D. Severino GALLO sdb" UN CENSIMENTO IMPOSSIBILE ...."
1 novembre 2014 | 30a / Tutti i Santi A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
Festa di Tutti i Santi:
"... una moltitudine immensa che nessuno poteva contare..." (Apoc. 7,2).
Primo sospetto :
Mi risuona dentro un verbo che, purtroppo, noi impieghiamo quasi esclusivamente in senso negativo: sospettare.
Sì. Si tratta di sospettare, prima di tutto, che "la moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza e popolo", di cui parla l'Apocalisse, non rientra nella nostra contabilità, non può essere contenuta nei nostri calendari.
Dunque, non è questione di numero. Infatti, i numeri proposti dall'Apocalisse sono chiaramente simbolici. La cifra della santità non può essere racchiusa in quei numeri di cui ci serviamo per quantificare la nostra mercanzia e fare i nostri censimenti e svolgere le nostre inchieste.
Né numeri, né nomi.
Si dice, infatti, "festa della santità anonima". La definizione è esatta. Precisando tuttavia due cose:
* Non si tratta di santità di second'ordine.
Quasi ci fossero i "grandi santi", personaggi eccezionali, una specie di super-eroi, giganti insuperabili, e... tutti gli altri, di rango inferiore.
* No. Tutti partecipiamo, sia pure in maniera diversa, della stessa santità di Dio. La santità vera è straordinaria e normale al tempo stesso, eccezionale e quotidiana.
* Quando si afferma che nel corso dei millenni si sono succeduti sulla terra tantissimi santi "oscuri", che non hanno lasciato traccia di sé, occorre intendersi sul significato delle parole.
L'affermazione mi pare accettabile solo nel senso che quei personaggi non hanno preteso di far parlare di sé, di consegnare alla memoria imprese clamorose: non vollero offrirsi in spettacolo, esibirsi sul palcoscenico alla luce dei riflettori.
Ma le tracce, sia pure invisibili, le hanno lasciate. Eccome! Il passaggio di Dio produce una traccia incancellabile. E la santità non è altro che il segno inequivocabile del passaggio di Dio nella vita di una persona.
E noi respiriamo ancora quell'aria salutare, viviamo grazie a quell'aria, siamo "percorsi" da quelle energie benefiche che essi hanno diffuso dappertutto: e così le nostre tenebre sono illuminate dalla luce che i cosiddetti "santi oscuri" hanno seminato su questa terra.
In questa prospettiva, possiamo giustamente attardarci sulle tombe dei nostri cari, degli amici, di tante persone conosciute e ignote, e... "sospettare" che accanto a molti nomi, sprovvisti di titoli, ci starebbe benissimo la qualifica di "santo", perché hanno vissuto, sofferto, faticato, amato, come Gesù ci ha insegnato.
Secondo sospetto:
Ma oggi siamo autorizzati a "sospettare" non soltanto pensando e sentendoci in comunione con quelli di lassù, ma anche camminando per le nostre strade.
Si tratta di "sospettare" che i santi circolano anche su questa terra, perfino nel nostro tempo.
La Didachè ci incoraggia addirittura a scoprirli: "Cercate ogni giorno il volto dei santi". Questo può essere un modo per "cercare il volto di Dio", o almeno il suo riflesso.
A quali segni riconoscere i santi?
San Giovanni, nella seconda lettura di oggi, li chiama "figli di Dio". Ma non è che quel "dato di famiglia" sia registrato nei loro documenti personali.
Inutile precisare che non vivono nelle nicchie, ma in case comuni come le nostre. Non portano in capo un'aureola luccicante, ma tengono dentro la testa i fastidi, i problemi, le preoccupazioni di tutti, e qualche volta lo stesso mal di testa che teniamo noi.
Abitualmente non svolazzano in aria, ma hanno gambe e piedi indolenziti proprio come abbiamo noi...
I segni bisogna intuirli, indovinarli, sospettarli appunto.
Tre sono i segni fondamentali di santità:
1. I Santi sono stati "toccati" dall'amore di Dio e cercano di rispondere, nella libertà e nella dedizione totale, a quell'amore.
Si abbandonano all'onda della grazia, senza opporre resistenze. Infatti santità non significa compiere prestazioni virtuose sensazionali, ma inserirsi nella traiettoria dell'amore, senza mai uscirne.
