GIOVANNINI Attilio sdb "Il giudizio, il Giudice, i giudicati."

  23 novembre 2014 | 34a Domenica: Cristo Re A - T. Ordinario| Appunti per la Lectio
Di fronte a torti e offese che non riusciamo a rimediare, a nemici da cui non possiamo difenderci, noi invochiamo un tribunale ultimo e supremo, che faccia giustizia definitiva. Un tribunale inesorabile a cui nulla sfugga, che finalmente separi i giusti dagli ingiusti e infligga le condanne meritate. Il tribunale di Dio.
La nostra immaginazione cerca di delinearne la scena: entra la corte, si aprono i libri, si interrogano i colpevoli,
si pronuncia la sentenza, si esegue la condanna… Ma ovviamente è fantasia. Non si può sapere cosa avverrà sul serio in quella dimensione che è totalmente al di là della nostra. Possiamo solo sapere cosa è giusto e vero al di qua. E in questo ci aiuta Gesù. Lui lo ha spiegato, con la vita prima ancora che con la parola.
Nella sua vita una cosa è chiara: lui è stato sempre dalla parte della gente povera e mal messa: dei tribolati, dei disprezzati, dei disperati. Non ha mai cercato di piazzarsi tra le élite. E non ha elargito dall'alto i suoi pietosi soccorsi, ma si è messo al fianco dei bisognosi, ha preso sulle sue spalle i loro pesi. Si è fatto povero tra i poveri, perseguitato tra i perseguitati, piagato tra i piagati.
E proprio così ha combattuto l'ingiustizia! Perché ogni altro modo di lottare finisce per metterci dalla parte degli ingiusti, o per raddrizzare torti facendone degli altri.
Allora è comportandoci come lui che noi possiamo sentirci nel giusto, ed è stando come lui dalla parte dei maltrattati, affamati assetati spogliati arrestati ammalati soli, che l'eventuale giudizio futuro non ci farà paura. Perché saremo non solo dalla parte di coloro che sono in credito, ma anche dalla parte di Gesù.
Cioè dalla parte di Dio. Dio ha sempre nutrito vestito consolato difeso amato preferito quelli che sono più in basso. Dio si è sempre schierato con quelli che sono senza aiuto e senza libertà. Orfani vedove e stranieri sono suoi protetti.
Per cui, se così è Dio, Gesù, che è la sua immagine, l'incarnazione del suo amore, non può che estendere questa attenzione del Padre a quelli che sono più in basso. Una attenzione che, abbiamo visto, arriva a loro come condivisione, immedesimazione, partecipazione al loro destino e assunzione della loro croce.
Allora, se riusciamo a riconoscerlo nel volto dei fratelli più piccoli, lui riconoscerà il suo volto in noi e ci accoglierà presso di sé nel Regno dei giusti. Quindi apriamo gli occhi, stiamo attenti, per scoprirlo quando viene a noi nel fratello.
L'esortazione alla vigilanza in fondo non è altro che il richiamo a non perderlo di vista in mezzo a noi e a servirlo prontamente nel fratello bisognoso. Come lui ci ha serviti fino alla croce. Per rendergli nei poveri quanto lui ha dato a noi.
E qui prende senso anche l'invito a far fruttare i nostri talenti. È usandoli a servizio dei poveri che li facciamo fruttare. È investendoli nella promozione dei più piccoli che li ritroviamo. Solo ciò che è speso per l'altro, è guadagnato.
La nostra salvezza dunque è l'amore. L'amore e la fede, certo. Perché anche per amare occorre credere. Credere nell'amore, sempre, anche quando sembra che amare sia inutile, non capito, non corrisposto...
Per questo anche i non credenti (...in Gesù; ma credenti in una giustizia, una umanità, una solidarietà, ecc. che è amore) sono accettati come giusti.
Viceversa, il credente in Gesù che non si preoccupa del fratello più in difficoltà, non sarà riconosciuto.
Siamo avvisati.
GIOVANNINI Attilio sdb |

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