Lectio divina su Matteo 16, 13-20"MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?"
1. All’inizio dell’incontro
Guida: Benedetto sia il Signore che ha promesso di stare sempre vicino a chi crede in lui.
Tutti: Ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen
Guida: Fratelli e sorelle, il Signore sradica in noi i rami secchi d’un cristianesimo non fondato sulla sua Parola; egli pota i tralci che portano frutto perché ne portino di più. Confessiamo a lui la nostra povertà.
Preghiamo insieme: Ti ringraziamo, Signore, per il tempo che ci doni per ascoltare la tua Parola: rendici attenti ascoltatori perché la tua Parola è vita per noi, essa ci manifesta la nostra identità e
verità cui siamo chiamati. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen
Recitiamo il salmo 28
[1] A te grido, Signore; non restare in silenzio, mio Dio, perché, se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa.
[2]Ascolta la voce della mia supplica, quando ti grido aiuto, quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio.
[3]Non travolgermi con gli empi, con quelli che operano il male. Parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore.
[4]Ripagali secondo la loro opera e la malvagità delle loro azioni. Secondo le opere delle loro mani, rendi loro quanto meritano.
[5]Poiché non hanno compreso l'agire del Signore e le opere delle sue mani, egli li abbatta e non li rialzi.
[6]Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera;
[7]il Signore è la mia forza e il mio scudo, ho posto in lui la mia fiducia; mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore, con il mio canto gli rendo grazie.
[8]Il Signore è la forza del suo popolo, rifugio di salvezza del suo consacrato.
[9]Salva il tuo popolo e la tua eredità benedici, guidali e sostienili per sempre.
S. Agostino
Commento ai Salmi
Per cantare un cantico nuovo, spogliatevi di tutto ciò che è vecchio. Un Testamento nuovo e un cantico nuovo, esigono un uomo nuovo. Un cantico nuovo non appartiene ad uomini vecchi; non possono imparare un cantico nuovo se non uomini nuovi, rinnovati per mezzo della grazia da tutto ciò che è vecchio, e appartenenti ormai al nuovo Testamento, che è il regno Idei cieli; verso il quale sospira tutto il nostro amore e innalza un cantico nuovo. Canti un cantico nuovo, non la lingua ma la vita. Riconosciamo nella bibbia la voce di Cristo; cioè la voce del capo e del corpo di Cristo. Quando senti parlare Cristo, non separare lo sposo dalla sposa, e pensa a quel grande mistero: Saranno due in una sola carne. Ora, se sono due in una sola carne, perché non possono essere due in una sola voce?
C'è un uomo che è diffuso in tutta la terra; il suo capo è lassù in cielo, le sue membra sono quaggiù in terra. La sua voce si fa sentire in tutta la bibbia. Ora canta, ora geme; ora è lieto nella speranza, ora sospira nella prova. E' una voce che ormai ci è così nota e così familiare, come se fosse la nostra.
2. SINOSSI
Matteo 16, 13-20
[13]Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: <<La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?>>.
[14]Risposero: <<Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti>>.
[15]Disse loro: <<Voi chi dite che io sia?>>.
[16]Rispose Simon Pietro: <<Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente>>.
[17]E Gesù: <<Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli.
[18]E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
[19]A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli>>.
[20]Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Marco 8, 27-30
[27]Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: <<Chi dice la gente che io sia?>>.
[28]Ed essi gli risposero: <<Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti>>.
[29]Ma egli replicò: <<E voi chi dite che io sia?>>.
Pietro gli rispose: <<Tu sei il Cristo>>.
[30]E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.
Luca 9, 18-21
[18]Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: <<Chi sono io secondo la gente?>>.
[19]Essi risposero: <<Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto>>.
[20]Allora domandò: <<Ma voi chi dite che io sia?>>. Pietro, prendendo la parola, rispose: <<Il Cristo di Dio>>.
[21]Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno.
3. Alcune domande
1. Guardando la Sinossi, vediamo che in Marco e in Luca ci sono alcuni spazi vuoti: cosa lascia intendere tutto questo?
2. Gesù porta i suoi discepoli all’estremo nord della Palestina, in una zona quasi disabitata, per sentire l’opinione della gente e loro su di sé e per proclamare per la prima volta il suo futuro di morte: perché andò così fuori mano e lontano dalla gente?
3. Gesù chiede: chi sono io per la gente… e per voi? Cioè, per me, per te. Chi è lui per te, a partire dalla tua esperienza?
