D. Severino GALLO sdb"L'ORA DELLA VERITÀ E LA CHIAMATA DI DIO"
12 ottobre 2014 | 28a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
La parabola evangelica odierna riprende il tema della prima lettura, spogliandolo del nome Gerusalemme, e introducendovi quello del Messia, cioè il Figlio del Re, che è Dio.
Il banchetto di nozze a cui tutti sono invitati è la felicità messianica; gli inviati sono i profeti e gli apostoli; gli invitati espressamente sono i Giudei, che poi non se ne curano o oltraggiano gl'inviati; quelli chiamati dalla strada sono i pagani, i peccatori in genere; e l'incendio della città è la distruzione di Gerusalemme, simbolo della prima alleanza e figura di quella definitiva: infatti al versetto undicesimo comincia una scena che si riferisce al giudizio finale: la veste nuziale significa precisamente la grazia, di cui ognuno deve rivestito.
Perciò ancora una volta la parabola ha come sottofondo la storia della salvezza, vista in chiave allegorica, ma efficace: in più è permeata da un forte senso ecclesiale e sacramentale.
Infatti il banchetto è simbolo dell'Eucaristia, ma è anche simbolo del banchetto celeste, a cui tutti gli uomini sono invitati a partecipare attraverso la carità di Cristo.
L'ora della verità:
1. Fra i tanti spunti del brano evangelico, uno sembra di particolare attualità. Si osservi di passaggio che la presente parabola, anche se non è collocata da San Matteo tra quelle del regno, tuttavia ne porta il carattere. Infatti incomincia con le parole proprie di quel gruppo: "Il regno dei cieli è simile...", ecc. E descrive una nota del regno di Gesù Cristo.
Non è assente l'elemento escatologico (cioè riguardante le ultime realtà: morte, giudizio, inferno, Paradiso) comune alle parabole e ai discorsi di questi capitoli di San Matteo. Ma c'è un altro punto di grande interesse circa il nostro rapporto con il regno di Dio.
Il re prepara la solenne festa nuziale del figlio e dirama gl'inviti. Al primo rifiuto segue un più pressante invito: ma proprio là dove si poteva attendere un'accoglienza entusiastica, trova indifferenza e ostilità: si tratta di una specie di tradimento, data l'amicizia e forse anche un precedente invito personale da parte del re. Gl'invitati arrivano a tale follia da uccidere gl'innocenti ambasciatori.
La reazione del re è durissima. Ma passata questa specie di sfogo, la sua attenzione torna ancora alla festa nuziale. Questa volta l'invito si muove in tutt'altra direzione: i poveri, gli storpi, gli abbandonati e le sale si riempiono facilmente.
Tuttavia c'è una macchia, un punto oscuro in quella festa di colori e di musiche: un invitato è senza veste nuziale. L'infelice viene bruscamente gettato fuori e finalmente la festa segue il suo corso.
Ci troviamo di fronte ad una volontà del re molto chiara: riempire le sale del banchetto. Gli amici rifiutano l'invito, mentre i poveri, timidi, ma senza complessi, affollano il palazzo. Non basta quindi la volontà del re. Uscendo fuori metafora, fuori figura, non basta la volontà di Dio per far decidere l'uomo ad entrare nel convito; non basta nemmeno una generica accettazione, come potrebbe essere quella del Battesimo.
Ad un certo punto Dio chiama, invita a prendere posto e allora non si può rimanere nel generico; arriva l'ora delle decisioni: o dentro o fuori. I precedenti, anche favorevoli, non contano. I nemici, prima di quel giorno, erano amici, ma questo non li ha agevolati, anzi ha aggravato l'offesa del rifiuto: sono andati implacabilmente perduti.
Per ogni individuo suona l'ora della verità: per alcuni coincide con l'ultima ora, come per i due ladroni crocifissi accanto a Gesù; per gli altri, in momenti diversi dell'esistenza.
Molti sono tentati di procrastinare, di ritardare quell'ora; non vogliono rifiutare, ma pretendono di scegliere il momento in cui dire il loro sì: oggi non ho tempo!...
Ma non si può giocare col Signore: è contro la serietà richiesta dalla Persona divina che ci interpella e della posta in giuoco.
Scrive Michel Quoist: "Gli uomini corrono tutti dietro il tempo e nonostante tutti i loro sforzi, manca loro il tempo. Manca loro perfino molto tempo.
Signore, forse tu ti sei sbagliato nei calcoli. C'è un errore universale. Le ore sono troppo corte, i giorni sono troppo corti. La vita di ciascuno di noi è troppo corta. Tu che sei fuori del tempo, Tu, o Signore, sorridi a vederci a lottare contro il tempo e Tu conosci quello che fai...
La nostra ora non coincide sempre con quella di Dio, eppure dobbiamo farla coincidere, se non vogliamo perdere la corsa.
