fr. Massimo Rossi "il Regno di Dio è già qui tra noi"

 Commento su Matteo 21,33-43
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/10/2014)
Il Vangelo di oggi ci parla ancora di vigne, di vendemmia, di rapporti di lavoro tra il padrone della vigna e i vignaioli... Purtroppo anche questa pagina ci racconta una vicenda drammatica, il cui esito non è proprio un happy end, un lieto fine. E cosi l'elenco degli errori umani nei confronti del Buon Dio si allunga di parecchio: alla pigrizia, all'ipocrisia di chi promette e poi non mantiene, si aggiunge l'invidia, la sete di possesso, la violenza cieca e l'omicidio. Come bilancio, direi che abbiamo toccato il fondo... non si poteva finire peggio!

La parabola si conclude con una punizione esemplare: fuor di metafora, la parabola annuncia che il popolo eletto perderà tutto, e un altro popolo prenderà il suo posto.
Gesù annuncia dunque la rovina di Israele. Dal punto di vista storico, la profezia si sarebbe avverata qualche decennio più tardi, tra il 66 e il 68 d.C., quando le truppe romane del generale Tito Flavio Vespasiano assediarono e conquistarono Gerusalemme, occupata dai ribelli ebrei quattro anni prima. Il tempio venne definitivamente raso al suolo: questa immane tragedia non solo politica, ma anche religiosa, sarà per sempre ricordata dagli Israeliti, con l'istituzione della festa della Tisha BeAv; Roma invece renderà omaggio al generale Tito, costruendo il famoso omonimo arco di trionfo. Il 69 d.C. divenne tristemente famoso come l'anno dei 4 imperatori: Tito Vespasiano fu appunto il quarto a ricevere la porpora imperiale, dopo Galba (successore di Nerone), Otone e Vitellio; il regno di Vespasiano durò dieci anni e pose fine alla crisi politica scoppiata dopo la morte di Nerone. Questa, raccontata per sommi capi, è la storia.
Ma torniamo alla profezia: essa non annuncia solo i fatti a venire, contiene anche rivelazioni che vanno ben al di là dell'orizzonte storico. Il figlio del padrone è evidentemente Gesù; la sua morte è per noi e per tutti in remissione dei peccati! così recitano le parole dell'istituzione dell'Eucaristia, tramandateci da Paolo (cfr.1Cor 11,23-26). In verità, il discorso di Paolo costituisce l'avvio di una riflessione che la Chiesa sta portando avanti da venti secoli: la Salvezza è veramente per tutti? e tra questi ‘tutti' c'è anche il popolo eletto? La risposta è affermativa! La missione di Pietro ai cristiani che provenivano dal giudaismo, costituisce un indizio chiaro che le promesse fatte da Dio al suo antico popolo non sono state revocate, né mai lo saranno. Sono nostri fratelli, fratelli profondamente feriti in ogni epoca della storia conosciuta, da Mosè ai giorni nostri. Nessuna indulgenza, ma la misericordia, sì!
Del resto, il fine dell'Incarnazione è la rivelazione di Dio come Amore e misericordia infiniti.
La nuova Alleanza inaugurata da Cristo nel suo sangue non abroga la precedente, ma la porta a compimento.
C'è un aspetto importante che il Vangelo di oggi illumina: il Regno di Dio non è qualcosa che ci attende dopo la morte, non solo: il Regno di Dio è già qui tra noi, è la stessa creazione, che Dio ha realizzato e affidato a noi perché la custodiamo e la portiamo a maturazione piena. La parabola dei vignaioli omicidi è tutta incentrata sull'opera delle mani degli uomini, che Dio benedice con una vendemmia abbondante. Tuttavia, la parabola ci ricorda anche che noi non siamo i padroni del mondo; pertanto non dobbiamo comportarci come despoti di beni che non son nostri. Siamo dei semplici amministratori, o, come dice ancora il Vangelo, "servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare." (Lc 17,10).
Sapete qual è la fregatura - si fa per dire -? La fregatura si nasconde dietro la responsabilità ricevuta da Dio, la fiducia che Dio ha riposto in noi; provo a spiegarmi: la fiducia, lo sappiamo, è fondamentale in ogni relazione, sia essa affettiva, professionale, o di formazione. Un rapporto sarà fecondo solo se c'è fiducia reciproca. La fiducia consente il mutuo affidamento; e il mutuo affidamento rende stabile il rapporto.
Così doveva essere tra il padrone della vigna e i vignaioli. Se non si fosse fidato di loro, quel signore non avrebbe affidato loro la sua vigna. Naturalmente, alla fiducia reciproca, fa riscontro la responsabilità di stare ai patti - ecco la fregatura -; e anche i patti erano chiari: la legislazione di quel tempo assicurava al proprietario della vigna il diritto di riscuotere il raccolto.
Così è nella relazione tra Dio e le sue creature preferite, che siamo noi.
Così è in ogni scelta di vita, dal matrimonio al sacerdozio ministeriale. Dio ci ha dato fiducia, in tutto, ci ha dato carta bianca sulle modalità nelle quali svolgere l'opera di custodire e far fruttificare il creato. Questa opera ha un termine, dopodiché ritornerà il Signore a riscuotere il raccolto. Sto parlando della fine del mondo, a cui si allude negli ultimi capitoli del Vangelo di Matteo, conosciuti appunto come "discorso escatologico"; ma sto parlando anche del giorno in cui terminerà il nostro cammino (individuale) terreno e, con tristezza, dovremo restituire tutto, anche la nostra vita, nelle mani del Padre: la parabola dei vignaioli omicidi ci ricorda che neppure la vita è nostra, ma appartiene a Dio che ce l'ha affidata perché la custodiamo e la facciamo fruttificare al massimo delle sue potenzialità.
L'esame di coscienza sul nostro operato quali custodi del creato, deve comprendere anche il bilancio sulla nostra vita fisica, affettiva, intellettuale, spirituale... Siamo dunque impegnati su due fronti, anzi tre: il primo è quello di cura della nostra persona: non intendo la cura nel senso ‘modaiolo' del termine, in voga ai nostri giorni - fitness, lifting, cosmetici, etc. etc. -. Penso al capitale umano che il Creatore ha messo nelle nostre mani, uno strumento che potrà operare al meglio di sé nella misura in cui verrà mantenuto nelle condizioni migliori.
C'è poi il fronte della cura del creato, e di questa, per oggi, ho già parlato abbastanza.
Infine, il fronte del rapporto con Dio, il livello dello spirito: purtroppo, questo aspetto della persona rischia di essere la cenerentola delle nostre attenzioni, dei nostri affetti...
Il Vangelo ci aiuta a tenere a mente un principio in apparenza banale, ma, in verità, fondamentale: se non curiamo quotidianamente il rapporto con Dio, finisce che ce ne dimentichiamo...un po' come quei vignaioli, i quali avevano cominciato a considerare la vigna di loro proprietà, perché avevano dimenticato che, c'era una volta,...tanto, tanto tempo fa, il padrone della vigna...
Fare memoria degli inizi, affinché ogni rapporto profondo continui a tenere anche dopo 20 anni, anche dopo 30, 40, 50 anni...come il primo giorno.
È l'ultimo segreto...o forse il primo.

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