4. Matteo è l’evangelista che sta più attento alla Chiesa come istituzione: qui mette in rilievo la figura di Pietro come fondamento della Chiesa. Ti sei mai posto la domanda di come dovrebbe essere la Chiesa stando all’idea di Gesù?
4. Riflessione sul testo
Su questo brano di Matteo si sono scritte un’infinità di cose; lo si è studiato tanto e in ogni dettaglio, soprattutto nella sua seconda parte lì dove Gesù conferisce a Pietro un certo primato nella Chiesa che egli ha in mente di fondare.
In se stesso, il brano si pone come uno spartiacque tra due momenti diversi della vita di Gesù: si lascia alle spalle la predicazione di Gesù in Galilea che non ha avuto molto successo e si apre un futuro nuovo che porterà Gesù a Gerusalemme e alla brutale morte in Croce. A cavallo tra questi due momenti è posto questo brano in cui si rivela il desiderio di Gesù di mettere i puntini sugli i: cosa pensa la gente di lui e cosa pensano i suoi discepoli. Attorno a lui si conosce qualcosa della sua identità e cosa si conosce, in particolare?
Al versetto 13 del nostro brano si precisa un luogo: Cesarea di Filippo. Una località molto distante da Gerusalemme, nell’estremo nord della Palestina, in pieno territorio pagano. Perché Gesù si è spinto tanto lontano e lì, in questa lontananza da tutto e da tutti (Luca parla di “un luogo solitario” e non di Cesarea di Filippo), interroga i discepoli sull’opinione che la gente e loro stessi si sono fatti di lui? Forse perché in questa solitudine e in terra pagana, intendeva sbloccare la situazione, rompere col passato recente e prendere decisioni nuove, coinvolgendo ancora di più i suoi discepoli nel suo cammino di sofferenza che lo aspettava. Però doveva sentire anche il loro parere il più genuino possibile, il meno influenzato dalle altrui opinioni.
Lì in quella lontananza, Gesù chiede a bruciapelo ai discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. In Marco e in Luca non si dice: “Figlio dell’uomo” che designa una figura molto nota nell’apocalittica giudaica e che impersonava il giudice divino della fine dei tempi; bensì nei due sinottici si dice in maniera netta: “Chi dice la gente che io sia?”. Pertanto risulta evidente che per Matteo il Figlio dell’uomo è Gesù stesso e non una figura astratta. Infatti in Matteo, Figlio dell’uomo sostituisce l’Io sia di Marco e Luca.
Matteo, in una luce postpasquale, dà già una risposta alla domanda di Gesù: egli è il Figlio dell’uomo, il Messia futuro. Però, la gente, la folla in genere, cosa chiacchiera sul mio conto? chiede Gesù.
Nel versetto 14 i discepoli riferiscono le chiacchiere della gente: Tu, per essa, sei il Battista, oppure Elia o uno degli antichi profeti. Matteo a queste tre risposte riportate da Marco e da Luca ne aggiunge una quarta: alcune persone pensano che tu sia il profeta Geremia. Perché questa aggiunta? Forse perché Geremia rappresenta l’uomo della sofferenza; il profeta che più di ogni altro assomiglia, nel dolore, a Gesù che da questo momento in poi punterà verso Gerusalemme, verso la croce.
Comunque, questa lista di nomi attribuita dalla gente comune a Gesù, non comprende la figura del Figlio dell’uomo, cioè del personaggio col quale si davano inizio agli ultimi tempi, al tempo decisivo dell’agire di Dio nella storia attraverso il suo intermediario. Per la gente, Gesù non era “Colui che deve venire” cioè il Messia promesso per la fine dei tempi. Ma per la comunità di Matteo e per lui stesso, Gesù è il Figlio dell’uomo: Matteo lo ha ripetuto a più riprese fino a questo punto del suo racconto, dieci volte in tutto. Gesù è l’ atteso restauratore dell’armonia e della pace.
Ma la gente comune non la pensa così. A livello umano è difficile alzarsi al di sopra di questo modo di pensare.
