Commento al Vangelo di ENZO BIANCHI"Voi chi dite che io sia"
XXI domenica del tempo ordinario
24 agosto 2014
Gesù è il fondamento della mia vita? È veramente per me l’icona, l’immagine in cui contemplo il Dio invisibile? Lo sento come una presenza sempre accanto a me, che trasforma e riplasma la mia vita ogni giorno?
Per me chi è Gesù? Questa è la domanda decisiva che il vangelo di questa domenica pone a ogni uomo o donna che voglia seguirlo: chi è Gesù?
Da alcuni anni Gesù di Nazaret era sulla scena della Galilea, e l’eco della sua fama era giunto fino in Giudea (cf. Mt 4,25). Con un piccolo numero di discepoli coinvolti
nella sua vita egli si muoveva di città in città, predicando la venuta del regno di Dio (cf. Mt 4,17.23; 10,35), “facendo del bene e guarendo” (At 10,38). Molti andavano da lui, altri lo cercavano perché erano disposti a mettere la loro fiducia in quell’uomo che appariva un rabbi, un profeta e soprattutto uno che toglieva terreno al demonio, guarendo, curando, consolando, dando dignità e vigore a chi era ai margini della società a causa del suo peccato e dei suoi errori. Come sempre, di fronte a qualcuno che appare con tratti inediti, nascono e crescono le domande: da dove viene? Chi sono i suoi famigliari? Dove ha studiato? Che potere esercita? Gesù sa che è sorta questa discussione intorno a sé, sa che alcuni lo esaltano, mentre altri lo disprezzano e ne condannano la parola e l’azione.
Ed ecco che un giorno fuori della terra santa, a Cesarea, residenza del tetrarca Filippo, mentre si trova in disparte con i suoi discepoli, Gesù chiede loro informazioni su ciò che la gente pensa e dice di lui. Le risposte sono diverse: per alcuni egli è Giovanni il Battista, il suo maestro, ucciso da Erode (cf. Mt 14,3-12) ma ritornato in vita; per altri è “Elia”, il profeta che deve venire “prima che giunga il giorno grande e temibile del Signore” (Ml 3,22); per altri ancora è Geremia redivivo o uno dei profeti inviati da Dio al suo popolo.
Allora Gesù, che non disprezza queste ipotesi fatte dalla gente, interroga più direttamente i suoi discepoli: “Ma voi”, voi che mi seguite, che vivete con me, che mi ascoltate e siete testimoni del mio parlare e agire, del mio stile di vita, voi ai quali ho consegnato la conoscenza dei misteri del regno dei cieli (cf. Mt 13,11), “voi chi dite che io sia?”. Non sappiamo cosa sia avvenuto esattamente, in risposta a tale interrogativo. Forse c’è stato un silenzio imbarazzato, qualche balbettio, qualche atteggiamento di diffidenza verso quella domanda così diretta. Quello che è certo, e su cui i vangeli sinottici sono unanimi, è che uno dei Dodici, Simon Pietro, con audacia, coraggio e convinzione esclama: “Tu sei il Cristo, cioè il Messia, il Figlio del Dio vivente”.
Questa è la confessione di Pietro che proclama la fede in Gesù. Secondo Matteo questa fede di Pietro è sincera, è solida. Per lui Gesù non è solo un profeta, è l’Unto del Signore inviato nel mondo, è il Figlio di Dio, il Messia discendente di David generato da Dio stesso (cf. Sal 2,7; Mt 1,1). Pietro in verità non capisce tutta la portata della sua confessione di fede, non comprende che Gesù è “un Messia al contrario”, perché conoscerà fallimento, condanna, rifiuto e morte violenta inflittagli dal suo popolo e dalle genti pagane (come Gesù stesso annuncerà subito dopo per tre volte: cf. Mt 16,21; 17,22-23; 20,17-19), ma la sua confessione è ortodossa, dice la verità.
Per questo Gesù lo chiama: “Beato”, perché tali parole non scaturiscono dalla mente di Pietro, non sono una proiezione del suo desiderio, ma sono una rivelazione: Pietro sa e parla perché Dio in quel momento ha alzato per lui il velo sull’identità di Gesù. Ecco perché egli si vede cambiato il nome da parte di Gesù, e da Simone diventa Pietro, Roccia su cui è fondata la chiesa: Pietra-Roccia, non per una propria volontà, ma perché Dio lo ha reso tale, in modo che tutti possano trovare nella sua persona e nella sua fede un luogo di sostegno saldo, un riferimento capace di confermarli nella fede (cf. Lc 22,32).
Ma veniamo alla domanda seria posta a ciascuno di noi da questa pagina evangelica: ho veramente questa conoscenza di Gesù? Lo vedo e lo sento come fondamento della mia vita? Gesù è veramente per me l’icona, l’immagine in cui contemplo il Dio invisibile (cf. Col 1,15)? Lo sento come una presenza sempre accanto a me, che trasforma e riplasma la mia vita ogni giorno? Il rischio è sempre quello di essere cattolici nell’ortodossia della fede, persone che conoscono e recitano formule, che cantano il “Credo”, ma poi non lasciano che Gesù sia il Kýrios, il Signore della loro vita: ortodossi nella fede ma senza obbedienza a Gesù Cristo! Ci sono invece uomini e donne che dicono appena: “Gesù era buono”; che non osano neanche affermare che è la seconda persona della santissima Trinità; che non osano pensarlo con le formule del “Credo”… eppure lo lasciano entrare nella loro vita e lo lasciano regnare in essa con il suo Vangelo. Meglio costoro di certi cristiani ortodossi quanto alla confessione di fede, ma che non vivono nessuna reazione con Gesù e si illudono di viverla con
24 agosto 2014
Gesù è il fondamento della mia vita? È veramente per me l’icona, l’immagine in cui contemplo il Dio invisibile? Lo sento come una presenza sempre accanto a me, che trasforma e riplasma la mia vita ogni giorno?
