Enzo Bianco, sdb"INNALZATO, GESÙ CI ATTIRA A SÉ"
14 settembre 2014 | 24a Dom. Esaltazione della Croce A - T. Ordinario |
Omelia di approfondimento
Dunque, 14 settembre dell'anno 335 dopo Cristo. L'imperatore Costantino aveva fatto costruire due basiliche in Terrasanta: una sul Golgota per ricordare la morte in croce del Signore, e l'altra sul luogo del Sepolcro per ricordare la sua risurrezione.
Il giorno prima, 13 settembre, aveva provveduto alla solenne consacrazione delle due chiese, e il 14 aveva organizzato la grande festa di popolo. Era la prima festa della Santa Croce che mai si fosse celebrata nella Chiesa. E da allora la festa si ripete tutti gli anni.
* Dunque, festa e Croce. Ma è possibile mettere insieme i due termini? Sembrano antitetici, in contraddizione, in litigio tra loro. Festa richiama gioia, trionfo della vita. Croce al contrario indica sofferenza, dolore e morte.
E c'è di peggio. La croce era lo strumento di morte con cui venivano puniti i relitti della società, i gaglioffi e gli schiavi. Il grande Cicerone, vissuto qualche decennio prima, aveva scritto con evidente disgusto e senso di orrore: "Perfino la semplice parola croce deve star lontana non solo dalle labbra dei cittadini romani, ma anche dai loro pensieri, dai loro occhi, dalle loro orecchie".
Ebbene, anche questo parere dice l'eccezionalità dell'evento cristiano: in Gesù i due elementi antitetici si fondono, e proprio dalla croce del Signore nasce la salvezza e la festa per noi.
INNALZATO. CIOÈ?
Gesù, troviamo nei Vangeli, ha usato un'altra espressione che risuona curiosa per noi. Ha anche detto: essere innalzato. Che cosa intendeva indicare? Ricordiamo il Vangelo.
Quel fariseo di nome Nicodemo - un intellettuale, probabilmente onesto ma di sicuro pauroso - era andato di notte da Gesù a domandargli delle spiegazioni. Tra l'altro Gesù gli aveva detto: "Bisogna che il Figlio dell'uomo (così Gesù chiamava se stesso) sia innalzato, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". E già in un'altra occasione aveva detto alle turbe: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me".
Si trattava di un eufemismo, con un doppio significato: per la gente di allora, essere innalzato significava pure: finire appeso a una croce. E Gesù sul Golgota realizzerà proprio questo secondo significato, il peggiore.
Noi però sappiamo che Gesù, posto in alto sul Calvario, ha davvero attirato tutti a sé. Là sulla croce, dalla croce. Con la Ma-donna, le pie donne, san Giovanni, impietriti dal dolore per lui. Con il centurione che non sfugge al fascino struggente di quell'ora, ed esclama: "Veramente costui era Figlio di Dio!".
* L'innalzamento di Gesù sulla croce corrispondeva al massimo grado del suo abbassamento. Ma la croce era la via che Gesù aveva accettato di percorrere per spiegarci fino a che punto giunge l'amore di Dio per l'umanità.
Gesù è venuto a rivelarci l'amore del Padre, e non sarebbe stato creduto se si fosse limitato a dichiararlo a parole. Dicono che l'unico posto in cui le parole contano più dei fatti, è il telegramma. Ma Gesù non poteva spiegarci l'amore del Padre semplicemente con un telegramma dal cielo: "Dio vi ama, passo e chiudo". Doveva dimostrarlo con i fatti. Solo così avremmo potuto capire.
NESSUNO PUÒ DIRE A DIO: TU NON HAI PROVATO
Dio lo ha fatto. Noi ora cerchiamo di capire, e riconosciamo che la bontà di Dio è compossibile con la libertà a volte delirante di noi uomini, con il dolore degli innocenti, le ingiustizie del sociale. E con il deperimento fisico inarrestabile che colpisce ogni vivente, avviandolo alla morte.
*Insomma Dio doveva farsi uno come noi, sporcarsi le mani con le cose di quaggiù, partecipare, condividere, e soltan-to allora sarebbe apparso credibile. E l'ha fatto in Cristo, fino al dono della vita sulla croce. "Ora nessuno più ha il diritto di dire al suo Dio e Signore: "Tu però non hai provato!"" (card. Giovanni Saldarini).
Dopo quanto è avvenuto la sera del Venerdì Santo, noi cristiani possiamo guardare alle tante croci della vita con maggiore serenità e speranza, perché arriviamo a scorgere anche per le nostre esistenze, dietro la silhouette nera del Golgota, i bagliori di quell'alba da noi insperata ma promessa da Dio: la nostra Risurrezione. Perché "Dove c'è la Croce, la risurrezione è vicina" (Dietrich Bonhoeffer).
