Luca Desserafino sdb "Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie"
16 novembre 2014 | 33a Domenica A | T. Ordinario | Omelia di approfondimento
Dopo un lungo anno di avvenimenti, feste, celebrazioni, siamo giunti alla penultima domenica dell'anno liturgico.
Domenica prossima, infatti ultima domenica dell'anno liturgico, sarà la solennità di Cristo Re. Ma i sapori di questa domenica ci paiono, come altre, molto significativi. La liturgia odierna ci
indica a che cosa ogni credente deve stare attento nel proprio cammino storico di fede per poter vivere la propria esistenza di amore filiale.
La prima lettura, tratta dal libro dei Proverbi, un libro che racchiude la sapienza antica, ci mostra delle inidicazioni di vita. Come sono soliti fare i libri sapienziali, ripostano al lettore quella sapienza di vita che proviene non solo dal vissuto del popolo, ma dal vissuto credente. E i temi di questa saggezza sono i temi di ordine quotidiano, come in questo caso, una riflessione sulla donna e sul suo valore. Sappiamo che in antico la donna, come i bambini, erano una classe sociale da denigrare, una categoria non vista troppo di buon occhio.
Siamo lontani ancora dagli insegnamenti di Gesù del Nuovo Testamento, ma già qui si riscontra una mentalità che guarda alla differenza ed in essa ne trova una ricchezza e non un ammanco. Ma questo "elogio" della creatura non deve farci dimenticare, e il brano ben lo ricorda, che tutta la positività è nulla se non vissuta nel "timore di Dio".
Dove il termine timore, non indica un restare attenti e paurosi nel fare le cose, ma vuol dire riconoscere la grandezza del mistero dell'amore di Dio e per ciò stesso agire da credenti sapendo di essere sempre nelle braccia del Dio dell'amore.
La seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalinicesi, ci mette in una prospettiva escatologica. Ci spinge a guardare al futuro, alla fine dei tempi per poter vivere in maniera fedele e sincera l'amore di Dio nel tempo intermedio.
Ci riconrda san Paolo, che qualunque cosa possa succedere la certezza di essere figli di Dio, mai nessuno ce la toglierà. L'immagine del ladro che viene di notte, di cui non si sa' il tempo e l'ora, è un buon esempio per questa realtà, e nonostante tutto l'Apostoli invita i credenti non a porre gesti scaramentici, che a nulla servono, ma ad essere ben attenti e vigilanti.
La potenza del Padre verrà quando meno se la spetta, vivere una vita all'insegna della paura e indecisione è una decisione stolta volta ad un inumano sterilismo, ma vivere una vita piena all'insegna della gioia e della logica di comunione è l'unica decisione che permette a ogni credente di portare molto frutto.
Il testo del brano evangelico ci mette difronte ad una parabola in cui ciò che propone gesù non è un'esaltazione di carattere socioeconomico, dell'imprenditorialità efficiente scritta nel genere letterario di un resoconto aziendale. Esso è un testo che ha una finalità specificatamente religiosa: censurare la scarsa intraprendenza nella fede come rischio costantemente attuale nell'esperienza di ogni discepolo. Il servo punito nel racconto è l'uomo conservatore e dimissionario, ripetitivo, pauroso di fronte a ogni rinnovamento dettato dalle esigenze evangeliche.
L'irresponsabilità nei confronti del Padre è un atteggiamento che, per ogni credente, deve assolutamente essere evitato con ogni determinazione. Perché tale atteggiamento deriva da una errata idea di Dio, fondata sulla paura, che cerca di mettere le persone al riparo dalle conseguenze punitive delle loro azioni da fare il meno possibile nel timore di peggiorare le cose. Ma proprio questo è l'atteggiamento che condanna l'uomo a un'esistenza triste e insapore.
La parabola è un invito rivolto ad ogni persona umana a valorizzare se stessi in tutte le capacità costruttive, interiori e sociali, di cui si è dotati per sfuggire ogni freddezza relazionale e per costruire un tessuto di rappirti interpersnali che siano all'insegna del dinamismo accogliente e dell'attenzione cordiale.
Tutto questo nella consapevolezza che il regno dei cieli non è un paese da immaginare, un oggetto da descrivere, un'idea da definire, ma una storia con poste in gioco rischi e trasformazioni. Quanti, invece, restano legati alla difesa delle loro posizioni e delle loro doti, si comportano come "aquile che si ritengono galline".
Nella fase stirica che separa l'umanità dalla fine dei tempi, nessuno è autorizzato all'inconsapevolezza, all'inoperosità, alla passività, qualunque essa sia. Questo tempo intermedio è il tempo del rischio responsabile; il cammino che conduce alla felicità degna dell'essere umano passa inevitabilmente da qui e il tempo che ci è dato è forse l'opportunità più importante.
Il padrone tarda parecchio a tornare, forse per darci la possibilità di spendere tutto. E non viene tanto a recuperare ciò che è suo, quanto piuttosto a rallegrarsi per i frutti, e magari a farceli scoprire, dal momento che quasi mai chi semina è in grado di vedere il raccolto.
Il dono si moltiplica quando ha portato frutto per mezzo della fedeltà. Quando si prende la decisione di restituire i doni, è segno che si è arrivati alla fine dell'amore. Dio ci vuole creativi, intraprendenti, pieni di iniziative.
Limitarsi a conservare (e conservarsi) equivale a essere dei buoni a nulla.
