano solamente tanta stanchezza.
Potrà sembrare paradossale, ma accade che i piccoli spuntino all'orizzonte proprio nel momento in cui un sapiente o dotto di questa terra si accorge di avere... battuto vento e menato il can per l'aia! Quanta spossatezza nel portare da soli il peso della vita, ricercando in ‘altre cose' che non sono la rivelazione di Dio in Gesù la stessa gioia che fa esultare il Figlio! Quanta oppressione nel cuore di un uomo e di una donna schiavi di mille idoli e di mille diversivi, nel tentativo di costruirsi una falsa libertà fatta di conquiste e di successi personali!
Credo che Dio abbia benevolmente deciso di rivelare le proprie ‘cose', cioè se stesso, semplicemente a tutti coloro che capiscono e scelgono di avere assoluto bisogno di Lui per poter portare il giogo della vita. Coloro che comprendono di non farcela da soli... e intuiscono di non essere più soli!
Forse sarà più facile rendersi conto di avere bisogno di Dio quando si è nella miseria e nella sofferenza fisica. Ma non è scontato. Il tragitto del cuore, per decidere e intraprendere il santo viaggio verso il cuore mite e umile di Gesù, è sempre misteriosamente personale e frutto di un'intima e coraggiosa decisione. Lasciare da parte la propria ricerca di sicurezze e di riempimenti vari, quando ci si trova sull'orlo del baratro del vuoto che sperimenta il ricco di sé al cospetto della morte e delle sue tracce, è un atto di straordinaria umanità che ogni persona deve e può benevolmente fare. La benevolenza di chi, in questo modo, si riconosce e si fa piccolo, fa gioire il cuore di Gesù tanto quanto la benevolenza del Padre.
Piccolo è ognuno di noi, nel momento in cui si scopre troppo gonfio di sé dietro le maschere delle proprie buone azioni, e accetta di percorre quell'appassionante tratto di strada che lo attrae verso il Figlio. E questi crocifisso. Cioè piccolo, come una briciola di pane spezzato. Piccolo, perché totalmente abbandonato al Padre, totalmente dipendente dalla relazione intima con il Padre, totalmente affidato al Padre per portare in due il giogo della vita.
Voi tutti, allora, che vi riconoscete insoddisfatti e delusi dalle scorribande della vita su sentieri egocentrici e stolti, cambiate strada, con-vertitevi, lasciatevi attrarre, e gustate la dolcezza che rende il passo leggero e i muscoli forti.
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