2. I Santi sono stati "infettati" dalla gioia. Una gioia che hanno scoperto e continuano a scoprire nei dintorni di un monte da cui risuonano certe parole folli:
- Beati coloro che si riconoscono poveri...
- Beati i miti...
- Beati i patiti per la giustizia...
- Beati i costruttori di pace...
- Beati coloro che non si difendono...
- Beati i misericordiosi...
- Beati i perseguitati...
Sì, i santi si sono lasciati affascinare dalle beatitudini proclamate da Gesù e non hanno esitato a produrre la loro nota gioiosa per comporre quella che è stata definita come la "sinfonia dei folli" (PETRAGLIO-FABBRI).
3. Infine, nei santi c'è il segno - necessario - dei miracoli.
Uno, fondamentale: il fatto di vivere la vita di tutti, in maniera diversa. Nel panorama di questo mondo, il miracolo stupefacente è che continuino a esistere individui come quelli.
Innanzi tutto dobbiamo stupirci e ringraziare per questo miracolo: che quaggiù non vengano a mancare queste creature "ordinarie", contagiate dal messaggio di Gesù.
Quanto agli altri miracoli, non sono strettamente necessari. Loro, i santi che ci sfiorano, che incrociamo sui marciapiedi, che si confondono con noi al supermercato, si sono specializzati, principalmente, a compiere "i non miracoli": cioè a produrre un po' di pulizia, un po' di onestà, di bontà, perdono, fedeltà quotidiana, dimenticanza di sé...
Poi, magari, diventano capaci di compiere anche i miracoli (intendo dire quegli altri). Ma non sono tenuti a farcelo sapere. E, forse, neppure loro lo sanno.
Infatti il mondo funziona soprattutto grazie ai "non miracoli", che loro non lasciano mancare.
Importante, comunque, è "sospettare" che questi santi non appartengono a un altro mondo. Sono cittadini di questo mondo
Terzo sospetto :
E c'è una terza dimensione del "sospettare", che ci tocca da vicino. Ed è quella che vorremmo respingere.
Invece si tratta proprio di sospettare che la santità è qualche cosa che ci riguarda direttamente.
La santità non è un lusso, ma la condizione normale, obbligatoria del cristiano e tanto più del religioso.
I santi non sono dei campioni inimitabili, soltanto da ammirare, da registrare nell'album delle glorie di famiglia o dei record ascetici fuori dalla nostra portata.
No. Il santo è il nostro vero essere che attende impaziente di nascere. La santità, oltre che dono, è una possibilità offerta a tutti, non riservata ad alcune creature privilegiate.
Essere stati "chiamati" a vivere, significa essere stati "chiamati" alla santità.
Oserei dire che se il santo non è - come abbiamo detto - il super-eroe, così il non-santo, cioè colui che rifiuta la santità, rappresenta una specie di fallimento nella vita cristiana. Dunque. I santi sopra di noi. I santi attorno a noi. E il santo dentro di noi. Questa è la conclusione dei... nostri... sospetti...
Il gesuita Padre Lyonnet aveva appena 42 anni, quando lasciò la terra, torchiato dalla sofferenza.
Un suo libretto intitolato: "Preghiere del tempo della malattia", è tutt'altro che una meditazione dolcificata e dolcificante, e può essere letto con profitto, non solo dai malati, ma anche dai sani.
Ecco un brano di quel libretto:
"Noi guardiamo serenamente sanguinare e morire il mondo, e cerchiamo molto saggiamente quale sia la "tecnica" che potrebbe salvarlo o come "presentare" Gesù (al mondo).
Ahimè! Gesù non ha mai proceduto per "presentazione", ma per... irruzione.
Gesù è un violento, dolce e umile di cuore... (ma violento). E noi resistiamo fermamente ad una sola tentazione: la tentazione della santità.
E tuttavia è la sola "tecnica" della Redenzione, e fino ad oggi non si è trovato nulla di meglio che l'esempio di Gesù per salvare il mondo.
Care Fratelli e Sorelle, anche la Madonna non ha studiato nessuna "tecnica" per salvare il mondo: si è associata umilmente a Gesù ai piedi della croce.
Si è santificata nel dolore; anzi è la Santissima per eccellenza. E così è diventata la Corredentrice del mondo intero.
