padre Antonio Rungi " Sempre in debito nell'amare sinceramente"
XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/09/2014)
Vangelo: Mt 18,15-20
Una cosa è certa nella nostra vita: noi siamo sempre in debito verso gli altri nell'amore vero e sincero. Speso siamo falsi nell'amare. Siamo maggiormente in debito nell'amore verso Dio, che per noi ha sacrificato il suo Figlio, Gesù Cristo sulla Croce, manifestando così il modo più eccelso per amare gli uomini su questa terra. Da tale lezione di vita, vogliamo apprendere il vero insegnamento dell'educazione all'amore, che ci offra l'opportunità di amare senza se e senza ma.
In questa XXIII domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico, la Parola di Dio ci indirizza a fare serie considerazioni e riflessioni sul
nostro modo di amare, come ci ricorda l'apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi, tratta dalla sua Lettera ai cristiani di Roma. Chi ama veramente sa correggere con carità, mai con violenza, mai ritenendosi migliore degli altri, assumendo l'atteggiamento del giudice, ben sapendo che noi non possiamo essere giudici di nessuno, ma solo Dio è il giusto giudice di ogni cosa e di tutti e che valuta il comportamento dell'uomo nel modo più esauriente, partendo dalla misericordia e non dalla condanna, dalla comprensione e non dal rifiuto, dal capire e non dal chiudere gli occhi davanti all'evidenza dell'essere umano che è fragile per natura. L'uomo, infatti, promette tante cose a se stesso che vuole modificare nel suo modo di pensare ed agire e alla fine sono promesse fatte al vento. Cosicché vive la propria fede, come spesso ribadisce Papa Francesco, in modo annacquato, nel senso che non sta né totalmente dalla parte di Cristo, né dalla parte del mondo. E' come quel vino -ci ha ricordato Papa Francesco - che si allunga con l'acqua; per cui alla fine non è più vino nella sua essenza, né acqua nelle sue caratteristiche specifiche. E così è la vita di tanti cristiani che si ergono a giudici degli altri, caricando di pesi i fratelli già oppressi da tante fatiche e loro non portano neppure i pesi più leggeri. Gli peccatori, loro giusti. In realtà solo dei corrotti.
Chi ama, anche quando corregge, non fa male al prossimo, anzi lo incoraggia e lo sostiene sulla via del bene. Quante volte abbiamo ascoltato o detto "Mi hai deluso..Da te non mi aspetto questa cosa, questa azione, questo sbaglio". Deludere le persone che ci vogliono bene fa male a loro, ma fa male anche a noi. Molte delle delusioni che diamo, forse hanno origine negli stessi delusi. Un padre, una madre che si attendono tanto dai figli e che nulla fanno per loro a livello di formazione del cuore e della mente, non possono parlare di delusioni, né possono assumere l'atteggiamento di chi deve correggere. Quanti genitori sbagliano nei confronti dei figli, oggi specialmente? E allora ci sia correzione reciproca, ma nella verità, nella trasparenza. Uno non può dire al fratello: Non devi fare questo o quello... se poi egli è il primo a fare altro e forse peggio. Nell'amore e con l'amore non facciamo mai male a nessuno. E' con l'orgoglio, la presunzione, il potere, la falsa santità che possiamo danneggiare seriamente gli altri, anche nella chiesa, anche tra noi cristiani.
Se Paolo Apostolo ha usato queste espressioni nei confronti dei cristiani di Roma, una ragione di fondo c'era. Evidentemente in quella realtà ecclesiale c'erano di problemi di relazioni interpersonali difficili, non chiare tra i cristiani. Perciò l'Apostolo chiede con forza espressiva di essere debitori nell'amore vicendevole, di non accontentarsi del poco nell'amare e nel donarsi agli altri. Quanto è difficile, soprattutto oggi, questo anche tra coloro che si professano cristiani o addirittura hanno fatto scelta di perfezionamento nella carità verso Dio e verso i fratelli.