* Lungo i secoli, la riflessione dei cristiani sulla croce ha suggerito tante cose.
Il segno della croce che tracciamo sulla nostra persona è diventato gesto familiare. E universale. Per esempio quando si va a dormire o ci si sveglia. Racchiude e intreccia insieme i due misteri della fede: con le parole esprimiamo la Trinità di Dio, e con il gesto tracciato dalla mano indichiamo la redenzione: la morte in croce del Signore.
Allora questo segno non sia mai uno scarabocchio, come quello che fanno per esempio i calciatori quando entrano o escono dal campo allo stadio...
* Il dramma del Golgota si è fatto scultura: il Crocefisso. Lo troviamo su ogni chiesa, su ogni altare; nei cimiteri, sulle lapidi dei nostri morti, e ci ricorda la loro fede; collochiamo grosse croci sulle cime dei monti; piccole croci al collo, appese a una catenina. Di fatto noi cristiani disseminiamo l'immagine del crocefisso nei luoghi più impensati, e in ogni parte del mon-do.
LEGGERE IL CROCEFISSO
Noi diamo alla parola crocefisso anche un significato sociale, consideriamo e chiamiamo crocefissi tanti uomini infelici: i poveri, i malati, gli anziani soli, gli sfruttati, gli handicappati. E a ragione. Cristo è il capo del Corpo Mistico, e molte membra del suo Corpo soffrono, in croce con lui. E attendono la nostra solidarietà. Un pensiero di Pascal ci avverte: "Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; e non bisogna dormire durante questo tempo".
* Chissà se il crocefisso è anche nelle nostre case. Non magari nell'angolo riservato ai bambini piccoli: essi non sono in grado di capire quel forte simbolo, possono rimanere impressionati negativamente dal dramma del Golgota. Ma presso i giovani e gli adulti sì: per un discorso di fede che si è fatta matura. E magari per ricordarsi di quegli altri crocefissi - persone vive - che si trovano forse anche nella nostra famiglia, e di cui dobbiamo prenderci cura con amore.
* Dunque oggi, 14 settembre, i cristiani in tutto il mondo, raccolti in chiesa come noi, riflettono sulla croce. Accade dai tempi dell'imperatore Costantino. Gesù, innalzato, ci attira a sé.
Diceva san Giuseppe Cottolengo: "Il più bel libro è il crocefisso, e chi non sa leggerlo è il più sventurato degli analfabeti". Allora impariamo a leggere, e lasciamoci attirare dal Signore Gesù.
Enzo Bianco, sdb -
Omelia di approfondimento
Dunque, 14 settembre dell'anno 335 dopo Cristo. L'imperatore Costantino aveva fatto costruire due basiliche in Terrasanta: una sul Golgota per ricordare la morte in croce del Signore, e l'altra sul luogo del Sepolcro per ricordare la sua risurrezione.
Il giorno prima, 13 settembre, aveva provveduto alla solenne consacrazione delle due chiese, e il 14 aveva organizzato la grande festa di popolo. Era la prima festa della Santa Croce che mai si fosse celebrata nella Chiesa. E da allora la festa si ripete tutti gli anni.
* Dunque, festa e Croce. Ma è possibile mettere insieme i due termini? Sembrano antitetici, in contraddizione, in litigio tra loro. Festa richiama gioia, trionfo della vita. Croce al contrario indica sofferenza, dolore e morte.
E c'è di peggio. La croce era lo strumento di morte con cui venivano puniti i relitti della società, i gaglioffi e gli schiavi. Il grande Cicerone, vissuto qualche decennio prima, aveva scritto con evidente disgusto e senso di orrore: "Perfino la semplice parola croce deve star lontana non solo dalle labbra dei cittadini romani, ma anche dai loro pensieri, dai loro occhi, dalle loro orecchie".
Ebbene, anche questo parere dice l'eccezionalità dell'evento cristiano: in Gesù i due elementi antitetici si fondono, e proprio dalla croce del Signore nasce la salvezza e la festa per noi.
INNALZATO. CIOÈ?
Gesù, troviamo nei Vangeli, ha usato un'altra espressione che risuona curiosa per noi. Ha anche detto: essere innalzato. Che cosa intendeva indicare? Ricordiamo il Vangelo.
Quel fariseo di nome Nicodemo - un intellettuale, probabilmente onesto ma di sicuro pauroso - era andato di notte da Gesù a domandargli delle spiegazioni. Tra l'altro Gesù gli aveva detto: "Bisogna che il Figlio dell'uomo (così Gesù chiamava se stesso) sia innalzato, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna". E già in un'altra occasione aveva detto alle turbe: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me".
Si trattava di un eufemismo, con un doppio significato: per la gente di allora, essere innalzato significava pure: finire appeso a una croce. E Gesù sul Golgota realizzerà proprio questo secondo significato, il peggiore.
