Abbazia Santa Maria di Pulsano Letture patristiche «DEL SIGNORE NOSTRO GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO A»

Mt 25,31-46; Ez 34,11-12.15-17; Sal 22; 1 Cor 15,20-26.28
1. Venga il tuo regno
Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l'attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (cfr. Rm 10, 8). Perciò, senza dubbio, colui che prega che venga il regno di Dio, prega in realtà che si sviluppi, produca i suoi frutti e giunga al suo compimento quel regno di Dio che egli ha in sé. Dio regna nell'anima dei santi
ed essi obbediscono alle leggi spirituali di Dio che in lui abita. Così l'anima del santo diventa proprio come una città ben governata. Nell'anima dei giusti è presente il Padre e col Padre anche Cristo, secondo quell'affermazione: «Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14, 23).
Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l'Apostolo del Cristo. Quando cioè egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 24. 28). Perciò preghiamo senza stancarci. Facciamolo con una disposizione interiore sublimata e come divinizzata dalla presenza del Verbo. Diciamo al nostro Padre che è in cielo: «Sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno» (Mt 6, 9-10). Ricordiamo che il regno di Dio non può accordarsi con il regno del peccato, come non vi è rapporto tra la giustizia e l'iniquità né unione tra la luce e le tenebre né intesa tra Cristo e Beliar (cfr. 2 Cor 6, 14-15). Se vogliamo quindi che Dio regni in noi, in nessun modo «regni il peccato nel nostro corpo mortale» (Rm 6, 12). Mortifichiamo le nostre «membra che appartengono alla terra» (Col 3, 5). Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. Regni in noi solo Dio Padre col suo Cristo. Sia in noi Cristo assiso alla destra di quella potenza spirituale che pure noi desideriamo ricevere. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino «sgabello dei suoi piedi» (Sal 98, 5), e così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, «ultima nemica sarà distrutta la morte» (1 Cor 25, 26). Allora Cristo potrà dire dentro di noi: «Dov'è , o morte, il tuo pungiglione? Dov'è , o morte, la tua vittoria?» ( Os 13, 14; 1 Cor 15, 55). Fin d'ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di « incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell'immortalità» del Padre (1 Cor 15, 54). Così regnando Dio in noi, possiamo già godere dei beni della rigenerazione e della risurrezione.

Dall'opuscolo «La preghiera» di Origène, sacerdote (Cap. 25; PG 11, 495-499)


