Luca Desserafino sdb"Non posso fare delle mie cose quello che voglio?"

21 settembre 2014 | 25a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
In questa XXV domenica del Tempo Ordinario la liturgia si sofferma ancora a parlarci della logica dell'agire divino, che sempre è altro da ciò che l'uomo immagina o pensa, ma mai distante da lui perchè coinvolge il suo credere.
La trascendenza di Dio, del totalmente altro, si fa vicino all'umanità in quanto anche Egli assume proprio la condizione umana, affinché essa possa beneficiare del Suo dono (il Figlio e lo Spirito) e grazie ad esso diventare co-erede del Suo regno.

Anche la logica della giustizia divina, delineata nel brano evangelico, non può essere altro dalla logica dell'amore divino che viene manifesta nell'agire dallo stesso Maestro.
La prima lettura, tratta dal profeta Isaia, ci illustra subito l'atteggiamento che ogni credente è chiamato a porre nella sequela al Signore, e cioè "cercate il Signore, mentre si fa trovare". Per ogni uomo e donna di ogni luogo e di ogni tempo l'esistenza è un cammino di ricerca, un andare, cioè, alla ricerca di quella dimensione di felicità e gioia, in una parola, di pienezza, a cui ognuno si sente chiamato, e dalla quale mai si può escludere o dimenticare che questo compimento è oltre la storia ma non assorbe, non smentisce, non annulla la storia personale di ogni battezzato.

Allo stesso tempo è chiesto un cambio di mentalità, un guardare la realtà in modo differente da come il "mondo" la propone a tutti, un vedere credente che si avvicina al vedere misericordioso e giusto del Signore poiché egli dice: "i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie".

La seconda lettura, tratta dalla lettera ai Filippesi, ci presenta il grande dramma di Paolo. Paolo, fedele servitore dell'amore trinitario, sente che sarebbe bene per lui in questo momento lasciare il suo ministero per unirsi alla gloria di Cristo nel regno del Padre.

Ma dall'altra parte si accorge anche di essere uno strumento ancora valido di testimonianza per i fratelli. Paolo ci dice che per lui "vivere è Cristo", ogni credente, come Paolo, è chiamato a fare della sua storia un "vivere con Cristo, per Cristo e in Cristo".

Come Paolo ogni credente è chiamato ad essere testimone credibile di quell'amore, è chiamato a "comportarsi in modo degno del vangelo di Cristo", poiché in Lui risiede il senso di tutta l'esistenza e, grazie allo Spirito, la direzione per giungere all'amore del Padre, al quale ogni creatura è destinata.

Il vangelo del brano di Matteo di questa domenica, si pone in quei discorsi che Gesù fa' a proposito del regno di Dio. Qui egli sottolinea come davvero l'agire di Dio è molto differente dalla logica dell'agire umano, è un agire inaspettato, di difficile comprensione, che scardina tutti i motivi del buon senso comune.

Il rimprovero fondamentale che viene fatto al padrone della vigna (Dio) è la sua mancanza di giustizia, viene opposta alla giustizia di Dio, concepita alla maniera degli uomini, il suo comportamento misericordioso, nuovo per gli uomini. A questa obiezione Cristo risponde: il padrone della vigna è "giusto" (alla maniera umana) coi primi, poiché dà loro ciò che era stato convenuto, ed è "giusto" con gli ultimi (alla maniera divina), perché non era impegnato da alcuna conversione nei loro riguardi.

La maniera di agire di Dio non contrasta con la giustizia umana, ma la compie totalmente nell'amore. Di conseguenza il patto concluso fra il padrone della vigna e i suoi operai si presenta come un'immagine dell'alleanza fra Dio e i suoi, alleanza che non ha alcun rapporto con la logica del "do ut des" (ti do' perché tu mi dia) ma è un atto gratuito di Dio mosso dalla logica del dono.

L'alleanza è, infatti, dono dell'amore gratuito del Padre, fondato sulla sua assoluta libertà che suppone e coingolve la nostra libertà finita.

Gesù vuol mettere in guardia i suoi connazionali dall'orgoglioso atteggiamento di chi avanza pretese nei confronti di Dio e giudica la sua bontà e la scelta operata: Dio è buono e fedele e la sua bontà, proprio perché sovrana, trova nuovi modi di affermarsi sempre di più per il bene dei chiamati.

La logica di Dio, così si manifesta diversa da quella degli uomini, talora, anzi, opposta ed inconciliabile con essa. Spesso quello che per l'uomo è guadagno, per Dio è perdita; e quello che per l'uomo sta al primo posto, per Dio viene all'ultimo.

La parabola di Gesù conserva il suo valore di monito non solo per i suoi contemporanti ma anche per i nuovi chiamati, coloro che per la fede in Lui sono già entrati a far parte del regno, perché anche per essi vi è il pericolo di assumere l'atteggiamento dei primi chiamati, e di dimenticare che quanto hanno è un grande dono e quindi non può motivare nessuna rivalsa e nessuna pretesa, ma soltanto accoglineza e conformazione ad esso.

Comportarsi in modo degno del Vangelo, come ci spingeva a fare l'apostolo Paolo è dunque per ogni credente assumere quel percorso vitale che è stato assunto dallo stesso Signore Gesù Cristo.

Nella logica dell'amore per farsi primi, bisonga accettare di essere ultimi, altrimenti il credere rimane altro dalla fede e l'amore rischia di diventare una utopia disincarnata, ma questa non è la logica del Dio di Gesù Cristo e dei credenti in lui.

                                                                                    Luca Desserafino sdb

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