Ci aiuti Lei a farci santi, per diventare noi corredentori di anime.
D. Severino GALLO sdb
Festa di Tutti i Santi:
"... una moltitudine immensa che nessuno poteva contare..." (Apoc. 7,2).
Primo sospetto :
Mi risuona dentro un verbo che, purtroppo, noi impieghiamo quasi esclusivamente in senso negativo: sospettare.
Sì. Si tratta di sospettare, prima di tutto, che "la moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza e popolo", di cui parla l'Apocalisse, non rientra nella nostra contabilità, non può essere contenuta nei nostri calendari.
Dunque, non è questione di numero. Infatti, i numeri proposti dall'Apocalisse sono chiaramente simbolici. La cifra della santità non può essere racchiusa in quei numeri di cui ci serviamo per quantificare la nostra mercanzia e fare i nostri censimenti e svolgere le nostre inchieste.
Né numeri, né nomi.
Si dice, infatti, "festa della santità anonima". La definizione è esatta. Precisando tuttavia due cose:
* Non si tratta di santità di second'ordine.
Quasi ci fossero i "grandi santi", personaggi eccezionali, una specie di super-eroi, giganti insuperabili, e... tutti gli altri, di rango inferiore.
* No. Tutti partecipiamo, sia pure in maniera diversa, della stessa santità di Dio. La santità vera è straordinaria e normale al tempo stesso, eccezionale e quotidiana.
* Quando si afferma che nel corso dei millenni si sono succeduti sulla terra tantissimi santi "oscuri", che non hanno lasciato traccia di sé, occorre intendersi sul significato delle parole.
L'affermazione mi pare accettabile solo nel senso che quei personaggi non hanno preteso di far parlare di sé, di consegnare alla memoria imprese clamorose: non vollero offrirsi in spettacolo, esibirsi sul palcoscenico alla luce dei riflettori.
Ma le tracce, sia pure invisibili, le hanno lasciate. Eccome! Il passaggio di Dio produce una traccia incancellabile. E la santità non è altro che il segno inequivocabile del passaggio di Dio nella vita di una persona.
E noi respiriamo ancora quell'aria salutare, viviamo grazie a quell'aria, siamo "percorsi" da quelle energie benefiche che essi hanno diffuso dappertutto: e così le nostre tenebre sono illuminate dalla luce che i cosiddetti "santi oscuri" hanno seminato su questa terra.
In questa prospettiva, possiamo giustamente attardarci sulle tombe dei nostri cari, degli amici, di tante persone conosciute e ignote, e... "sospettare" che accanto a molti nomi, sprovvisti di titoli, ci starebbe benissimo la qualifica di "santo", perché hanno vissuto, sofferto, faticato, amato, come Gesù ci ha insegnato.
Secondo sospetto:
Ma oggi siamo autorizzati a "sospettare" non soltanto pensando e sentendoci in comunione con quelli di lassù, ma anche camminando per le nostre strade.
Si tratta di "sospettare" che i santi circolano anche su questa terra, perfino nel nostro tempo.
La Didachè ci incoraggia addirittura a scoprirli: "Cercate ogni giorno il volto dei santi". Questo può essere un modo per "cercare il volto di Dio", o almeno il suo riflesso.
A quali segni riconoscere i santi?
San Giovanni, nella seconda lettura di oggi, li chiama "figli di Dio". Ma non è che quel "dato di famiglia" sia registrato nei loro documenti personali.
Inutile precisare che non vivono nelle nicchie, ma in case comuni come le nostre. Non portano in capo un'aureola luccicante, ma tengono dentro la testa i fastidi, i problemi, le preoccupazioni di tutti, e qualche volta lo stesso mal di testa che teniamo noi.
Abitualmente non svolazzano in aria, ma hanno gambe e piedi indolenziti proprio come abbiamo noi...
I segni bisogna intuirli, indovinarli, sospettarli appunto.
Tre sono i segni fondamentali di santità:
1. I Santi sono stati "toccati" dall'amore di Dio e cercano di rispondere, nella libertà e nella dedizione totale, a quell'amore.
Si abbandonano all'onda della grazia, senza opporre resistenze. Infatti santità non significa compiere prestazioni virtuose sensazionali, ma inserirsi nella traiettoria dell'amore, senza mai uscirne.