2. Nell`amore dei poveri costruiamo il nostro eterno futuro

"Io ho avuto fame, ho avuto sete, ero forestiero e nudo, e infermo e carcerato" (Mt 25,35). "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi (miei fratelli), l`avete fatto a me" (v. 40). Per cui, "venite", dice, "benedetti del Padre mio" (v. 34). Che cosa impariamo da queste cose? Che la benedizione e il più grande bene sono riposti nello zelo e nell`osservanza dei precetti; la maledizione e il massimo dei mali derivano dall`accidia e dal disprezzo dei comandamenti. Abbracciamo allora la prima e fuggiamo questa seconda, finché ci è possibile, affinché delle due noi possiamo avere quella che desideriamo. Infatti, in quello a cui con grande alacrità d`animo ci saremo inclinati, noi saremo stabiliti. Per la qual cosa, il Signore della benedizione, che parimenti accetterà da noi ciò che per sollecitudine e per dovere avremo fatto nei confronti dei poveri, come fatto a lui, rendiamocelo benevolo e costringiamolo almeno in questo tempo in cui a noi, mentre viviamo, è data la grande possibilità di osservare il comandamento; e sono molti che mancano del necessario, molti che sono carenti nello stesso corpo, logorati e consumati dalla stessa violenza del male. Cosicché, noi in questa cosa, cioè, per dirla più ampiamente, poniamo più cura e diligenza nel curare coloro che sono colpiti da gravissimo morbo, per conseguire quel magnifico premio promesso... (Cosa dirò forse degli angeli) quando lo stesso Signore degli angeli, lo stesso re della celeste beatitudine si è fatto uomo per te, e queste sordide e abiette spoglie della carne cinse a sé, unitamente all`anima che di esse era rivestita, affinché col suo contatto egli curasse le tue infermità? Tu invece, che sei della stessa natura di chi è ammalato, fuggi uomini di quel genere. Non ti piaccia, fratello, te ne prego, far tuo il cattivo proposito. Considera chi sei, e di chi ti interessi: uomo (sei) soprattutto, tra gli uomini, che nulla hai di proprio in te e nulla di estraneo alla natura comune. Non compromettere le cose future. Mentre infatti condanni la passione grande nel corpo altrui, pronunci una incerta sentenza di tutta la natura. Di quella natura, poi, anche tu sei partecipe, come tutti gli altri. Per la quale cosa, si decida come di cosa comune...
Che cosa dobbiamo fare, perchè non sembri che noi pecchiamo contro la legge di natura? E` sufficiente che deploriamo le loro passioni e che con la preghiera togliamo via la malattia e ci commuoviamo al suo stesso ricordo? O non si richiede che, con dei fatti mostriamo verso di essi la misericordia e la benevolenza? E` proprio così. Infatti, il rapporto che sussiste tra le cose vere e le pitture appena abbozzate, è quello che c`è tra le parole separate dalle opere. Dice infatti il Signore che la salvezza non sta nelle parole, ma nel compiere le opere della salvezza. Per cui, quello che c`è comandato per causa di essi, occorre che noi lo facciamo per lui... "Via, lontano da me, nel fuoco eterno: perch‚ ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei miei fratelli, non l`avete fatto a me" (Mt 25,41.45).
Se infatti pensassero di conseguire tali cose in quel modo, non arriverebbero mai a subire quella sentenza, allontanando da sé coloro che soffrono, né stimerebbero contagio per la nostra vita l`impegno per gli sventurati. Per cui, se consideriamo che colui che promise è fedele, ottemperiamo ai suoi comandi, senza dei quali non possiamo essere degni delle sue promesse. Il forestiero, il nudo, l`affamato, il malato, il carcerato, e tutto quello che ricorda il Vangelo, in questo misero ti viene posto dinanzi. Egli va errabondo e nudo e infermo, e a causa della povertà che consegue alla malattia, manca del necessario. Chi infatti non ha a casa di che sostentarsi, né d`altronde può guadagnare col lavoro, questi manca delle cose che le necessità della vita esigono. Per tale motivo, quindi, è schiavo perchè legato dai vincoli della malattia. Pertanto, in ciò avrai adempiuto l`essenziale di tutti i comandamenti, e lo stesso Signore di tutte le cose, per quello che gli avrai prestato con benignità, avrai legato e obbligato a te (cf.Pr 19,17). Perché dunque fai assegnamento su ciò che è la rovina della tua vita? Colui, infatti, che non vuole avere amico il Signore di tutte le cose, è a se stesso grandemente nemico. A quel modo, infatti, che viene realizzata l`osservanza dei comandamenti, viene liberato dalla crudeltà (del supplizio eterno) "Prendete" (dice) "il mio giogo su di voi" (Mt 11,29). Chiama giogo l`osservanza dei comandamenti, obbediamo a colui che comanda.
Facciamoci giumento di Cristo, rivestendo i vincoli della carità. Non rifiutiamo questo giogo, non scuotiamolo, esso è soave e lieve. A chi si sottomette, non opprime il collo, ma lo accarezza. "Seminiamo in benedizione", dice l`Apostolo, "perchè possiamo anche mietere nelle benedizioni" (2Cor 9,6). Da un tale seme germinerà una spiga dai molti grani. Ampia è la messe dei comandamenti, sublimi sono le stirpi della benedizione. Vuoi capire a quale altezza si libra il rigoglio di tale progenie? Esse toccano gli stessi vertici del cielo. Tutto ciò che infatti in esse avrai portato, lo troverai al sicuro nei tesori del cielo. Non diffidare delle cose dette, non ritenere che sia da disprezzare la loro amicizia. Le loro mani certamente sono mutilate, ma non inidonee a recare aiuto. I piedi sono divenuti inutili, ma non vietano di correre a Dio. Vien meno la luce degli occhi, ma con l`anima scelgono quei beni che l`acutezza della vista non può fissare... Non c`è infatti chi non sappia, chi non consideri eccellente il premio prima nascosto che viene conferito umanamente e benignamente nelle altrui sventure. Poiché infatti le umane cose signoreggia l`una e medesima natura. E a nessuno è data certezza che a lui in perpetuo le cose saranno prospere e favorevoli. In tutta la vita, occorre ricordare quel precetto evangelico secondo il quale quanto vogliamo che gli uomini facciano a noi, noi lo facciamo loro. Perciò, finché puoi navigare tranquillamente, stendi la mano a colui che ha fatto naufragio; comune è il mare, comune la tempesta, comune il perturbamento dei flutti gli scogli che si nascondono sotto le onde, le sirti, gli inciampi, e tutte infine quelle molestie che alla navigazione di questa vita incutono un uguale timore a tutti i naviganti.
Mentre sei integro, mentre con sicurezza attraversi il mare di questa vita, non trascurare inumanamente colui la cui nave andò a urtare. Chi può garantire, qui, che avrai sempre una felice navigazione? Non sei ancora pervenuto al porto della quiete (cf Sal 106,19). Non sei ancora stabilito fuori dal pericolo dei flutti. La vita non ti ha ancora collocato in luogo sicuro. Nel mare della vita sei ancora esposto alla tempesta. Quale ti mostrerai verso il naufrago, tali verso di te troverai coloro che insieme navigano.

