Monastero Domenicano Matris Domini Lectio Divina su Mt 22,1-14

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (12/10/2014)
Vangelo: Mt 22,1-14 
Lectio
Termina oggi la trilogia di parabole pronunciate da Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani, nel tempio di Gerusalemme. Questo dialogo, lo ricordiamo, avvenne all'indomani dell'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme e qualche giorno prima della sua condanna a morte. Anche
in questa parabola l'argomento principale è il rifiuto da parte di Israele di entrare a fare parte della gioia di Dio. Qui non si parla più di vigna, ma di nozze regali. Il banchetto era già dal tempo dei profeti il simbolo della pienezza della vita in Dio (cf. la prima lettura, Is 25,6-10a). Ad esso viene aggiunta la caratteristica delle nozze e del figlio del re, tutti elementi che per i cristiani significano la vera vita insieme a Gesù. E' lui il vero sposo (cf. Mt 9,15). Ma tutta questa feste e questa gioia può essere rifiutata. Gli invitati hanno dei comportamenti molto strani: si dedicano alle loro faccende oppure oltraggiano e uccidono i servi. Allora il re rivolge il suo invito a tutti, cattivi e buoni. Tutti possono entrare nel regno di Dio, però il quadro finale riguardante la veste di nozze ci ricorda che vi è un cambiamento da operare, bisogna avere l'abito della festa, il desiderio di essere più puliti, più presentabili, per poter entrare nell'amicizia e nella comunione con Dio.
In quel tempo, 1Gesù riprese a parlare con parabole, ai capi dei sacerdoti e ai farisei e disse:
Il discorso ha ancora gli stessi interlocutori: i capi dei sacerdoti e i farisei.
2«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio.
Questa parabola ha il suo parallelo nel vangelo di Luca (14,15-24), ma diversi particolari vengono caricati di significato (là era un semplice uomo a dare una cena speciale, qui un re che dà un banchetto per le nozze del figlio) e viene aggiunto il quadro finale dell'uomo senza la veste nuziale. Matteo ha dato maggiore risalto all'allegoria della storia dei rifiuti di Israele. Con l'appendice vi è però un ammonimento anche alla comunità cristiana di Matteo. Coloro che ricevono il regno di Dio al posto di Israele non lo ricevono passivamente. Anche loro devono mostrare il desiderio di esserne degni, devono disporsi ad entrarvi con la disponibilità di cambiare vita.
3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. 4Mandò di nuovo altri servi con quest'ordine: Dite agli invitati: "Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono stati già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!".
Matteo raddoppia l'invio dei servi, forse per simboleggiare sia l'invio dei profeti prima di Cristo, sia quello degli apostoli dopo la risurrezione di Cristo.
5Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; 6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
A differenza dei vignaioli della parabola precedente, gli invitati mostrano due atteggiamenti diversi: l'indifferenza, il seguire i propri interessi e la violenza. Il parallelismo con gli inviati di Dio lungo i secoli è chiaro.
7Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Qui c'è un allusione alla distruzione del tempio di Gerusalemme avvenuta a opera dei Romani nel 70 d.C.. Matteo legge questa disgrazia come un preciso castigo di Dio nei confronti del suo popolo che non ha voluto accogliere i missionari cristiani.
8Poi disse ai suoi servi: "La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni;
Anche in questa parabola vi è la condanna di Israele. Israele non ha aderito all'amore di Dio, ebbene, la sua eredità, il regno dei cieli sarà dato a un altro popolo. L'indegnità non è altro che il rifiuto. Chi rifiuta i discepoli di Cristo, rifiuta anche il Signore. La "dignità" è una categoria fondamentale del discorso cristiano.
Vi sono coloro che sono degni di accogliere il Vangelo e coloro che non si dimostrano degni di accoglierlo (cf. Mt 10,11ss).
9Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze".
Il rifiuto di Israele è inspiegabile e sconcertante, ma d'altra parte si rivela provvidenziale, poiché apre la via alla missione presso i pagani, ossia all'invito rivolto a tutti. Gli incroci delle strade sono quelli di città ma anche di campagna. L'invito è esteso a una zona molto vasta.
10Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
I servi radunano quelli che trovano per strada. Nella Chiesa sono stati chiamati gli indegni, quelli che non erano in alcun modo preparati (coloro che non provenivano dal popolo eletto di Israele e perciò non attendevano minimamente il Messia). Non solo, ma tra di essi vi sono i buoni, ma anche i cattivi: la mescolanza di buoni e cattivi all'interno della Chiesa è il riflesso della gratuità dell'invito.
11Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l'abito nuziale. 12Gli disse: "Amico, come mai sei entrato qui senza l'abito nuziale?". Quello ammutolì.
Anche qui troviamo l'appellativo "Amico" in tono di rimprovero. E' come se il re (e anche il padrone della vigna di Mt 20,13) si dimostrasse sorpreso da questa offesa fatta da una persona cara: ti ho invitato ma tu non ti sei dato neanche una ripulita prima di entrare alla festa! Anche se l'invito è gratuito, anche nella Chiesa, nuovo Israele, c'è ancora qualcosa da fare. Bisogna prepararsi per la festa, indossare la veste delle nozze. I padri della Chiesa vi vedono il vestito battesimale, vestito di fede e di opere corrispondenti: "la veste di lino sono le opere giuste dei santi" (Ap 19,8). Gli stessi rabbini parlano della veste bianca, dell'abito pulito, come di un segno di penitenza e di opere buone.
13Allora il re disse ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti".
Anche i membri della Chiesa saranno quindi giudicati, come Israele, sulle opere degne del regno di Dio.
L'espressione "pianto e stridore di denti" è molto usata in Matteo. Indica la condizione di coloro che sono stati esclusi dal banchetto delle nozze, dalla festa di Dio. Il pianto è di chi troppo tardi si pente e ammette il proprio errore. Lo stridore di denti è di chi si rode dalla rabbia per avere fatto la scelta sbagliata e dall'invidia per coloro che invece sono stati trovati degni di partecipare alla festa.
14Poiché molti sono i chiamati, ma pochi eletti».
La chiamata non garantisce l'elezione: tra la vocazione gratuita e il giudizio escatologico permane la questione aperta della dignità cristiana. Tutti sono chiamati alla salvezza: l'esservi ammessi o meno dipende dalla nostra cooperazione alla grazia di Dio.
Meditiamo
- Mi è mai capitato di rifiutare l'invito di Dio per dedicarmi ai miei campi o ai miei commerci?
- Chi sono i cattivi e i buoni che fanno parte della mia comunità cristiana?
- Perché quando siamo invitati a nozze ci andiamo puliti e ordinati, con un abito bello ed elegante?
Preghiamo
(Colletta della 28a Domenica del Tempo Ordinario, Anno A)
O Padre, che inviti il mondo intero alle nozze del tuo Figlio, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo testimoniare qual è la speranza della nostra chiamata, e nessun uomo abbia mai a rifiutare il banchetto della vita eterna o a entrarvi senza l'abito nuziale. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

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