Papa Francesco ANGELUS Domenica 16/11/2014
I beni che abbiamo ricevuto da Dio non vanno tenuti in cassaforte, ma usati per gli altri: è quanto ha detto Papa Francesco durante l'Angelus di questa domenica. Migliaia i pellegrini presenti in Piazza San Pietro. Il servizio di Sergio Centofanti:
Al centro dell’Angelus del Papa la parabola dei talenti proposta dalla liturgia domenicale. I talenti, secondo questo brano evangelico – ha spiegato Papa Francesco – non sono le qualità individuali, ma il patrimonio che il Signore ci affida: la sua Parola, l’Eucaristia, la fede nel Padre celeste, il suo perdono, cioè “i suoi beni più preziosi” che noi siamo chiamati a far fruttare. Così, la buca scavata nel terreno dal “servo malvagio e pigro” indica “la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore”:
“Gesù non ci chiede di conservare la sua grazia in cassaforte (...) ma vuole che la usiamo a vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri e così crescono. È come se ci dicesse: ‘Eccoti la mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono: prendili e fanne largo uso’. E noi che cosa ne abbiamo fatto? Chi abbiamo ‘contagiato’ con la nostra fede? Quante persone abbiamo incoraggiato con la nostra speranza? Quanto amore abbiamo condiviso col nostro prossimo? Sono domande che ci farà bene farci. Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti”.
Dunque - ha detto - “non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza cristiana” che "non è chiusa, è aperta":
“Questa parabola ci sprona a non nascondere la nostra fede e la nostra appartenenza a Cristo, a non seppellire la Parola del Vangelo, ma a farla circolare nella nostra vita, nelle relazioni, nelle situazioni concrete, come forza che mette in crisi, che purifica, che rinnova”.
Questo – ha sottolineato il Papa – vale anche per il perdono, che il Signore ci dona specialmente nel Sacramento della Riconciliazione:
“Non teniamolo chiuso in noi stessi, ma lasciamo che sprigioni la sua forza, che faccia cadere quei muri che il nostro egoismo ha innalzato, che ci faccia fare il primo passo nei rapporti bloccati, riprendere il dialogo dove non c’è più comunicazione".
Il Signore - ha osservato - non dà a tutti le stesse cose e nello stesso modo:
“Ci conosce personalmente e ci affida quello che è giusto per noi; ma in tutti ripone la stessa, immensa fiducia. Dio si fida di noi. Dio ha speranza in noi. E questo è lo stesso per tutti. Non deludiamolo! Non lasciamoci ingannare dalla paura, ma ricambiamo fiducia con fiducia!”.
"La Vergine Maria - ha affermato - incarna questo atteggiamento nel modo più bello e più pieno. Ella ha ricevuto e accolto il dono più sublime, Gesù in persona, e a sua volta lo ha offerto all’umanità con cuore generoso. A Lei chiediamo di aiutarci ad essere 'servi buoni e fedeli', per partecipare “alla gioia del nostro Signore”.
Infine il Papa ha esortato a rileggere e meditare la parabola dei talenti (Matteo 25, 14-30), come esame di coscienza per vedere se i beni di Dio li teniamo per noi o li usiamo per gli altri.
Al centro dell’Angelus del Papa la parabola dei talenti proposta dalla liturgia domenicale. I talenti, secondo questo brano evangelico – ha spiegato Papa Francesco – non sono le qualità individuali, ma il patrimonio che il Signore ci affida: la sua Parola, l’Eucaristia, la fede nel Padre celeste, il suo perdono, cioè “i suoi beni più preziosi” che noi siamo chiamati a far fruttare. Così, la buca scavata nel terreno dal “servo malvagio e pigro” indica “la paura del rischio che blocca la creatività e la fecondità dell’amore”:
“Gesù non ci chiede di conservare la sua grazia in cassaforte (...) ma vuole che la usiamo a vantaggio degli altri. Tutti i beni che noi abbiamo ricevuto sono per darli agli altri e così crescono. È come se ci dicesse: ‘Eccoti la mia misericordia, la mia tenerezza, il mio perdono: prendili e fanne largo uso’. E noi che cosa ne abbiamo fatto? Chi abbiamo ‘contagiato’ con la nostra fede? Quante persone abbiamo incoraggiato con la nostra speranza? Quanto amore abbiamo condiviso col nostro prossimo? Sono domande che ci farà bene farci. Qualunque ambiente, anche il più lontano e impraticabile, può diventare luogo dove far fruttificare i talenti”.
Dunque - ha detto - “non ci sono situazioni o luoghi preclusi alla presenza e alla testimonianza cristiana” che "non è chiusa, è aperta":
“Questa parabola ci sprona a non nascondere la nostra fede e la nostra appartenenza a Cristo, a non seppellire la Parola del Vangelo, ma a farla circolare nella nostra vita, nelle relazioni, nelle situazioni concrete, come forza che mette in crisi, che purifica, che rinnova”.
Questo – ha sottolineato il Papa – vale anche per il perdono, che il Signore ci dona specialmente nel Sacramento della Riconciliazione:
“Non teniamolo chiuso in noi stessi, ma lasciamo che sprigioni la sua forza, che faccia cadere quei muri che il nostro egoismo ha innalzato, che ci faccia fare il primo passo nei rapporti bloccati, riprendere il dialogo dove non c’è più comunicazione".
Il Signore - ha osservato - non dà a tutti le stesse cose e nello stesso modo:
“Ci conosce personalmente e ci affida quello che è giusto per noi; ma in tutti ripone la stessa, immensa fiducia. Dio si fida di noi. Dio ha speranza in noi. E questo è lo stesso per tutti. Non deludiamolo! Non lasciamoci ingannare dalla paura, ma ricambiamo fiducia con fiducia!”.
"La Vergine Maria - ha affermato - incarna questo atteggiamento nel modo più bello e più pieno. Ella ha ricevuto e accolto il dono più sublime, Gesù in persona, e a sua volta lo ha offerto all’umanità con cuore generoso. A Lei chiediamo di aiutarci ad essere 'servi buoni e fedeli', per partecipare “alla gioia del nostro Signore”.
Infine il Papa ha esortato a rileggere e meditare la parabola dei talenti (Matteo 25, 14-30), come esame di coscienza per vedere se i beni di Dio li teniamo per noi o li usiamo per gli altri.
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