(Gregorio di Nissa, Oratio II: De pauper. amandis)


3. L`amore a Cristo nei poveri

Niente infatti ha l`uomo di così divino, quanto il meritare bene dagli altri: sebbene quello (Dio) conferisca maggiori benefici, e questo (l`uomo) minori, l`uno e l`altro, io credo, in ragione delle proprie forze. Quegli formò l`uomo, e di nuovo lo raccoglie una volta che si sia dissolto: tu non disprezzare il caduto. Egli ne ha avuto compassione nelle cose di ben altro peso, quando a lui dette, oltre al resto, la Legge, i profeti e ancor prima la legge naturale non scritta, censore delle cose che vengono fatte, riprendendo, ammonendo, castigando; infine, donando se stesso per la redenzione del mondo...
Colui che naviga, è vicino al naufragio, e lo è tanto di più, quanto più naviga con audacia; e chi coltiva il corpo, è più vicino ai mali del corpo, tanto di più, quanto più cammina altezzoso, e non si accorge di coloro che giacciono davanti a lui. Mentre viaggi col vento favorevole, porgi aiuto a colui che fa naufragio: mentre sei sano e ricco, soccorri chi è ridotto male. Non aspettare di apprendere per diretta esperienza quanto male sia l`inumanità, e quale bene mettere a disposizione dei poveri le proprie sostanze. Non voler far esperienza di Dio che stende la mano contro coloro che alzano il collo, e passano oltre (senza curarsi) dei poveri. Nelle disgrazie altrui impara questo, a chi ha hisogno da` qualcosa: non è poco infatti per chi manca di tutto, anzi neppure allo stesso Dio è impari considerare le rispettive forze. Che tu abbia al posto della più grande dignità la sollecitudine dell`animo: se non hai nulla, versa lacrime. Grande sollievo è la compassione per chi ha l`animo colpito da grande calamità.
O tu ritieni che la benevolenza non sia per te necessaria ma libera? che sia consiglio, anziché norma? Anche questo in sommo grado vorrei e stimerei, ma mi spaventa quella mano sinistra, e i capri, e gli anatemi lanciati da chi li ha collocati lì; non perchè saccheggiarono i templi, o commisero adulterio, o fecero altra cosa di quelle vietate con sanzione, ma perchè non si curarono minimamente di Cristo nei poveri.
Di conseguenza, se ritenete di dovermi ascoltare in qualcosa, servi di Cristo, e fratelli, e coeredi, visitiamo Cristo, tutto il tempo che ci è possibile, curiamo Cristo, nutriamo Cristo, vestiamo Cristo, riuniamo Cristo, onoriamo Cristo, non solo alla mensa, come qualcuno, né con gli unguenti, come Maria, né soltanto al sepolcro, come Giuseppe d`Arimatea, né con le cose che riguardano la sepoltura, come quel Nicodemo che amava Cristo solo a metà, né infine con l`oro, l`incenso e la mirra come i Magi prima ancora di tutti coloro che abbiamo nominato, ma poiché da tutti il Signore esige la misericordia e non il sacrificio, e la cui misericordia supera le migliaia di pingui agnelli, e questa portiamogli attraverso i poveri prostrati a terra in questo giorno, affinché quando saremo usciti di qui, essi ci ricevano nei tabernacoli eterni nello stesso Cristo Signore nostro, a cui è la gloria nei secoli. Amen.