Il versetto 15 ci porta al momento più alto del dialogo di Gesù con i suoi discepoli. Egli domanda loro, in maniera diretta, senza tante perifrasi: “Voi chi dite che io sia?”. Per la gente comune egli è una cosa; ma per loro che già da un po’ di tempo stanno con lui, che cosa è Gesù? I discepoli possono superare quella soglia umana che ad altri non è dato superare. A nome di tutti risponde Pietro al versetto 16: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Per Pietro e per tutti i discepoli, secondo l’evangelista Matteo, Gesù non è soltanto un personaggio importante tra i tanti che la storia del popolo ebreo ha avuto; ma è il Messia, il Cristo, la persona che Dio avrebbe inviato, secondo la mentalità giudaica, alla fine dei tempi per mettere fine ad ogni negatività umana.
Inoltre Matteo aggiunge di suo che Gesù non è soltanto il Messia, il Cristo, ma è lo stesso Figlio del Dio vivente. Questa affermazione non la troviamo in Marco né potrebbe trovarsi in quanto che Gesù, per Marco, verrà riconosciuto quale Figlio di Dio soltanto al momento della sua morte in croce e allora sarà un pagano, il centurione romano a riconosce nell’uomo crocifisso, il Figlio di Dio (Marco 14, 54).
L’evangelista Luca amplia anche lui la parola Cristo aggiungendo: “di Dio” (Luca 9, 21); mentre l’evangelista Giovanni, sempre in un uguale contesto, fa dire a Pietro che Gesù è “il santo di Dio “(Gv 6, 69). In tutti i casi, Marco, Luca e Giovanni qualificano Gesù come il Messia, il Cristo e non come il Figlio di Dio. D’altronde Gesù stesso in Matteo, riconosce che fare questa affermazione è al di là delle possibilità umane. Dire che Gesù è il rivelatore unico e definitivo del volto del Padre celeste in mezzo agli uomini, è puro dono di Dio.
Gesù infatti al versetto 17 risponde così a Pietro: “Beato te, Simone, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre che sta nei cieli”. Con queste parole di Gesù a Pietro, siamo passati nella seconda parte del racconto di Matteo, la quale non è presente né in Marco né in Luca. Essa è solo opera di Matteo. Il fatto che sia il solo a riferire le parole di Gesù racchiuse nei versetti 17-19, ci lascia intendere quanto per Matteo esse siano importanti, svelino una realtà che sta molto a cuore all’evangelista, tanto che non ha paura di trovarsi in solitudine a riportarle.
Al versetto 17 inizia il discorso di Gesù sulla Chiesa e su ciò su cui essa si fonda. Gesù rivolgendosi a Pietro lo dice “beato”: perché? Perché il Padre celeste gli ha fatto il regalo di conoscere ciò che umanamente non è conoscibile. Infatti, in tutto il Nuovo Testamento, in nessun punto si riscontra una designazione del Figlio di Dio così esatta e formulata in maniera così completa, quale si riscontra al versetto 16 nelle parole di Pietro.
Voglio far notare una cosa. Gesù nel versetto 17 mette in contrapposizione i due padri di Pietro: quello terrestre, Giona, padre di Pietro secondo la carne e il sangue; e quello celeste dal quale deriva a Pietro la conoscenza più alta e sublime del mistero di Gesù, Messia e Figlio di Dio. La fragilità umana, con tutti i suoi limiti e l’infinità di Dio che spacca questi limiti riversando su Pietro un di più di conoscenza.
Il versetto 18 ci riferisce le intenzioni di Gesù di fondare la sua Chiesa, cioè la sua comunità, avendo come base, roccia su cui poggiarsi, Pietro, “il beato” perché visitato da Dio. “Tu sei Pietro e su questa pietra io edificherò la mia chiesa”. Gesù è il costruttore, il muratore e Pietro è la base su cui far poggiare la costruzione, la casa: la Chiesa. In italiano, ma anche in greco, ci sono due parole: Pietro e pietra; ma in aramaico, lingua parlata da Gesù, la parola è una sola: Kefa, sostantivo maschile. Gesù dice, in sostanza, che Pietro e la roccia su cui poggiare la casa, la Chiesa, sono la stessa cosa.
Per quale motivo Pietro è la roccia, la pietra, il fondamento della nuova comunità che Gesù intende fondare? Non certo per la sua debolezza e fragilità umane le quali non danno le necessarie garanzie di stabilità alla costruzione; bensì, per la sua confessione di fede che, quale dono di Dio, lo porta a confessare: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio vivente”. Per questo secondo motivo, Gesù dice a Pietro: “Tu sei Roccia e su questa roccia io edificherò la Chiesa”. E’ interessante notare come in un Midrash su Isaia 51, 1-2 (cioè in un commento popolare della bibbia) la stessa cosa venga detta di Abramo. Lì infatti si legge: “Guardate, ho trovato una pietra sulla quale potrò edificare e fondare il mondo”.
