Alberto Vianello Monastero Marango"Solo il cuore del Padre può rivelare il suo Figlio"

Letture: Is 22,19-23; Rm 11,33-36; Mt 16,13-20
1) Gesù domanda ai suoi discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?». Non chiede una definizione dogmatica o catechistica, interroga, invece, sul tipo di coinvolgimento personale con Lui. Nella nostra vita, in ascolto del Vangelo, ci troviamo interpellati su come concepiamo il nostro rapporto di credenti con Gesù. E’ la domanda più radicale che il Vangelo ci
propone. Non ha senso rifugiarsi dietro formule teologiche, perché porta all'orgoglio dei propri studi, oppure dietro la propria poca fede, che non sa cosa rispondere. È una domanda che ci mette a nudo e che ci deve portare a lasciarci lavorare dentro.
Avviene come nei momenti di svolta delle relazioni più strette, quando l'altro ci interpella: «Chi sono io per te?». Si può solo fare verità, e reintessere daccapo ciò che, forse, abbiamo dato troppo per scontato.
Alla risposta di Pietro, Gesù proclama la sua beatitudine: «Perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». Pietro può dirsi felice (beato), non perché ha dato una definizione giusta, ma perché è stato toccato dalla rivelazione del Padre. Il Padre gli ha fatto cogliere come quell'uomo, Gesù, sia suo Figlio; come solo un padre può dire del proprio figlio: nell'amore, nella compiacenza, nel dono di sé.
Così si può dire che Gesù «è Figlio di Dio» perché lo si è studiato nei libri, oppure perché lo si è sentito da un cuore di Padre. È probabile che solo nel secondo caso si sia più spontaneamente portati, poi, a scoprire che si hanno tanti fratelli, tutti figli dell'unico Padre. Il primo caso, all'opposto, tende facilmente a marcare la distanza, invece che la comunione: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini...» (cfr. Lc 18,9-14).
Che sia il Padre a rivelarlo significa che l'uomo non può arrivarci da solo. «Carne e sangue» non vuol dire solo un'umanità fragile e debole: anche nella sua forza vitale e nelle sue capacità, l'uomo non può giungere a Dio. C'è sempre uno scarto fra Dio e ciò che l'uomo, di suo punto, può cogliere o pensare di Lui. Dio non può essere il frutto del pensiero dell'uomo, neppure della sua fede. Tutto ciò che cogliamo di Dio, anche quando dura un solo attimo, è perché Lui si rivela. Non facciamo luce su Dio: è la sua luce che ci illumina. A noi spetta solo di farci piccoli, di semplificarci nei nostri pensieri, perché questa è l'unica condizione e l'unica via per farci raggiungere da questa incredibile e meravigliosa rivelazione.

Fatto oggetto di tale grazia, Pietro riceve dal Signore un'autorità sulla Chiesa: è tutto dono dall'alto, non motivo di vanto, ma di umiltà e ringraziamento. La rivelazione lo responsabilizza, non lo esalta.
Nella Chiesa, talvolta, si riconosce il dono (a parole), però se ne fa motivo di vanto o di affermazione di sé. Si marca lo specifico del compito e del ministero ricevuto. Ma il servizio deve portare a confondersi con coloro ai quali viene prestato, non deve portare a distinguersi. Il lievito, finché si distacca dalla massa, non potrà mai essere se stesso.
In ogni modo, va anche detto che l'autorità di Pietro non è personale, ma collegiale. Infatti, Gesù affermerà lo stesso potere di legare e sciogliere, sempre nell'ambito della Chiesa, anche agli altri discepoli: cfr. Mt 18,18.

Questa autorità di Pietro è data dall'essere «pietra». E’ Cristo il fondamento della Chiesa, proprio quello che Pietro ha appena affermato con la sua professione di fede. Il suo partecipare a Cristo-pietra consiste nel compito di «confermare» e «consolidare» nella fede i fratelli (cfr. Lc 22,32).
Il male non prevarrà sulla Chiesa: anche questo è un effetto della Pasqua di Cristo. Chi ha autorità nella Chiesa esercita l'espressione di questa forza positiva di vita: nell'annuncio del Vangelo, nei Sacramenti, nella vita di carità. Vi opera Cristo, attraverso il servizio dei fratelli. La scelta di alcuni e la scelta di Pietro non crea differenze e poteri che discriminano: dà, invece, concretezza alla forza di vita che è data a che cammina nella fede, attribuendo ad alcuni il fardello di portare per tutti.
Ma tutti portiamo il peso di un Signore che ha voluto e vuole rivelarsi a ciascuno, perché tutti, insieme, camminiamo verso di Lui.

Alberto Vianello

Commenti

Post più popolari