Luca Desserafino sdb
Dopo un lungo anno di avvenimenti, feste, celebrazioni, siamo giunti alla penultima domenica dell'anno liturgico.
Domenica prossima, infatti ultima domenica dell'anno liturgico, sarà la solennità di Cristo Re. Ma i sapori di questa domenica ci paiono, come altre, molto significativi. La liturgia odierna ci
indica a che cosa ogni credente deve stare attento nel proprio cammino storico di fede per poter vivere la propria esistenza di amore filiale.
La prima lettura, tratta dal libro dei Proverbi, un libro che racchiude la sapienza antica, ci mostra delle inidicazioni di vita. Come sono soliti fare i libri sapienziali, ripostano al lettore quella sapienza di vita che proviene non solo dal vissuto del popolo, ma dal vissuto credente. E i temi di questa saggezza sono i temi di ordine quotidiano, come in questo caso, una riflessione sulla donna e sul suo valore. Sappiamo che in antico la donna, come i bambini, erano una classe sociale da denigrare, una categoria non vista troppo di buon occhio.
Siamo lontani ancora dagli insegnamenti di Gesù del Nuovo Testamento, ma già qui si riscontra una mentalità che guarda alla differenza ed in essa ne trova una ricchezza e non un ammanco. Ma questo "elogio" della creatura non deve farci dimenticare, e il brano ben lo ricorda, che tutta la positività è nulla se non vissuta nel "timore di Dio".
Dove il termine timore, non indica un restare attenti e paurosi nel fare le cose, ma vuol dire riconoscere la grandezza del mistero dell'amore di Dio e per ciò stesso agire da credenti sapendo di essere sempre nelle braccia del Dio dell'amore.
La seconda lettura, tratta dalla prima lettera di san Paolo ai Tessalinicesi, ci mette in una prospettiva escatologica. Ci spinge a guardare al futuro, alla fine dei tempi per poter vivere in maniera fedele e sincera l'amore di Dio nel tempo intermedio.
Ci riconrda san Paolo, che qualunque cosa possa succedere la certezza di essere figli di Dio, mai nessuno ce la toglierà. L'immagine del ladro che viene di notte, di cui non si sa' il tempo e l'ora, è un buon esempio per questa realtà, e nonostante tutto l'Apostoli invita i credenti non a porre gesti scaramentici, che a nulla servono, ma ad essere ben attenti e vigilanti.
La potenza del Padre verrà quando meno se la spetta, vivere una vita all'insegna della paura e indecisione è una decisione stolta volta ad un inumano sterilismo, ma vivere una vita piena all'insegna della gioia e della logica di comunione è l'unica decisione che permette a ogni credente di portare molto frutto.
Il testo del brano evangelico ci mette difronte ad una parabola in cui ciò che propone gesù non è un'esaltazione di carattere socioeconomico, dell'imprenditorialità efficiente scritta nel genere letterario di un resoconto aziendale. Esso è un testo che ha una finalità specificatamente religiosa: censurare la scarsa intraprendenza nella fede come rischio costantemente attuale nell'esperienza di ogni discepolo. Il servo punito nel racconto è l'uomo conservatore e dimissionario, ripetitivo, pauroso di fronte a ogni rinnovamento dettato dalle esigenze evangeliche.
L'irresponsabilità nei confronti del Padre è un atteggiamento che, per ogni credente, deve assolutamente essere evitato con ogni determinazione. Perché tale atteggiamento deriva da una errata idea di Dio, fondata sulla paura, che cerca di mettere le persone al riparo dalle conseguenze punitive delle loro azioni da fare il meno possibile nel timore di peggiorare le cose. Ma proprio questo è l'atteggiamento che condanna l'uomo a un'esistenza triste e insapore.
La parabola è un invito rivolto ad ogni persona umana a valorizzare se stessi in tutte le capacità costruttive, interiori e sociali, di cui si è dotati per sfuggire ogni freddezza relazionale e per costruire un tessuto di rappirti interpersnali che siano all'insegna del dinamismo accogliente e dell'attenzione cordiale.
Tutto questo nella consapevolezza che il regno dei cieli non è un paese da immaginare, un oggetto da descrivere, un'idea da definire, ma una storia con poste in gioco rischi e trasformazioni. Quanti, invece, restano legati alla difesa delle loro posizioni e delle loro doti, si comportano come "aquile che si ritengono galline".
Nella fase stirica che separa l'umanità dalla fine dei tempi, nessuno è autorizzato all'inconsapevolezza, all'inoperosità, alla passività, qualunque essa sia. Questo tempo intermedio è il tempo del rischio responsabile; il cammino che conduce alla felicità degna dell'essere umano passa inevitabilmente da qui e il tempo che ci è dato è forse l'opportunità più importante.
Il padrone tarda parecchio a tornare, forse per darci la possibilità di spendere tutto. E non viene tanto a recuperare ciò che è suo, quanto piuttosto a rallegrarsi per i frutti, e magari a farceli scoprire, dal momento che quasi mai chi semina è in grado di vedere il raccolto.
Il dono si moltiplica quando ha portato frutto per mezzo della fedeltà. Quando si prende la decisione di restituire i doni, è segno che si è arrivati alla fine dell'amore. Dio ci vuole creativi, intraprendenti, pieni di iniziative.
Limitarsi a conservare (e conservarsi) equivale a essere dei buoni a nulla.
Luca Desserafino sdb
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