Sul tema dell'amore che porta alla vera correzione degli altri, è incentrata anche la prima lettura di oggi, tratta dal profeta Ezechiele, nella quale è espressamente indicata la strada di chi ha il dovere, nel nome di Dio e in ragione dei propri compiti educativi alla fede, di richiamare il malvagio, perché desista dalla sua condotta immorale. Quando si sono fatti tutti i tentativi e il malvagio non recede dalla sua condotta sbagliata, possiamo anche stare in pace con la nostra coscienza, in quanto abbiamo fatto il nostro dovere. A volte tolleriamo per noi stessi e siamo intolleranti verso gli altri. Difendiamo i familiari e condanniamo gli estranei, a pari comportamento. Meditiamo spesso su questo brano della liturgia della parola di Dio di oggi, che è propedeutico al testo del Vangelo che ascoltiamo e nel quale si parla della correzione fraterna. Ci auguriamo che i nostri consigli saggi e disinteressati possano servire a tante persone che sono lontane da Dio e vivono in modo dissoluto, contrario ad ogni etica e non solo cristiana, in un'anarchia spirituale che confonde il bene con il male, la pace con la guerra, la giustizia con l'ingiustizia, la bontà con la cattiveria, la comprensione con l'oppressione.
Alla luce di queste considerazioni e riflessioni ci risulta di più facile comprensione il testo del Vangelo di Matteo di questa domenica sulla correzione fraterna, che deve seguire un itinerario "canonico e giuridico" ben preciso. Quante persone condannano subito gli altri in pubblico, mettendoli alla berlina, calunniandoli in molti casi, senza appurare la verità, senza andare a fondo delle questioni. A volte per pregiudizi, per contrasti personali, per interessi loschi si fanno passare le persone come cattive o colpevoli di non sa quali reati, quando in realtà sono persone innocenti e che se hanno sbagliato sono profondamente amareggiati e contriti dei propri errori. Questo testo deve fare riflettere molti cristiani su come agiscono, anche nel servizio dell'autorità nella chiesa, nei confronti di quelle persone che hanno sbagliato di certo e non per presunzione di errore.
Come è facile comprendere dal testo del Vangelo, qui è in gioco la responsabilità delle azioni commesse tra due persone: "Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo". Quindi non c'entrano le colpe del fratello commesso verso terzi. I chiarimenti si devono fare tra gli interessati. Oggi parleremo di riservatezza, che, oggi per la verità, non esiste più. Tutti sanno di tutti e tutti dicono di se stessi agli altri, magari pubblicandolo sui social network. Nell'era di internet, di Facebook, di Twitter ed altri social del genere a correggere non sono le persone che hanno problemi tra loro, ma gli altri che si fanno maestri nel giudizio. Basta guardare le tante trasmissioni televisive nelle quali si affrontano i vari casi di relazioni tra singole persone o gruppi e ci rendiamo conto come i criteri del vangelo sono accantonati in modo sistematico. E farlo sono proprio i cosiddetti cristiani, molti dei quali integralisti, che si aspettano moralità e moralizzazione nella vita degli altri e che per se stessi si condonano tanti errori, peccati e reati gravi. Quanta ipocrisia a tutti i livelli che dobbiamo avere il coraggio di smascherare in tutte le realtà sociali, religiose, politiche e culturali.
Andare d'accordo con gli altri non è facile e soprattutto non lo si può pretendere per sempre. Qualche incomprensione, litigio, contrasto c'è dovunque. Ma se alla base c'è l'amore vicendevole si superano questi attriti e divisioni temporanee. Bisogna avere il coraggio di andare avanti sempre. E il modo migliore per superare tutto questo è la preghiera. Dove ci sono due o tre riuniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro. Mettiamo al centro della nostra vita Cristo e sicuramente non ci saranno contrasti e divisioni, che, purtroppo, subentrano quando siamo noi stessi al centro dell'attenzione e vogliamo prevalere sugli altri, specie quando abbiamo il potere in mano, utilizzando punizioni, pene, minacce ed offese di ogni genere della dignità della persona umana. Sia, invece, questa la nostra preghiera e soprattutto l'atteggiamento più giusto da avere nel situazioni di conflitto: "O Padre, che ascolti quanti si accordano nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio, donaci un cuore e uno spirito nuovo, perché ci rendiamo sensibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell'amore, compendio di tutta la legge". Amen.