Se vi concedo un giorno, la mia vocazione è perduta per l'eternità
Quando il Beato Eymard fu convinto della sua vocazione religiosa e si decise di abbandonare la sua diletta parrocchia di Monteynard, partì di nascosto e in pieno mezzogiorno di domenica, per evitare che il buon popolo lo sapesse.
Ma ecco, mentre si avvia alla vettura che lo attende qualche miglio lontano dal paese, incontra sulla strada la sorella. Essa lo guarda con accoramento e gli grida: - So tutto, fratello mio, e non ti domando che una grazia: concedimi un giorno, un giorno solo!
- Sorella mia, risponde il Beato, se ti concedo ancora un giorno, la mia vocazione è perduta per l'eternità. Dio mi chiama oggi; domani sarebbe troppo tardi" (Mons. GIUSEPPE ANGRISANI).
E partì.
I Santi sapevano far coincidere la propria ora con quella di Dio...
2. Si può dire che ognuno degli atti principali che segnano il cammino del cristiano, è anche un momento particolare della vocazione cristiana: Battesimo, prima Comunione, Cresima, Voti religiosi.
Ma la chiamata personale di Dio può coincidere con avvenimenti che segnano in maniera più profonda la nostra esistenza o che hanno una maggiore incidenza psicologica: una morte, una malattia, uno scampato pericolo, un evento gioioso; o semplicemente una parola che invita all'esame, alla riflessione, alla santità.
Potrebbe essere rappresentata anche da questa meditazione, che è un invito ad uscire da una vita religiosa fredda, opaca, indifferente, per lanciarsi con entusiasmo in una vita di fervore e di santità.
Alla domanda: quando suona per ciascuno la chiamata personale di Dio? Dobbiamo rispondere: suona sempre, ad ogni ora; non ha momenti fissi che valgano per tutti indistintamente; ma è certo che l'ora attuale, grave per la Chiesa e per gli Istituti religiosi, è anche l'ora in cui più forti si rinnovano gli appelli personali di Dio per la nostra santità.
Oggi in maniera particolare valgono queste parole: "Ecco, ho preparato il mio banchetto... venite alle nozze".
La Chiesa e i nostri Istituti religiosi hanno bisogno di Santi: non possiamo mancare all'appello. Di fronte a Dio ciascuno di noi è importante, perché reca nel proprio cuore l'immagine di un santo.
Siamo dei "chiamati" al banchetto della santità.
E allora, cari fratelli e Sorelle, supplichiamo la Madonna, perché ci aiuti a rispondere il nostro "sì" generoso a Dio che proprio in questo momento ci invita al banchetto della santità.
D. Severino GALLO sdb
La parabola evangelica odierna riprende il tema della prima lettura, spogliandolo del nome Gerusalemme, e introducendovi quello del Messia, cioè il Figlio del Re, che è Dio.
Il banchetto di nozze a cui tutti sono invitati è la felicità messianica; gli inviati sono i profeti e gli apostoli; gli invitati espressamente sono i Giudei, che poi non se ne curano o oltraggiano gl'inviati; quelli chiamati dalla strada sono i pagani, i peccatori in genere; e l'incendio della città è la distruzione di Gerusalemme, simbolo della prima alleanza e figura di quella definitiva: infatti al versetto undicesimo comincia una scena che si riferisce al giudizio finale: la veste nuziale significa precisamente la grazia, di cui ognuno deve rivestito.
Perciò ancora una volta la parabola ha come sottofondo la storia della salvezza, vista in chiave allegorica, ma efficace: in più è permeata da un forte senso ecclesiale e sacramentale.
Infatti il banchetto è simbolo dell'Eucaristia, ma è anche simbolo del banchetto celeste, a cui tutti gli uomini sono invitati a partecipare attraverso la carità di Cristo.
L'ora della verità:
1. Fra i tanti spunti del brano evangelico, uno sembra di particolare attualità. Si osservi di passaggio che la presente parabola, anche se non è collocata da San Matteo tra quelle del regno, tuttavia ne porta il carattere. Infatti incomincia con le parole proprie di quel gruppo: "Il regno dei cieli è simile...", ecc. E descrive una nota del regno di Gesù Cristo.
Non è assente l'elemento escatologico (cioè riguardante le ultime realtà: morte, giudizio, inferno, Paradiso) comune alle parabole e ai discorsi di questi capitoli di San Matteo. Ma c'è un altro punto di grande interesse circa il nostro rapporto con il regno di Dio.
Il re prepara la solenne festa nuziale del figlio e dirama gl'inviti. Al primo rifiuto segue un più pressante invito: ma proprio là dove si poteva attendere un'accoglienza entusiastica, trova indifferenza e ostilità: si tratta di una specie di tradimento, data l'amicizia e forse anche un precedente invito personale da parte del re. Gl'invitati arrivano a tale follia da uccidere gl'innocenti ambasciatori.
La reazione del re è durissima. Ma passata questa specie di sfogo, la sua attenzione torna ancora alla festa nuziale. Questa volta l'invito si muove in tutt'altra direzione: i poveri, gli storpi, gli abbandonati e le sale si riempiono facilmente.