Per me chi è Gesù? Questa è la domanda decisiva che il vangelo di questa domenica pone a ogni uomo o donna che voglia seguirlo: chi è Gesù?
Da alcuni anni Gesù di Nazaret era sulla scena della Galilea, e l’eco della sua fama era giunto fino in Giudea (cf. Mt 4,25). Con un piccolo numero di discepoli coinvolti
nella sua vita egli si muoveva di città in città, predicando la venuta del regno di Dio (cf. Mt 4,17.23; 10,35), “facendo del bene e guarendo” (At 10,38). Molti andavano da lui, altri lo cercavano perché erano disposti a mettere la loro fiducia in quell’uomo che appariva un rabbi, un profeta e soprattutto uno che toglieva terreno al demonio, guarendo, curando, consolando, dando dignità e vigore a chi era ai margini della società a causa del suo peccato e dei suoi errori. Come sempre, di fronte a qualcuno che appare con tratti inediti, nascono e crescono le domande: da dove viene? Chi sono i suoi famigliari? Dove ha studiato? Che potere esercita? Gesù sa che è sorta questa discussione intorno a sé, sa che alcuni lo esaltano, mentre altri lo disprezzano e ne condannano la parola e l’azione.
Ed ecco che un giorno fuori della terra santa, a Cesarea, residenza del tetrarca Filippo, mentre si trova in disparte con i suoi discepoli, Gesù chiede loro informazioni su ciò che la gente pensa e dice di lui. Le risposte sono diverse: per alcuni egli è Giovanni il Battista, il suo maestro, ucciso da Erode (cf. Mt 14,3-12) ma ritornato in vita; per altri è “Elia”, il profeta che deve venire “prima che giunga il giorno grande e temibile del Signore” (Ml 3,22); per altri ancora è Geremia redivivo o uno dei profeti inviati da Dio al suo popolo.
Allora Gesù, che non disprezza queste ipotesi fatte dalla gente, interroga più direttamente i suoi discepoli: “Ma voi”, voi che mi seguite, che vivete con me, che mi ascoltate e siete testimoni del mio parlare e agire, del mio stile di vita, voi ai quali ho consegnato la conoscenza dei misteri del regno dei cieli (cf. Mt 13,11), “voi chi dite che io sia?”. Non sappiamo cosa sia avvenuto esattamente, in risposta a tale interrogativo. Forse c’è stato un silenzio imbarazzato, qualche balbettio, qualche atteggiamento di diffidenza verso quella domanda così diretta. Quello che è certo, e su cui i vangeli sinottici sono unanimi, è che uno dei Dodici, Simon Pietro, con audacia, coraggio e convinzione esclama: “Tu sei il Cristo, cioè il Messia, il Figlio del Dio vivente”.
Questa è la confessione di Pietro che proclama la fede in Gesù. Secondo Matteo questa fede di Pietro è sincera, è solida. Per lui Gesù non è solo un profeta, è l’Unto del Signore inviato nel mondo, è il Figlio di Dio, il Messia discendente di David generato da Dio stesso (cf. Sal 2,7; Mt 1,1). Pietro in verità non capisce tutta la portata della sua confessione di fede, non comprende che Gesù è “un Messia al contrario”, perché conoscerà fallimento, condanna, rifiuto e morte violenta inflittagli dal suo popolo e dalle genti pagane (come Gesù stesso annuncerà subito dopo per tre volte: cf. Mt 16,21; 17,22-23; 20,17-19), ma la sua confessione è ortodossa, dice la verità.
Per questo Gesù lo chiama: “Beato”, perché tali parole non scaturiscono dalla mente di Pietro, non sono una proiezione del suo desiderio, ma sono una rivelazione: Pietro sa e parla perché Dio in quel momento ha alzato per lui il velo sull’identità di Gesù. Ecco perché egli si vede cambiato il nome da parte di Gesù, e da Simone diventa Pietro, Roccia su cui è fondata la chiesa: Pietra-Roccia, non per una propria volontà, ma perché Dio lo ha reso tale, in modo che tutti possano trovare nella sua persona e nella sua fede un luogo di sostegno saldo, un riferimento capace di confermarli nella fede (cf. Lc 22,32).
Ma veniamo alla domanda seria posta a ciascuno di noi da questa pagina evangelica: ho veramente questa conoscenza di Gesù? Lo vedo e lo sento come fondamento della mia vita? Gesù è veramente per me l’icona, l’immagine in cui contemplo il Dio invisibile (cf. Col 1,15)? Lo sento come una presenza sempre accanto a me, che trasforma e riplasma la mia vita ogni giorno? Il rischio è sempre quello di essere cattolici nell’ortodossia della fede, persone che conoscono e recitano formule, che cantano il “Credo”, ma poi non lasciano che Gesù sia il Kýrios, il Signore della loro vita: ortodossi nella fede ma senza obbedienza a Gesù Cristo! Ci sono invece uomini e donne che dicono appena: “Gesù era buono”; che non osano neanche affermare che è la seconda persona della santissima Trinità; che non osano pensarlo con le formule del “Credo”… eppure lo lasciano entrare nella loro vita e lo lasciano regnare in essa con il suo Vangelo. Meglio costoro di certi cristiani ortodossi quanto alla confessione di fede, ma che non vivono nessuna reazione con Gesù e si illudono di viverla con
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