Vangelo: Mt 18,15-20
Una cosa è certa nella nostra vita: noi siamo sempre in debito verso gli altri nell'amore vero e sincero. Speso siamo falsi nell'amare. Siamo maggiormente in debito nell'amore verso Dio, che per noi ha sacrificato il suo Figlio, Gesù Cristo sulla Croce, manifestando così il modo più eccelso per amare gli uomini su questa terra. Da tale lezione di vita, vogliamo apprendere il vero insegnamento dell'educazione all'amore, che ci offra l'opportunità di amare senza se e senza ma.
In questa XXIII domenica del tempo ordinario dell'anno liturgico, la Parola di Dio ci indirizza a fare serie considerazioni e riflessioni sul
nostro modo di amare, come ci ricorda l'apostolo Paolo nella seconda lettura di oggi, tratta dalla sua Lettera ai cristiani di Roma. Chi ama veramente sa correggere con carità, mai con violenza, mai ritenendosi migliore degli altri, assumendo l'atteggiamento del giudice, ben sapendo che noi non possiamo essere giudici di nessuno, ma solo Dio è il giusto giudice di ogni cosa e di tutti e che valuta il comportamento dell'uomo nel modo più esauriente, partendo dalla misericordia e non dalla condanna, dalla comprensione e non dal rifiuto, dal capire e non dal chiudere gli occhi davanti all'evidenza dell'essere umano che è fragile per natura. L'uomo, infatti, promette tante cose a se stesso che vuole modificare nel suo modo di pensare ed agire e alla fine sono promesse fatte al vento. Cosicché vive la propria fede, come spesso ribadisce Papa Francesco, in modo annacquato, nel senso che non sta né totalmente dalla parte di Cristo, né dalla parte del mondo. E' come quel vino -ci ha ricordato Papa Francesco - che si allunga con l'acqua; per cui alla fine non è più vino nella sua essenza, né acqua nelle sue caratteristiche specifiche. E così è la vita di tanti cristiani che si ergono a giudici degli altri, caricando di pesi i fratelli già oppressi da tante fatiche e loro non portano neppure i pesi più leggeri. Gli peccatori, loro giusti. In realtà solo dei corrotti.
Chi ama, anche quando corregge, non fa male al prossimo, anzi lo incoraggia e lo sostiene sulla via del bene. Quante volte abbiamo ascoltato o detto "Mi hai deluso..Da te non mi aspetto questa cosa, questa azione, questo sbaglio". Deludere le persone che ci vogliono bene fa male a loro, ma fa male anche a noi. Molte delle delusioni che diamo, forse hanno origine negli stessi delusi. Un padre, una madre che si attendono tanto dai figli e che nulla fanno per loro a livello di formazione del cuore e della mente, non possono parlare di delusioni, né possono assumere l'atteggiamento di chi deve correggere. Quanti genitori sbagliano nei confronti dei figli, oggi specialmente? E allora ci sia correzione reciproca, ma nella verità, nella trasparenza. Uno non può dire al fratello: Non devi fare questo o quello... se poi egli è il primo a fare altro e forse peggio. Nell'amore e con l'amore non facciamo mai male a nessuno. E' con l'orgoglio, la presunzione, il potere, la falsa santità che possiamo danneggiare seriamente gli altri, anche nella chiesa, anche tra noi cristiani.
Se Paolo Apostolo ha usato queste espressioni nei confronti dei cristiani di Roma, una ragione di fondo c'era. Evidentemente in quella realtà ecclesiale c'erano di problemi di relazioni interpersonali difficili, non chiare tra i cristiani. Perciò l'Apostolo chiede con forza espressiva di essere debitori nell'amore vicendevole, di non accontentarsi del poco nell'amare e nel donarsi agli altri. Quanto è difficile, soprattutto oggi, questo anche tra coloro che si professano cristiani o addirittura hanno fatto scelta di perfezionamento nella carità verso Dio e verso i fratelli.