Tuttavia c'è una macchia, un punto oscuro in quella festa di colori e di musiche: un invitato è senza veste nuziale. L'infelice viene bruscamente gettato fuori e finalmente la festa segue il suo corso.
Ci troviamo di fronte ad una volontà del re molto chiara: riempire le sale del banchetto. Gli amici rifiutano l'invito, mentre i poveri, timidi, ma senza complessi, affollano il palazzo. Non basta quindi la volontà del re. Uscendo fuori metafora, fuori figura, non basta la volontà di Dio per far decidere l'uomo ad entrare nel convito; non basta nemmeno una generica accettazione, come potrebbe essere quella del Battesimo.
Ad un certo punto Dio chiama, invita a prendere posto e allora non si può rimanere nel generico; arriva l'ora delle decisioni: o dentro o fuori. I precedenti, anche favorevoli, non contano. I nemici, prima di quel giorno, erano amici, ma questo non li ha agevolati, anzi ha aggravato l'offesa del rifiuto: sono andati implacabilmente perduti.
Per ogni individuo suona l'ora della verità: per alcuni coincide con l'ultima ora, come per i due ladroni crocifissi accanto a Gesù; per gli altri, in momenti diversi dell'esistenza.
Molti sono tentati di procrastinare, di ritardare quell'ora; non vogliono rifiutare, ma pretendono di scegliere il momento in cui dire il loro sì: oggi non ho tempo!...
Ma non si può giocare col Signore: è contro la serietà richiesta dalla Persona divina che ci interpella e della posta in giuoco.
Scrive Michel Quoist: "Gli uomini corrono tutti dietro il tempo e nonostante tutti i loro sforzi, manca loro il tempo. Manca loro perfino molto tempo.
Signore, forse tu ti sei sbagliato nei calcoli. C'è un errore universale. Le ore sono troppo corte, i giorni sono troppo corti. La vita di ciascuno di noi è troppo corta. Tu che sei fuori del tempo, Tu, o Signore, sorridi a vederci a lottare contro il tempo e Tu conosci quello che fai...
La nostra ora non coincide sempre con quella di Dio, eppure dobbiamo farla coincidere, se non vogliamo perdere la corsa.
Se vi concedo un giorno, la mia vocazione è perduta per l'eternità
Quando il Beato Eymard fu convinto della sua vocazione religiosa e si decise di abbandonare la sua diletta parrocchia di Monteynard, partì di nascosto e in pieno mezzogiorno di domenica, per evitare che il buon popolo lo sapesse.
Ma ecco, mentre si avvia alla vettura che lo attende qualche miglio lontano dal paese, incontra sulla strada la sorella. Essa lo guarda con accoramento e gli grida: - So tutto, fratello mio, e non ti domando che una grazia: concedimi un giorno, un giorno solo!
- Sorella mia, risponde il Beato, se ti concedo ancora un giorno, la mia vocazione è perduta per l'eternità. Dio mi chiama oggi; domani sarebbe troppo tardi" (Mons. GIUSEPPE ANGRISANI).
E partì.
I Santi sapevano far coincidere la propria ora con quella di Dio...
2. Si può dire che ognuno degli atti principali che segnano il cammino del cristiano, è anche un momento particolare della vocazione cristiana: Battesimo, prima Comunione, Cresima, Voti religiosi.
Ma la chiamata personale di Dio può coincidere con avvenimenti che segnano in maniera più profonda la nostra esistenza o che hanno una maggiore incidenza psicologica: una morte, una malattia, uno scampato pericolo, un evento gioioso; o semplicemente una parola che invita all'esame, alla riflessione, alla santità.
Potrebbe essere rappresentata anche da questa meditazione, che è un invito ad uscire da una vita religiosa fredda, opaca, indifferente, per lanciarsi con entusiasmo in una vita di fervore e di santità.
Alla domanda: quando suona per ciascuno la chiamata personale di Dio? Dobbiamo rispondere: suona sempre, ad ogni ora; non ha momenti fissi che valgano per tutti indistintamente; ma è certo che l'ora attuale, grave per la Chiesa e per gli Istituti religiosi, è anche l'ora in cui più forti si rinnovano gli appelli personali di Dio per la nostra santità.
Oggi in maniera particolare valgono queste parole: "Ecco, ho preparato il mio banchetto... venite alle nozze".
La Chiesa e i nostri Istituti religiosi hanno bisogno di Santi: non possiamo mancare all'appello. Di fronte a Dio ciascuno di noi è importante, perché reca nel proprio cuore l'immagine di un santo.
Siamo dei "chiamati" al banchetto della santità.
E allora, cari fratelli e Sorelle, supplichiamo la Madonna, perché ci aiuti a rispondere il nostro "sì" generoso a Dio che proprio in questo momento ci invita al banchetto della santità.
D. Severino GALLO sdb
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