(Gregorio di Nazianzo, Oratio XIV de pauper. amore, 27 s., 39 s.)


4. Quanto avete fatto ad uno dei più piccoli...

Avevamo una libera intelligenza per capire che in ogni povero era Cristo affamato che veniva nutrito, o dissetato quando ardeva dalla sete, o ricoverato quand`era forestiero, o vestito allorche era nudo, o visitato mentre era malato, o consolato con la nostra parola quand`era in carcere. Ma le parole che seguono: "Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, l`avete fatto a me" (Mt 25,40), non mi sembra siano rivolte genericamente a tutti i poveri, ma a coloro che sono poveri in spirito, a coloro ai quali, indicandoli con la mano, ha detto: "Ecco, mia madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la volontà del Padre mio" (Mc 3,34-35; Lc 8,21).

(Girolamo, In Matth. IV, 22, 40)


5. Quando Cristo apparirà, allora anche voi apparirete con lui nella gloria

Dopo la sua risurrezione dai morti Gesù, avendo ormai riportata la nostra natura alla sua condizione primiera e liberato l'uomo dalla corruzione, ascende come una primizia a Dio Padre che sta nei cieli, egli che è il primo suo tempio. Ma dopo un breve tempo scenderà nuovamente e tornerà ancora tra noi nella gloria del Padre suo con i santi angeli, per convocare tutti, buoni e cattivi, al tremendo tribunale. Ogni creatura infatti deve comparire in giudizio e il Signore renderà a ciascuno secondo il merito della vita;a quelli alla sua sinistra,cioè a quanti avranno goduto malamente delle cose del mondo, dirà: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli» (Mt 25,41); a coloro invece che saranno alla sua destra, cioè ai santi e ai buoni, dirà: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34). Essi abiteranno e regneranno con Cristo, godendo con immensa gioia dei beni celesti; divenuti conformi a lui nella risurrezione e liberati dai lacci dell'antica corruzione, vivranno in eterno di una vita ineffabile e duratura insieme al Signore sempre vivente.
Il fatto che chi avrà condotto una vita buona e virtuosa vivrà incessantemente con Cristo, contemplando la sua ineffabile divina bellezza, è affermato da Paolo quando dice: «Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore» (1 Ts 4,16-17).
E rivolgendosi a coloro che si sono sforzati di mortificare le passioni mondane esclama: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio! Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria (Col 3,3-4).
Per riassumere in breve l'essenza e il significato di questo brano, diremo così: quelli che amano la malizia del mondo, cadranno nell'inferno e rimarranno lontani dal volto di Cristo; coloro invece che amano la virtù e avranno custodito integro il sigillo dello Spirito Santo, abiteranno e vivranno insieme con lui contemplando la sua divina bellezza: « Il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore» (Is 60,19).

Dal «Commento sul vangelo di Giovanni» di san Cirillo di Alessandria, vescovo.