Veniamo alla parola di Gesù: “mia Chiesa”: cosa significa? In greco è detta ekklesìa il cui significato è quello di un gruppo di persone chiamate a raccolta, radunate insieme. Da chi? Da Dio. Il termine ekklesìa corrisponde al termine ebraico qahàl che significa la stessa cosa e cioè: Assemblea riunita da Dio. Per questa ekklesìa cosa promette di fare Gesù? Oltre a costruirla sulla roccia della fede di Pietro, farà sì che “contro di essa le porte degli inferi non prevarranno”, è detto sempre al versetto 18.
Le porte degli inferi (Ade in greco) sono le forze disgregatrici del male e della morte: queste forze non avranno il sopravvento sulla Chiesa. Essa sarà indistruttibile perché fondata sulla solida fede di Pietro e di ogni credente in Cristo. La fede è la porta che sbarra l’accesso delle acqua primordiali, cariche di morte, sulla costruzione di Gesù, sulla Chiesa. Un compito insostituibile spetta allora a Pietro e ad ogni credente: quello di essere roccia nella fede senza la quale la casa, la Chiesa sarebbe costruita sulla sabbia. Compito su cui è necessario continuamente vigilare per rendere solida e sicura la Chiesa di Cristo.
Al versetto 19 con una espressione colorita e densa di significato, Gesù dice a Pietro: “A te darò le chiavi del Regno dei cieli”. Siccome la Chiesa è costruita come una casa con le sue fondamenta, allora essa avrà anche una porta e delle chiavi per aprirne l’accesso. O chiuderlo. Secondo la mentalità dei rabbini al tempo di Gesù e di Matteo “avere le chiavi” significava avere la capacità di interpretare la bibbia, di cogliere il senso delle sue parole, di vedere le tracce, i segni della presenza di Dio e del suo Regno nel mondo e di trasmettere tutto ciò all’Assemblea, alla Chiesa dei credenti. Un servizio importante nella comunità: tenere in mano le chiavi del Regno. Un servizio, ma non il potere di fare secondo il proprio arbitrio.
Anche le altre due espressioni di Gesù contenute nel versetto 19: “Tutto ciò che legherai sulla terra…. Tutto ciò che scioglierai sulla terra…”, hanno un significato analogo a quello delle chiavi. Pietro ha una missione grandissima e che Luca esprime per bocca di Gesù, in questi termini: “Tu Pietro, conferma i tuoi fratelli” (Luca 22, 32); cioè, rendi stabile, ferma, solida la fede dei tuoi fratelli, interpretando con autorità la Parola e la volontà di Dio per ogni creatura.
Al versetto 20 Matteo si ricongiunge agli altri due sinottici, Marco e Luca e dice: “Allora Gesù ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo”. Il motivo stava nel fatto che su Gesù correvano opinioni discordanti tra la gente, come avevano rilevato i discepoli più sopra; e poi, anche sul termine Messia-Cristo c’era discordanza tra quello che pensava la gente e quello invece che pensava Gesù sul suo compito di Messia. Quello che pensa Gesù circa ciò che spetta al Messia, lo metterà lui stesso in evidenza, subito dopo questi versetti: non il successo, la vittoria spetta al Messia; bensì l’umiliazione, la sconfitta e la croce.
Solo queste sono la strada del Messia secondo il disegno di Dio, per arrivare a creare un ordine ed un mondo nuovo. Ma la gente non la pensava così, e forse neppure i discepoli di Gesù. Allora era meglio fare silenzio e non dire che Gesù era il Messia.
5. Preghiera conclusiva
Al termine dell’incontro: Padre nostro cantato
Preghiamo insieme: La tua presenza in mezzo a noi, Signore, ci fa Chiesa, popolo della carità, unità che è segno e profezia per l’unità del mondo; tu ci fai Chiesa della libertà, aperti al nuovo e attenti ai tanti carismi da te suscitati. Tu sei in noi ardente speranza.Amen
Guida: Il Signore susciti in noi il desiderio di lui e del suo Regno.
Tutti: Amen
Guida: Ci benedica Dio Onnipotente: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Tutti: Amen
Guida: Andiamo in pace
Tutti: Rendiamo grazie a Dio
Commenti
Posta un commento