2. I Santi sono stati "infettati" dalla gioia. Una gioia che hanno scoperto e continuano a scoprire nei dintorni di un monte da cui risuonano certe parole folli:
- Beati coloro che si riconoscono poveri...
- Beati i miti...
- Beati i patiti per la giustizia...
- Beati i costruttori di pace...
- Beati coloro che non si difendono...
- Beati i misericordiosi...
- Beati i perseguitati...
Sì, i santi si sono lasciati affascinare dalle beatitudini proclamate da Gesù e non hanno esitato a produrre la loro nota gioiosa per comporre quella che è stata definita come la "sinfonia dei folli" (PETRAGLIO-FABBRI).
3. Infine, nei santi c'è il segno - necessario - dei miracoli.
Uno, fondamentale: il fatto di vivere la vita di tutti, in maniera diversa. Nel panorama di questo mondo, il miracolo stupefacente è che continuino a esistere individui come quelli.
Innanzi tutto dobbiamo stupirci e ringraziare per questo miracolo: che quaggiù non vengano a mancare queste creature "ordinarie", contagiate dal messaggio di Gesù.
Quanto agli altri miracoli, non sono strettamente necessari. Loro, i santi che ci sfiorano, che incrociamo sui marciapiedi, che si confondono con noi al supermercato, si sono specializzati, principalmente, a compiere "i non miracoli": cioè a produrre un po' di pulizia, un po' di onestà, di bontà, perdono, fedeltà quotidiana, dimenticanza di sé...
Poi, magari, diventano capaci di compiere anche i miracoli (intendo dire quegli altri). Ma non sono tenuti a farcelo sapere. E, forse, neppure loro lo sanno.
Infatti il mondo funziona soprattutto grazie ai "non miracoli", che loro non lasciano mancare.
Importante, comunque, è "sospettare" che questi santi non appartengono a un altro mondo. Sono cittadini di questo mondo
Terzo sospetto :
E c'è una terza dimensione del "sospettare", che ci tocca da vicino. Ed è quella che vorremmo respingere.
Invece si tratta proprio di sospettare che la santità è qualche cosa che ci riguarda direttamente.
La santità non è un lusso, ma la condizione normale, obbligatoria del cristiano e tanto più del religioso.
I santi non sono dei campioni inimitabili, soltanto da ammirare, da registrare nell'album delle glorie di famiglia o dei record ascetici fuori dalla nostra portata.
No. Il santo è il nostro vero essere che attende impaziente di nascere. La santità, oltre che dono, è una possibilità offerta a tutti, non riservata ad alcune creature privilegiate.
Essere stati "chiamati" a vivere, significa essere stati "chiamati" alla santità.
Oserei dire che se il santo non è - come abbiamo detto - il super-eroe, così il non-santo, cioè colui che rifiuta la santità, rappresenta una specie di fallimento nella vita cristiana. Dunque. I santi sopra di noi. I santi attorno a noi. E il santo dentro di noi. Questa è la conclusione dei... nostri... sospetti...
Il gesuita Padre Lyonnet aveva appena 42 anni, quando lasciò la terra, torchiato dalla sofferenza.
Un suo libretto intitolato: "Preghiere del tempo della malattia", è tutt'altro che una meditazione dolcificata e dolcificante, e può essere letto con profitto, non solo dai malati, ma anche dai sani.
Ecco un brano di quel libretto:
"Noi guardiamo serenamente sanguinare e morire il mondo, e cerchiamo molto saggiamente quale sia la "tecnica" che potrebbe salvarlo o come "presentare" Gesù (al mondo).
Ahimè! Gesù non ha mai proceduto per "presentazione", ma per... irruzione.
Gesù è un violento, dolce e umile di cuore... (ma violento). E noi resistiamo fermamente ad una sola tentazione: la tentazione della santità.
E tuttavia è la sola "tecnica" della Redenzione, e fino ad oggi non si è trovato nulla di meglio che l'esempio di Gesù per salvare il mondo.
Care Fratelli e Sorelle, anche la Madonna non ha studiato nessuna "tecnica" per salvare il mondo: si è associata umilmente a Gesù ai piedi della croce.
Si è santificata nel dolore; anzi è la Santissima per eccellenza. E così è diventata la Corredentrice del mondo intero.
Ci aiuti Lei a farci santi, per diventare noi corredentori di anime.
D. Severino GALLO sdb
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