Sul tema dell'amore che porta alla vera correzione degli altri, è incentrata anche la prima lettura di oggi, tratta dal profeta Ezechiele, nella quale è espressamente indicata la strada di chi ha il dovere, nel nome di Dio e in ragione dei propri compiti educativi alla fede, di richiamare il malvagio, perché desista dalla sua condotta immorale. Quando si sono fatti tutti i tentativi e il malvagio non recede dalla sua condotta sbagliata, possiamo anche stare in pace con la nostra coscienza, in quanto abbiamo fatto il nostro dovere. A volte tolleriamo per noi stessi e siamo intolleranti verso gli altri. Difendiamo i familiari e condanniamo gli estranei, a pari comportamento. Meditiamo spesso su questo brano della liturgia della parola di Dio di oggi, che è propedeutico al testo del Vangelo che ascoltiamo e nel quale si parla della correzione fraterna. Ci auguriamo che i nostri consigli saggi e disinteressati possano servire a tante persone che sono lontane da Dio e vivono in modo dissoluto, contrario ad ogni etica e non solo cristiana, in un'anarchia spirituale che confonde il bene con il male, la pace con la guerra, la giustizia con l'ingiustizia, la bontà con la cattiveria, la comprensione con l'oppressione.
Alla luce di queste considerazioni e riflessioni ci risulta di più facile comprensione il testo del Vangelo di Matteo di questa domenica sulla correzione fraterna, che deve seguire un itinerario "canonico e giuridico" ben preciso. Quante persone condannano subito gli altri in pubblico, mettendoli alla berlina, calunniandoli in molti casi, senza appurare la verità, senza andare a fondo delle questioni. A volte per pregiudizi, per contrasti personali, per interessi loschi si fanno passare le persone come cattive o colpevoli di non sa quali reati, quando in realtà sono persone innocenti e che se hanno sbagliato sono profondamente amareggiati e contriti dei propri errori. Questo testo deve fare riflettere molti cristiani su come agiscono, anche nel servizio dell'autorità nella chiesa, nei confronti di quelle persone che hanno sbagliato di certo e non per presunzione di errore.
Come è facile comprendere dal testo del Vangelo, qui è in gioco la responsabilità delle azioni commesse tra due persone: "Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va' e ammoniscilo fra te e lui solo". Quindi non c'entrano le colpe del fratello commesso verso terzi. I chiarimenti si devono fare tra gli interessati. Oggi parleremo di riservatezza, che, oggi per la verità, non esiste più. Tutti sanno di tutti e tutti dicono di se stessi agli altri, magari pubblicandolo sui social network. Nell'era di internet, di Facebook, di Twitter ed altri social del genere a correggere non sono le persone che hanno problemi tra loro, ma gli altri che si fanno maestri nel giudizio. Basta guardare le tante trasmissioni televisive nelle quali si affrontano i vari casi di relazioni tra singole persone o gruppi e ci rendiamo conto come i criteri del vangelo sono accantonati in modo sistematico. E farlo sono proprio i cosiddetti cristiani, molti dei quali integralisti, che si aspettano moralità e moralizzazione nella vita degli altri e che per se stessi si condonano tanti errori, peccati e reati gravi. Quanta ipocrisia a tutti i livelli che dobbiamo avere il coraggio di smascherare in tutte le realtà sociali, religiose, politiche e culturali.
Andare d'accordo con gli altri non è facile e soprattutto non lo si può pretendere per sempre. Qualche incomprensione, litigio, contrasto c'è dovunque. Ma se alla base c'è l'amore vicendevole si superano questi attriti e divisioni temporanee. Bisogna avere il coraggio di andare avanti sempre. E il modo migliore per superare tutto questo è la preghiera. Dove ci sono due o tre riuniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro. Mettiamo al centro della nostra vita Cristo e sicuramente non ci saranno contrasti e divisioni, che, purtroppo, subentrano quando siamo noi stessi al centro dell'attenzione e vogliamo prevalere sugli altri, specie quando abbiamo il potere in mano, utilizzando punizioni, pene, minacce ed offese di ogni genere della dignità della persona umana. Sia, invece, questa la nostra preghiera e soprattutto l'atteggiamento più giusto da avere nel situazioni di conflitto: "O Padre, che ascolti quanti si accordano nel chiederti qualunque cosa nel nome del tuo Figlio, donaci un cuore e uno spirito nuovo, perché ci rendiamo sensibili alla sorte di ogni fratello secondo il comandamento dell'amore, compendio di tutta la legge". Amen.
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