6. La regalità di Cristo

Che verrà un messia, sappiamo che neppure i giudei lo negano, che anzi pongono in lui tutta la loro speranza. Tutti i profeti del passato hanno predetto di lui, come per esempio Isaia: Così dice il Signore Dio all`Unto, mio signore, la cui destra tengo perché i popoli pagani lo ascoltino: Abbatterò la forza dei re, aprirò davanti a lui la porta e le città non gli staranno chiuse (Is 45,1). E lo vediamo adempiuto. A chi il Padre tiene la destra, infatti, se non a Cristo, suo figlio? Chi tutte le genti hanno ascoltato, cioè in chi tutte hanno creduto, i cui predicatori vengono così dipinti nei salmi di Davide: In tutta la terra uscì la loro voce e fino ai confini della terra le loro parole (Sal 18,5)? In chi altro tutte le genti hanno mai creduto, se non in Cristo, già venuto? In chi hanno creduto tutte le stirpi, come i parti, i medi, gli elamiti e coloro che abitano la Mesopotamia, l`Armenia, la Frigia e la Cappadocia; e gli abitanti del Ponto, dell`Asia Minore, e della Panfilia; coloro che stanno nell`Egitto e nelle regioni dell`Africa al di là di Cirene, romani e stranieri; i giudei che allora erano a Gerusalemme e tutti gli altri popoli: le varie tribù di getuli, le province dei mauri, i confini della Spagna, le varie nazionalità della Gallia, le regioni della Britannia a cui i romani non sono ancora giunti e sono invece suddite a Cristo, le stirpi dei sarmati, dei daci, dei germani, degli sciti e di molte altre genti; e province e isole molte che non conosciamo e che non possiamo numerare? In tutti questi luoghi regna il nome di Cristo già venuto; avanti a lui si sono aperte le porte di tutte le città e nessuna è rimasta chiusa; i catenacci ferrei si sono sciolti e i battenti si sono spalancati. Anche se tutto ciò è da intendere in senso spirituale, nel senso che l`intimo degli uomini, oppresso in vario modo dal diavolo, si è spalancato a Cristo, tuttavia tutto ciò si è adempiuto apertamente, perché in tutti i luoghi abita il popolo che ha nome da Cristo. E chi altri avrebbe potuto regnare ovunque, se non Cristo, Figlio di Dio? Egli è stato preannunciato come colui che avrebbe regnato in eterno su tutte le genti. Salomone fu re, ma entro i confini della Giudea: i termini del suo regno erano tracciati da Bersabea a Dan. Dario regnò sui babilonesi e sui parti, ma non ebbe potere su tutte le genti. Sugli egiziani regnò il faraone o chiunque gli è successo nel regno: ma il suo dominio si estende solo a quel territorio. Nabucodonosor estese il suo potere, con i suoi satrapi, dall`India fino all`Etiopia; e così Alessandro il Macedone non ebbe affatto tutta l`Asia e tutte le altre regioni dopo la sua vittoria. I germani non riescono a uscire dai loro confini; i britanni sono chiusi nell`ambito del loro oceano. I romani si oppongono alle stirpi maure e alle barbare tribù dei getuli, perché non trascendano i confini delle loro regioni. E che dirò dei romani, che difendono il loro impero con la barriera delle loro legioni, ma non possono diffonderlo tra le genti ricordate? Ma il regno, ma il nome di Cristo si diffonde ovunque, ovunque in lui si ha fede, da tutte le genti ricordate viene venerato, ovunque regna, ovunque è adorato e ovunque gli viene tribuito eguale onore. Nessun onore regale è troppo grande davanti a lui; nessuna brama barbarica gli è troppo inferiore, nessun merito di dignità o di nobiltà di fronte a lui troppo si distingue: a tutti è uguale, su tutti è re, per tutti è giudice, di tutti è Signore e Dio. Non dubitare a credere ciò che insegniamo, perché lo vedi con i tuoi occhi.

Tertulliano, Contro i giudei, 7
lunedì 17 novembre 2014
Abbazia Santa Maria di Pulsano

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