Noi però sappiamo che Gesù, posto in alto sul Calvario, ha davvero attirato tutti a sé. Là sulla croce, dalla croce. Con la Ma-donna, le pie donne, san Giovanni, impietriti dal dolore per lui. Con il centurione che non sfugge al fascino struggente di quell'ora, ed esclama: "Veramente costui era Figlio di Dio!".
* L'innalzamento di Gesù sulla croce corrispondeva al massimo grado del suo abbassamento. Ma la croce era la via che Gesù aveva accettato di percorrere per spiegarci fino a che punto giunge l'amore di Dio per l'umanità.
Gesù è venuto a rivelarci l'amore del Padre, e non sarebbe stato creduto se si fosse limitato a dichiararlo a parole. Dicono che l'unico posto in cui le parole contano più dei fatti, è il telegramma. Ma Gesù non poteva spiegarci l'amore del Padre semplicemente con un telegramma dal cielo: "Dio vi ama, passo e chiudo". Doveva dimostrarlo con i fatti. Solo così avremmo potuto capire.
NESSUNO PUÒ DIRE A DIO: TU NON HAI PROVATO
Dio lo ha fatto. Noi ora cerchiamo di capire, e riconosciamo che la bontà di Dio è compossibile con la libertà a volte delirante di noi uomini, con il dolore degli innocenti, le ingiustizie del sociale. E con il deperimento fisico inarrestabile che colpisce ogni vivente, avviandolo alla morte.
*Insomma Dio doveva farsi uno come noi, sporcarsi le mani con le cose di quaggiù, partecipare, condividere, e soltan-to allora sarebbe apparso credibile. E l'ha fatto in Cristo, fino al dono della vita sulla croce. "Ora nessuno più ha il diritto di dire al suo Dio e Signore: "Tu però non hai provato!"" (card. Giovanni Saldarini).
Dopo quanto è avvenuto la sera del Venerdì Santo, noi cristiani possiamo guardare alle tante croci della vita con maggiore serenità e speranza, perché arriviamo a scorgere anche per le nostre esistenze, dietro la silhouette nera del Golgota, i bagliori di quell'alba da noi insperata ma promessa da Dio: la nostra Risurrezione. Perché "Dove c'è la Croce, la risurrezione è vicina" (Dietrich Bonhoeffer).
* Lungo i secoli, la riflessione dei cristiani sulla croce ha suggerito tante cose.
Il segno della croce che tracciamo sulla nostra persona è diventato gesto familiare. E universale. Per esempio quando si va a dormire o ci si sveglia. Racchiude e intreccia insieme i due misteri della fede: con le parole esprimiamo la Trinità di Dio, e con il gesto tracciato dalla mano indichiamo la redenzione: la morte in croce del Signore.
Allora questo segno non sia mai uno scarabocchio, come quello che fanno per esempio i calciatori quando entrano o escono dal campo allo stadio...
* Il dramma del Golgota si è fatto scultura: il Crocefisso. Lo troviamo su ogni chiesa, su ogni altare; nei cimiteri, sulle lapidi dei nostri morti, e ci ricorda la loro fede; collochiamo grosse croci sulle cime dei monti; piccole croci al collo, appese a una catenina. Di fatto noi cristiani disseminiamo l'immagine del crocefisso nei luoghi più impensati, e in ogni parte del mon-do.
LEGGERE IL CROCEFISSO
Noi diamo alla parola crocefisso anche un significato sociale, consideriamo e chiamiamo crocefissi tanti uomini infelici: i poveri, i malati, gli anziani soli, gli sfruttati, gli handicappati. E a ragione. Cristo è il capo del Corpo Mistico, e molte membra del suo Corpo soffrono, in croce con lui. E attendono la nostra solidarietà. Un pensiero di Pascal ci avverte: "Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo; e non bisogna dormire durante questo tempo".
* Chissà se il crocefisso è anche nelle nostre case. Non magari nell'angolo riservato ai bambini piccoli: essi non sono in grado di capire quel forte simbolo, possono rimanere impressionati negativamente dal dramma del Golgota. Ma presso i giovani e gli adulti sì: per un discorso di fede che si è fatta matura. E magari per ricordarsi di quegli altri crocefissi - persone vive - che si trovano forse anche nella nostra famiglia, e di cui dobbiamo prenderci cura con amore.
* Dunque oggi, 14 settembre, i cristiani in tutto il mondo, raccolti in chiesa come noi, riflettono sulla croce. Accade dai tempi dell'imperatore Costantino. Gesù, innalzato, ci attira a sé.
Diceva san Giuseppe Cottolengo: "Il più bel libro è il crocefisso, e chi non sa leggerlo è il più sventurato degli analfabeti". Allora impariamo a leggere, e lasciamoci attirare dal Signore Gesù.
Enzo Bianco, sdb -
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